USELLINI, Gianfilippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

USELLINI, Gianfilippo

Francesco Santaniello

– Nacque a Milano il 7 maggio 1903 da Lorenzo e da Matilde Merzagora.

Nel 1917 iniziò a frequentare il ginnasio presso i padri gesuiti del liceo Leone XIII. Dopo i primi anni di studi classici, indirizzando il suo interesse verso la pittura ottenne dal padre il permesso di trasferirsi al Liceo artistico di Brera. Nel 1923 s’iscrisse all’Accademia di belle arti di Brera, dove ebbe come insegnate Ambrogio Alciati. Nel 1925 conobbe il danzatore Enrico Cecchetti, dal quale, mosso dalla passione per il teatro, prese per qualche tempo lezioni di mimo. Nel 1926 fu ammesso alla XV Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia con l’opera L’accademia (ripr. in Gianfilippo Usellini, 2003, p. 36).

Conclusi gli studi accademici, nel 1928 fu chiamato a prestare servizio militare a Sanremo, ma continuò l’attività espositiva a Milano partecipando alla Mostra annuale primaverile della Permanente e alla I Mostra del sindacato fascista di belle arti della Lombardia. Nel 1930 fu presente alla IV Mostra internazionale delle arti decorative di Monza con una serie di pannelli ideati per la sala da pranzo progettata dagli architetti Paolo Buffa e Antonio Cassi Ramelli. L’anno successivo gli fu assegnata la cattedra di decorazione applicata presso la Scuola superiore d’arte applicata all’industria del Castello Sforzesco (dove insegnò fino al 1941). Sempre nel 1931 inviò alla I Quadriennale nazionale d’arte di Roma tre dipinti, tra i quali Il temporale, che fu acquistato dalla Galleria nazionale d’arte moderna. Nel 1932, con Volo pindarico (Il poeta), fu ammesso alla XVIII Biennale di Venezia, mentre con il dipinto Il coro a tre voci, presentato a Milano alla III Mostra d’arte del sindacato fascista di belle arti della Lombardia, vinse il premio Guido Ricci. Nel 1933, nell’ambito della V Triennale d’arte di Milano, dipinse, nell’atrio della galleria della pittura murale voluta da Mario Sironi, l’affresco Le quattro età (successivamente distrutto), che gli valse la medaglia di bronzo. A ottobre espose alla 31th International exhibition of paintings tenutasi nel Carnegie Institute di Pittsburgh.

Nell’autunno del 1934 iniziò a lavorare alla serie dei sei dipinti murali a encausto sul tema del lavoro in Valtellina (La mietitura, La vendemmia, La tessitura, la filatura e la pesca, La lavorazione del granito e l’alpinismo, La caccia e l’industria del legname, L’alpeggio) nel salone d’onore del palazzo del Governo (odierno palazzo della Provincia) di Sondrio, che era stato progettato dall’architetto Giovanni Muzio. Nello stesso anno espose alla V Mostra regionale d’arte lombarda (V Sindacale) e alla XIX Biennale di Venezia. Nel 1935 avviò la collaborazione con la Società umanitaria di Milano tenendo lezioni di disegno (impegno che mantenne fino al 1937), e fu eletto membro del direttorio del sindacato fascista di belle arti. In gennaio partecipò alla «Mostra d’arte italiana» che si tenne presso l’Instytut propagandy Sztuki di Varsavia (rassegna a carattere itinerante che nei mesi successivi fu proposta a Cracovia, a Poznań, a Bucarest e a Sofia); a maggio presentò alla VI Sindacale lombarda di Milano il dipinto intitolato L’amante (Milano, Museo del Novecento), che fu acquistato dalla Galleria d’arte moderna di Milano, mentre in estate fu invitato alla mostra «L’art italien des XIX et XX siècles» allestita presso il Jeu de Paume di Parigi. Inoltre fu ammesso alla II Quadriennale nazionale d’arte di Roma con due opere: Le lavandaie e Il figliol prodigo (Roma, Galleria comunale d’arte moderna). Quest’ultima fu acquistata dal Governatorato dell’Urbe.

Nel 1936 si sposò con la pittrice Rosalia Buratti, dalla quale ebbe una figlia (Fanny). A gennaio partecipò alla mostra «Neue Italienische Kunst» al Museo nazionale di Budapest (in seguito spostata anche a Vienna e a Praga) e ottenne il diploma d’onore per il quadro Ricordo d’infanzia. Invitato alla XX Biennale di Venezia, espose sei opere, due delle quali furono acquistate dalla Galleria d’arte moderna di Milano (Il mio giardino) e dalla Galleria d’arte moderna di Firenze (Il paracadute). Suoi lavori figurarono anche alla VII Sindacale lombarda di Milano e alla XI Mostra interprovinciale del sindacato fascista di belle arti di Firenze.

