MOLA, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MOLA, Giacomo

Susanna Falabella

– Nacque a Coldrerio, presso Balerna, diocesi di Como, intorno al 1576 da Aurelia della Porta (Gilardi) e da Giovan Pietro «della Molla», appartenente a un’antica famiglia originaria di Appiano tra i cui componenti era stata privilegiata la professione di «mastro», ovvero muratore (Genty, p. 16; Curcio, 1989, p. 34 n. 8).

Le fonti tacciono sui primi anni del M., ma è plausibile che abbia intrapreso la strada della specializzazione familiare optando, di riflesso, per un precoce trasferimento a Roma dove, già dagli ultimi due decenni del Cinquecento, numerosi Mola operavano nei cantieri papali. Nel 1591 il M. è registrato per la prima volta nell’Urbe, impegnato a riscuotere un credito a nome dello zio Battista, muratore e membro dell’arciconfraternita del Ss. Salvatore responsabile dell’omonimo ospedale lateranense; appunto in quell’ambito sono documentati, a partire dal 1596-97, i primi lavori del M. che, assumendo responsabilità progressivamente crescenti, giunse a compiere la sua prima stima il 15 luglio 1599 e, in breve, a divenire l’«appaltatore ufficiale» dei lavori della confraternita migliorando sensibilmente la sua posizione economica (Curcio, 1979, p. 114). Parallelamente, il M. dovette conquistare un ruolo di fiducia nella compagnia anche attraverso l’esercizio di ruoli diversi da quelli strettamente professionali, quali il prestito di somme non indifferenti di denaro e, in atti pubblici, il farsi garante con la propria persona e le proprie sostanze in favore di alcuni confratelli (Id., 1989, p. 29).

Eccettuato un solo documentato rientro a Coldrerio, nel 1601 in occasione della morte del padre e del matrimonio, il 12 luglio, con Daria (Genty, p. 51 n. 26), il M. dovette risiedere stabilmente a Roma. Nel 1606 divenne membro dell’arciconfraternita del Ss. Salvatore e il prosieguo della sua attività risultò strettamente conseguente alla frequentazione e all’affiancamento degli architetti che si avvicendarono alla direzione della fabbrica lateranense: F. Ponzio dal 1593 al 1610, G.M. Bonazzini dal 1610 al 1616, O. Longhi dal 1616 al 1618, C. De Politi dal 1619 al 1631.

Probabilmente, proprio in virtù «di un’intesa professionale» (Lerza, p. 11 n. 20) maturata nell’ospedale con Ponzio, il M. fu coinvolto da quest’ultimo in altri lavori da lui diretti: il nome del più giovane architetto compare infatti nei documenti relativi alla chiesa di S. Sebastiano fuori le Mura a partire dal 17 ott. 1609 (Antinori, 1995, p. 74) mentre, ancora fino all’estate del 1612, in coincidenza con la sostituzione di G. Vasanzio a Ponzio alla guida dei cantieri borghesiani, il M. ricevette pagamenti attestanti la partecipazione della sua impresa, composta da G.A. Della Bella e D. Curto, per prestazioni alla «vigna» Pinciana (ibid., p. 101).

A partire dal 1612 il M. risedette in una casa interamente di sua proprietà, detta «dei Molli», ai Mattei, parrocchia di S. Nicola dei Cesarini, dove avrebbe continuato ad abitare per il resto della sua vita in compagnia dei figli, avuti sia dal primo matrimonio sia dal secondo, celebrato nel 1634 con Maddalena Aldobrandini, e di numerosi garzoni e lavoranti, e che finì per rappresentare «un punto di riferimento per la comunità delle maestranze ticinesi a Roma» (Curcio, 1989, pp. 29, 35 nn. 32-34). Nel 1615 il M., a riprova della nuova posizione sociale acquisita, elesse la chiesa di S. Maria in Aracoeli a luogo di sepoltura per sé e per la sua famiglia, facendovi collocare un epitaffio anticipato alla sua memoria, perduto (Casimiro Romano; Curcio, 1989, p. 29; Antinori, 1991, p. 38 n. 17).

