GIOCATTOLO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

GIOCATTOLO

J. Dörig

Gli antichi promuovevano con molta serietà i giochi dei fanciulli. Platone (Leggi, i, 643; vii, 794) e Aristotele (Polit., vii, 15) assegnavano loro una grande importanza educatrice e concepivano il gioco come l'imitazione delle occupazioni degli adulti. L'idea della competizione (lotta agonale), fondamentale per l'educazione greca, veniva insegnata, trastullandoli, ai ragazzi greci sin dalla più tenera età, poiché la maggior parte dei giochi veniva eseguita da due o più partecipanti, dovendosi o per abilità o per fortuna superare l'avversario. Ai giochi infantili come alle gare degli adulti era annesso un profondo contenuto religioso; lo si rileva da numerose rappresentazioni di giochi infantili su antichi vasi e gemme; inoltre, durante le feste Antesterie venivano donati ai ragazzi ogni sorta di giocattoli. Quando entravano in una nuova età della vita, fanciulle e fanciulli greci consacravano ai protettori della loro infanzia, Artemide e Apollo, i loro balocchi. Questo senso educativo e religioso spiega l'alto valore artistico dei giocattoli greci; gli stessi artigiani creavano non solo figure votive per i sacrarî degli dèi, ma anche bambole per le bambine; noti pittori decoravano contemporaneamente recipienti per il culto e oggetti per i piccoli: trottole, astragali e le loro custodie con la stessa cura, e alcuni dei maggiori artisti hanno eseguito composizioni celebri di giochi infantili.

Polignoto dipinse nella Nèkyia, nella Lesche degli Cnidî a Delfi, le figlie di Pandareo mentre giocano con gli astragali, ed il gruppo di fanciulli occupati a giocare con gli astragali di Policleto era, ancora in epoca romana, una delle opere più in voga della plastica greca. Poeti e scrittori si sono preoccupati anch'essi dei giochi infantili.

Del poeta comico Cratete (V sec. a. C.) resta il titolo di una commedia Παιδιαί (Giuochi infantili). Il poeta ellenistico Alessandro da Pleuron in Anatolia, scrisse una tragedia ᾿Αστραγαλισταί (I giuocatori di astragali), che aveva per tema l'omicidio commesso da Patroclo nella furia del gioco (Il., xxiii, 84 ss.). Probabilmente anche dotti alessandrini hanno scritto in merito ai giochi infantili; ad essi attinse Svetonio nel suo libro Περὶ τῶν παρ᾿ "Ελλησι παιδιῶν (Intorno ai giochi infantili dei Greci). Numerose di queste fonti sono state poi utilizzate da Polluce, che ci informa su una quantità di trastulli infantili.

I giochi infantili hanno qualcosa di atemporale. Come i bambini di oggi costruiscono nei mucchi di sabbia torri e canali, così già i ragazzi dell'età omerica giocavano sulla sabbia del mare per poi "distruggere nuovamente giocando con la mano e il piede i mucchietti" (Il., xv, 361). I giochi del rincorrersi e del nascondersi, il gioco di lanciare e colpire con palline, palle, pietre, noci, astragali o coni, i giochi con cerchio, trottole, bambole, cervi volanti e bastoni a testa di cavallo compaiono presso i popoli più diversi nelle epoche più diverse. Ma non vi è arte che possa annoverare tale molteplicità di rappresentazione di trastulli infantili quanto quella greca. Dalla fine del VI sec. a. C. in poi scultori e pittori non si stancarono di rappresentare giovani che giocano a pallone o assistono alla lotta dei galli, che spingono il cerchio o fanno girare la trottola, fanciulle con la bambola o librate sull'altalena.

