GIBBERELLINE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

GIBBERELLINE

Gaspare MAZZOLANI

. Negli ultimi anni sono stati sottoposti ad accurate ricerche metaboliti del fungo Gibberella fujikuroi (Saw.) Wr., forma ascofora di Fusarium moniliforme Sheld., noto soprattutto come parassita del riso. Questi metaboliti hanno varî e notevoli effetti sulla crescita delle piante. Ai principî attivi contenuti negli estratti colturali del fungo fu dato il nome di gibberellina (T. Yabuta, 1935); gli studî successivi hanno dimostrato che si tratta di diverse sostanze alle quali è comune la struttura gibberellica, caratterizzata dal gruppo fluorenico (fig.1, a). Il gibberene (= 1,7-dimetilfluorene) è tra i prodotti di degradazione delle gibberelline (fig. 1, b).

Le piante di riso attaccate da Fusarium moniliforme (forma conidica) o da Gibberella fujikuroi (forma perfetta, che si trova occasionalmente), presentano sintomi analoghi a quelli di altre malattie da Fusarium, ma se ne distinguono perché i culmi infetti vanno soggetti a più rapido ed eccessivo accrescimento in altezza, e perciò le piante attaccate appaiono più alte ed esili di quelle normali e presentano fenomeni di eziolamento. Benché la malattia provocata dal fungo, conosciuta in Giappone col nome di "bakanae" (= piantine impazzite) sia nota da almeno 150 anni e sia stata segnalata anche in altri paesi in cui si pratica la coltura del riso, compresa l'Italia (A. Cattaneo, 1877; E. Baldacci, 1945, ecc.), solo nel 1926 il fitopatologo giapponese E. Kurosawa ottenne i sintomi di allungamento dei germogli proprî della malattia e già osservati nelle coltivazioni di riso, impiegando su piante di riso e di mais filtrati acellulari di colture pure di Gibberella fujikuroi. Da allora ebbero inizio ricerche dirette all'estrazione e purificazione delle sostanze attive, alla loro identificazione e caratterizzazione chimica e a studiare l'azione fisiologica ed il meccanismo di azione delle gibberelline sulle piante.

Inizialmente (T. Yabuta e Y. Sumiki, 1938) vennero assegnati i nomi di gibberellina A e gibberellina B a sostanze cristalline ottenute da preparati gibberellici. Successivamente come g. B venne indicata una probabile mescolanza di g. attive e di acido allogibberico biologicamente inattivo, e come g. A una miscela di gibberelline attive. Attualmente si conoscono numerose sostanze del gruppo, per le quali B. O. Phinney e C. A. West (1960) adottano la nomenclatura che qui sotto si riassume.

Le gibberelline della serie A hanno in comune lo scheletro carbonico indicato in fig. 1, c; esse sono:

La g. B, secondo questa nomenclatura, dovrebbe essere il composto biologicamente inattivo, cioè l'acido allogibberico: C18H20O8, che si può indicare con la notazione GB. Le g. della serie C hanno lo scheletro carbonico riportato in fig. 1, d; comprendono i composti correntemente indicati come g. C, che sono, più esattamente, le g. C1 e C5, rispettivamente prodotti di degradazione acida delle g. A1 e A5. Le g. A1, A2, A3, A4 sono state ottenute da filtrati di colture del fungo; la g. A5 (o GA-5) alla quale si assegna una formula corrispondente a deidrogibberellina A1, è identica al fattore II del fagiolo [bean factor II, ottenuto da C. A. West e B. O. Phinney (1959) da estratti di semi immaturi di Phaseolus vulgaris = gibberellina A5 di J. MacMillan, J. C. Seaton e P. I. Suter (1959) da estratti di Ph. multiflorus]. Il fattore I del fagiolo [bean factor I di C. A. West e B. O. Phinney (1959)] è stato trovato essere la stessa gibberellina A1. Sono note, poi, sostanze gibberellino-simili o comunque riferibili al gruppo delle g., che hanno la proprietà biologica di produrre allungamento di germogli in cultivar, varietà e mutanti, le cui risposte agli stimoli all'accrescimento possono essere dimostrate come specifiche delle gibberelline. La lista potrebbe allungarsi ancora in rapporto alla complessità strutturale delle g., la quale rende possibili molti stereoisomeri, ed alla difficoltà di separare e identificare queste sostanze, le quali spesso differiscono nelle caratteristiche chimico-fisiche, pur avendo la stessa composizione. I fisiologi vegetali indicano spesso le g. come acido gibberellico, perché la sostanza che maggiormente si impiega è la g. A3 = g. XS = acido gibberellico (GA-3), oggi prodotta in forma pura con rendimenti molto maggiori che non le altre gibberelline. L'acido gibberellico (abbreviaz. d'uso: GA) è un acido carbossilico monobasico incolore, che fonde e si decompone a 233 ÷ 235 °C ed è otticamente attivo ([α]D20+92 °C).

