Giornale e giornalismo

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Giornale e giornalismo

Paolo Murialdi

(XVII, p. 184; App. I, p. 675; II, i, p. 1057; IV, ii, p. 78; V, ii, p. 459)

La stampa nell'ultimo decennio del 20° secolo ha attraversato tempi difficili, non soltanto in Italia; la stessa tendenza negativa si è evidenziata in tutti i paesi sviluppati. Le vendite dei quotidiani hanno subito delle flessioni più o meno sensibili (secondo le stime, in media un 10% in meno) e anche tra i settimanali non sono mancate situazioni critiche.

Le cause più evidenti sono state la concorrenza delle televisioni (anche se l'audience dei canali 'generalisti' è diminuita un po' dovunque), l'arrivo di nuovi media e il successo di Internet, la 'rete delle reti'. Con l'ingresso nell'era digitale i canali televisivi si sono moltiplicati, mentre Internet ha attirato in tutto il mondo milioni di 'navigatori', in gran parte giovani. Non può sorprendere, perciò, che risulti composto da giovani fino ai 24 anni l'11,5% di lettori mancati di giornali quotidiani nel mondo.

Tra le cause delle disaffezioni non vanno trascurati gli effetti dei cambiamenti non solo economici, ma di mentalità e di stili di vita, emersi con la fine della guerra fredda, con il crollo delle ideologie seguito dall'emergere di climi politici differenti rispetto a quelli che si erano stabiliti nei decenni precedenti. In Italia il vecchio sistema di potere politico è stato travolto dagli scandali e nel corso degli anni Novanta gli Italiani hanno vissuto una particolare fase di transizione che si è rivelata irta di contrasti. In molti paesi sviluppati si è manifestato un notevole distacco dall'attività politica, un tempo non lontano seguita giorno dopo giorno.

Per tutti questi motivi, e per le prospettive offerte dalla rivoluzione tecnologica in corso, non appare del tutto paradossale l'interrogativo che alla fine del secolo circola negli Stati Uniti e nel resto del mondo: il giornale quotidiano sopravviverà? La domanda non riguarda né l'immediato né il prossimo futuro. Ma appare logico chiedersi in che forma il giornale sopravviverà, conservando quelle funzioni informative che la televisione non assolve in modo esauriente.

Nelle prime reazioni dei quotidiani di primo piano dei paesi più sviluppati si nota un aspetto comune: la scelta di vivacizzare il prodotto con novità di immagine e di contenuti.

Il miglior esempio di novità d'immagine lo ha dato l'austero The New York Times adottando fotocolor in prima pagina. Per quanto riguarda i contenuti, in quel celebre giornale e nei quotidiani europei di qualità, si è cercato sostanzialmente di dare più evidenza ai reportages, alle questioni della vita sociale e a fatti di costume, rispettando però lo stile di ciascuna testata. In Europa, gli esempi classici sono quelli di Le Monde in Francia, del londinese The Guardian, di El País e di El Mundo in Spagna e dei fogli di qualità tedeschi, a cominciare dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, che non hanno fatto ricorso al colore. Caso a sé quello inglese per la guerra dei prezzi di vendita intrapresa dal magnate R. Murdoch con The Times, guerra alla quale ha resistito con successo The Guardian.

Le reazioni dei maggiori quotidiani italiani sono state diverse, sia perché il mercato è stato sempre modesto rispetto a quello dei paesi sviluppati, sia per le caratteristiche della formula 'omnibus', cioè un unico giornale per tutti i tipi di lettori.

