PARRAVICINI, Giannino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PARRAVICINI, Giannino

Mario Sarcinelli

PARRAVICINI, Giannino. – Nacque a Castellanza (Varese) il 3 luglio 1910 da Renzo e da Edvige Bianchi.

Alunno del Collegio Ghislieri, studiò e si laureò a Pavia in scienze politiche nel 1932, discutendo una tesi sui cicli economici assegnatagli da Camillo Supino e discussa, a causa della morte di quest’ultimo, con Benvenuto Griziotti. Nell’anno accademico 1932-33 vinse una borsa di studio per approfondire gli studi all’estero, intitolata dalla Banca d’Italia a Bonaldo Stringher. Nel 1934-35 ne vinse una seconda per proseguire il perfezionamento all’estero specializzandosi presso le università di Vienna, Parigi, Berlino e Londra. Rientrato in Italia, fu assunto dalla Banca d’Italia e destinato al Servizio studi, all’epoca in fase di potenziamento. Nell’immediato dopoguerra collaborò con i governatori Luigi Einaudi e Donato Menichella. Fece inoltre parte della Commissione economica presso il ministero della Costituente, di quella per l’applicazione delle clausole economiche del trattato di pace e del Comitato misto italo-francese per l’unione doganale. Relatore del gruppo di lavoro per i problemi economici del territorio di Trieste, fu incaricato di delineare il sistema monetario e valutario della Somalia e successivamente, nel 1961, divenne capo dell’ufficio finanziario dell’ONU a Léopoldville (oggi Kinshasa). Di grande sensibilità politica e civile, fu attivo in formazioni laiche e democratiche dal dopoguerra agli anni Settanta e anche successivamente seguì con interesse e passione gli eventi politici.

La sua attività di ricerca sia nel servizio cui era addetto, sia come privato studioso, si concentrò sulla finanza pubblica e sulle tematiche del credito e della moneta. La prima opera in cui si materializzò lo sforzo di descrizione della realtà italiana furono i ponderosi volumi della Banca d’Italia su L’economia italiana nel sessennio 1931-1936 (Roma 1938). Parravicini contribuì alla prima parte con il capitolo sulla finanza pubblica, il quinto, e alla seconda sui settori economici con undici dei trentanove titoli.

Finita la guerra, pubblicò un’ampia monografia dedicata a L’ordinamento bancario e l’attività creditizia (Milano 1947), in una collana diretta da Costantino Bresciani-Turroni.

In quest’opera non lesinò critiche al governo e al controllo del credito nella sua attuazione e fece proposte sulla ripartizione delle competenze tra il ministero del Tesoro e la Banca d’Italia che si rivelarono anticipatrici di future decisioni. Con riferimento alla situazione dell’Istituto di emissione e alla circolazione monetaria, scrisse che il riassetto di entrambe presupponeva necessariamente limiti al ricorso del Tesoro alla Banca centrale, come fu deciso nel dicembre del 1947. Sulla gestione del cartello bancario, altro oggetto dei suoi strali, si disse favorevole a rendere infruttiferi i depositi moneta per migliorare la remunerazione di quelli a risparmio e vincolati, proposta che non ebbe seguito. Sul credito alla ricostruzione, affermò che i piani di finanziamento, possibili solo con un sufficiente risparmio, restavano condizionati all’ampiezza degli approvvigionamenti dall’estero.

Numerosi furono in quel periodo gli scritti sull’andamento della finanza pubblica, come pure sulla politica creditizia e monetaria, che si accompagnarono a numerosi saggi di ricerca teorica, espressione non soltanto delle più recenti acquisizioni della dottrina (come Debito pubblico, reddito, occupazione, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 1951, pp. 25-38, 146-179, 250-285; Ancora sul teorema dello Haavelmo, in Rivista bancaria, 1951, pp. 60-67; Dazi generali ad valorem all’importazione e all’esportazione: della loro simmetria con riferimento anche ad altre imposte, in Giornale degli economisti e annali di economia, 1953, pp. 667-691), ma anche delle esperienze che aveva maturato partecipando direttamente ai principali avvenimenti economici e finanziari dell’epoca.