Interi generi di opere d'arte, per esempio stele funebri di fanciulli e fanciulle morti prematuramente o le oinochòai, preparate per le feste Antesterie, rappresentano quasi esclusivamente scene di giochi infantili. Se non possedessimo questo gran numero di figurazioni di trastulli infantili, specie del tardo periodo arcaico e dell'età classica, ben poco si saprebbe sui veri e propri giocattoli degli antichi, che Omero (Il., xv, 363; Od., xviii, 323) chiama ἀθύρματα e che generalmente sono detti παίγνια. In questo articolo non vengono elencati i giochi infantili in uso presso gli antichi, ma soltanto menzionati quei g., che ebbero forma artistica. Infatti i g. pervenutici dal periodo greco sono talvolta di una tale perfezione artistica, che stentiamo a credere potessero servire ai giochi infantili.

Prima del periodo arcaico, i g. pervenutici non sono molto numerosi. Oltre ai g. trovati nell'Asia Anteriore (soprattutto animali di terracotta posti su ruote) e in Egitto (bambole), minuscoli oggetti, per lo più vasi, della fine dell'Età del Bronzo, rinvenuti in Ungheria, sono stati interpretati come giocattoli. In periodo minoico e miceneo non mancano, ad esempio, piccole terrecotte che rappresentano figurette sull'altalena; sebbene in questi casi più che di g. si dovesse trattare di doni votivi.

Alcuni g. del periodo greco e romano ci sono stati conservati nei sepolcri e nei sacrari, poiché alla fine della puerizia si consacravano raganelle, astragali, palle e trottole agli dèi (Anth. Pal., vi, 309), le fanciulle presentavano ad Artemide le loro bambole con gli abiti e altri g. per bambine (Anth. Pal., vi, 280); le fanciulle romane facevano altrettanto, offrendoli agli dèi Lari o a Venere (Pers., ii, 70; Lactant., ii, 4, 3; Hieron., Ep., 128, 1; Schol. Hor., Sat., i, 5, 66). Si mettevano bambole e stoviglie da bambole nella tomba di fanciulle morte nubili, come indicano gli esempî rinvenuti a Terracina e a Brescello (Brescia).

Palle. - La palla come oggetto di giochi era nota già nel Periodo Geometrico; del periodo arcaico si può vedere su una delle due basi rinvenute ad Atene, nel muro di Temistocle nel Ceramico; in epoca romana una rappresentazione del gioco della palla è sul cippo di Settimia Spica da Este. Il museo storico di Basilea (Inv. n. 1921-460; 460 a) possiede due palle in creta, la cui superficie è decorata a rete in rosso; provengono dalla Collezione Bachofen, ma si ignora l'effettivo luogo di ritrovamento. Tali esemplari accuratamente decorati, non erano certo atti ad essere adoperati poiché battendo, queste sfere di terracotta sarebbero state destinate a rompersi. Evidentemente gli offerenti pensavano di consacrare agli dèi o agli inferi palle da gioco, imitazioni in terracotta di palle in cuoio. Una pallina in avorio è stata trovata insieme con varî altri g. nel sacrario degli dèi Cabiri, presso Tebe (Foto Ist. Germanico Atene, Kab. 383).

Cerchio. - Nessun esemplare ci è pervenuto dei cerchi in bronzo spinti dagli efebi per le strade di Atene nel V sec., il cui crepitio richiamava l'attenzione degli amatori. Secondo un'antica norma i cerchi dovevano giungere all'altezza del petto del fanciullo come li vedremo riprodotti su numerosi vasi a figure rosse e su alcuni sarcofagi romani.

Carrettini. - Su un bastone a testa equina, posto fra le gambe, cavalcavano i bambini dai due ai quattro anni. Ve ne era una rappresentazione su un cratere a campana dell'Italia meridionale, ora scomparso (Mon. d. Instituto, 1855, tav. 6). Per le feste delle Antesterie venivano regalati ai piccoli anche carrettini, consistenti in una semplice asta, alla cui estremità inferiore erano fissate due ruote.

L'esistenza di tali carrettini sin dal V sec. a. C. è attestata da numerose rappresentazioni su brocche, su stele sepolcrali di età classica e lèkythoi a fondo bianco. Ci saranno stati, inoltre, preziosi cavallini intagliati e muniti di ruote, come dimostrano alcune imitazioni in terracotta di origine corinzia o beota, che si trovano a Corinto, Siracusa, New York e nel museo di Cheronea (inedite). Alcuni di essi saranno serviti realmente da trastullo, altri, le cui ruote erano fisse, erano probabilmente destinati a corredi sepolcrali, altri in pietra erano forse doni votivi agli dèi. Un cavallino in terracotta montato da cavaliere, con un foro in corrispondenza del muso, per passarvi la corda, è quello di Colonia.