La stampa italiana alla fine del Novecento

Con una media giornaliera di 104 copie vendute ogni 1000 abitanti l'Italia si è collocata al terzultimo posto nella graduatoria europea, davanti alla Grecia e al Portogallo. Il confronto con altre nazioni europee è sconcertante. In Gran Bretagna e in Germania, che non si trovano comunque in testa alla classifica occupata invece da Norvegia e Svezia, le medie rispettive sono di 317 e 314 copie al giorno. Ad aggravare la situazione italiana concorre la disparità storica fra le regioni del Nord e quelle del Sud: 140 copie nelle prime e 57 copie ogni 1000 abitanti nelle altre. Sono questi dati ufficiali del 1997, a sei anni dall'inizio del calo delle vendite complessive dei quotidiani, calo che ha subito un'interruzione - ma di scarso peso - nell'anno dell'esplosione di Tangentopoli e un rallentamento nell'autunno 1997. Comunque le copie perdute in sette anni risultano circa un milione.

In concomitanza con i primi abbandoni dei lettori, sui bilanci dell'editoria giornalistica hanno pesato inoltre la diminuzione degli investimenti pubblicitari e l'aumento del prezzo della carta. A metà degli anni Novanta questi fattori negativi si sono attenuati e poi sono scomparsi. Nel primo semestre del 1998, le vendite dei quotidiani censiti dalla Federazione editori sono cresciute dell'1,2%, e il calo del prezzo della carta e l'aumento delle inserzioni pubblicitarie hanno migliorato le finanze di vari quotidiani. Tuttavia, ancora una volta, la buona ripresa della pubblicità ha premiato più la televisione dei quotidiani, nonostante l'impiego del colore, ora diffuso nella stampa quotidiana, incontri il favore degli inserzionisti. "Sotto il profilo del fatturato - ha scritto il Garante per l'editoria nella relazione del 1997 - il panorama delle imprese editoriali è costituito da un nucleo forte ma ristretto di aziende che fatturano più di cento miliardi e che spicca su un insieme debole e pletorico". Del nucleo forte fanno parte quei pochi quotidiani per i quali si è registrato un aumento del numero delle copie e della pubblicità e che, quindi, hanno bilanci in attivo.

La crisi ha provocato cambi di proprietà e un'elevata disoccupazione tra i giornalisti, colpiti soprattutto dalle ristrutturazioni aziendali. I rilanci sono stati intrapresi con l'aumento delle pagine, aperte a contenuti più variati, soprattutto spettacolari, a imitazione dei settimanali e dei programmi televisivi, e con cospicui investimenti nelle iniziative promozionali. Il tutto nel quadro di un giornalismo più sensazionalistico con una titolatura 'calda'.

Per il rilievo assunto dalle attività di marketing, ignorate o insignificanti fino alla sfida tra la Repubblica e il Corriere della sera alla fine degli anni Ottanta, è opportuno trattare separatamente i fatti di carattere più editoriale che giornalistico e quelli riguardanti il tipo di giornalismo che caratterizza i quotidiani del nostro paese.

Chiusure e compravendite

Hanno cessato le pubblicazioni due settimanali che hanno caratterizzato il giornalismo del dopoguerra - L'Europeo e Epoca - da tempo in declino. È fallito il tentativo di I. Montanelli di dare vita a un nuovo quotidiano, La Voce, dopo il suo distacco dalla direzione de il Giornale in seguito all'ingresso nella vita politica di S. Berlusconi in vista delle elezioni del 27 marzo 1994.

Indro Montanelli, il più celebre giornalista d'Italia, di idee liberali e moderate, non si è riconosciuto nella destra di cui il magnate della televisione commerciale è diventato l'alfiere e che è composta dal movimento Forza Italia, creato da Berlusconi, e da Alleanza nazionale. La direzione de il Giornale fu affidata nel 1994 a V. Feltri, protagonista di un giornalismo partigiano e vigoroso a sostegno delle destre.

