NOVARO, Giacomo Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani (2013)

NOVARO, Giacomo Filippo

Maria Conforti

– Nacque il 1° maggio 1843 a Diano Serreta, frazione di Diano Marina (Imperia), da Nicola, agricoltore, e da Teresa Fiori.

Compiuti gli studi ginnasiali a Oneglia e quelli liceali a Sanremo, si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Torino, dove fu ammesso al Collegio Carlo Alberto che, creato per «dare ai giovani di eletto ingegno i mezzi di imprendere una carriera universitaria qualsiasi senza eccezione» (Statuti, 1859), garantiva agli studenti non abbienti del Regno la sopravvivenza, ma anche una vita più che spartana. Dopo il secondo anno di studi frequentò l'ospedale S. Giovanni Battista per svolgervi la pratica, obbligatoria per il Collegio.

Nel 1866, durante la Terza guerra di Indipendenza, si arruolò come allievo medico con la Croce Rossa. Nonostante sia stato definito, non del tutto a torto, «quasi autodidatta» (Grassi, 1911, p. 244), partecipò alla vivace vita scientifica dell'Ateneo torinese. Si laureò il 21 luglio 1868 e Giovanni Saviotti lo fece nominare perito settore nel gabinetto di anatomia patologica: l'uso della dissezione e l'utilizzazione dei dati ricavati al tavolo settorio sarebbero restati uno dei cardini del metodo di Novaro. Saviotti, che aveva studiato istologia a Würzburg con Albert von Kölliker e a Torino si era legato a Jakob Moleschott, propugnava una concezione innovativa dell'anatomia comparata e microscopica; proposto da Moleschott per la cattedra di istologia fisiopatologica, morì, ancora giovane, prima di ottenerla. Alla sua morte, Novaro curò la pubblicazione delle sue Ricerche intorno alle alterazioni dei vasi sanguigni nell'infiammazione (Torino 1870).

Nel 1869 diventò medico municipale a Moncalieri ma, nonostante l'impegno pratico, non abbandonò gli studi, continuando a seguire i corsi di Giulio Bizzozero − vincitore del concorso a cattedra in patologia generale, cattedra creata 'trasformando' quella non assegnata di istologia patologica − e dello stesso Moleschott: era vicino cioè a un gruppo di medici innovatori, che portavano in Italia i metodi e le acquisizioni dell'anatomia patologica e dell'istologia appresi all'estero, soprattutto in Germania.

Nel 1873 tornò a Torino, come assistente volontario presso la clinica chirurgica; nel 1875 diventò aiuto e nel 1881 chirurgo primario, restando a Torino fino al 1884. Teneva contatti con l'estero, attraverso corrispondenze e la frequentazione di cliniche di altri paesi; curava traduzioni − del fortunato compendio di Wilhelm Roser Vademecum anatomo-chirurgico per gli studenti e per i medici, Torino 1872 (1a ed. tedesca 1844) e del Compendio delle operazioni e fasciature chirurgiche di Walter Hermann von Heineke, ibid. 1874, con aggiunta di note (1a ed. tedesca 1871) − dimostrando di essere in contatto con una scuola chirurgica, quella tedesca, che si stava affermando, insieme a quella scozzese, come la più avanzata del continente, e metteva la chirurgia in rapporto stretto con le scienze mediche di punta, la fisiologia e l'anatomia patologica. Visitò anche, a Berna, uno dei centri più avanzati del tempo, la clinica dove Theodor Kocher operava la trachea e la tiroide. Lesue esperienze di Kocher contribuirono non poco a stimolare l'interesse per le conseguenze a lungo termine, sull'intero organismo, delle operazioni chirurgiche, e a sostituire la nozione di semplice 'estirpazione' della parte malata o lesa con quella più moderna di ricostruzione, sostituzione o reimpianto: si trattava di un'impostazione che avrebbe avuto grande importanza per Novaro.