Nel 1937 fu tra gli artisti chiamati a rappresentare l’Italia all’Esposizione internazionale di Parigi e fu premiato con la medaglia d’oro. Durante l’anno ottenne numerose commissioni in ambito ecclesiastico, soprattutto per decorazioni murali: realizzò alcuni encausti (Il battesimo di Gesù, Mosè fa scaturire l’acqua viva dalle rocce, La presentazione di Gesù al tempio) nella cappella di S. Contardo (cappella del fonte battesimale) nella basilica di S. Pietro Apostolo a Broni (Pavia), una pala d’altare per la cappella di S. Antonio di Padova (Madonna in trono con i ss. Antonio di Padova e Salvatore de Horta) nella chiesa di S. Gaetano a Brescia, l’affresco della Madonna dei Bachi a Bernareggio (Milano), dei mosaici raffiguranti santi e profetesse nella cappella dell’Immacolata del santuario di S. Antonio a Milano, e delle vetrate (distrutte durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale) per la chiesa di S. Eufemia, sempre a Milano. Altrettanto intensa l’attività espositiva, con la partecipazione alla rassegna «La pittura nella scuola moderna di Milano» organizzata a Como, alla VIII Sindacale fascista di Milano, e alla «Ausstellung italienischer Kunst von 1800 bis zur Gegenwart» presso l’Accademia d’arte di Berlino.

Nel 1939 portò a termine l’affresco La giustizia (L’albero del bene e del male) nel palazzo di Giustizia di Milano. Sempre nel capoluogo lombardo eseguì alcune vetrate: due (S. Giovanni Eudes, S. Margherita Alacoque) per la cappella del Sacro Cuore nella chiesa di S. Maria Incoronata, e una (S. Mauro), in collaborazione con Cesare Monti, per la chiesa dell’Annunciata nel nuovo ospedale Maggiore (Niguarda). Progettò anche le decorazioni parietali per la piscina della residenza londinese di Barbara Hutton e ne realizzò sia i bozzetti sia i cartoni, ma l’impresa fu interrotta per lo scoppio della guerra. Partecipò alla X Sindacale interprovinciale a Milano, alla prima edizione del premio Bergamo e alla III Quadriennale romana con due dipinti: Il pane (Roma, Galleria comunale d’arte moderna), che fu acquistato dal Governatorato capitolino, e In seminario. L’anno dopo ebbe una sala personale alla XXII Biennale di Venezia. A settembre si presentò al II premio Bergamo e in dicembre allestì una personale presso la galleria Mascioni di Milano.

Dalla fine degli anni Venti e nel corso del decennio successivo la ricerca di Usellini si indirizzò verso gli stilemi e le tematiche del Novecento. Ufficialmente l’artista non aderì al movimento, ma ne condivise anche l’interesse per la pittura murale monumentale. Nei dipinti da cavalletto coniugò la sintesi formale d’ascendenza novecentista con il rigore compositivo di matrice primitiveggiante, memore dell’arte toscana del Quattrocento. Il puntuale riferimento all’arte antica è ravvisabile anche nelle peculiari scelte tecniche, poiché l’artista preferì utilizzare la tempera all’uovo, stesa a velature, e come supporto la tavola al posto della tela.

Durante la guerra Usellini si trasferì ad Arona (Novara), andando ad abitare nell’antica casa di famiglia dov’era solito trascorrere i mesi estivi. Nonostante le difficoltà non interruppe le sue attività, né quella pittorica né quella didattica. Nel 1941 completò l’affresco Caccia e pesca (diviso in quattro scene) nella villa dell’industriale Vittorio Crespi nella frazione Sforzesca di Vigevano (Pavia). Nel 1942 iniziò a insegnare al Liceo artistico di Brera a Milano, fu invitato alla XXIII Biennale di Venezia e tenne una personale alla milanese galleria Borgonuovo. L’anno seguente gli fu concessa una sala personale alla IV Quadriennale di Roma, mentre nel 1944 aderì alla I Esposizione d’arte di Intra (Verbano).

Nell’immediato dopoguerra tornò a vivere a Milano, dove nel 1947 allestì una personale alla galleria Il Camino. Nel 1948 partì alla volta di New York per inaugurare la personale alla Julien Levy Gallery e soggiornò per sei mesi negli Stati Uniti. Sempre nel 1948 fu invitato alla XXIV Biennale internazionale d’arte di Venezia. Tornò alla rassegna lagunare anche nelle successive edizioni del 1950 e del 1952. Nel 1951 ottenne un importante riconoscimento (medaglia d’oro) alla IX Triennale di Milano.