La Voce uscì a Milano alla vigilia delle elezioni che Berlusconi e i suoi alleati vinsero nettamente. Nei primi mesi il nuovo quotidiano - che si presentava con una grafica vivace nella quale faceva spicco l'uso del fotomontaggio - raggiunse un buon livello di vendite. Ma il successo durò poco, perché i moderati, tradizionali lettori di Montanelli, erano ormai attratti da Berlusconi, il 'grande comunicatore'. Non avendo trovato tutti i sostegni finanziari sperati per arrivare a un azionariato diffuso, Montanelli fu costretto ad arrendersi. Il suo congedo (aprile 1995) fu intitolato Uno straniero in Italia. Il Corriere della sera lo ha accolto come editorialista e poi gli ha affidato la rubrica della posta dei lettori.

A Milano ha cessato le pubblicazioni La Notte, ricomparsa poi in edicola per poco tempo. A Roma ha avuto vita breve L'Informazione, un quotidiano di linea moderata. Un quarto fallimento ha colpito il quotidiano Il Telegiornale. Nonostante fosse fatto da G. Vesigna, l'artefice delle fortune del settimanale TV Sorrisi e canzoni, e vi collaborasse A. Di Pietro, il magistrato più popolare d'Italia ai tempi di Tangentopoli, Il Telegiornale è durato soltanto 33 giorni.

I cambi di proprietà sono stati numerosi e hanno riguardato testate molto conosciute. Sono aumentati i casi di quotidiani posseduti da imprenditori e società con forti interessi extra-editoriali. È passato di mano, dalla Montedison al costruttore romano F. G. Caltagirone, Il Messaggero, che detiene il primato a Roma e in alcune regioni del Centro. La cessione ha compreso il cambio del direttore G. Anselmi, che poco dopo è diventato direttore dell'Ansa, ed è stato sostituito con P. Calabrese. Caltagirone ha comprato anche Il Tempo, che navigava in cattive acque, e poi lo ha ceduto a un altro costruttore romano, D. Bonifaci.

Altre compravendite sono avvenute nel 1997 e sono state operazioni particolarmente significative, perché si è trattato dei giornali quotidiani di proprietà pubblica: Il Giorno, Il Mattino e La Gazzetta del Mezzogiorno. Il Giorno è stato ceduto dall'ENI ad A. Riffeser Monti, editore de Il Resto del carlino di Bologna e de La Nazione di Firenze. Il Banco di Napoli ha venduto Il Mattino al proprietario de Il Messaggero, che lo aveva da qualche tempo in gestione. La Gazzetta del Mezzogiorno è destinata a una società che fa capo al vecchio editore del quotidiano barese, G. Gorjoux. Una novità importante è stata la nomina di C. Romiti, ex presidente della Fiat, alla testa del Gruppo RCS (1° giugno). Una scelta che ha comportato mutamenti nella compagine azionaria.

Infine, indicativo delle difficoltà del settore quotidiani è stato l'accordo tra gli eredi Perrone, editori del Secolo XIX di Genova, e un editore tedesco al quale hanno ceduto il 40% del pacchetto azionario (12 dicembre 1998).

Il 'gigantismo' e le promozioni

È definita gigantismo, con significato critico, la scelta dei quotidiani più forti di aumentare il numero delle pagine e di arricchirsi di gadget, di inserti e di supplementi. Questa politica editoriale sta modificando la mappa della stampa del nostro paese: i grandi quotidiani si sviluppano sempre più, gli intermedi sono costretti a inseguire e a cercare alleati per avere un supplemento in rotocalco. Le testate locali si difendono se fanno parte di catene ben organizzate che sfruttano positivamente le sinergie (come la catena del Gruppo editoriale L'Espresso) oppure se hanno un antico radicamento nelle rispettive città.

Al di là dell'aumento delle pagine (il Corriere della sera e la Repubblica arrivano anche a 56, più le edizioni locali), le strade intraprese sono sostanzialmente due. La prima consiste nella scelta di allegare al quotidiano un settimanale ricco di servizi, di colori e di pubblicità da acquistare obbligatoriamente. La seconda strada in quella di allegare un quotidiano locale creato appositamente dalla stessa grande impresa oppure da una piccola impresa alleata. Di qui le definizioni di giornale-canguro e di giornale-panino. I prezzi di vendita sono vantaggiosi per il lettore. Nel caso del giornale-panino, il prezzo subisce un leggero aumento o rimane inalterato.

