MINADOIS, Giovan Tommaso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MINADOIS, Giovan Tommaso

Paola Guizzi

MINADOIS, Giovan Tommaso (Ioan­nes Thomas Minadous o de Minadois). – Nacque a Napoli nel 1505, da Petruccio.

Il padre, che morì l’8 marzo 1507, era giurista ed esperto di teologia. Giustiniani ricorda tre titoli di opere, a lui ascrivibili, forse mai pubblicate: Summa ad ius civile; Quaestiones iuris civilis, et canonici; De libellis. La famiglia era di origine pugliese (il nonno Federico ebbe la gestione della Dogana regia delle pecore in Puglia).

Dedicatosi allo studio della giurisprudenza, il M. fu lettore di Instituta nello Studio napoletano per l’anno accademico 1524-25 e nel 1529-30 fu nominato professore ordinario di diritto canonico, secondo quanto egli stesso afferma in uno dei suoi Consilia (Giustiniani, p. 264). Tenne la cattedra anche per il 1532-33.

In data imprecisata, ma con ogni probabilità prima del 1534, si avvicinò al circolo valdesiano di Napoli, dato che risale al 7 giugno di quell’anno la sua adesione alla Compagnia dei bianchi della Giustizia, verosimilmente nel quadro della strategia di inserimento in influenti istituzioni ecclesiastiche caratteristica del gruppo napoletano. Negli stessi mesi entrarono infatti nel sodalizio personalità di primo piano del gruppo, come Ranieri Gualano e Mario Galeota. Della Compagnia, il M. fu primo consigliere nel 1535 e governatore nel 1540; nel 1539 fu governatore dell’ospedale degli Incurabili. Da due manoscritti dell’Archivio della Giustizia dei bianchi di Napoli abbiamo infine notizia della sua presenza alle messe di Natale, del giovedì santo (26 marzo) e di Pentecoste (17 maggio) del 1551 e alla messa di Natale del 1553.

Nel 1534 il M. fu nominato membro del Sacro Regio Consiglio di Napoli dall’imperatore Carlo V.

La sua attività di consigliere è rilevabile, per gli anni 1534-38, dal frontespizio del Liber votorum di quel tribunale, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli. Sono noti inoltre il consuntivo del Regno di Napoli relativo al periodo dal 1° sett. 1535 al 31 ag. 1536 e i preventivi di spesa dal 1° sett. 1536 al 31 ag. 1537 e del 12 sett. 1541, dai quali si evince la sua paga, pari a 400 ducati; infine, nel preventivo di spesa dal 1° sett. 1541 al 31 ag. 1542 compare, invece, la voce: «magister Ioan Tomase de Minadois de la partita de li heredi de Bresegna, duc. 410» (cit. in Coniglio, p. 477).

In data imprecisata sposò Isabella Capece Bozzuto, da cui ebbe almeno due figli, Giulio Cesare e Fabio, ed entrò in possesso del feudo di Molinara, acquistandolo da Luigi Martino Di Capua per 6000 ducati con atto stipulato presso il notaio Marco Andrea Scoppa di Napoli, approvato dal viceré Pedro Álvarez de Toledo il 2 ag. 1549. Fissò la propria residenza su una delle colline, che da lui prese il nome, intorno alla città di Napoli nella zona di Capodimonte.

Lì compose alcune opere di carattere giuridico che, eccetto la prima, furono pubblicate postume a cura dei figli. In esse si riflette la lunga esperienza maturata nel Sacro Regio Consiglio. Il primo contributo giurisprudenziale del M. fu l’edizione, curata con Giovanni Nicola Vicari, del commentario alle Prammatiche del Regno di Annibale Troisi (Napoli, M. Cancer, 1555). Nel 1576 fu pubblicata un’opera di feudistica del M., il De successione filiorum comitum et baronum (Venezia, P. Deuchino; ibid., G.L. Cepollari, 1591), con la quale fu riedito il primo capitolo di un’opera di Bartolomeo Camerario dedicata allo stesso tema. Quarantatré decisiones del M. entrarono a far parte di una raccolta di Decisiones del Sacro Regio Consiglio di Napoli (Lione, F. Tinghi, 1579; e ancora nel 1581), insieme con quelle di Matteo D’Afflitto, Antonio Capece e Tommaso Grammatico (una successiva edizione napoletana di questa opera, curata dal cosentino Flaminio Monaci, risale al 1629). A testimoniare l’apporto dato dal M. alla giurisprudenza meridionale in Età moderna, vi sono inoltre le tre edizioni napoletane delle Consuetudines Neapolitanae, rispettivamente del 1677, 1733 e 1775, in cui sono riproposte le sue Decisiones.

