Sefèris, Giòrgos

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Pseudonimo del poeta greco G. Seferiàdis (Σεϕεριάδης; Smirne 1900 - Atene 1971). Dopo aver studiato legge a Parigi, intraprese la carriera diplomatica (1926), che concluse nel 1962 come ambasciatore a Londra. Le peregrinazioni impostegli dal servizio, incluse quelle al seguito del governo greco dopo l'invasione nazista, radicarono nel suo animo il sentimento dell'esilio, precocemente sperimentato con l'esodo della popolazione greca dall'Asia Minore in seguito al trattato di Losanna (1923). Le poesie degli esordî, Στροϕή ("Strofa", ma anche "Svolta", 1931), ῾Η στέρνα ("La cisterna", 1932), si posero sulla scia del simbolismo francese e di P. Valéry, segnalandosi tuttavia per l'originalità dei procedimenti ermetico-allusivi e per la salda coerenza della lingua e del ritmo. Non meno innovativi i 24 componimenti di Μυϑιστόρημα ("Romanzo", 1935), pubblicati pochi mesi dopo che S. aveva dato vita, insieme con altri, alla rivista Τὰ νέα γράμματα ("Lettere nuove", 1935): protagonisti di questo breve epos sono alcuni miti dell'antichità classica, i quali rappresentano in modo esemplare il perenne ricorso di una vicenda tragica. Nell'assegnare una funzione metatemporale al mito, S. mise forse a frutto le suggestioni della poetica eliotiana (è del 1936 la sua traduzione di The waste land), sulla quale s'innesca il suo autonomo percorso di poeta-artigiano che attinge con paziente lavoro di scavo alle proprie intime risorse (Τετράδιο γυμνασμάτων "Quaderno d'esercizî", 1940). Il presentimento del conflitto mondiale e le amare prove affrontate negli anni dell'esilio incupiscono le poesie del primo e più ancora del secondo ῾Ημερολόγιο καταστρώματος ("Giornale di bordo", 1940 e 1945). Frutto delle contraddittorie sensazioni suscitate dal ritorno in patria fu il poemetto ῾Η κίχλη ("Il tordo", 1947), un capolavoro della letteratura di tutti i tempi, che muove dall'oscuro abisso della guerra e delle lotte fratricide verso il chiarore di una provvisoria speranza. Ancora una luce, la magia del paesaggio di Cipro, illumina le poesie del terzo "Giornale di bordo" (1955), a contrasto con la drammatica crisi politica che insanguina l'isola. Da ultimo, in Τρία κρυϕὰ ποιήματα ("Tre poesie segrete", 1966), S. riformulò i temi e i motivi della propria poesia, coniugando i toni austeri dell'anamnesi con uno stile più che mai scabro ed essenziale. Preziose testimonianze offrono i diarî, che S. registrò dal 1925 fino alla morte, in corso di pubblicazione dal 1973 col titolo Μέρες ("Giorni"). Di grande rilevanza il contributo critico dei "Saggi" (Δοκιμές, 1944, più volte ristampati e arricchiti), soprattutto quando abbia per oggetto la lingua e la cultura demotica. Da ricordare inoltre le numerose traduzioni di poeti stranieri e le "trascrizioni" di scritti testamentarî. Postumo uscì il romanzo ῎Εξι νύχτες στὴν ᾿Ακρόπολη ("Sei notti sull'Acropoli", 1974), concepito negli anni giovanili. Nel 1963 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura. In Italia è stata tradotta gran parte della sua opera, soprattutto da F. M. Pontani (Poesie, 1963; Tre poesie segrete, 1968; Poesie e prose, 1969).

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