PRODI, Giorgio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PRODI, Giorgio

Felice Cimatti

PRODI, Giorgio. – Nacque a Scandiano (Reggio Emilia), il 12 agosto 1928 da Mario, ingegnere civile, e da Enrichetta Franzoni, maestra elementare. La famiglia aveva lontane origini contadine e il primo che riuscì ad andare avanti negli studi fu Mario.

Giorgio Prodi fu il terzo di nove figli, dei quali Giovanni, il maggiore, nato nel 1925, insegnò analisi matematica a Trieste e a Pisa; la sorella Maria Pia si laureò in medicina e divenne psichiatra e psicanalista.

Sin da ragazzo i molteplici interessi di Giorgio, la sua libertà intellettuale e le sue vaste letture influenzarono in modo rilevante la formazione dei fratelli minori: Fosca (insegnante di matematica), Paolo (storico dell’età moderna), Quintilio (architetto), Vittorio (fisico e parlamentare europeo), Romano (economista, già presidente dell’IRI, capo del governo italiano nel 1996-98 e nel 2006-08 e presidente della Comunità europea nel 1999-2004) e Franco (fisico dell’atmosfera).

Nel 1934 la famiglia si trasferì a Reggio Emilia, dove il padre passò a lavorare per l’amministrazione provinciale.

Giorgio Prodi svolse gli studi superiori presso il liceo classico Ludovico Ariosto e poi si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Modena; al quinto anno si trasferì all’Università di Bologna, in cui nel 1952 si laureò in medicina e chirurgia. Fu in seguito assistente straordinario di patologia generale, presso la cattedra di Giovanni Favilli, dal 1953 al 1955. Dal 1959 al 1961 lavorò a Parigi, presso l’Institut du Radium (oggi assorbito nell’Institut Curie). Assistente di ruolo di patologia generale dal 1956 al 1966, fu chiamato alla seconda cattedra di patologia generale dell’Università di Bologna nel 1966. Nel 1968 divenne il primo professore straordinario di oncologia sperimentale in Italia. Fu ordinario su quella cattedra dal 1971 al 1978, periodo durante il quale diede vita, nel 1972, al primo istituto di cancerologia istituito presso un’università italiana. Dal novembre del 1978 fu ordinario di oncologia e nel 1984 si laureò in chimica presso l’Università di Bologna. Nello stesso Ateneo fondò e diresse, dal 1984, il Centro interdipartimentale per la ricerca sul cancro.

Sposò in prime nozze Anna Maria Nigro, pittrice, da cui ebbe il figlio Claudio, e, rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Anna Gasperi-Campani, patologa, da cui ebbe il figlio Enrico Emanuele.

Autore di opere scientifiche, filosofiche e letterarie, Prodi rappresenta «una sfida al mito delle due culture», come ha scritto Umberto Eco (1989, p. 166).

Una sfida particolarmente significativa in Italia, in cui questo dualismo è tuttora forte e persistente. In effetti, poche figure, come Prodi, riescono a far coesistere in modo paritario, nel proprio lavoro intellettuale, l’ispirazione scientifica e quella filosofico-letteraria e in generale la dimensione umanistica (secondo la testimonianza dei familiari e dello stesso Eco, «dedicava qualche ora al giorno all’ascolto disteso di musica classica», p. 166).

Si può individuare nella nozione di ‘conoscenza’ il punto di convergenza fra questi due campi (nonostante Prodi stesso ribadisse che i suoi «tre interessi» – oncologia, filosofia e narrativa – «sono perseguiti separatamente, con notevole attenzione a non mescolarli», Chieco Bianchi, 2011, p. 611): «credo che la scienza», disse, «sia prima di tutto un’attività teorica che ci dà maggiori conoscenze sul mondo» (intervista a F. De Nigris, in Quarantacinque, 1981, vol. 3, n. 10, p. 27). Solo secondariamente per Prodi l’attività scientifica può avere effetti pratici. Per questa ragione la scienza deve essere distinta dalle sue eventuali ricadute tecnologiche; invece «oggi mi sembra», continua Prodi, «che tra i dati negativi della cultura moderna ci sia proprio il ritenere che la scienza sia solo misurabile attraverso i suoi risultati» (p. 27). Liberata dalla confusione con la tecnologia, la scienza può riavvicinarsi alla filosofia e alla letteratura. Lo scienziato, come il filosofo, ma come anche il narratore, non produce cose o beni, bensì conoscenze, modi di vedere il mondo, che possono tramutarsi in azioni e progetti. Per questo Prodi poté considerare la sua attività letteraria e filosofica allo stesso livello di quella scientifica. Lavorò sempre senza soluzioni di continuità tra le dimensioni dell’oncologo e del filosofo, fra il chimico e il romanziere, convinto che non vi fosse un solo modo di conoscere il mondo.