Nello stesso periodo collaborò con il teatro alla Scala disegnando le scene e i costumi per il Nazareno di Lorenzo Perosi (stagione 1949-50), per Il combattimento di Tancredi e Clorinda su musiche di Claudio Monteverdi (1950-51) e per La figlia del diavolo musicata da Virgilio Mortari (1953-54). Nel 1954 don Giovanni Rossi, presidente della Pro civitate christiana di Assisi, gli commissionò il dipinto Gesù divino lavoratore (Assisi, Galleria d’arte contemporanea della Pro civitate christiana). Nel 1955 Usellini ricevette il primo premio alla VI Mostra nazionale premio del Fiorino a Firenze. L’anno successivo terminò il murale Il ritorno dell’emigrante (successivamente staccato per essere conservato nella Casa del pittore) ad Arcumeggia, un piccolo borgo del Varesotto dove l’Ente provinciale del turismo affidò a un gruppo di artisti, tra i quali Ferruccio Ferrazzi, Aldo Carpi, Sante Monachesi, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Achille Funi, Giuseppe Migneco, Gianni Dova, Giovanni Brancaccio, Bruno Saetti, Remo Brindisi, Fiorenzo Tomea e Francesco Menzio, l’incarico di affrescare i muri esterni delle case.

Nel 1957 si presentò con una personale alla galleria Alibert di Roma, e nella capitale ritornò nel 1959 per prendere parte alla VIII Quadriennale.

Dal dopoguerra Usellini sviluppò la sua pittura, intesa come narrazione visiva, proponendo spesso una lettura mitopoietica della realtà, intrisa, a volte, di suggestioni metafisiche o surrealiste. Tra i soggetti più ricorrenti compaiono tre invenzioni iconografiche elaborate già all’inizio degli anni Quaranta: gli angeli e i demoni, in una bonaria dialettica tra bene e male, inseriti in composizioni di vario genere (La grande battaglia, 1950, ripr. in Gianfilippo Usellini, 1994, p. 72); le figure di Pegaso e di Icaro, simboli dell’umano desiderio di trascendere i limiti fisici per elevarsi al cielo (La cattura di Pegaso, 1966, ripr. in Gianfilippo Usellini, 2003, p. 90); e le maschere del carnevale, metafore della condizione umana (Il carnevale dei poveri, 1954-56, ripr. in Gianfilippo Usellini, 1994, p. 167).

L’8 febbraio 1960 si tenne alla Piccola Scala di Milano la prima rappresentazione di La notte di un nevrastenico, opera buffa di Riccardo Bacchelli su musiche di Nino Rota, per la quale Usellini ideò scenografie e costumi. Nei mesi successivi egli lavorò a quattro tele (La biblioteca magica, La galleria d’arte, La scienza, Il lavoro) commissionategli dall’amministrazione comunale di Vimercate per la Scuola media Alessandro Manzoni, che era stata appena edificata (attualmente sono nel Museo del territorio vimercatese). Nel 1961 gli fu affidata la cattedra di decorazione e affresco all’Accademia di belle arti di Brera. Nel gennaio del 1962, con Il sogno di Icaro (Roma, Collezione Esso Italia), partecipò a Roma al IV premio di pittura Esso, vincendo il secondo premio. Qualche mese più tardi il Comune di Arona gli allogò il dipinto murale Allegoria di Arona per la Scuola media statale Giovanni XXIII. Nel 1963 dipinse La Carità per la Quadreria dei benefattori dell’ospedale Maggiore di Milano. Nel corso di quel decennio Usellini tornò a lavorare ad Arcumeggia, sia realizzando cinque affreschi sempre per i muri esterni delle case (Il ritorno dell’emigrante, 1961; Severin bev poc vin, 1964; Gesù cade la terza volta, 1959-60; Gesù deposto dalla croce, 1963; Sant’Antonio, 1967) sia tenendo corsi estivi di affresco rivolti ai più meritevoli allievi delle accademie italiane di belle arti.

Le tappe più significative dell’attività espositiva condotta da Usellini in questo periodo furono la partecipazione alla Biennale nazionale d’arte sacra contemporanea dell’Antoniano di Bologna (IV edizione del 1960 e VII del 1967), l’invito alla Quadriennale nazionale di Roma (la IX del 1965 e la X del 1972), la presenza di sue opere alla rassegna «Arte moderna in Italia 1915-1935» allestita a Palazzo Strozzi di Firenze (1967), e, sempre nel capoluogo toscano, il conferimento del premio del Fiorino nel 1967 nell’ambito della mostra «Gli artisti per Firenze» (Museo internazionale d’arte contemporanea presso Palazzo Vecchio). Morì ad Arona il 21 agosto 1971.

Fonti e Bibl.: G. U. Favola, simbolo, allegoria (catal., Milano), testi di E. Pontiggia - V. Scheiwiller, Roma 1991; G. U. (1903-1971) (catal., Sondrio), a cura di E. Pontiggia, Milano 1994; U. e il Lago Maggiore (catal., Arona), a cura di M. Rosci, Milano 1996; V. Crespi Morbio, G. U. alla Scala, Torino 2003; G. U. (1903-1971) (catal., Milano), a cura di E. Pontiggia, Cinisello Balsamo 2003; P. Campiglio, Le pitture di sogno: il murale di G. U. per villa Crespi a Vigevano, in Viglevanum, XVIII (2008), pp. 84-89; The magic library: la biblioteca magica di G. U. (catal., Milano), a cura di L. Sansone, Cologno Monzese 2009.

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