Il M. appartenne all’ambiente umanistico di stampo pontaniano, in cui si distinse un altro giurista e membro del Sacro Regio Consiglio, Scipione Capece. Fu amico di Galeazzo Florimonte e di Ferrante Brancaccio; Marcantonio Flaminio, in una lettera del 1° maggio 1540 a Gasparo Contarini, lo definì uno «delli più segnalati gentiluomini di Napoli in virtù et religione» (Il processo ... Pietro Carnesecchi, p. 381). Fece parte del circolo valdesiano di Napoli, insieme con suo fratello Germano, frate benedettino, che nel 1542 si trovava a Venezia nel monastero di S. Giorgio Maggiore. Mentre, però, di Germano nuove fonti edite di recente, e in particolare il processo contro Piero Carnesecchi, hanno restituito una più ricca e inquieta fisionomia religiosa, non è stato così per il M., che pure è ricordato come uno dei più stretti amici di Juan de Valdés e dei valdesiani della prima ora. Non a caso fu prescelto dallo stesso Valdés come esecutore testamentario ed erede dei suoi beni nel Regno di Napoli.

Il segretario di Stato di Carlo V, Francisco de Los Cobos, scrisse al viceré Pedro de Toledo affinché chiedesse al M. chiarimenti circa il testamento di Valdés, nell’interesse di suo fratello Andrés, governatore della città castigliana di Cuenca. Pedro de Toledo rispose, attraverso il tesoriere generale del Regno di Napoli Alfonso Sanchez, il 7 genn. 1542, inviando una memoria riguardo al contenuto del testamento di Valdés. Il 23 maggio di quell’anno lo stesso M. scrisse al segretario di Stato, in risposta a due sue lettere, affermando che Valdés gli aveva dato verbalmente disposizione di lasciare la maggior parte della propria eredità a un nipote a scelta tra i figli di suo fratello Andrés, a patto che il prescelto sposasse una figlia di Garcia Manrique, marito di Isabella Bresegna. Il M. spiegava inoltre di aver incontrato il primogenito di Andrés de Valdés a Napoli e di aver con lui dato esecuzione al dettato testamentario.

A proposito dell’orientamento spirituale del M., scarse sono le testimonianze. È noto un suo elogio di Mario Galeota, riferito, durante il processo cui questi fu sottoposto, dal giurista Gerolamo Vignes: secondo il M., «il spirito di san Paulo, da santo Augustino in qua, non l’havea inteso homo alcuno meglio del decto Mario Galeota» (cit. in Lopez, p. 106). Inoltre, nei costituti resi all’Inquisizione veneziana nel 1555, Giulio Basalù lo annoverò tra gli assertori della giustificazione mediante la sola fede. Infine si conosce l’esistenza di un’inchiesta – documento non più reperibile – del dicembre 1552 sui valdesiani in cui figurava il suo nome. L’iniziativa però non dovette avere conseguenze, visto che ancora alla fine del 1553 il M. era nella Compagnia dei bianchi della Giustizia.

Il M. morì a Napoli il 12 nov. 1555 e fu sepolto nella cappella gentilizia della chiesa di S. Lorenzo Maggiore.

Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio diocesano, Archivio della Compagnia dei bianchi della Giustizia, Mss., 1-2; M.A. Flaminio, Lettere, Roma 1978, pp. 91 s., 95, 108; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, a cura di M. Firpo, I, Roma 1981, pp. 380 s.; I processi inquisitoriali di Pietro Carnesecchi (1557-1567). Edizione critica, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, II, 3, Città del Vaticano 1998-2000, ad ind.; P. Di Stefano, Descrittione de’ luoghi sacri della città di Napoli, Napoli 1560, p. 137; N. Toppi, De origine omnium tribunalium …, Neapoli 1659, pp. II, 58, 83, 174, 409 ss.; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 2 Napoli 1780, pp. 48-50; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, Napoli 1787, II, pp. 264 s.; N. Morelli di Gregorio - P. Panvini, Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli …, Napoli 1825, X, pp. II, 377; E. Ricca, Istoria de’ feudi del Regno delle Due Sicilie di qua del Faro, intorno alle successioni legali ne’ medesimi dal 15 al 19 secolo, s.l. [ma Napoli] 1859-79, IV, pp. 463, 472; C. Padiglione, La biblioteca del Museo nazionale nella certosa di S. Martino in Napoli ed i suoi manoscritti, Napoli 1876, p. 61; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, I, Città di Castello 1892, pp. 162 s.; E. Cannavale, Lo Studio di Napoli durante il Rinascimento, Napoli 1895, ad ind.; B. Croce, Introduzione, note ed appendici all’Alfabeto cristiano, Bari 1938, pp. 174-178; P. Lopez, Il movimento valdesiano a Napoli: Mario Galeota e le sue vicende col Sant’Uffizio, Napoli 1976, pp. 89, 106-108, 123; G. Coniglio, Il viceregno di don Pietro di Toledo, 1532-1553, Napoli 1984, ad ind.; G. Romeo, Aspettando il boia, condannati a morte, confortatori e inquisitori nella Napoli della Controriforma, Firenze 1993, pp. 108 s., 316 n. 23; M.N. Miletti, Tra equità e dottrina. Il Sacro Regio Consiglio e le «decisiones» di V. de Franchis, Napoli 1995, ad ind.; C. De Frede, Schede per la storia dello Studio di Napoli nei secc. XV-XVI: alcuni giuristi che vi insegnarono, in Napoli nobilissima, XXXVI (1997), pp. 119-134; M.N. Miletti, Stylus iudicandi. Le raccolte di «decisiones» del Regno di Napoli in Età moderna, Napoli 1998, ad indicem.

P. Guizzi