Sull'attività fisiologica delle g. è da notare anzitutto che esse stimolano fortemente l'auxesi con spiccato accrescimento in lunghezza di germogli e piante intere, specialmente evidente in piante a rosetta, ove può essere influenzata con dosi di appena 0,1 μg/ml di soluzione. Gli effetti massimi si ottengono, di regola, con dosi da 1 a 10 μg/ml. Il metodo di applicazione non è critico e la pianta fornisce risposte sostanzialmente analoghe con i varî modi di somministrazione delle g.: spruzzatura sul germoglio, attraverso il terreno o la soluzione nutritiva, applicazione locale in soluzione acquosa o alcolica, nebulizzazione, in pasta alla lanolina, ecc. Le g. promuovono la crescita di mutanti nani per un singolo gene, il che suggerisce una interessante interpretazione dell'azione del gene al livello biochimico. Esse possono provocare risveglio di semi, bulbi e gemme dormienti; anticipare fogliazione, fioritura e fruttificazione; produrre partenocarpia; interferire coi fenomeni di vernalizzazione e di fabbisogno di luce della pianta, fino a sostituirvisi permettendo a piante biennali a rosetta che richiedono un periodo di freddo per fiorire o a piante annuali a giorno lungo di allungarsi e/o fiorire prescidendo dal periodo di basse temperature o dalla fotoinduzione specifica che normalmente richiedono. Mentre per certi aspetti sono sinergiche con le auxine, per altri le g. presentano importanti differenze di azione (v. fitormoni). Inoltre i citati diversi effetti fisiologici delle g. possono variare da pianta a pianta e talora nella stessa pianta col variare delle condizioni esterne e col tipo ed epoca del trattamento. Tali effetti hanno stimolato molte congetture sul possibile impiego pratico delle g. in agricoltura per ottenere raccolti pìù abbondanti, o piante e frutti di maggior taglia, ecc. Le ricerche recenti - volte ancora a trovare un sicuro test biologico di dosaggio delle g. (finora è stata proposta allo scopo la pianta Tinantia fugax) pur ponendo in evidenza che sono ancora insufficienti le informazioni disponibili sul comportamento della pianta in diverse condizioni fotoperiodiche, indicano che le g. possono annoverarsi tra i fitormoni naturali (come dimostra il ritrovamento di sostanze gibberellino-simili in varie piante, ad es. nel pisello odoroso rampicante e nano) e delineano un quadro molto suggestivo di rapporti tra g. (e sostanze GA-simili), IAA (e altri composti indolici e simili), cinetine (e sostanze cinetino-simili), altri fitoregolatori ancora ignoti, temperatura ed esigenze ritmiche di luce da parte della pianta: tutti elementi che la presenza ed interazione nella pianta fa apparire responsabili della regolazione e del controllo dei processi di accrescimento e di sessualità delle piante.

Bibl.: B. B. Stowe, T. Yamaki, in Ann. rev. plant phys., VIII (1957), p. 181; B. O. Phinney, C. A. West, in Ann. rev. plant phys., XI (1960), p. 411; F. Lona, in Photoperiodism and related phenomena in plants and animals, Washington 1959; P. W. Brian, J. F. Grove, in Endeavour, XVI (1957), p. 161; F. H. Stodola, Source book on gibberellins 1828-1957, Peoria 1958; Colloque international sur le photo-thermopériodism, Parma 1957.

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