Il suo interesse per le novità tecniche e operative, che in quel periodo stavano cambiando in profondità la chirurgia, era spiccato. Introdusse nella propria clinica l'antisepsi, una scelta innovativa in continuità con quella di un suo predecessore, Lorenzo Bruno, che nel 1847 vi aveva introdotto la narcosi eterea. Rivendicò l'importanza dell'asepsi in un lavoro più tardo (Asepsi e antisepsi in chirurgia, prelezione al corso di clinica chirurgica letta il 21 gennaio 1899 nel teatro operatorio della clinica in Genova, Firenze 1899), dove illustrava agli studenti le principali tecniche derivate alla chirurgia dalla nascente batteriologia, e citava – oltre a Louis Pasteur e Joseph Lister – gli esperimenti che egli stesso aveva compiuto negli anni Novanta a Bologna, insistendo, con caratteristica concretezza, anche sulla scarsità di risorse finanziarie e sul modo di farvi fronte.

Novaro mostrò sempre un interesse più forte per l'attività nel teatro operatorio che per la scrittura: in più occasioni infatti lasciò ad allievi e assistenti il compito di dare alle stampe articoli sulle proprie operazioni e risultati, pubblicando piuttosto lezioni, introduzioni a lavori di allievi, brevi relazioni. Rivendicando con orgoglio il carattere di chirurgo generalista, operava l'esofago e il gozzo (seguendo Kocher), ma anche le ossa (Un caso di osteotomia subtrocanterica per correggere una grave deformità coxalgica, in Annali universali di medicina e chirurgia, s. 1 [1884], vol. 268, f. 4), le ernie, e perfino il cervello, in un'epoca in cui la neurochirurgia era ancora pochissimo praticata (Sulla chirurgia cerebrale: prelezione al Corso di clinica chirurgica, letta il 12 gennaio 1891 nell'Ospedale di s. Orsola, Bologna 1891). Ma il suo lavoro ebbe il suo punto di forza soprattutto nella chirurgia otorino-laringoiatrica e nella chirurgia ginecologica.

Si interessava infatti, già all'inizio della carriera, alle tecniche della laringectomia e alle implicazioni più generali dell'estirpazione della laringe per la cura del tumore e vinse il concorso di aggregato proprio con un lavoro su questo argomento (Dell'estirpazione della laringe, lavoro presentato pel concorso di aggregazione alla Facoltà medica-chirurgica di Torino il 20 ottobre 1880, Torino-Roma 1880). Nella Prefazione tesseva l'elogio della medicazione antisettica, che insieme agli anestetici e alla 'chirurgia sperimentale' aveva consentito quattro nuove importanti operazioni: la nefrectomia, la resezione dell'esofago, l'asportazione totale dell'utero e l'estirpazione della laringe, necessaria, a suo parere, in caso di cancro della laringe, per evitare la recidiva, nonostante il parere contrario di colleghi stranieri celebri come Theodor Billroth, o lo stesso Kocher. Si dimostrò quindi fautore di una chirurgia di avanguardia, interventista ma attenta al benessere del paziente. Sperimentò un meccanismo con cui il laringectomizzato poteva parlare in maniera udibile, e lo presentò al Congresso di chirurgia di Modena nel 1882. Alcuni anni dopo, nel 1888, la questione della laringectomia totale fu portata all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale dalla breve malattia e dalla morte del Kaiser Federico III di Prussia che si preferì non operare, sia per l'incertezza della diagnosi di cancro, sia a causa dell'alta mortalità delle operazioni di laringectomia: Billroth stesso fu implicato nella vicenda (G. Pareti, Il cancro dell'Imperatore, Firenze 2000).

L'accusa di eccessivo interventismo, d'altronde, gli fu rivolta più volte nel corso della carriera. Sosteneva di voler essere conservatore in una sola cosa, in chirurgia, ma si difendeva con la sua leggendaria franchezza, rivendicando la quantità di pazienti guariti: alla richiesta di un collega di esibire i pezzi patologici che testimoniassero a favore della sua 'chirurgia dello stomaco (Contributo alla chirurgia dello stomaco, Siena 1890) rispondeva dicendo che stavano passeggiando per Siena (Giordano, 1935, p. 9). Nel 1885, mentre era all'estero, aveva vinto infatti il concorso per la clinica chirurgica nell'Università toscana. Il 23 febbraio 1887 un terremoto colpì Diano Marina, radendola al suolo; Novaro si prodigò nei soccorsi ai suoi concittadini. Nel 1890, sempre durante un soggiorno all'estero, gli comunicarono che aveva vinto la cattedra di Bologna, in una facoltà dominata dalla personalità di Augusto Murri.

