Vìgolo, Giorgio

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Scrittore (Roma 1894 - ivi 1983). Esordì giovanissimo su Lirica e su La Voce, collaborando poi a numerosi giornali e periodici, anche come critico musicale (Mille e una sera all'opera e al concerto, 1971). Formatosi nella poetica del "frammento" lirico e del "saggio", fu inizialmente attratto dal fascino di A. Onofri; ma da soluzioni esoteriche lo ha poi tenuto lontano il suo gusto classico, una classicità opulenta e sensuale, tendente al barocco, che trova adeguata espressione in plastiche visioni di paesaggio, specialmente romano. Nelle prose di La città dell'anima (1923), Canto fermo (1931), Il silenzio creato (1934), Le notti romane (1960), Spettro solare (1973), e nei versi di Conclave dei sogni (1935), Linea della vita (1949), Canto del destino (1959), La luce ricorda (1967, che raccoglie quasi tutte le poesie contenute nei libri precedenti più le Nuove poesie), I fantasmi di pietra (1977), la parola sembra entrare in gara con il rilievo, lo spessore delle cose evocate. Profondo conoscitore di G. G. Belli, di cui dette un'antologia (2 voll., 1930-31), poi un'edizione (3 voll., 1952) e una valutazione critica (Il genio del Belli, 2 voll., 1963), curò inoltre la traduzione del Meister Floh di E. Th. A. Hoffmann (Maestro Pulce, 1944) e delle Poesie di F. Hölderlin (1958).

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