GIADA

Enciclopedia Italiana (1932)

GIADA (cin. yü)

Giovanni Vacca

Il nome di giada deriva dallo spagnolo piedra de hijada, che a sua volta deriva dal latino ficatum (fegato farcito di fichi), che ha dato il nome all'italiano fegato. La giada dei Cinesi comprende due distinti minerali: nefrite (v.) e giadeite (v.). La nefrite, adoperata in tutto il mondo in epoca preistorica, e in epoca moderna nella Nuova Zelanda e nell'Alaska, è un sircato di calcio e magnesio. La giadeite è essenzialmente un silicato di sodio e di alluminio: oggetti in giadeite sono stati scoperti nelle palafitte della Svizzera, nell'Asia Minore, in Creta, nella civiltà messicana precolombiana (quetzalitzli).

La durezza della nefrite e della giadeite è vicina a quella del quarzo. Il colore della nefrite varia a seconda della proporzione di ferro che contiene, da un grigio verde, verde mare, verde lattuga, fino al verde scuro. Altrettante sfumature presentano le nefriti grigie, gialle, rossastre, ecc. La giadeite ha colori più vivi, più brillanti. Le macchie e le venature, irregolarmente distribuite, sono dovute alla presenza di cromo, lo stesso elemento che dà il suo colore allo smeraldo. La giada è delicata e untuosa al tatto; i Cinesi la dicono "morbida come la rugiada del mattino, calda e liscia come la carnagione di un bambino, fine e compatta come una stoffa di seta". Le nefriti si scavano nella Zungaria, a Barkul e Manas, nelle vicinanze del Lago Baikal; altre giadeiti vengono dal Yün-nan occidentale, dalla Birmania e dal Turkestān orientale.

In Cina si fabbricarono oggetti di giada durante le prime dinastie, sino alla fine della dinastia Han, poi durante le dinastie T'ang e Sung e durante il regno dell'imperatore K'ien Lung (1736-96 d. C.). Se ne esportano in Europa e in America.

Gli antichi imperatori portavano appeso alla cintura per mezzo di cordicelle ornamenti di giada bianca (pei), simbolo di sovranità. Era di giada lo scettro che tenevano dritto nella mano destra durante le udienze. Pi era una tavoletta di giada di forma anulare che i feudatarî ricevevano dall'imperatore come insegna. T'ien erano ornamenti di giada fissati al berretto; coprivano le orecchie, per avvertirlo a non ascoltare cattivi discorsi. File di globuli di giada pendevano dinnanzi al berretto dell'imperatore. Nel Memoriale dei Riti (Li ki) sono ricordati una pietra rotonda perforata di color ceruleo nel culto del cielo; un simbolo ottagonale di giada gialla nel culto della terra, tavolette oblunghe di giada verde, rossa, bianca, nera, per i quattro punti cardinali. Oggetti di giada sono deposti nelle tombe. Caratteristica una giada scolpita che si poneva nella bocca del cadavere.

In un'opera cinese Ku yü t'u pu, "descrizione illustrata di giade antiche", è illustrato un catalogo, pubblicato nel 1176 d. C., della collezione imperiale. Odorico da Pordenone parla di una coppa di giada adoperata dall'imperatore a Pechino. Questa coppa fu poi trovata dall'imperatore K'ien Lung nel sec. XVIII. Gl'imperatori mongoli dell'India amavano la giada e si conservano oggetti di giada da essi posseduti, incrostati di pietre preziose.

Centro di fabbricazione degli oggetti di giada sono oggi Canton Su-chow, Pechino e nell'Ovest Cheng-tu. Per la lavorazione si adoperano polveri abrasive, di quarzo, di granato, di smeriglio, e anche polvere di pietre dure per l'ultima pulitura. Gli antiquarî cinesi apprezzano specialmente le vecchie giade estratte dalle tombe, specie quelle che ornavano i defunti.

Tra i più notevoli oggetti di giada lavorata sono gli scettri ju-i (in cinese, letteralmente, "come vi piace"), offerti dall'imperatore come dono di fidanzamento; gli spilloni da testa, orecchini, braccialetti, scatole per cipria e belletto, in tempi più moderni le tabacchiere. Molti oggetti di giada apparivano sulla scrivania dello studioso: vaso porta-pennelli (pi-t'ung), brucia-incenso, fiori scolpiti; nell'abbigliamento: collane di ambra con placche di giada, fibbie e altri ornamenti, erano adoperati da ambo i sessi. Caratteristici un cilindro di giada forato in cui s'infilava il dito per trarre l'arco; giade tagliate a squadra, da sospendere come pietre sonore in strumenti musicali. I principali musei etnografici e numerose collezioni private contengono collezioni di giade. In Italia notevoli il Museo L. Pigorini in Roma, il Museo etnologico missionario del Laterano, il Museo etnografico di Firenze, il Museo comunale di Bologna, ecc. (V. tavv. CLXI e CLXII, e tavv. a colori).

Bibl.: J. J. M. De Groot, The Religious System of China, Leida 1897, I, p. 271 segg.; The Bishop Collection. Investigations and Studies in Jade, New York 1905; E. Chavannes, in T'oung Pao, Leida 1906, pag. 396; S. W. Bushell, L'art chinois, Parigi 1910, pp. 158-180; O. Münsterberg, Chinesische Kusntgeschichte, Esslingen 1912, II, p. 340; B. Laufer, Jade, a Study in Chinese Archaeology and Religion, Chicago 1912; J. C. Ferguson, Outlines of Chinese Art, Chicago 1920, pp. 65-81; D. Pecorini Manzoni, Giada e simbolismo in Cina, in Emporium, LXIII (1926), pp. 179-191; W. A. Thorpe, in Burlington Magaz., LV (1929), p. 238 segg.