CONTILLI, Gino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONTILLI, Gino

Sergio Martinotti

Nato a Roma il 19 aprile dell'anno 1907 da Maurizio e da Anna Colarossi, fu "fanciullo cantore" alla basilica di S. Giovanni in Laterano sotto la guida di R. Casimiri. Compiuti gli studi tecnici, egli frequentò la scuola alberghiera, operando prima a Bruxelles (ove iniziò lo studio del pianoforte) e poi a Roma (dal 1925), ove seguì studi regolari di musica al conservatorio di S. Cecilia sotto la guida di C. Dobici ed iniziò dal 1931 a comporre le prime opere: il Salmo XIII per soprano e orchestra, un tempo di Quartetto per archi, cinque Liriche sutesti di S. Quasimodo e G. Cimino per voce femminile e pianoforte, Preludio e toccata per orchestra: tutte opere, ad eccezione della Toccata per pianoforte pubblicata dall'editore De Santis a Roma nel 1932, inedite ed ineseguite (conservate nell'archivio di famiglia, presso la vedova, a Bergamo).

Diplomatosi in composizione nel 1931 il C. prese a frequentare nello stesso anno (avendo per colleghi G. Salviucci, E. Porrino, L. Liviabella e C. A. Pizzini) il corso di perfezionamento tenuto da O. Respighi e dopo la sua morte (1936) da I. Pizzetti. Risalgono a questi anni altre composizioni dei C., quali la Fantasia per violino e pianoforte, la Ninna-nanna per coro a quattro voci e sette strumenti a fiato (1934), la lirica "Passa la nave mia" (versione di G. Carducci da Heine), l'Introduzione, aria e finale e Due movimenti per orchestra (1935). A conclusione dei corsi accademici, Pizzetti propose il I Concerto per orchestra del C. per il premio finale: e questo lavoro, composto nel 1935, venne parzialmente eseguito al teatro Adriano sotto la direzione di M. Rossi.

In seguito il C. entrò in relazione con Alfredo Casella, sostenitore della nuova cultuia musicale europea, che lo spronò alla composizione di opere più ambiziose e votate a quello che allora era definito il "modernismo avanzato": e nacquero così pezzi come l'Ouverture (Eroica) per grande orchestra (1936) nonché, accanto alla Sonatina per violino e pianoforte e due altre Liriche, la Sinfonia italiana e l'Introduzione e allegro (1937-38), che vennero eseguite nel 1939 rispettivamente a Firenze e Roma. A quel tempo il C. collaborava come critico musicale della Rassegna nazionale (1934-36), attendendo inoltre all'elaborazione di antiche musiche inedite su invito del musicologo F. Liuzzi (1939). In questo stesso anno il C. terminò unopera teatrale in tre atti, il Saul (curandone il libretto tratto dalla omonima tragedia di V. Alfieri), che doveva partecipare ad un concorso (poi annullato) indetto dal teatro alla Scala di Milano. Poche sono invece le opere che il C. scrisse negli anni di guerra: il II Concerto per orchestra (1940), che vinse il concorso del Sindacato nazionale musicisti del 1944 ma che andò smarrito, un Divertimento per orchestra (solo abbozzato) e tre Liriche, la prima delle quali (Amara terra, testo di R. Muccì) venne eseguita a Messina dal celebre soprano S. Danco.

In questa città venne inviato nel 1942 dal ministero dell'Educazione nazionale come direttore e docente di composizione e storia della musica presso il ficco musicale "A. Corelli", e si insediò stabilmente, dopo un breve soggiorno a Roma, nel 1944, esercitando le stesse mansioni professionali fino al 1966. In questo ambiente appartato il C. svolse un'intensa attività didattica (tra i vari allievi ebbe, nel 1948-50, G. Manzoni) ed altresì promozionale, eseguendo e dirigendo concerti di musiche antiche; seguiva inoltre la rinascita musicale italiana, tenendo rapporti epistolari con G. Petrassi (conosciuto e frequentato a Roma nel 1941) e soprattutto con L. Dallapiccola (alcune lettere sono oggi conservate presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze), il quale lo aiutò nella definitiva maturazione stilistica, aperta anche al linguaggio dodecafonico. Fu questa la svolta che consentì al C. di raggiungere finalmente una notorietà non solo nazionale con opere quali l'Introduzione e tema variato per orchestra (1946), quattro Cori a cappella (che vinsero nel 1947 il primo premio al concorso della Filarmonica romana), i sei Frammenti lirici per voce e dodici strumenti (1948), il Divertimento per voce e quattro strumenti (eseguito nel 1949 all'Accademia filarmonica romana), gli otto Stuffietti dodecafonici per pianoforte (eseguiti parzialmente a Parigi nel 1950 da G. Macarini Carmignani nonché al saggio presso il liceo musicale messinese dall'allievo Manzoni), i tre Canti d'amore per voce e quattro strumenti (1949) ed i tre Canti di morte per voce e tre strumenti eseguiti al festival della Società internazionalé di musica contemporanea di Palermo nel 1949.