Trottole. - Le trottole erano già note in età omerica, (Il., xiv, 413). Numerosi nomi (Βέμβηξ, βέμβιξ, ῥόμβος, στρόμβος, κῶνος) designano i piccoli giocattoli a forma di cilindro con un'estremità a punta, che con l'aiuto di uno spago vien messo in movimento e che danzando sul suolo, vien spinto con la frusta. Numerosi poeti da Aristofane (Uccelli, 1465; Pace, 864), Platone (Rep., iv, 436 E), Callimaco (Epigr., i, 9) a Tibullo (i, 5, 3) e Virgilio (Aen., vii, 378) hanno nominato la trottola. Se ne è conservato un cospicuo numero; la maggior parte dei grandi musei, ma anche modeste collezioni, possiedono di questi piccoli g., che spesso sono stati erroneamente presi per spole. Una serie di vasi attici del V sec. mostra tuttavia chiaramente che servivano da g. a bambini e bambine; anzi, un paio di volte, è Hermes stesso che vibra la frusta per muovere le trottole, giacché esse girano con la stessa velocità usata dal dio per muoversi con la rapidità del vento.

Le rappresentazioni di giocatori di trottola appartengono tutte al V sec. a. C., quando, in genere, si dedicò particolare attenzione ai trastulli infantili, scoprendone il valore liberatore ed educativo. Tuttavia conosciamo trottole che risalgono a secoli precedenti. Una trottola in terracotta, il cui cilindro e la cui punta sono decorati da semplici linee orizzontali parallele, nel British Museum (A 519, British Museum, A Guide of Greek and Roman Life, 1908, p. 193, fig. 202), che ricorda recipienti geometrici a forma di trottola, appartiene probabilmente alla prima età arcaica. Altri esemplari si trovano al Louvre (C A 446, 447); la maggior parte al Museo Nazionale di Atene (circa una dozzina, numeri d'inv. tra 10443 e 10475) provenienti dal sacrario dei Cabiri presso Tebe. Gli scavi di questo Kabirion ha promosso le nostre conoscenze in materia di antichi balocchi. Qui furono trovati astragali, rocchetti e trottole delle più varie grandezze e del più diverso materiale: pietra, bronzo, piombo e vetro. Un'iscrizione parla di un'offerta comprendente quattro astragali, una frusta ed una fiaccola per un peso complessivo di 5 dracme, cioè circa di soli 20 grammi. Con oggetti così minuscoli non si poteva quasi giocare. Il solo fatto che il luogo di ritrovamento sia il sacrario dei Cabiri, dal quale proverranno anche i pezzi di Heidelberg (S 154) e di Boston (99536), fa supporre si tratti di riproduzioni in terracotta di trottole da gioco. La superficie a medaglione mostra nel centro per lo più un foro, che serviva da punto focale, non già per introdurvi bastoncini per la spinta. Talvolta il medaglione è decorato con un motivo a foglie; sull'esemplare di Heidelberg appare una testa muliebre. La periferia del cilindro è spesso decorata da rami d'edera o da palmette e da anatre. Talvolta la trottola è rigata da incisioni parallele, in cui veniva inserita la corda della frusta o semplicemente la cordicella fissata ad un dito, avvolgente la trottola. Non era necessario, però, incidere tutta la superficie della trottola; tra queste incisionivi era spesso una zona liscia decorata a viticci. Quando la cordicella viene avvolta intorno ad una circonferenza completamente liscia, basta tirarla con rapido e abile movimento per trasmettere al balocco il moto rotatorio desiderato.