Il 1954 si rivelò un anno particolarmente denso per Parravicini: sostenne gli esami di libera docenza in politica economica e finanziaria classificandosi primo, conseguì la maturità nella stessa disciplina, fu incaricato in aprile dell’insegnamento di scienza delle finanze e diritto finanziario a Pavia, essendosi Benvenuto Griziotti ritirato dalla didattica; due anni dopo divenne direttore dell’Istituto di finanza dell’Università pavese. Sino al 1961, quando Parravicini vinse il concorso a cattedra, furono molteplici i suoi studi che affrontarono problemi di finanza pubblica con metodologie tipiche della teoria monetaria quantitativa (come Imposte indirette su merci e livello generale dei prezzi, in Moneta e credito, 1954, pp. 144-164, seguito sullo stesso argomento da altri saggi nel 1956, nel 1957 e nel 1967) o tematiche classiche (come Gli effetti economici generali di un’imposta sulle società, in Natura ed effetti economici di un’imposta sulle società, Milano 1955, pp. 65-122). Il lavoro più impegnativo, che gli valse certamente la cattedra di scienza delle finanze nella facoltà di economia e commercio a Firenze, fu La politica fiscale e le entrate effettive del Regno d’Italia: 1860-1890 (Torino 1958) con il quale ricevette il premio del ministero delle Finanze per studi originali di finanza pubblica.

La politica fiscale dei primi decenni del Regno d’Italia è, secondo Parravicini, emblematica delle difficoltà che una nuova entità statale voluta da una minoranza di patrioti dovette affrontare per darsi una struttura, che risulterà molto accentrata, per finanziare le opere pubbliche e in particolare le costruzioni ferroviarie, per potenziare l’esercito e la marina al fine di partecipare alle guerre da cui vennero l’allargamento del Regno al Veneto (1866) e la conquista di Roma (1870). Non solo la finanza ordinaria annoverò imposte impopolari come quella sul macinato (1868-69), ma anche quella straordinaria fu molto articolata, con la vendita dei beni demaniali e delle ferrovie, con la Regia cointeressata dei tabacchi (1869) e con il corso forzoso dei biglietti, allorché il costo della rendita di nuova emissione si rivelò insostenibile. Per illustrare gli eventi rilevanti della politica economica e dell’economia finanziaria italiana, l’opera ricorre ad ampie citazioni dei discorsi parlamentari.

Con la nomina a professore straordinario, a Firenze nel 1961, Parravicini si dimise dalla Banca d’Italia, si dedicò all’università e ai propri studi, trovò spazio nella propria giornata per diversi incarichi pubblici, principalmente come presidente del Mediocredito centrale (MCC) dal 1962 al 1978, e inoltre come membro di diversi comitati e commissioni per la programmazione economica; dal 1968 al 1982 fu membro del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), tra il 1974 e il 1981 presiedette il CTS (Comitato Tecnico-Scientifico della programmazione), di cui aveva fatto parte dal 1965.

Al MCC si illustrò con l’istituzione di borse di studio dedicate, quando divennero definitive, a Marco Fanno, con un’indagine, poi divenuta triennale, sulle imprese manifatturiere al fine di valutarne il merito di credito per nuovi investimenti e soprattutto con un’azione volta a soddisfare gli aiuti ai Paesi sottosviluppati con prestiti pubblici, esigenza recepita dalla legge Ossola del 1977 mediante un fondo rotativo presso il MCC. Nei sedici anni della sua presidenza Parravicini consolidò la struttura dell’Istituto, ne moltiplicò per dieci il bilancio e ne allargò i compiti, nel quadro della politica economica del tempo, incentrata sul credito agevolato.

