Giasone

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(gr. ᾿Ιάσων) Mitico eroe greco, figlio di Esone re di Iolco e di Polifeme (o Polimede o Alcimede), il capo della spedizione degli Argonauti. Secondo la versione più comune della leggenda, il padre, quando fu spodestato dal fratellastro Pelia per salvare G. lo mandò presso il centauro Chirone, dal quale G. fu allevato, finché giunto ai 20 anni tornò a richiedere la signoria di Iolco indossando uno strano costume: una pelle di pantera sulle spalle, una lancia in ogni mano e il piede sinistro senza calzare. Pelia, spaventato perché un oracolo gli aveva detto di guardarsi dall’uomo che avesse un solo calzare, promise a G. di restituirgli il regno se avesse conquistato il vello d’oro in Colchide. Sperava che l’eroe sarebbe morto nell’impresa, ma G. portò a compimento la spedizione degli Argonauti, tornò a Iolco e si impadronì del regno. Con sé portò da Medea, figlia di Eeta re della Colchide, dalla quale era stato aiutato e che gli diede un figlio, Medeio.

Secondo un’altra versione, Medea convinse le figlie di Pelia a uccidere il loro vecchio padre e a farlo bollire, con il pretesto di ringiovanirlo con i propri incantesimi. Dopo la morte di Pelia, G. e Medea, cacciati da Iolco, si rifugiarono a Corinto, dove dopo 10 anni G. volle sposare Glauce (o Creusa), figlia del re Creonte. Ma Medea si vendicò del tradimento di G., facendo morire Glauce e Creonte e uccidendo i due figli avuti da G.; questi poi combatté contro Acasto, figlio di Pelia successogli sul trono, e s’impadronì di Iolco. Secondo un’altra versione ancora G. morì schiacciato da un aplustre della nave Argo, cadutogli addosso mentre dormiva sull’istmo di Corinto. G. prese parte anche alla caccia del cinghiale calidonio.

Le leggende di G. sono narrate da Pindaro nella Pitica IV, da Euripide nella Medea, da Apollonio Rodio nelle Argonautiche e fra i latini da Valerio Flacco. Fra le rappresentazioni figurate è notevole la tazza attica del 5° sec. a.C. rappresentante una versione particolare della leggenda argonautica (Città del Vaticano, Museo Etrusco Gregoriano). Il mito di G. è riprodotto, fra l’altro, nei dipinti di Agostino e Annibale Carracci (Bologna, palazzo Fava, 1583-84) e in un rilievo di B. Thorvaldsen (Copenaghen, Thorvaldsens Museum, 1802-03).

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