Rocchetti. - Tra i balocchi più preziosi dell'età classica vanno annoverati i rocchetti. Due dischi piatti sono riuniti all'interno da un breve ponte cilindrico, al quale viene assicurato uno spago. L'altro capo dello spago viene avvolto intorno all'indice e lascia scorrere il rocchetto. Con un'abile mossa del giocatore si riprende lo slancio del rocchetto srotolato, sicché giocatori esercitati possono farlo tornare a volontà al punto di partenza. Conosciamo una buona mezza dozzina di questi doppi dischi. Celebri maestri vasai, il Pittore di Pentesilea e il Pittore di Pistoxenos non hanno disdegnato di decorare i più bei pezzi conservatisi con scene ispirate alla vita e alla mitologia.

Le figure mitologiche che decorano questi dischi non debbono escludere che si tratti di g., giacché era proprio ai principi pedagogici degli antichi insegnare ben presto alla gioventù le gesta esemplari degli dèi e degli eroi. Che si tratti di un g. vien dimostrato da due vasi a figure rosse del V sec.: l'interno di una coppa a Berlino (F. 2549) e un'anfora a Erlangen (Inv. 276).

Entrambe rappresentano ragazzi in mantello, in piedi, che lasciano scorrere il rocchetto.

Si può ritenere che vi fossero rocchetti e altri balocchi fatti in materiale meno fragile, per esempio in legno, che tuttavia erano con ogni probabilità anch'essi decorati artisticamente. I pezzi particolarmente preziosi erano forse doni d'amore, o arredi funebri o doni votivi per sacrari. Si sono conservati i seguenti pezzi: 1) New York, H. Diepolder, Penthesilea Maler, Lipsia 1936, tav. 19; A: Nike si avvicina ad un adolescente con la benda del vincitore; B: Eros rincorre adolescenti in fuga. 2) Atene, Museo Nazionale CC 853, in Ephemeris Arch., 1881, tav. 5: ratto delle Leucippidi sulla faccia A e B; nel medaglione centrale A: un tiro di cavalli al galoppo; B: Europa sul toro. 3) Agorà, Museo: frammento, Helios sorgente. 4) Atene, Museo Naz., 2192, CC 1202: Pittore di Pistoxenos, H. Diepolder, Pistoxenos Maler, 110. Ben. Pr., 1954, tav. 6 a, Foto Ist. Germanico, Atene n. 3053-54, A: Eracle e Nereo; B: Peleo e Teti. 5) Atene, Museo Nazionale, dal Kabirion, I. G., vii, 3955; P. Wolters-G. Bruns, Kabirienheiligtum, Berlino 1940, tav. 24, 2; Fot. Ist. Germanico, Atene, Museo Naz. 332; A: Perseo, B: Medusa. 6) Louvre, CA 1798, A e B: Eros. 7) Agorà P. 5492, frammento: adolescente che suona il liuto. 8) Ceramico, A e B: lepri.

Astragali. - Gli ossicini detti astragali, situati nel tarso e articolantisi fra la tibia e il perone, di pecore e altri animali servivano già in età omerica, forse anche micenea - un astragalo di vitello fu rinvenuto in una tomba micenea - da balocco a fanciulli e fanciulle. Probabilmente sin dalla prima età arcaica furono imitati artisticamente nei materiali più diversi: oro, avorio, bronzo, piombo, marmo e terracotta. Si trovano usati nella oreficeria per orecchini e catene, per pomo di pissidi o per manico di recipienti ionici. Anforette d'uso sconosciuto avevano la forma di astragali. Un'iscrizione, già citata, del Kabirion presso Tebe, ricorda il più piccolo astiagalo conosciuto. Nel santuario di Apollo Didymàios, presso Mileto, vi era, secondo un'iscrizione, come dono votivo dei Milesî un enorme astragalo in bronzo di 93 kg, il peso del doppio talento milesio. In Olimpia fu ritrovato un astragalo marmoreo di grandi dimensioni destinato forse a base di una statua di un precursore classico del Kairòs, dovuto a Lisippo. Ma neppure maestri come i Pittori di Sotades e di Syriskos hanno disdegnato di decorare grandi astragali di terracotta. Un'ipotesi assai verosimile vede in questi astragali plastici, custodie per astragali da gioco (cfr. Anth. Pal., vi, 308). Astragali dei più vari materiali si sono conservati in tombe e sacrari. Per i più piccini erano usati come g. sonagli in terracotta, talvolta decorati, come quello che si conserva nel museo di Colonia.