Negli anni Ottanta diversi resoconti di operazioni da lui svolte apparvero sui periodici medici specializzati (come la Gazzetta degli Ospedali e l’Archivio di ortopedia) e su opere generali (Enciclopedia medica italiana); molti riassunti dei resoconti operatori furono inoltre riportati negli Annali universali di medicina e chirurgia, forse il principale periodico generalista di medicina italiano del tempo.

Negli anni bolognesi si dedicò in maniera particolare alle operazioni di isterectomia (per cancro dell'utero).Inizialmente i suoi interventi risultarono in una mortalità alta, del 50%, che comunque Giordano dice difensivamente essere la stessa di Billroth, e fu per questo criticato; ottenne poi risultati migliori, operando non più per via vaginale ma aprendo l'addome, utilizzando quindi una tecnica di grande novità, e insistendo anche in questo caso sulla necessità dell'estirpazione dell'organo in caso di cancro (Metodo razionale dell'isterectomia addominale totale per fibromiomi dell'uteri, memoria letta alla R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna nella Sessione del 14 gennaio 1894, Bologna 1894). Si occupò anche molto di una complicazione di questa operazione, la creazione di una fistola dell'uretere, che curò con un trapianto dell'uretere sulla vescica, migliorando così la vita successiva delle pazienti (Trapiantamento transpeitoneale dell'uretere sulla vescica a cura della fistola uretero-vaginale, lettura fatta alla R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna nella sessione del 19 Marzo 1893).

Nel 1898, nonostante il prestigio dell'ateneo bolognese, Novaro preferì tornare a Genova, succedendo ad Azzio Caselli e anche su insistenza della commissione amministrativa del Pammatone, l'ospedale principale della città, con cui peraltro entrò presto in rotta di collisione a causa della difficoltà di far rispettare le sue rigorose esigenze in merito all'organizzazione del teatro operatorio e dei reparti. Di questo tema si occupò anche durante la Prima guerra mondiale, quando fu nominato Ispettore degli ospedali militari del corpo d'armata di Genova, e scrisse sulla (cattiva) organizzazione della chirurgia di guerra (Disegno dell'organizzazione sanitaria chirurgica in tempo di guerra, Genova, 1918). Concluse la sua carriera accademica a Genova nel 1918, quando donò alla città la sua biblioteca e si ritirò a vivere a Diano Marina.

Il 3 giugno 1908 era stato nominato senatore del Regno, facendo parte dell'Unione Democratica Sociale (poi Unione Democratica). Giordano (1935, p.11) racconta che durante le manifestazioni socialiste del primo dopoguerra si cantava sotto le sue finestre «della villa di Novaro faremo una camera del lavoro». Dal 21 novembre 1925 risulta nelle fila dell'UNS (Unione nazionale del Senato), il raggruppamento dei senatori di orientamento fascista; si iscrisse al Partito Nazionale Fascista il 26 aprile 1929, seguendo un iter abbastanza consueto, e dallo stesso 1929 risulta aver aderito all'UNFS (Unione Nazionale Fascista del Senato).

Morì a Diano Marina il 5 settembre 1934.

Fu sposato tre volte. Dalla prima moglie, Teresa Margarini, ebbe un figlio, Alessandro. In seconde nozze sposò Maria D'Horec. La terza moglie fu Caterina Budini, da cui nacquero Rina, Nicola e Albertina.

Fonti e Bibl.: Al professore G.F. N.: omaggio dei discepoli, 21 luglio 1868-1898, Cagliari-Sassari, 1898; P. Capparoni, G.F. N., in Id., Lezioni di Storia della medicina, Bologna 1934-35, pp. 345 s.; D. Giordano, Compendio di chirurgia operatoria italiana riveduto dal prof. G.F. N., Torino 1911; Id., G.F. N.: 1843-1934, Ciriè 1935; G.G. Forni, L'insegnamento della chirurgia nello Studio di Bologna, Bologna 1948, pp. 175-177; G.B. Grassi, I progressi della biologia e delle sue applicazioni pratiche, in Cinquanta anni di storia italiana, III, Milano 1911, pp. 244; Senato della Repubblica-Archivio Storico, Il totalitarismo alla conquista della camera alta. Inventari e Documenti, Roma 2002.

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