BERTOLI, Gian Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERTOLI, Gian Domenico

Luigi Moretti

Nacque il 13 marzo 1676a Mereto di Tomba (Udine), terzo dei quattordici figli del conte Giovanni Giacomo e di Maria Giuseppina Pischiutti; la famiglia era la più ragguardevole di Mereto e tra i familiari del B. alcuni godettero di qualche fama nelle lettere e nelle arti: lo zio Giovanni Daniele, canonico di Aquileia e poeta, e il fratello Daniele Antonio, pittore.

Il B. studiò presso i padri somaschi e abbracciò lo stato religioso: ricevuti gli ordini minori (1700), fu nominato, per intercessione dello zio, titolare di un beneficio ecclesiastico; poco dopo (1702) disse la sua prima messa a Loreto. La sua vita è scarsamente nota sin oltre i quarant'anni: è probabile però che già allora come più tardi trascorresse la sua vita tra Aquileia e Mereto. Di qui, senza dubbio, una certa ristrettezza di visuale e un certo provincialismo culturale, innegabili nel B. malgrado gli alti meriti.

Del 1717 è il suo primo scritto noto, la Lettera sopra le corniole ed altre gemme sigillatorie che trovansi in Aquileia, pubblicata però assai più tardi (1760), ultimo tra gli scritti stampati vivente l'autore, nella Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, a c. di A. Calogerà, VII, pp. 393-421. L'interesse del B. si andava però concentrando sulle iscrizioni: nel 1719-1720 cominciava a comprame alcune, primo nucleo di quello che diverrà il museo di Aquileia. In tal modo il B. acquistava benemerenza e rinomanza nel campo dell'epigrafia aquileiese, nel quale aveva certo già avuto predecessori notevoli, tra cui G. C. Capodaglio, ma che proprio per merito del B. suscitò rinnovato interesse nel mondo colto di allora: presto infatti entrò in rapporto con S. Maffei, G. Fontanini, e con N. Madrisio, che stava appunto lavorando alle antichità di Aquíleia, e che anzi ottenne dal B. copia di quattordici nuove epigrafi da inserire in calce alla sua Apologia per… Aquileia (Udine 1721); più tardi (1726) entrò in affettuosa dimestichezza anche con A. Zeno.

Il materiale antiquario aquileiese continuando a crescere, anche in conseguenza di scavi, più o meno regolari e autorizzati, intrapresi dal B. e da altri, e poi saltuariamente continuati, si rendeva necessaria, soprattutto per il materiale epigrafico, una edizione sistematica di tutti i reperti. Ma il B., un po' per le insistenze del Muratori che cercava di procurarsi nuovi testi per il Thesaurus cui attendeva, un po' perché il Fontanini diceva di essersi già impegnato in una impresa analoga, era riluttante a pubblicare il risultato dei suoi studi che andava sistemand a guisa di schede successive. Nel 1733, tuttavia, era già pronto un volume, ma poiché il B. desiderava essere confortato dal parere degli esperti, perse tre anni per ottenere un giudizio positivo dallo Zeno e dal Muratori; nel 1736 peraltro moriva il Fontanini, liberando così da ogni residuo scrupolo il B. che consegnava il suo manoscritto a G. B. Albrizzi (1737): ci vollero però oltre due anni perché le Antichità fossero pubblicate. Nel frattempo, come già il Maffei (1728), anche i due celebri antiquari inglesi R. Pococke e J. Milles, di passaggio per Aquileia (1737), avevano avuto modo di apprezzare l'opera archeologica dei B.: con essi questi intrattenne rapporti e scambiò pubblicazioni.