Tra il 1618 e il 1620, ancora in qualità di muratore, il M. venne impegnato dalla Camera apostolica nei lavori di ristrutturazione dei beni che i Borghese avevano acquisito dagli Altemps, in particolare, delle ville Taverna e Mondragone a Frascati. Anche in questa circostanza è presumibile che la sua partecipazione fosse stata sollecitata dal coinvolgimento di Ponzio, nel precedente decennio, ai lavori di villa Taverna (Curcio, in Lerza, p. 55).

Nel 1619 il M. condusse un consistente intervento di restauro nella chiesa di S. Maria Imperatrice al Celio, scomparsa, danneggiata dai lavori sistini per l’apertura della via Lateranense, e per la quale già nel 1606 doveva aver svolto alcuni preliminari lavori attestati da pagamenti (Curcio, 1979, pp. 110 s.; Lerza, p. 130).

Il 18 genn. 1622 fu nominato «architetto sottomaestro delle strade», ovvero, stante l’organigramma dell’antica magistratura delle strade, responsabile della vigilanza sugli interventi di ornato edilizio urbano e sulla funzionalità viaria del territorio extraurbano; probabilmente, rivestì continuativamente questo ruolo fino alla morte sebbene la documentazione sinora indagata possa darne conferma solo per gli anni 1622-34 (Manfredi, 1999), 1641-45 e 1647-49 (Bentivoglio).

Tra il 1622 e il 1625 il M. eseguì i lavori della cappella Paluzzi Albertoni nella chiesa di S. Francesco a Ripa, parzialmente rimaneggiata nel 1671-72 dagli interventi berniniani per la realizzazione del deposito della beata Ludovica Albertoni: condizionato dalla necessità di mantenere gli affreschi preesistenti, il M. optò per un semplice impianto quadrangolare su pilastri impostati diagonalmente, coperto da cupola con lanternino (Menichella; Curcio, 1989, p. 29).

Dal 1629 al 1633 svolse per il cardinale Francesco Barberini lavori di «architettura» alla sagrestia e all’oratorio della chiesa delle Sacre Stimmate di S. Francesco (Curcio, 1989, p. 35 n. 42). Fu appunto con l’inizio degli anni Trenta che il M. ottenne i primi importanti riconoscimenti ufficiali: nel luglio 1631 la nomina ad architetto dell’arciconfraternita del Ss. Salvatore, carica che mantenne fino alla morte con uno stipendio annuo iniziale di 15 scudi, aumentato a 36 dopo il 1639 (Curcio - Spezzaferro, p. 84). Probabilmente fu lui stesso, nel 1632, anno del diffondersi del sospetto di peste in città, a farsi «promotore e istigatore» della visita apostolica condotta in quell’anno nell’ospedale, al fine di verificarne lo stato di funzionalità, dal cardinale Barberini, prefetto della congregazione permanente di Sanità istituita da Urbano VIII, visita da cui sarebbe potuta conseguire un’importante serie di lavori (Curcio, 1979, p. 115). Dal 1634 al 1636, infatti, il M. diresse la ristrutturazione della «corsia vecchia» dell’ospedale degli Uomini, su via di S.  Giovanni, avvalendosi del supporto di disegni dell’ancor giovane C. Rainaldi sotto la consulenza di F. Peparelli, a evidente compensazione di un’ancora insufficiente esperienza personale di architetto progettista (ibid., pp. 116 s.). Analogamente, nella seconda fase dei lavori, attuata tra il 1639 e il 1640 con la realizzazione della «corsia nuova» sulla piazza lateranense, si avvantaggiò dell’assistenza del fratello Giovan Battista e, successivamente, di G.A. De Rossi, allievo di Peparelli (Id., 1989, p. 30; Curcio - Spezzaferro).

I lavori dell’ospedale lateranense dovettero guadagnare al M. un nuovo prestigio sulla scena romana. Tuttavia, la sua affiliazione all’Accademia di S. Luca, riferita dalla bibliografia (Curcio, 1989, p. 29; Salvagni) non dovrebbe essere ammessa pacificamente causa la laconicità dei documenti dell’istituzione in cui, sinora, è stato rintracciato il suo nome: una lista di artisti e architetti, non necessariamente accademici, residenti in città nel 1635 (Piacentini) e il pagamento di una quota, non meglio motivata, versata nell’ottobre 1637 «per li due anni 1635-36» (Roma, Archivio storico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 42/a, c. 24r).

