GIANNOTTI, Silvestro, detto il Lucchese

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)

GIANNOTTI, Silvestro (Domenico Silvestro), detto il Lucchese

Laura Traversi

Nacque a Lucca, nella parrocchia di S. Leonardo, il 6 genn. 1680 da Antonio di Silvestro e da Chiara.

Dalla breve biografia lasciata dal genero Marcello Malpighi (sec. XVIII), pronipote del celebre anatomista, più volte citata come fonte dalla storiografia antica e moderna, si evince che svolse un primo breve apprendistato a Lucca, presso un intagliatore francese, non meglio specificato. Nel 1696 si recò a Roma, presso il bolognese Antonio degli Antonii, che vi esercitava la professione d'intagliatore del legno. Malpighi racconta che, avendo dimostrato precocemente le doti di scultore, il G. avrebbe voluto svolgere la sua attività a Roma come maestro di bottega; ma che la forte opposizione di Antonio lo indusse a tornare a Lucca nel 1700. Poco dopo, tuttavia, partì per Bologna, dove si stabilì definitivamente guadagnandosi una considerevole fama soprattutto come intagliatore di puttini in legno. Le opere del G., solo in parte tuttora conservate o reperibili, furono numerose sia per le chiese, le confraternite e i conventi di Bologna e delle città vicine, sia per i privati. Parallelamente all'attività di scultore in legno di vario tipo (tiglio, cirmolo, bosso) e anche in avorio, esercitò la pratica di intagliatore di ancone, altari, cibori, confessionali in collaborazione con i maestri carpentieri. Nel 1720 - rimasto vedovo di Rosa Govoni, che aveva sposato a Bologna - si unì in seconde nozze con Antonia, figlia di Bartolomeo Bernardi, violinista e maestro di cappella, dalla quale ebbe vari figli.

Il G. fu attivo prevalentemente a Bologna nonostante numerosi viaggi in altre città (Lucca, Reggio, Forlì, Comacchio), e alcuni brevi soggiorni a Roma. Nel 1713, in collaborazione con Giovanni Lodovico Guidetti, eseguì il tabernacolo intagliato, scolpito e dorato della chiesa di S. Martino di Bertalia: al G. si attribuiscono la struttura, di carattere bibienesco, e le statue. Per il leggio di S. Petronio a Bologna, realizzato da A. Casalgrande nel 1722, eseguì la statua di Re David.

Nel 1723 si recò nuovamente a Roma, ma nel 1724 tornò a Bologna. Nel gennaio di questo stesso anno ricevette la commissione per realizzare otto lampadari d'argento destinati alla cappella del Volto Santo nel duomo di S. Martino a Lucca "secondo il modello da lui fatto, approvato dall'ingegnere Filippo Juvara" (Ridolfi). Nel 1732 fu ancora a Roma, con lo scopo, secondo Malpighi, di perfezionarsi nell'arte della scultura in marmo e pietra; l'anno seguente tuttavia era già di ritorno a Bologna. Nel 1733 gli venne commissionato il rinnovamento sia tecnico, sia artistico del theatrum anatomicum all'interno del palazzo dell'Archiginnasio di Bologna, destinato a ospitare le lezioni di anatomia. In particolare, il G. realizzò undici statue in legno di cirmolo collocate nel febbraio del 1734 nelle nicchie poste lungo le pareti della sala. In seguito alle pesanti devastazioni subite nel 1944 durante il secondo conflitto mondiale che compromisero gravemente le strutture originarie, il teatro è stato sottoposto a un accurato intervento di recupero e di restauro. Le sculture del G., scampate in buona parte alla distruzione, raffigurano alcuni dei più celebri medici anatomisti dall'antichità sino al XVIII secolo: Ippocrate, Galeno, Mondino dei Liuzzi, Bartolomeo da Varignana, Pietro Argelata, Giulio Cesare Aranzio, Marcello Malpighi, Costanzo Varolio, Gaspare Tagliacozzi, Gian Girolamo Sbaraglia, Carlo Fracassati. Inoltre, per il coronamento del baldacchino sopra la cattedra anatomica, il G. scolpì il puttino che regge un femore e la figura allegorica dell'Anatomia coronata d'alloro. A partire da Oretti (sec. XVIII), sono state talvolta attribuite al G. anche le celebri statue dei cosiddetti "scorticati", datate anch'esse 1734; ma tale attribuzione non sempre ha trovato seguito dal momento che risultano firmate dallo scultore Ercole Lelli (Marchetti - Biavati, pp. 377 s.).

Nel corso del quarto decennio del secolo il G. fu attivo per due anni anche a Reggio, al servizio del principe Francesco d'Este, per interventi di un certo rilievo nella villa ducale di Rivalta, edificio del quale resta attualmente solo l'ala destra; a Forlì, lavorò per il marchese Albicini e realizzò due statue processionali per le città di Comacchio e a Fano (Bottari - Ticozzi, pp. 282 s.). Insieme con l'ebanista Guidetti eseguì, prima del 1740, anno di morte di quest'ultimo, il bel confessionale in noce massiccio e altri legni ancora in situ nella chiesa di S. Pietro a Bologna; a Guidetti spetta probabilmente la realizzazione dell'intero mobile, al G. i lavori di intaglio per la cimasa, tra i quali le statue di Cristo e dei Ss. Pietro e Paolo. Un preciso punto di riferimento stilistico per tale manufatto si trova nei confessionali della cappella di S. Filippo Neri in S. Maria di Galliera eseguiti da Guidetti poco dopo il 1684.