Le Antichità d'Aquileja profane e sacre, per la maggior parte finora inedite, raccolte, disegnate, ed illustrate da G. D. B., pubblicate a Venezia nel 1739, comprendevano seicentosessantacinque schede, non solo d'iscrizioni d'età romana, ma anche di oggetti, sigilli, monete, pitture, ecc., d'età medievale. Furono in massima accolte assai favorevolmente e procurarono all'autore più tardi la nomina a socio dell'Accademia Colombaria di Firenze (1746), dell'Accademia Etrusca di Cortona (1749), dell'Accademia di Udine (1758). Il B. frattanto continuava ad accumulare nuovo materiale: nel 1744 scriveva al Muratori di avere già altre duecento schede, nel 1748 aveva approntato un secondo volume che non poté pubblicarsi per le difficoltà del momento (non era ancora terminata la guerra di successione austriaca), nel 1749 aveva raggiunto complessivamente il migliaio di schede e pensava a un terzo volume, nel 1751 le schede erano salite a millecentoventinove. Ma l'essersi prodigato senza risparmio (più d'una volta aveva sofferto di gravi febbri malariche) ne aveva fiaccato il corpo; il corruccio per la soppressione del patriarcato d'Aquileia (1751) e il conseguente abbandono in cui cadevano le antichità da lui valorizzate lo aveva amareggiato: nel 1751, scrivendo al Milles e ad altri, si dichiarava ormai stanco delle "anticaglie": declinando l'età, attese soprattutto a opere di carità e a comporre scritti edificanti quali, ad esempio, Della speranza (nelle Memorie… del Valvasense, VIII, 4, Venezia 1754, pp. 65-76), una raccolta di Giaculatorie (Udine 1756), Della pazienza (Udine 1759). Si spense il 21 marzo 1763.

Delle Antichità di Aquileja dette un giudizio assai positivo il Monunsen (Corpus Inscriptionum Latinarum, V,1, Berolini 1877, pp. 80 ss.): senz'altro notevole in quest'opera la revisione quasi sempre diretta del materiale, l'utilizzazione di manoscritti della metà del sec. XVI (di A. Belloni e B. Ramberti), la ricerca dell'origine dei testi, la descrizione quasi sempre esatta. Degli altri scritti editi e inediti del B. dà una lista purtroppo assai incompleta e imprecisa il Someda de Marco (pp. 159-161), da completare con le più accurate notizie del Calderini e del Vale. Una decina di scritti antiquari, la massima parte, sono editì nella Raccolta d'opuscoli…, e nella Nuova raccolta d'opuscoli… del Calogerà; alcune brevi composizioni "stravaganti", per lo più d'età avanzata (Sulla fava, Sulla Crusca, Sopra la cena, Sopra la cioccolata), sono sparse qua e là; degli scritti edificanti si è già detto. Lasciò nondimeno numerosi manoscritti che sono conservati ora in parte nell'Archivio dei conti Rota a San Vito del Tagliamento, in parte a Udine in varie biblioteche (Bibl. Civica; Bibl. del Seminario; Bibl. Arcivescovile; Bibl. dei conti Florio; Arch. capitolare). Tra questi manoscritti, sovente in più di un esemplare, vanno anzitutto ricordati il II e III volume delle Antichità d'Aquileja…,che furono largamente utilizzati dal Mommsen, e dai quali sono state estratte poche cose stampate occasionalmente (Calderini, p. 429);il primo tentativo di una pianta di Aquileia (forse 1739, o dopo il 1746),che vide la luce assai più tardi ad opera di G. Ferrante, Piani e memorie dell'antica basilica di Aquileia… (Trieste 1853); il Thesaurus imperialium numismatum… (1739-1740), conclusione di lunghi studi numismatici cui il B. s'era andato preparando con numerose postille ai Numismata… del Vaillant. Inoltre Spogli dei passionari di Aquileia…, Raccolte de' sigilli, cui egli attese sin quasi agli ultimi suoi anni.

Un cenno a parte merita l'epistolario, ricchissimo, conservato nella biblioteca dei conti Rota: sono cinquantacinque volumi manoscritti (dei quali però nove, nel 1917,finirono in Austria, ove se ne perdono le tracce, a Vienna, nel 1924),inediti, ma larghissimamente utilizzati dal Vale, da integrare con gli epistolari dei dotti con cui il B. carteggiò: il Muratori (Lettere inedite di L. A. Muratori a mons. G. D. B. [nozze Porcia-Brugnera Cosolo], Udine 1872), il Maffei (Epistolario, Milano 1955), lo Zeno (Lettere, Venezia 1785, IV-VI, passim), il Mazzuchelli (Bibl. Vaticana: Vat. lat.10004, ff. 519-525).

Bibl.: A. Calderini, Aquileia romana, Milano 1930, pp. XXIX-XXXI, 423-430; G. Vale, G. D. B. fondatore dei museo lapidario d'Aquileia e l'opera sua, Aquileia 1946; P. Someda De Marco, G. D. B. e la sua terra natale, Pordenone 1948. Presso questi autori, la scarsa e insufficiente bibliografia anteriore.

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