Con Prodi il superamento delle ‘due culture’ non avviene declassando la conoscenza letteraria o filosofica a pseudoconoscenza. Sulla definizione della sua professione rispondeva: «Faccio il cancerologo, il ricercatore», ma quanto alla letteratura affermava subito dopo: «Diciamo che non la considero un dopolavoro» (intervista a C. Donati, Il Resto del Carlino, 23 novembre 1985).

Oltre a quella di ‘conoscenza’ l’altra idea portante del lavoro intellettuale di Prodi è la ‘continuità’. Ogni fenomeno si spiega con la sua storia, ma allo stesso tempo ogni nuovo fenomeno modifica i presupposti che ne hanno consentito lo sviluppo: l’effetto retroagisce sulla sua causa. La ‘continuità’ è quindi a due vie: dal prima al dopo, e dal dopo al prima.

Questo è un punto assai originale del lavoro scientifico e filosofico di Prodi, perché mette in crisi ogni idea unilaterale e univoca di causazione nei fenomeni viventi. Ciò implica, ad esempio, che «la divisione fra struttura e funzione è biologicamente priva di senso» (G. Prodi, Salute/Malattia, in Enciclopedia, XII, Torino 1981, p. 418). Si pensi al caso esemplare del linguaggio, fenomeno naturale che Prodi non ha mai smesso di interrogare: «l’uomo si è adattato al linguaggio, ma ha anche costruito il linguaggio […] è il serpente che si mangia la coda» (Gli artifici della ragione, Milano 1987, p. 47).

Il ‘sistema’ della filosofia di Prodi è costruito a partire da queste due idee guida. Scrisse dapprima una teoria generale della scienza (La scienza, il potere, la critica, Bologna 1974, Milano 1977), poi una teoria della conoscenza (Le basi materiali della significazione, Milano 1977); successivamente elaborò una teoria allo stesso tempo filogenetica e ontogenetica dello sviluppo dei diversi modi di conoscere e ragionare (Storia naturale della logica, Milano 1982), una estetica (L’uso estetico del linguaggio, Bologna 1983) per finire con un’etica (Alle radici del comportamento morale, Genova 1987). L’ultimo libro di questa serie è una sorta di enciclopedia che risistema in modo organico e articolato l’insieme del suo lavoro filosofico (Gli artifici della ragione, cit.).

Sulla base della sua idea dell’unità della conoscenza, già a partire dai primi anni Ottanta, parallelamente alla sua attività di scienziato, Prodi cominciò a pubblicare lavori narrativi: Il neutrone borghese (una raccolta di racconti, Bologna 1980) è la descrizione ironica e disincantata dell’onnipresente rischio del fondamentalismo, pericolo mortale per ogni forma di pensiero libero e originale; nei racconti contenuti nel Cane di Pavlov (Brescia 1987), invece, Prodi esplora quello stato a metà fra onirico e allegorico che precede la conoscenza, e la rende possibile. In particolare, il racconto da cui prende il titolo la raccolta assume il punto di vista del cane, rovesciando completamente la prospettiva usuale: non è Pavlov che controlla il comportamento del cane, al contrario è questo che con intelligenza e pazienza lo manipola e lo guida. Qui scienza e letteratura si congiungono: lo scienziato, come il romanziere, è colui che riesce a vedere e farci vedere il mondo in una maniera nuova e inaspettata.

Lazzaro (Brescia 1985) è un romanzo di formazione, ispirato dalla figura di Lazzaro Spallanzani, lo scienziato e umanista nato in un palazzo poco distante dalla casa familiare dei Prodi. Si fonda su un tema prediletto del Prodi che si chiede sempre come si sono formate le cose, come nascono, come si trasformano e come finiscono per morire: Lazzaro è la storia di un uomo che scopre la vocazione per il sapere e la scienza e, come ha notato Elvio Guagnini (2009), è anche una sorta di autobiografia.

Al centro dei racconti, usciti postumi, Dopo il mar rosso (Ferrara 1990, con disegni di Cécile Muhlstein) e Le quattro fasi del giorno (Ferrara 1987) vi è il tema (in particolare nel racconto eponimo della prima raccolta) della ricerca di un dopo che si collochi, per quanto inconoscibile e impensabile, al di là del percorso della conoscenza (quello che nell’Uso estetico del linguaggio Prodi chiama lo spazio del «buio»): «qui allora non è più il meccanismo conoscitivo a proporsi come oggetto narrativo; gli subentrano le ragioni prime, l’interrogativo vitale, il pensiero del limite e del dopo» (Paccagnini, 1993, p. 344). Nel suo ultimo lavoro letterario, Il profeta (Brescia 1992), si incrociano le vicende di due personaggi, un finto Gesù (il profeta del titolo) e l’oncologo Trequattordici (l’autobiografismo è dichiarato): il primo usa Dio per i suoi fini, e non c’è nulla di sacro nelle sue azioni; il secondo «è religioso in ogni aspetto del suo essere, ma gli manca Dio (non è mancanza da poco)». C’è in questa affermazione il senso di tutto il suo lavoro: l’impegno conoscitivo ed etico, che tanto più è serio e rigoroso quanto meno è garantito da un’istanza trascendente, e la vita, da lui intesa, da scienziato e filosofo, come un inarrestabile processo di traduzione, costruzione di nuovi complessi e trasformazione continua.