I due quotidiani più diffusi - Corriere della sera e la Repubblica - offrono due rotocalchi alla settimana. Uno, in particolare, fa concorrenza diretta ai settimanali femminili. La Stampa, terza per diffusione, ne presenta uno che viene distribuito anche dal Giornale di Sicilia, da La Sicilia e da La Gazzetta del Mezzogiorno. Altri settimanali non vengono prodotti in proprio ma da imprese editoriali o da cooperative nate, appunto, per fornire i services. La Mondadori ha creato Primo piano sulle ceneri di Epoca e lo ha ceduto ai tre quotidiani del Gruppo Riffeser Monti e ai due controllati dall'industriale triestino C.E. Melzi, Il Piccolo e il Messaggero veneto. Questi ultimi sono stati ceduti nel 1998 al Gruppo L'Espresso. Accoppiamenti analoghi di rotocalchi sono stati adottati per i quotidiani Il Gazzettino, Il Messaggero, il Giornale e Il Secolo XIX.

Avvengono, inoltre, accoppiamenti occasionali con settimanali già molto diffusi, come Oggi e Gente, venduti a prezzo basso, oppure con quotidiani locali in estate, nelle zone più affollate per le vacanze. Non sempre la presenza di un settimanale nel marsupio rende sul piano delle vendite ma, per molti editori, quello che conta di più in questi anni è la raccolta pubblicitaria. Comunque il vecchio campo dei settimanali - soprattutto delle riviste femminili - appare sconvolto. Un'altra iniziativa a carattere promozionale è l'offerta gratuita di opere enciclopediche in fascicoli, oppure di guide e di carte turistiche. Con risultati che variano. In alcuni casi questa offerta ha incontrato il favore di lettori non abituali, come è accaduto nel settembre-ottobre 1997 con il Viaggio nella scienza di P. Angela, popolarissimo conduttore di programmi televisivi di divulgazione scientifica: grazie al suo nome le vendite de la Repubblica hanno registrato una notevole impennata.

Poco praticata, ormai, è l'offerta di film in videocassetta. La usano ancora alcuni settimanali, tra i quali Panorama e L'Espresso, ma con acquisto volontario. L'idea era nata nel 1994 a l'Unità, allora diretta da W. Veltroni; il successo era stato notevole, con punte settimanali di 300.000 copie e quindi di altrettante videocassette. Ma l'effetto non durò a lungo. Fra il 1996 e il 1997 anche l'Unità si è presentata con due supplementi settimanali: Diario della settimana, direttore E. Deaglio, e Atinù per i bambini. Il primo è un settimanale controcorrente dal momento che offre molte letture e poche immagini. Questa forma di diffusione ha avuto termine nel novembre 1997: Diario della settimana da allora appartiene alla casa editrice Il Saggiatore. La scelta del giornale-panino è stata fatta dal Corriere della sera e da il Giornale sulla piazza di Napoli e dintorni. Il Gruppo L'Espresso-la Repubblica ha reagito acquistando il controllo di un quotidiano locale che viene pubblicato a Salerno. Mentre il Corriere della sera ha promosso analoga iniziativa per Como e provincia, La Stampa si è collegata con un giornale di Bolzano. Il ricorso massiccio a promozioni più o meno attraenti spiega l'andamento ad alti e bassi delle tirature dei maggiori quotidiani. Corriere della sera e la Repubblica sono comunque i più diffusi e generalmente chiudono i bilanci in attivo.