Dal 1642 al 1649 il M. rivestì la carica di architetto della Confraternita della Ss. Trinità dei Pellegrini: sotto la sua direzione furono condotti nella chiesa sia lavori di minore entità, quali «la rimozione di alcune sepolture o il ripristino dei pavimenti a mattoni» (Vasco Rocca, p. 41) saldati nel 1642, sia, tra il 1642 e il 1644, il rimaneggiamento della sacrestia e alcuni interventi nella volta; in quegli stessi anni il M. dotò l’edificio dell’ospedale-ospizio dei pellegrini e convalescenti, addossato alla chiesa, di una nuova e «semplicemente lineare» facciata e si occupò della «manutenzione delle proprietà immobiliari del luogo pio» (ibid., pp. 51, 111). Probabilmente, ancora durante il pontificato di Urbano VIII, il M. fu impegnato nei lavori di ristrutturazione dell’ospedale dei Mendicanti a ponte Sisto (parzialmente abbattuto per la costruzione del Lungotevere), riguardanti la disposizione del dormitorio, del refettorio e delle scale, l’ampliamento del portico prospiciente quella stessa parte del complesso, la sistemazione della facciata già definita da D. Fontana (Mola, in Noehles, p. 104; Spezzaferro; Hess - Röttgen).

Negli stessi anni il M. assunse anche l’incarico di architetto dei padri ministri degli infermi dai quali venne impegnato nella riorganizzazione del complesso edilizio presso la chiesa di S. Maria Maddalena: i lavori da lui svolti sono però difficilmente definibili causa le successive ristrutturazioni ma, probabilmente, dovettero essere più significativi di quanto non possano far supporre le ricevute dei pagamenti da lui riscossi per la chiesa e il convento dal 1640 al 1642 e, per il solo convento, nel 1649 (Mortari).

Nel 1645 fu coinvolto nella prosecuzione dei lavori di palazzo Ginetti a Velletri (demolito nel 1961 a seguito dei gravi danni subiti nel secondo conflitto mondiale), già diretti da Peparelli, morto nel 1641: il ruolo del M., che molto probabilmente si limitò a garantire l’attuazione del progetto iniziale, forse interessò un arco di tempo più dilatato di quanto non lascino intendere i soli pagamenti pervenuti, registrati alle date 4 gennaio e 6 sett. 1645 (Cavazzini). Il 27 genn. 1649 ricevette l’ultimo pagamento come architetto dell’ospedale Lateranense (Curcio, 1979, p. 114).

Il M. morì a Roma il 20 genn. 1650 (Curcio, 1989, p. 34 n. 8).