Bambole. - La bambola come g. era nota già nell'Egitto faraonico (Erman, Aegypten u. aegypt. Leben in Altertum, 1885, i, p. 236); possediamo bambole sia del Medio Regno (a New York), sia dell'epoca saitica-tolemaica, in legno. I giocattoli più cari alle fanciulle greche saranno state di certo le bambole e non solo durante l'infanzia, bensì sino alle nozze (Anth. Pal., vi, 280). Le bambole stesse erano dette spose: κόρα, νύμϕα. Le bambole greche non rappresentavano bambini piccoli, ma fanciulle atte alle nozze e l'alone che le circondava era costituito più da idee di nozze e di amore soddisfatto che non dal sentimento di cure e provvidenze materne. Durante le feste Dedalee venivano portate in processione bambole in legno vestite da spose. Le bambole greche più antiche a noi note sono originarie dalla Beozia, appartengono per lo più alla seconda metà dell'VIII secolo. Alcune di esse raggiungono quasi mezzo metro d'altezza e il loro corpo, a forma di campana, è decorato con lussuosi disegni di pesci ed uccelli o semplicemente da ornamenti geometrici. Con fili di ferro o spaghi erano assicurate gambe mobili, che indicano chiaramente il loro carattere di bambole. Queste grandi e preziose erano certamente doni votivi alle divinità o suppellettile sepolcrale; le bambole poi, con le quali giocavano le bambine, non avranno avuto aspetto molto diverso.

Alcune di queste bambole geometriche, per esempio, quella già da tempo nota del Museo Nazionale di Copenaghen e un'altra, medita, della Collezione Erlenmeyer di Basilea, riproducono in piccolo formato lo stesso tipo. Sebbene le bambole fossero balocchi, esse rappresentavano tuttavia esseri divini, la sposa tipica, Hera e Afrodite, dispensatrice d'amore. Si tratta di un principio eminentemente educativo - e greco - di dare alle bambine non un balocco qualsiasi, ma un esempio divino. Accanto alle bambole, in terracotta e in marmo, ve ne erano anche in legno, cera e altri materiali. Le bambole campaniformi di stile geometrico andarono artisticamente evolvendosi sino allo stile severo, giacché vanno giustamente identificate con bambole numerose statuette in terracotta. Le semplici bambole in terracotta constano di un corpo rettangolare, che sembra ottenuto spianando l'argilla su una matrice. Nelle articolazioni venivano aggiunte con fili di ferro, braccia e gambe e la stessa testa, formata con più cura, era spesso ornata da una corona o da un pòlos; il corpo piatto era sovente decorato con ornamenti. Forse questo tipo venne prodotto a Corinto, per poi espandersi per tutto il mondo greco.

Si crede risalgano all'Attica i numerosi esemplari di un tipo in cui braccia e gambe terminano con monconi; forse riproducono bambole in legno. Una serie di esemplari in terracotta vanno dallo stile severo al IV sec.; numerose stele sepolcrali riproducono bimbe che tengono in mano queste bambole senza braccia e senza gambe. Le fanciulle morte senza nozze sono rappresentate mentre giocano con la bambola.