Promozioni più funzionali sono quelle impiegate dal quotidiano della Confindustria, Il Sole-24 Ore: sono basate soprattutto su inserti di carattere specialistico per attività economiche, finanziarie e giuridiche. Alla domenica offre ai suoi lettori e ai moltissimi abbonati un inserto culturale di 12 pagine di livello elevato. Grazie alla sua formula di giornale di servizio e di orientamento, al suo linguaggio pacato e, in particolare, agli sviluppi dell'economia e della finanza in vista dell'arrivo dell'Euro, l'ascesa de Il Sole-24 Ore è continuata sotto la direzione di S. Carrubba (succeduto a G. Locatelli) e poi di E. Auci. Nel 1998 e nel 1999, in alcune fasi, Il Sole-24 Ore ha superato sovente in diffusione La Stampa. Un altro segno che l'informazione economica e finanziaria rappresenta un vasto campo da coltivare è lo spazio a essa dedicato da tutti i quotidiani - non soltanto i maggiori - e dai due newsmagazines, Panorama e L'Espresso.

Anche i quotidiani sportivi non hanno un particolare bisogno di 'gigantismo' editoriale se la loro diffusione può contare su eventi di particolare rilievo, come le Olimpiadi, i campionati mondiali ed europei di calcio e i Gran premi automobilistici, e sui personaggi che le folle sono pronte a mitizzare. Un esempio: quando l'Inter concluse l'ingaggio del brasiliano Ronaldo il Corriere della sera ne diede ampia notizia in quarta e quinta pagina, e non nella rubrica dedicata allo sport.

Stato d'allarme, invece, nella stampa di sinistra: l'Unità è entrata in una fase sempre più critica alla fine del 1997, proprio mentre al governo di centro-sinistra si sono aperte prospettive di lunga durata con la presidenza prima di R. Prodi e poi di M. D'Alema. Evidentemente il modello, adottato nel 1994, di giornale di tendenza ma aperto a informazioni, interviste e collaborazioni impensabili quando l'Unità era l'organo del Partito comunista italiano e poi del PDS, non ha funzionato, anzi ha scontentato vecchi lettori delusi e diffidenti verso le scelte postcomuniste. Alla direzione si sono succeduti M. Fuccillo e P. Gambescia, mentre la proprietà della società editrice è stata assunta in gran parte da sostenitori privati. All'inizio del 1999 la diffusione de l'Unità ammontava a circa 63.000 copie giornaliere. In gravi difficoltà finanziarie versano il manifesto e l'organo di Rifondazione comunista Liberazione.

Sulla sponda politica opposta i quotidiani più impegnati nella battaglia a favore del Polo delle libertà sono in difficoltà, a eccezione de il Giornale, appartenente a P. Berlusconi e diretto da V. Feltri e poi da M. Cervi e P. Belmonte, che ha una vendita media di 239.000 copie. Anche la trovata giornalistico-editoriale de Il Foglio, realizzata da G. Ferrara nel 1996 (quattro pagine polemiche con impostazione grafica ottocentesca), non ha conquistato lettori e pubblicità in quantità sufficiente per far tornare i conti.

In conclusione, nei grandi centri urbani i lettori fedeli al giornale quotidiano si sono rivolti soprattutto alle testate più ricche e più diffuse. Ma non tutti con l'assiduità di un tempo; il minore interesse verso i quotidiani si è manifestato anche con casi di acquisto saltuario dovuto sovente a iniziative promozionali.

Nel febbraio 1999 la vendita media dei principali quotidiani, in base alle rilevazioni della Federazione italiana editori giornali, era la seguente:

Corriere della sera                        677.047

la Repubblica                                 618.599

Gazzetta dello sport                      406.073

Il Sole-24 Ore                                 401.381

La Stampa                                     387.434

Il Messaggero                                277.500

il Giornale                                        239.052

Il Gazzettino                                   137.319

Il Secolo XIX                                  128.400

Avvenire                                           96.336

Il giornalismo di fine secolo

La crisi del settore e la difficile e turbolenta transizione dal sistema di potere partitocratico, crollato con Tangentopoli, a un nuovo assetto costituzionale dello Stato, cioè una Seconda repubblica, hanno accentuato alcune caratteristiche discutibili del giornalismo italiano. Le indagini e i processi che vanno sotto il nome di Tangentopoli avevano ridato slancio ai numerosi giornali che si erano adeguati al vecchio sistema di potere. Con il coinvolgimento degli esponenti di grandi imprese che controllavano importanti mezzi di informazione, si era aperta per i giornalisti la possibilità di acquisire una maggiore autonomia professionale e di assumere pienamente quel ruolo sociale conculcato da sempre dal prevalere di una politicizzazione diffusa e spesso distorta.