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 42/a, c. 24r; G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori et architetti…, I, Roma 1642, p. 263; F. Martinelli, Roma ornata dell’architettura, pittura e scultura [1644], in C. D’Onofrio, Roma nel Seicento, Firenze 1969, pp. 14, 121; G.B. Mola, Breve raconto delle miglior opere d’architettura, scultura et pittura, fatte in Roma et alcune fuori di Roma [1663], in K. Noehles, Roma l’anno 1663 di Giovan Battista Mola, Berlin 1966, ad ind.; P.F. Casimiro Romano, Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Aracoeli di Roma, Roma 1736, p. 105; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, Milano 1881, II, p. 243; J.A. Orbaan, Documenti sul barocco in Roma, Roma 1920, pp. 324, 328; M. Guidi, Dizionario degli artisti ticinesi, Roma 1932, pp. 199 s.; M. Piacentini, Gli architetti in Roma nel 1635, in Palladio, IV (1940), 5, pp. 235, 237; U. Donati, Artisti ticinesi a Roma, Bellinzona 1942, pp. 346 s., 361 s., 367 ( 363-366 figg. 307-312); P. Portoghesi, Roma barocca. Storia di una civiltà architettonica, Roma 1967, p. 263; L. Mortari, S. Maria Maddalena, Roma 1969, pp. 10, 75, 94 s. n. 12; L. Spezzaferro, Ospedale dei Mendicanti, in L. Salerno - L. Spezzaferro - M. Tafuri, Via Giulia. Un’utopia urbanistica del '500, Roma 1973, pp. 514 s.; G. Curcio, L’ospedale di S. Giovanni in Laterano: funzione urbana di una istituzione ospedaliera, II, in Storia dell’arte, 1979, nn. 36-37, pp. 110 s. n. 30, 114-117, 119, 121 s., 124; J. Genty, Pier Francesco Mola pittore, Bellinzona 1979, pp. 16, 51 s. nn. 26 e 28, 55 n. 106; S. Vasco Rocca, Ss. Trinità dei Pellegrini, Roma 1979, pp. 41, 51, 111; A. Menichella, S. Francesco a Ripa. Vicende costruttive della prima chiesa francescana a Roma, Roma 1981, pp. 37, 56 s., 63 n. 35; G. Curcio, G. e Giovan Battista Mola: due diversi modi di essere architetti a Roma nella prima metà del XVII secolo, in Pier Francesco Mola 1612-1666 (catal., Lugano-Roma), Milano 1989, pp. 28-39; G. Curcio - L. Spezzaferro, Fabbriche e architetti ticinesi nella Roma barocca con una scelta antica di stampe, Milano 1989, pp. XIII, 84 s.; A. Antinori, Note sui disegni di Giovan Battista Mola nella raccolta Martinelli di Milano, in Disegno di architettura, 1991, n. 4, pp. 34 s., 38 n. 17; E. Bentivoglio, Due libri di patenti dei «maestri di strade» di Roma degli anni 1641-45 e 1646-54. I mss n. 131 e n. 142 dell’Archivio Doria Pamphlilj. I. e II, in Quaderni del Dipartimento patrimonio architettonico e urbanistico, IV (1994), 7-8, vol. I, pp. 15, 18-22, 24-27, 30, 35, 40; (vol.II, pp. 24 s., 30 s., 58, 61 (II); A. Antinori, Scipione Borghese e l’architettura. Programmi progetti cantieri alle soglie dell’età barocca, Roma 1995, ad ind.; Varianti - postille - commenti, in G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori et architetti…, Roma 1642, rist. anast., a cura di J. Hess - H. Röttgen,Città del Vaticano 1995, III, p. 693; G. Curcio, Le ambizioni di un ticinese: Giovanni Battista Mola da Coldrerio, in Il giovane Borromini. Dagli esordi a S. Carlo alle Quattro Fontane (catal., Lugano), a cura di M. Kahn-Rossi - M. Franciolli, Milano 1999, pp. 305 s.; T. Manfredi, La presenza di architetti e maestranze ticinesi nel sistema dell’edilizia pubblica a Roma da Sisto V a Urbano VIII, ibid., pp. 216, 221 n. 78, 224 s.; Id., Roma 1619. Architetti e maestranze al tempo dell’arrivo di Borromini, in Francesco Borromini. Atti del Convegno... , Roma… , a cura di C.L. Frommel - E. Sladek, Milano 2000, pp. 41-44; P. Cavazzini, Palazzo Ginetti a Velletri e le ambizioni del cardinale Marzio, in Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana, 2001-02, n. 34, pp. 267, 281; G. Curcio, Il committente e l’architetto: cantieri e fabbriche nella Roma del Seicento, in Storia dell’architettura italiana. Il Seicento, a cura di A. Scotti Tosini, Milano 2003, I, pp. 301, 305, 313 n. 84; I. Salvagni, I ticinesi a Roma tra corporazione e accademia. Il caso dell’Accademia di S. Luca (1550-1610), in Arte e storia, 2007, n. 35, p. 83; G. Lerza, in M. Fratarcangeli - G. Lerza, Architetti e maestranze lombarde a Roma (1590-1667). Tensioni e nuovi esiti formativi, Pescara 2009, pp. 11 n. 20, 55, 62, 71 n. 285 (Flaminio Ponzio); pp. 130, 152 (Onorio Longhi); p. 161 (Martino Longhi il Giovane); A. Gilardi, Mola, Giovan Battista, in Dizionario storico della Svizzera (2010), http://www.hls-dhs-dss.ch/textes/i/I19143.php.

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