Nel periodo fiorentino, che si concluse nel 1968 con il passaggio alla cattedra di scienza delle finanze nella facoltà di giurisprudenza presso l’Università statale di Milano, dove rimase sino al 1971, Parravicini si dedicò a stendere un manuale, in linea di massima, per la scuola media superiore, a trattare analiticamente gli effetti delle imposte dirette e indirette nelle diverse forme di mercato, a delineare storicamente il sistema tributario italiano. Di teoria pura si occupò nel volume Scienza delle finanze: principi (1970, 2a ed. riveduta, 1975).

Sono affrontati, tra l’altro, gli elementi costitutivi della finanza pubblica, quali la coazione, l’assetto volontaristico, la legge del minimo mezzo e i principi generali dell’imposizione, storicamente determinati. La solidarietà, oggi espressa dalla capacità contributiva, era stata preceduta dall’uguaglianza e ancor prima dal privilegio politico. Pertanto, le scelte di finanza pubblica, nell’ambito della contrapposizione tra governanti e governati, sono squisitamente politiche, ma anche affette da illusione finanziaria sia da una parte sia dall’altra.

Nel 1972 fu insignito della medaglia d’oro di benemerenza dal ministero delle Finanze; in quell’anno abbandonò la cattedra di pubblica finanza per quella di economia monetaria e creditizia nella facoltà di economia e commercio nell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1973 fu nominato cavaliere del lavoro.

La presidenza del MCC risvegliò in lui l’antico interesse per i problemi del credito (Credito a medio termine e crediti speciali agevolati, Bologna 1976) e della politica economica (Il mercato monetario e finanziario e la spesa pubblica, in Bancaria, 1977, pp. 463-472, 551-562).

Nel 1979 Parravicini fu nominato presidente del Banco di Sicilia, carica che mantenne sino al 1991.

La storia del Banco era in primo luogo di natura locale, legata alle tradizioni dell’isola, ai valori sedimentatisi nei secoli; se per un verso, era forte la tendenza al quieto vivere, dall’altro era vivo il desiderio di un’espansione sulla terraferma. Parravicini scelse quest’ultima, nel tentativo di sprovincializzare uomini e strutture, ma la ridotta redditività e la debolezza patrimoniale dell’Istituto non poterono essere curate. Migliori risultati si ebbero sul fronte delle partecipazioni estere, cui diede grande impulso; sul piano culturale promosse l’istituzione di borse di studio intitolate a Francesco Ferrara. Quando, nel 1991, fu approvata la trasformazione del Banco da istituto pubblico in società per azioni molti passi erano stati compiuti in questa direzione e la rete degli sportelli era in rapida espansione.

L’impegno di docente a Roma lo spinse a dare vita a un vero e proprio trattato di Economia monetaria e creditizia (Torino 1983), pubblicato l’anno successivo al suo collocamento a riposo, nel quale trasfuse le precedenti dispense per gli studenti e le ricerche teoriche, anche alla luce delle esperienze operative.

Dopo un esame storico dell’origine delle monete, l’analisi si concentra sull’offerta di moneta primaria e secondaria (o creditizia), sulla domanda di moneta per transazioni e per riserva di valore, meglio nota come preferenza per la liquidità. Ampio spazio è dedicato alla sistemazione della teoria quantitativa e di quella keynesiana, alla trattazione teorica del tasso di interesse e della sua struttura, alla rilevanza che quest’ultimo, insieme con il tasso di cambio e del rischio, ha sulle aspettative e sulle decisioni dell’investitore. L’ultima parte è dedicata all’equilibrio macroeconomico, alla minaccia dell’inflazione e alla lotta a quest’ultima, che non può avere successo se non si elimina la sua causa originaria.

La carriera di banchiere di Parravicini fu coronata dall’elezione a presidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per gli anni 1984-87.