Oltre alle bambole senza gambe e senza braccia vi erano anche bambolotti e bambole seduti, altre con braccia e gambe snodate o con le sole braccia mobili. Un pezzo di particolare bellezza si trova nella Collezione Erlenmeyer. Sono stati spesso ritrovati gli stessi tipi con articolazioni rigide, usati principalmente per suppellettile sepolcrale. Fiori, diademi e ghirlande ornavano anche queste riproduzioni di bambole-balocchi, destinate alla tomba, caratterizzandole come sacre spose e dee, divino prototipo di ogni fanciulla mortale. Elenchi delle bambole esistenti nelle varie collezioni e musei sono stati presentati da M. R. Rinaldi e J. Dörig. Si ricorderanno tuttavia tre interessanti bambole di epoca romana: l'una in legno, con pettinatura del tipo Faustina Maggiore, rinvenuta a Roma nel sarcofago di Crepereia Tryphena; l'altra in osso, con pettinatura del tipo Giulia Domna, proveniente dal sarcofago della Vestale Cossinia a Tivoli; e quella lignea rinvenuta in un sarcofago presso la basilica di S. Sebastiano sull'Appia, ora nei Musei Vaticani (IV sec. d. C.).

Monumenti considerati. - G. preistorici: B. Banner, in Acta Archaeologica, ix, 1958.

Palle: Basilea: J. J. Bachofen, Gesammelte Werke, vii, Basilea 1958, p. 320 ss., tav. 12, 3. Rappresentazioni figurate di palle vengono citate da J. J. Bachofen, Unsterblichkeitslehre der orphischen Theologie, 15 b ss. La stele funebre di un ragazzo che, in ginocchio, tiene una palla in equilibrio, si vede in A. Conze, Die attischen Grabreliefs, Berlino 1890-1922, tav. 203 n. 1046; cfr. Not. Scavi, 1883, tav. 8, xxix (Salinas). Basi del Ceramico: R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, ii ed., Firenze 1950, p. 35. Un modello fittile di una palla è stato recentemente rinvenuto nella necropoli ellenistica di Samotracia: Archaeology, 12, 1959, p. 168, fig. 8. Cippo da Este: A. Levi, Sculture Museo Palazzo Ducale, 1931, p. 84 ss., n. 183, t. xciii.

Cerchio: spesso si vede su raffigurazioni vascolari Zeus nell'atto di inseguire Ganimede che spinge il cerchio: cfr. H. Sichtermann, Ganymed, in Antike Kunst, ii, 1959, p. 10 ss. Sulla lèkythos sepolcrale il defunto Panaitios è rappresentato sulla sua stele sepolcrale in atto di spingere il cerchio: cfr. A. Conze, op. cit., tav. 216, n. 1062. Per le raffigurazioni sui sarcofagi si veda: Cat. Mostra Augustea Romanità, 1938, i, p. 920.

Carrettini: O. Deubner, in Die Antike, vi, 1930, tav. 14. Stele funebri con carretto: stele di Philokrates: A. Conze, op. cit., tav. 194, n. 978. Stele di Liopesi, Museo Nazionale di Atene: A. Conze, op. cit., tav. 189, n. 979. Atene, Museo Nazionale: A. Conze, op. cit., tav. 191, n. 980. Pireo: A. Conze, op. cit., n. 981, tav. 191, inoltre ibid., n. 982 a. Stele sepolcrale di Posidippo, Fot. Ist. Germanico, Atene, Pir. 89. Stele di Filone davanti al museo di Eleusi, inedita. Il più bell'esempio di carretto è quello sulla lèkythos a fondo bianco a New York 09.221-44: E. A. Klein, op. cit. in bibl., tav. 40 B. Per il cavallino di Colonia: Cat. Mostra Augustea Romanità, 1938, i, 920.

Trottole: lèkythos a fondo bianco della Collezione Vlastos, Fot. Ist. Germanico, Atene, AV, 111, 1112. Trottole esistenti: E. A. Klein, art. cit. in bibl., tav. 18 B; Ath. Mitt., 1890, p. 374; P. Wolters-G. Bruns, Das Kabirenheiligtum bei Theben, Berlino 1940, pp. 123 ss., tav. 18 ss., Fot. Ist. Germanico, Atene: Kab. 384; Kab. 56, 57.

