MARANA (Marrana), Gian Paolo. - Primo dei quattro figli di Giovanni Agostino, orafo, e di una Maddalena di cui non si conosce il cognome, nacque, probabilmente a Genova, nel 1642.
Il 23 febbr. 1661 sposò Maria Vittoria Casareggio, morta verosimilmente prima del 1674, dalla quale ebbe almeno quattro figli.
Nel 1664 il suo nome compare tra i promotori di un Monte vitalizio, volto a sovvenzionare la Repubblica di Genova in caso di bisogno di liquidità, ma la proposta non incontrò il favore della Camera.
Nell'agosto 1670, a seguito di una denuncia anonima, il M., insieme con il fratello Giovan Battista, fu diffidato per aver minacciato un garzone della bottega del padre. Poco dopo fu coinvolto in una vicenda dai contorni romanzeschi. Il 24 ottobre si presentò alle autorità con alcuni documenti cifrati affermando di averli recuperati in un fosso nei pressi di Granarolo, poco fuori la città: decifrati, avrebbero rivelato un piano di invasione della città da parte di truppe francesi. Il racconto non convinse il Senato, che ordinò la perquisizione della casa del M. e lo affidò agli inquisitori di Stato: sottoposto a tortura, il M. confessò che i documenti erano falsi da lui creati per avvertire sui rischi di un'invasione francese e mettere in luce la disaffezione dei cittadini verso la patria. Accusato di mendacio, calunnia e falsità, il 15 apr. 1671 il M. fu condannato a 5 anni di prigione.
La carcerazione ebbe termine il 29 nov. 1674 e il 30 dicembre, pressato dalle difficoltà economiche, il M. rivolse una supplica al Senato (Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, 2494). La sua situazione sembrò migliorare quando, all'inizio del 1675, ricevette da Giovanni Prato, già maestro di campo nelle forze genovesi nel 1671-73, l'incarico di compilare una storia della recente guerra tra Genova e il Ducato di Savoia, con l'obiettivo di fornire una versione di parte genovese degli avvenimenti.
Sebbene il Senato ne avesse espressamente vietato la divulgazione, il M. fece imprudentemente circolare alcune parti dello scritto. Il 21 ott. 1679 il governo della Repubblica ordinò l'arresto del Marana. Il manoscritto dei Successi della guerra del 1672 fu esaminato dagli inquisitori, che, pur non trovandovi nulla di apertamente compromettente, non lo restituirono al Marana.
Scontato un mese di prigionia, il M. fu rimesso in libertà dietro pagamento di una cauzione di 500 scudi di argento. Per timore di nuovi soprusi e per difficoltà economiche, egli fuggì da Genova, con parte dei preziosi custoditi nella bottega del padre, morto il 20 ag. 1679, e si portò a Monaco, che era sotto il protettorato francese, dove rimase per più di un anno. Qui maturò l'idea di rivedere i Successi per la pubblicazione. Gli inquisitori di Genova, interpellati, si pronunciarono il 22 ag. 1681, proibendo la stampa dell'opera. Allora il M., trasferitosi a Lione, vi pubblicò nel dicembre (ma con la data 1682) La congiura di Raffaello Della Torre, con le mosse della Savoia contra la Repubblica di Genova.
Il M. si premurò di presentarne una copia a P.M. De Marini, da poche settimane residente della Repubblica in Francia, che nei confronti del M. manifestava non poca diffidenza.
Alla metà di dicembre 1681 il M. partì da Lione alla volta di Parigi, nella speranza - a detta di De Marini - di succedere a V. Siri, storiografo del re in lingua italiana.
Le speranze di diventare storiografo regio, rinfocolate dalla morte di Siri nel 1685, svanirono quando poco dopo Luigi XIV soppresse la carica.
Nell'ottobre 1683, assicuratosi ulteriormente della gravità di alcune trame del M. con Fieschi e Saint-Olon, De Marini chiese al Senato genovese di prendere provvedimenti contro di lui e nel gennaio 1684 riferì che il M. aveva divulgato notizie segrete sull'attività del Minor Consiglio di Genova e aveva contribuito alla stesura dell'ennesimo opuscolo antigenovese.
Dopo un ultimatum del governo francese che imponeva a Genova condizioni da questa ritenute umilianti e perciò respinto, dal 18 al 21 maggio le navi francesi bombardarono Genova e, dopo una breve tregua concessa per avviare trattative, subito fallite, l'azione della flotta francese continuò fino al giorno 28, lasciando la città prostrata. Dopo questi eventi vide la luce il Dialogo fra Genova e Algieri, pubblicato ad Amsterdam alla fine del 1684 (con data 1685) in due edizioni, una italiana e una francese.
Ai primi anni del soggiorno parigino risale anche la composizione del lavoro letterario più noto del M., il romanzo pseudoepistolare a sfondo orientale L'esploratore turco, pubblicato a Parigi presso C. Barbin tra il 1684 e il 1686.