Defilata rispetto alle grandi scelte di politica monetaria e dei redditi, l’ABI in quegli anni era china sulle problematiche operative. La percezione che le asimmetrie informative e negoziali continuassero a giocare a favore delle banche poneva un serio problema di trasparenza, al quale il Comitato esecutivo reagì in modo tiepido, finendo con l’accogliere, però, un sistema di autoregolamentazione per evitare i rigori del progetto di legge promosso da Gustavo Minervini. Persino l’ombudsman bancario, proposto dal direttore generale dell’ABI, Felice Gianani, venne approvato non senza difficoltà. L’altro grande risultato della presidenza Parravicini fu il Fondo interbancario di tutela dei depositi, fortemente avversato in anni precedenti dall’ABI e approvato per le sollecitazioni della Banca d’Italia e della Commissione europea, soprattutto dopo la caduta del Banco Ambrosiano.

Nominato professore emerito all’unanimità nel 1986, il suo spirito di ricerca non si spense e proseguì presso l’Istituto per gli studi monetari, bancari e finanziari Luigi Einaudi, all’interno dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, di cui divenne vicepresidente, e soprattutto in seno all’Accademia nazionale dei Lincei, della quale fu socio corrispondente dal 1988 e socio nazionale dal 1991. Agli inizi del 1997 Parravicini organizzò e magistralmente diresse un convegno linceo su Sviluppo tecnologico e disoccupazione: trasformazione della società (Atti dei convegni lincei, Roma 1998), pur continuando ad analizzare gli eventi (come in Realtà ed ombre del Trattato di Maastricht, in Rivista bancaria - Minerva bancaria, 1998, n. 4, pp. 35-41). Un altro, memorabile, convegno linceo fu quello su Tecnologia e società che si svolse in due tornate, l’una dedicata, in chiave teorica, a Tecnologia, produttività, sviluppo sul finire del 2000, l’altra imperniata su Sviluppo e trasformazione della società, con riferimento particolare all’Italia, nella primavera dell’anno successivo e pubblicati in due volumi negli Atti dei convegni lincei nel 2001.

L’afflato etico e lo spirito riformatore di Parravicini lo portarono ad affermare: «Occorre il coraggio di ribaltare il mercato, da mercato del benessere materiale a mercato del benessere nella sua integralità» (II, p. 7).

Nonostante la piena collaborazione di Italo Magnani, la preparazione del convegno aveva richiesto un lustro. Parravicini aveva 86 anni quando lo impostò e 91 quando lo diresse; non pago, sperò di farlo proseguire a guisa di seminario permanente, ma tale ambizione si spense con la sua scomparsa, avvenuta a Bolzano il 9 agosto 2001. Parravicini aveva sposato Carla Benini.

Una selezione delle opere di Parravicini è in Scritti scelti, Padova 1986.

Fonti e Bibl.: L’archivio di Parravicini (16 buste) è stato donato alla Fondazione Pietro Nenni, a Roma, ed è in corso di riordinamento; I. Baldelli et. al., Ricordo di G. P., in Rendiconti lincei. Scienze morali, storiche e filologiche, 2002, vol. 13, n. 3; I. Magnani, Ricordo di G. P., in Rivista italiana degli economisti, X (2005), 2, pp. 327-340.

P.F. Asso - S. Nerozzi, Storia dell’ABI. L’Associazione Bancaria Italiana: 1944-1972, Roma 2006, ad. ind.; A. di Majo - M. Paradiso, Forma e realtà nel bilancio dello Stato negli scritti di G. P., in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, 2011, vol. 70, n. 1, pp. 24-36 (anche on-line http://www.siepweb.it/siep/images/joomd/ 1401050507651.pdf; 22 ottobre 2014); M. Sarcinelli, La moneta e il credito negli studi di G. P., in Moneta e credito, 2013, vol. 66, n. 264, pp. 443-470; Atti della Giornata di studio in ricordo di G. P.: Roma, 18 ottobre 2010, in Atti della Accademia Nazionale dei Lincei. Rendiconti morali, in corso di pubblicazione.

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