Rocchetti: O. Benndorf, Griechische und sizil. Vasenbilder, p. 6o ss., fig. a p. 62. Anfora a Erlangen: W. Grünhagen, Antike Originalarbeiten in Erlangen, Norimberga 1948, tav. 18, p. 47; G. M. A. Richter, in Metr. Mus. Bull., 1928, p. 303 ss.; O. Deubner, in Die Antike, vi, 1930, p. 162 ss.; O. Brendel, in Gnomon, viii, 1932, p. 308; H. Diepolder, Penthesilea Maler, nota 37 ss.; id., Pistoxenos Maler, 110. Ben. Winckelmmans Pr., 1954; E. A. Gardner, in Journ. Hell. St., xliii, 1923, p. 142 s.; P. Wolters-G. Bruns, op. cit., tav. 18 (2).

Astragali: astragali in bronzo da Samo dal bòthros di prima età arcaica: Fot. Ist. Germanico Atene, Samo 4098-9, trovato nel 1958.

Sonagli: sonaglio in terracotta del Museo Wollraf-Richartz: Cat. Mostra Aug. Romanità, 1938, i, p. 920.

Bambole: per le fonti: M. R. Rinaldi, in Epigraphica, xviii, 1956, p. 104 ss. Bambole egiziane: S. Donadoni, Arte egizia, Torino 1955; M. R. Rinaldi, art. cit., p. 114. Bambine con bambole in mano su stele sepolcrali: stele di Polyxena a Berlino: C. Blümel, Katalog der Skulpturen d. V. Jhs., tav. 36, K 26. Stele della Collezione Nani ad Avignone 31: A. Conze, op. cit., ii, tav. 170, n. 88o. Frammenti di stele di proprietà privata, Atene: A. Conze, op. cit., tav. 171, n. 882. Stele di Aristomache a Edimburgo, Journ. Hell. St., 1885, tav. 13; H. Möbius, Die Ornamente griechischer Grabstelen, tav. 15 b; Ephemeris Arch., 1909, tav. 4, 1. Stele sepolcrale di una fanciulla senza testa: Ephemeris Arch., 1909, tav. iv; Fot. Ist. Germanico Atene, GR 640. Stele sepolcrale di Aristomache, figlia di Euphranor, nel commercio antiquario di Basilea: Kunstwerke der Antike, Munzen und Medaillen, AG Basel, Asta xviii, n. 6, tav. 3. Parte superiore di stele sepolcrale, ancora inedita, trovata nel 1959 in un canale della Via Sepolcrale al Ceramico, in queste rappresentazioni giovinette sono raffigurate come piccole sacerdotesse. Piccole bambine che giocano con animali domestici e bambole: stele di Plagon a Monaco: A. Conze, op. cit., ii, tav. 156, n. 815. Stele sepolcrale di fanciulla ignota: Ephemeris Arch., 1909, tav. 4 e. Stele sepolcrale di una bambina con bambola e cagnetto: A. Conze, op. cit., n. 818. Bambola lignea al Vaticano: B. Nogara, in Rend. Pont. Acc., xviii, 1941-2, p. 236, figg. 4 e 5.

Bibl.: Dict. Ant., sotto le singole voci: Pila, Turbo, ecc. Per il gioco della palla: M. N. Tod, in Ann. Br. School Athens, X, 1903-4, p. 63 ss.; E. N. Gardiner, Greek Athletic Sports and Festivals, Londra 1910, p. 484 ss.; E. A. Klein, Child Life in Greek Art, New York 1932, tav. VIII A-D. Per le trottole: H. Grasberg, Erziehung und Unterricht im klassischen Altertum, Würzburg 1864, p. 77 ss.; G. Caputo, in Historia, VII, 1933, p. 185 ss. Per gli astragali: R. Hampe, Die Stele von Pharsalos, in 107. Berl. Winck. Pr., 1951; J. Dörig, Tarentinische Knöchelspielerinnen, in Mus. Helv., XVI, 1959, p. 135 ss. Per le bambole: B. Schweitzer, in Röm. Mitt., XLIV, 1929, p. 135 ss.; K. Elderkin, in Amer. Journ. Arch., XXXIV, 1930, p. 485 ss.; M. R. Rinaldi, in Epigraphica, XVIII, 1956 (1958), p. 104 ss.; J. Dörig, in Antike Kunst, I, 1958, p. 41 ss.