Nel 1741 il G. realizzò due portatorce intagliati, dorati e decorati con statue di putti, facenti parte degli arredi per i filippini della chiesa di S. Maria di Galliera. A questa data fornì loro anche i disegni per le statue raffiguranti la Giustizia, l'Abbondanza e vari putti destinati all'altare maggiore progettato in collaborazione con Francesco Galli Bibiena. Nello stesso anno, dopo aver vinto il concorso per la realizzazione del lampadario del duomo di Lucca, si recò in questa città, dove fornì oltre al disegno anche il modello in cera e la forma per il getto; in quest'occasione, su invito delle autorità comunali, avviò anche una scuola d'intaglio. Da Lucca, ancora una volta, tornò a Bologna, città nella quale aveva ormai acquisito una sorta di monopolio, insieme con i fratelli Ottavio e Nicola Toselli, delle opere di intaglio ligneo. Malpighi testimonia inoltre che il G. non accettò l'offerta di entrare a far parte della prestigiosa Accademia Clementina nonostante ciò costituisse un onore non comune per un artista forestiero. Nel corso del sesto decennio a Bologna realizzò anche la tavola e gli eleganti armadi con puttini dorati che sostengono un globo per l'arredo della sala dei manoscritti nella libreria dell'Istituto delle scienze (ora aula magna della Biblioteca universitaria), opera di Carlo Francesco Dotti, aperta al pubblico nel 1756.

Alcune opere tuttora esistenti a Bologna sono state attribuite all'ambito del Giannotti. Tra queste, le due statue in legno dorato rappresentanti le allegorie della Chimica e della Morte, custodite nel Museo Davia Bargellini, provenienti dall'antica farmacia dell'ospedale della Morte (Mazza). Inoltre un leggio sorretto da un putto nella chiesa di S. Maria Labarum Coeli e tre diverse coppie di putti custodite presso il rettorato dell'università (Marchetti - Biavati, pp. 412 s., 420 s.).

Il G. morì a Bologna il 31 luglio 1750 e fu sepolto in S. Maria Labarum Coeli.

Fonti e Bibl.: Lucca, Arch. parrocchiale di S. Frediano, vol. 55 (1677-80), c. 66; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B.95: Vita del signor S. G. scultore celeberrimo luchese scritta dal sig.r Marcello Malpighi marito di una figlia del soprad.o G. (sec. XVIII), cc. 130-139; ms. B.133/1: S. G. scultore luchese. Breve compendio della vita di S. G. detto il Lucchese, intagliatore e statuario in legno (sec. XVIII), cc. 76 s. (solo parzialmente pubblicato in Busacchi, 1988, pp. 75-84); ms. B 133: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno cioè pittori, scultori ed architetti bolognesi e de' forestieri… (sec. XVIII), cc. 73, 132-134; L. Crespi, Vita di S. G. lucchese intagliatore e statuario in legno, Bologna 1770 (copia del ms. di M. Malpighi); P. Bassani, Guida agli amatori delle belle arti, Bologna 1816, p. 19; G.G. Bottari - S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura e architettura, VII, Milano 1822, pp. 277-290; M. Gualandi, Memorie riguardanti le belle arti, I, Bologna 1840, pp. 105-108; E. Ridolfi, L'arte in Lucca studiata nella sua cattedrale, Lucca 1882, p. 249; C. Ricci - G. Zucchini, Guida di Bologna (1882), a cura di A. Emiliani, Bologna 1976, p. 149; F. Giorgi, L'archivio della Fabbriceria di S. Petronio, Bologna 1931, p. 46; E. Riccomini, Scultura bolognese del Settecento, Bologna 1965, pp. 75, 101-104; G. Marchetti - C. Biavati, Antiche sculture lignee in Bologna dal sec. XII al sec. XIX, Bologna 1974, ad indicem; J. Bentini - R. D'Amico, L'arredo sacro e profano a Bologna e nelle Legazioni pontificie (catal.), Bologna 1979, pp. 44-55, nn. 2, 26, 28, figg. 2 s.; D. Lenzi, Biblioteche: ambienti, arredo, decorazione, in Produzione e circolazione libraria a Bologna nel Settecento. Avvio di un'indagine, Atti del V Colloquio, Bologna… 1985, Bologna 1987, p. 412; A. Mazza, in Il Museo Davia Bargellini, a cura di R. Grandi, Bologna 1987, p. 137; V. Busacchi, Il rinnovamento del teatro anatomico dell'Archiginnasio bolognese e l'opera di S. G., in Strenna storica bolognese, XXXVIII (1988), pp. 75-84; A. Frabetti, Il teatro anatomico dell'Archiginnasio, tra forma simbolica e architettura di servizio, in L'Archiginnasio. Il Palazzo, l'Università, la Biblioteca, a cura di G. Roversi, Casalecchio di Reno 1988, I, pp. 201-218; F. Bergonzoni, Distruzioni belliche e restauri, ibid., II, pp. 578, 582-591; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 586.

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