L'occasione è stata mancata. Il manifestarsi, sul terreno politico, di contrapposizioni aspre tra lo schieramento di centro-destra, guidato da Berlusconi e Fini, e quello di centro-sinistra, che ha nel PDS il sostegno maggiore, ha coinvolto anche i giornali. In misura più o meno intensa e più o meno visibile il vecchio tipo di politicizzazione e il sensazionalismo hanno ricevuto nuovi impulsi. La crisi della stampa ha fatto il resto.

Alcune buone intenzioni di correggere le derive che sta subendo l'informazione, di pensare a modelli di giornalismo di qualità animato da spirito di servizio nei confronti del lettore (a cominciare dai modi di trattare la politica interna, presentata ormai soprattutto come un grande chiacchiericcio), finora sono rimaste per lo più sulla carta. Se ne era fatto interprete per primo E. Scalfari nel settembre 1995, pochi mesi prima di lasciare la direzione di la Repubblica a E. Mauro (direttore de La Stampa).

La forza delle cose - politiche, editoriali e giornalistiche - ha finito per prevalere. E con i direttori quarantenni di notevole mestiere (a La Stampa, dopo Mauro, C. Rossella e poi M. Sorgi; al Corriere della sera, dopo Mieli, F. de Bortoli), cresciuti nell'era della televisione, il ricorso alla teledipendenza è tuttora praticato con l'uso di molte interviste rapide, la valorizzazione dei divi del teleschermo, della moda e della mondanità, una titolatura e una grafica che devono colpire come una sequenza in diretta e creare eventi ed emozioni. La vita e la tragica morte di Lady Diana Spencer, ex moglie dell'erede al trono di Gran Bretagna, sono state un caso esemplare di che cosa sia la società dello spettacolo attraverso la televisione. Ma vanno considerate casi esemplari anche della stampa quotidiana e periodica. All'inizio del 1999 alcuni segnali di rinnovamento si notano su La Stampa. Ne è condirettore G. Riotta, che per anni è stato l'inviato del Corriere della sera negli Stati Uniti.

Un grave problema del giornalismo italiano, che è venuto al pettine con la legge sulla privacy varata dal Parlamento nel 1996 (l. 31 dic. 1996 nr. 675), è la mancanza di un codice deontologico. Tale legge prevede infatti l'esistenza di un codice deontologico che, salvaguardando la libertà di informazione, ne contrasti le deviazioni.

La tutela della correttezza dell'informazione è affidata all'Ordine dei giornalisti, organismo istituito con una legge del 1963, l'iscrizione al quale è obbligatoria (unico caso nei paesi a regime democratico) per esercitare la professione. Questa tutela è sostanzialmente mancata per molti anni e soltanto di recente sono stati compiuti interventi apprezzabili. Ma la Carta dei doveri, elaborata dall'Ordine e dal sindacato dei giornalisti nel giugno 1993, non è mai entrata in vigore per il prevalere di interessi corporativi. Dopo l'istituzione del Garante della privacy, un accordo con l'Ordine ha consentito l'approvazione di un Codice deontologico dei dati personali. Il Codice, discusso da una parte dei giornalisti, è entrato in vigore il 18 agosto 1998.

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Riviste e periodici: Problemi dell'informazione, trimestrale, dal 1976; Prima comunicazione, mensile, dal 1973.

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