A coronamento di questo fecondo periodo creativo., alcune sue opere cominciarono ad essere pubblicate prima da De Santis a Roma (due Liriche di Quasimodo, 1952), poi dalla Universal di Vienna (tre Cori sacri, 1953 e Suite per archi, pianoforte e percussione, 1954) e infine da Suvini Zerboni a Milano, editore a cui il C. rimase poi sempre legato: i tre Canti di poeti negri (1958, ma già eseguiti a Milano nel 1951), la cantata In Lunam (1959, ma composta nel 1952), le Espressioni sinfoniche per orchestra (1959) e l'Offerta musicale per soprano e cinque strumenti, pure del 1959. La notorietà del musicista varcava intanto i confini nazionali: la Suite veniva infatti diretta da H. Rosbaud al XXIX Festival della Società internazionale di musica contemporanea di Baden-Baden nel 1955, anno in cui i tre Cori sacri erano eseguiti al XVIII Festival internazionale di musica contemporanea di Venezia; nel 1960, ancora a Venezia, erano incluse in programma le Espressioni sinfoniche e l'anno dopo l'Offerta musicale veniva inclusa nei programmi della II Settimana internazionale della nuova musica di Palermo; ed infine la cantata In Lunam veniva eseguita in un concerto del novembre 1964 all'Auditorium della R.A.I. di Torino. Tuttavia, questa notorietà crescente non distoglieva il C. dall'attività didattica, ancorché resa precaria da una crisi finanziaria del liceo musicale messinese. Infatti le sue composizioni si diradano negli ultimi anni: dopo quattro Pezzi per pianoforte e due Canti di fanciulla con quartetto d'archi (1951), che restano inediti, occorre giungere (oltre alle opere già citate prima e variamente eseguite) al 1963 con altri tre Mottetti (inediti) e al 1964 con le Immagini sonore per soprano e undici strumenti, dirette da A. Erede all'Auditorium della R.A.I. di Roma nel 1966.

In quest'anno il musicista, vinto e rifiutato il concorso di direttore all'Istituto musicale "Morlacchi" dì Perugia, accettò la carica di direttore del conservatorio "N. Paganini" di Genova che mantenne fino al 1977. A Genova il C. scrisse le sue due ultime composizioni: i Preludi per orchestra (1970)., che vennero eseguiti con successo a Torino nel 1973 sotto la direzione di F. Vernizzi, e le Variazioni e notturni per voce e orchestra (1976, su testi di P. Verlaine e L. Calogero). Già nell'aprile di quest'anno il C. era stato colpito da una lieve paresi, ma lo avevano rincuorato le varie manifestazioni per il suo settantesimo compleanno, tra cui quelle illustrate dal suo allievo Manzoni a Messina e Palermo.

La morte, sopraggiunta a Genova il 4 apr. 1978. lo trovava ancora intento a comporre, privandolo tuttavia dall'aspolto dell'ultima sua opera (Variazioni e notturni, diretti da M. Arena ancora a Torino il 29 settembre successivo ed interpretati dalla soprano G. Ravazzi).

Musicista dotato come pochi altri italiani coevi di una grande cultura "moderna ed europea", come ha notato il Manzoni, il C. manifestava una sorta di "confidenza quotidiana" coi maggiori artisti non solo del nostro secolo ma anche della "classicità" ed era proprio questo impegno intellettuale a condurlo, nella creazione musicale, ad una mediazione accorta tra l'atonalità dodecafònica ed una tonalità "allargata", ossia a formulare le sue trame musicali secondo un'indeposta esigenza ed evidenza discorsiva, secondo una "cantabilità" quale gli riconobbe il Vlad. Dotato del "dono impareggiabile del dubbio creativo" che gli attribul Petrassi (musicista a lui affine quanto a rapporto con la materia sonora, ha notato il Zaccaro), al C. compete una posizione di rilievo nella musica italiana del dopoguerra, orientata all'operazione di allineamento alla grande stagione europea che faceva capo al trinomio viennese nonché alle suggestive lezioni stilistiche di Hindemith e Bartók. Se a tutti questi maestri paiono ispirarsi certe sue composizioni strumentali, nella vocalità si esprime invece l'adesione ad un lirismo accostabile ad esperienze di Dallapiccola, secondo un "neomadrigalismo italiano" riconosciutogli del Mila. li carattere più suggestivo dei suo linguaggio riesce perciò nelle espressioni di levigata eleganza, di una classicità meditata anche e proprio nel suo lento modulo operativo, capace di conferire una storicità al suo discorso musicale, secondo un continuo dislivello emotivo intriso di intensa spiritualità. Musicista tra "i più significativi dei dopoguerra" (Manzoni), il suo intelligente sincretismo si decanta nell'atteggiamento più compiuto e personale: quello della riflessione, dell'apertura astrattiva, dell'incantata rarefazione, presente nella cantata In Lunam (tratta dalle Odae adespotae di G. Leopardi), nella Suite e nell'Offerta musicale, opere mirabili eppur fin troppo sottratte alla conoscenza pubblica dalla modestia, dalla rara discrezione umana del loro autore.

Fonti e Bibl.: G. Turchi, Critica, esegesi e dodecafonia, in Riv. musicale ital., LVI (1954), pp. 173-80; Id., La Suite per orchestra d'archi, Pianoforte e percuss. di G. C., ibid., pp. 191 s;M. Mila, La suite di G. C., in La Rassegna musicale, XXVII (1957), pp. 169 s.; R. Vlad, Storia della dodecafonia, Milano 1958, pp. 221 s.; G. Zaccaro, G. C., Milano 1980 (contiene, oltre ai cenni biogr. ed al profilo critico, testimonianze di G. Petrassi, G. Turchi, G. Manzoni e C. Tempo, varie recensioni critiche nonché il catalogo delle opere a cura di C. Ghezzi).

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