Morì, per un tumore, a Bologna il 4 dicembre 1987.

Nel 1989 gli fu assegnata alla memoria la medaglia d’oro per meriti scientifici da parte dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).

Opere. La produzione scientifica, filosofica e narrativa di Giorgio Prodi è molto ampia; oltre ai titoli menzionati nel testo si segnalano qui solo i testi principali per ogni ambito della sua attività.

Medicina. In collaborazione con G. Favilli, Trattato di patologia generale, Milano 1977 (1a ed. Milano 1958); La biologia dei tumori, Bologna 1977; Oncologia generale, Bologna 1985. Oltre 200 sono i lavori sperimentali pubblicati su riviste scientifiche: fra i principali temi, i meccanismi di cancerogenesi chimica e di mutagenesi (cfr. In vivo interaction of urethan with nucleic acids and proteins, in Cancer Research, 1970, vol. 30, n. 12, pp. 2887-2892, con P. Rocchi, S. Grilli), il ruolo della risposta immunitaria cellulo-mediata nei tumori (Selective thymus-derived cell enrichment in the rat spleen as a result of immunodepression by urethan, ibid., 1972, vol. 32, n. 7, pp. 1569-1573, con A. Di Marco, C. Franceschi), i meccanismi molecolari del processo di metastatizzazione (Clones with different metastatic capacity and variant selection during metastasis: a problematic relationship, in JNCI. Journal of the National Cancer Institute, 1986, vol. 76, n. 1, pp. 87-93, con P. Nanni, C. De Giovanni, P.L. Lollini, G. Nicoletti). Scienza e filosofia: L’individuo e la sua firma. Biologia e cambiamento antropologico, Bologna 1989; il saggio Signs and codes in immunology è stato ripubblicato in Essential readings in biosemiotics. Anthology and commentary, a cura di D. Favareau, London 2010, pp. 323-336. Narrativa: nel 2009 le edizioni Diabasis hanno ripubblicato in un unico volume i suoi lavori in L’opera letteraria di Giorgio Prodi (Reggio Emilia, con introduzione di E. Guagnini).

Fonti e Bibl.: Su Prodi medico: L. Chieco Bianchi, G. P. oncologo, in Belfagor, LXVI (2011), vol. 395, pp. 609-612. Sul filosofo e scienziato: G. P. e l’avventura del pensare poliedrico, a cura di G. Mazzoli - S. Zucal, n. monografico della rivista Il Margine, 1989 (contiene anche una bibliografia dei principali lavori non direttamente sperimentali); U. Eco, Una sfida al mito delle due culture, in Il Belpaese, 1989, vol. 7, pp. 166-168; C. Caputo, Biologia vs semiologia. La proposta di G. P., in Idee. Genesi del senso, 1990, vol. 5, n. 13-15, pp. 183-188; F. Cimatti, Nel segno del cerchio. L’ontologia semiotica di G. P., Roma 2000. Sulla biosemiotica, di cui Prodi è stato uno dei fondatori: J. Eder - H. Rembold, Biosemiotics - a paradigm of biology, in Naturwissenschaften, 1992, vol. 79, n. 2, pp. 60-67; T. Sebeok, Biosemiotics. Its roots, proliferation, and prospects, in Semiotica, 2001, vol. 134, n. 1-4, pp. 61-78; W. Nöth, Protosemiotics and physicosemiosis, in Σημειωτκή-Sign Systems Studies, 2001, vol. 1, pp. 13-26; A. Weber, Natur als Bedeutung: Versuch einer semiotischen Theorie des Lebendigen, Würzburg 2003. Sulla narrativa: R. Crovi, G.P. narratore, in Il Belpaese, 1989, vol. 7, pp. 164-165; E. Paccagnini, I racconti di G. P., in Il Belpaese, 1993, vol. 9, pp. 335-346; E. Guagnini, Letteratura come ipotesi e sperimentazione della realtà. Itinerario narrativo di G. P., introduzione a L’opera narrativa di G. P., Parma 2009, pp. 7-17; G. Longo, Presentazione dell’Opera narrativa di G. P., in Intersezioni, 2011, vol. 3, pp. 459-472.

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