La seconda parte fu presentata dal M. a Luigi XIV all'inizio del 1686 e alla fine dell'anno Barbin pubblicò un'edizione in francese in tre parti, contenenti rispettivamente 30, 38 e 33 lettere: l'ultima parte è probabilmente una versione francese di un perduto manoscritto italiano, mentre delle prime due si conservano le copie allestite per la stampa, forse di mano del M. (Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds Italien, 1006 e 1007).
È generalmente accettato che le 102 lettere dell'edizione Barbin siano quelle attribuibili con certezza al Marana. Tale canone, con una partizione in quattro parti dovuta a ragioni editoriali, fu replicato nelle edizioni Amsterdam 1688 e Parigi 1689 e 1690. All'indomani di queste edizioni, le vicende testuali dell'Esploratore turco si fanno particolarmente complesse (il regesto fornito da J.P. Gaudier e J.J. Heirweg, pp. 48-52, raccoglie un totale di circa trenta edizioni, in inglese, francese e olandese). Snodo fondamentale è un'edizione londinese, tra 1691 e 1694, in otto parti, con il titolo Letters writ by a Turkish spy, contenente 630 lettere. Dall'edizione inglese dipende, con qualche modifica nell'ordine delle lettere e con interventi nelle parti ritenute poco ortodosse, la stampa di Cologne (probabile nome fittizio per Parigi o Rouen) nel 1696-99, alla quale, per quanto risulta, fanno capo tutte le successive.
La paternità delle circa 500 lettere testimoniate a partire dall'edizione londinese è controversa: se è sembrato verosimile che si tratti di rimaneggiamenti di materiali originali del M. ora perduti, sono state altrimenti considerate degli apocrifi, aggiunti da mestieranti legati al mondo della stampa. Per i francesi è stato avanzato - con scarsa verosimiglianza - anche il nome di P. Bayle; le ultime sette parti della prima edizione inglese sono state ricondotte alla figura di J. Bradshaw, scrittore e libellista, autore tra l'altro di una requisitoria antigesuitica. Una nona parte dal titolo Continuation of Letters written by a Turkish spy (Londra 1718), contenente 63 lettere, va quasi sicuramente assegnata a D. Defoe.
L'Esploratore turco presenta una contorta architettura, congeniale alla mentalità del suo autore: il M. avrebbe ritrovato un fascio di scritture in lingua araba che, una volta tradotto, si sarebbe rivelato il lungo carteggio di una spia turca, Mahmut, inviata in Europa dalla Porta di Costantinopoli per fornire precisi ragguagli sul mondo occidentale. Visto l'indubbio interesse di queste lettere, che coprono un lasso di tempo compreso tra 1637 e 1682, il M. si sarebbe limitato a tradurle e pubblicarle. Vergate con uno stile franto e laconico, talora sciatto e frettoloso, si soffermano di volta in volta sulle convenzioni sociali dei Francesi, sui gesuiti, sulle pratiche religiose dei cristiani, esprimendo a più riprese stupore o critiche. L'espediente di far parlare uno straniero su questioni a lui estranee ma ben familiari ai lettori non cela, tuttavia, la componente encomiastica volta all'esaltazione della monarchia francese, in particolare di figure chiave come Enrico IV o il cardinale Richelieu.
Matrice per futuri esperimenti analoghi, fu considerato alla stregua di uno scritto libertino che rivelerebbe i segreti del potere politico; ebbe perfino sporadiche letture a chiave (Parigi, Bibliothèque de l'Arsenal, Mss., 7067). Anche se non accettato da tutti gli studiosi, si è sostenuto che esso abbia fornito spunti a Montesquieu per le Lettres persanes. A causa di questa tangenza con questioni affrontate nella libellistica libertina, l'Esploratore turco finì all'Indice nel 1705.
All'indomani della formale pacificazione del 1684 tra la Francia e Genova, il nuovo ambasciatore francese presso la Repubblica, Nicolas de Sève d'Aubeville si fece carico della sorte degli esiliati politici genovesi, ma il governo genovese, a proposito del M., respinse la richiesta di reintegro, in quanto dichiarato delinquente comune per il furto dei gioielli dalla bottega paterna.
Gli ultimi anni della vita del M. furono condizionati dalla progressiva diffidenza di Luigi XIV nei confronti degli esuli genovesi e dallo scarso interesse di altri illustri personaggi affannosamente contattati. La notizia accennata da Dreux du Radier e data per buona da alcuni biografi successivi, secondo la quale il M. nel 1689 sarebbe tornato a Genova per poi morirvi, non trova riscontro documentario.
Secondo la notizia fornita dal residente di Genova a Parigi F. Gastaldi, il M. morì a Parigi, "carrico di molti debiti" (Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, 2207), il 26 ott. 1693.
Edizione di riferimento dell'Esploratore turco è quella curata da G. Almansi e D. Warren, in Studi secenteschi, IX (1968), pp. 159-257; X (1969), pp. 243-288; XI (1970), pp. 75-165; XII (1971), pp. 325-365; XIII (1972), pp. 275-291; XIV (1973), pp. 253-283.
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