COPPOLA, Giovanni Andrea

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

COPPOLA, Giovanni Andrea

Pina Belli D'Elia

Figlio di Orsino, di nobile famiglia napoletana trapiantata in Puglia fin dal XV secolo, e di Elisabetta Pane, nacque a Gallipoli e fu battezzato il 13 genn. 1597 (A. Foscarini). Si laureò in medicina, presumibilmente a Napoli; da qui il titolo di "doctor phisicus" che sempre accompagna il suo nome negli atti ufficiali e persino nell'unica firma apposta per esteso ad un dipinto, la tela con le Anime del Purgatorio nella cattedrale di Gallipoli.

Nulla di certo si sa invece sulla sua formazione artistica, per la quale dovettero essere determinanti gli anni trascorsi fuori della città natale, dal 1633 al 1637. Gli echi avvertibili nelle sue opere di esperienze emiliane, toscane e romane, non sempre spiegabili attraverso la mediazione napoletana, hanno fatto ipotizzare (D'Elia, 1964; Galante, 1971) una serie di viaggi attraverso l'Italia. Una traccia importante è offerta in tal senso da un dipinto, una grande Pentecoste, un tempo firmata e datata 1636 (E. Ridolfi, Guida di Lucca, Lucca 1899, p. 60), nella chiesa di S. Romano a Lucca, e dalla presenza di un celebre cugino del pittore, talvolta confuso con lui (G. Foscarini), il poeta Giovan Carlo Coppola, vescovo di Muro, alla corte fiorentina dei Medici dal 1635 al 1640. È lecito supporre pertanto che Firenze, assieme a Napoli, Roma e forse Bologna, sia stata una delle tappe fondamentali per la maturazione del giovane pittore, che tuttavia a quell'epoca doveva essere già una personalità artistica ben definita, se a questa fase di attività vanno riferiti (Galante, 1975), oltre alla tela di S. Romano, anche i bozzetti ora agli Uffizi con l'Epifania e l'Assunta, seguiti a brevissima distanza dai deliziosi quadretti con Scene della vita della Vergine e dei ss. Giovanni Battista e Andrea, che contornano la Madonna del Rosario di Gian Domenico Catalano nella cattedrale di Gallipoli.

Nel 1637 il C. tornò nella città natale, da cui non sembra essersi più allontanato, se non forse per brevi soggiorni a Napoli e in altre città dellaTuglia, ipotizzati dalla critica per spiegare i successivi sviluppi dei suo stile. I documenti relativi agli anni Seguenti, quasi tutti ricavati dagli atti del notaio G. Sgura, riguardano per lo più la vita privata e l'attività pubblica (Galante, 1971). Nel 1637 sposò Elisabetta Riccio, dal 1639 al 1640 fu sindaco della città (Roccio, 1640), poi rivestì le cariche di conservatore delle scritture e privilegi della città, di patentato del Regio Castello e di pubblico testimone, oltre a fungere da padrino in numerosi battesimi. Un solo documento, l'instrumentum con cui si impegnava a dipingere il Martirio di s. Agata e un altro quadro (L'Assunzione della Vergine), in cambio del diritto di patronato di una cappella nella cattedrale di Gallipoli (23 genn. 1645: Vernole, 1930, pp. 12-14), riguarda la sua attività di pittore, su cui si e per lo più informati per via indiretta.

Dalla Sacra visita di mons. G. Montoya de Cardona (1660), conservata a Gallipoli (Archivio vescovile, manoscritto senza segnatura, p. 65), si ricava la data di allogazione del quadro con le Anime del Purgatorio per la cattedrale di Gallipoli (1642); da un verbale di riunioni conservato sempre a Gallipoli (Arch. vescovile), un terminus ante quem (1650) per l'esecuzione del Martirio di s. Agata nella stessa chiesa; da un tardo cronista (G. De Simone, Lecce e i suoi monumenti, Lecce 1874, p. 82) si conosce l'anno, 1658, in cui fu trasportato a Lecce il quadro di S. Oronzo, eseguito probabilmente (Galante, 1971) in occasione della peste in quello stesso anno; ancora dalla Sacra visita di monsignor Montoya, infine, la data approssimativa di esecuzione della Incoronazione della Vergine, sempre nella cattedrale gallipolina, rimasta incompiuta per la morte dell'autore. Questa andrebbe fissata, sulla base di un documento non più esistente (A. Foscarini), tra il 22 gennaio e il 1°febbr. 1659.

Entro questo scarno reticolo di date si colloca il resto della produzione pittorica del C., la cui opera più rilevante rimane la serie di teloni per la cattedrale di Gallipoli. A questa impresa, iniziata intorno al 1642 (Anime dei Purgatorio, Epifania, Miracoli di s. Francesco di Paola), ripresa come si è visto negli anni tra il 1645 e il 1650con il Martirio di s. Agata e l'Assunta e protrattasi fino alla morte, vanno aggiunti un S. Giorgio giovanile nella stessa chiesa gallipolina, una Immacolata in S. Angelo a Tricase, quattro piccoli dipinti nella chiesa delle Anime a Gallipoli e, nella cattedrale di Lecce, il più tardo Incontro di s. Giusto e s. Oronzo, dove già accanto al C. si fa luce la personalità del giovane Verrio. Controversa è invece l'attribuzione di una Natura morta siglata "G. C.", in casa Coppola ad Alezio (F. Bologna, Natura in posa..., [catal.], Bergamo 1968, scheda alla tav. 26, legge la sigla "C. C." e ritiene che il quadro possa essere di Carlo Coppola), dove si conserva pure il bozzetto del Martirio di s. Agata.

Nell'unica firma apposta per esteso a un suo dipinto il C. si dichiara dottore, patrizio e solo alla fine "picturae perquam studiosus": una chiave essenziale per la comprensione di questa singolare figura di artista, che a onta della sua ricca produzione rimase pur sempre e innanzi tutto un patrizio, per il quale l'esercizio della pittura poteva rappresentare un diletto, al massimo una attività secondaria, rispetto alla più dignitosa professione di medico. Questa impostazione essenzialmente aristocratica lo condizionò anche nelle scelte, portandolo a inclinare piuttosto verso le correnti accademizzanti della pittura napoletana, facenti capo al Domenichino, a Stanzioni, a Pacecco De Rosa; e quindi a risalire alle fonti stesse di quella pittura, al Lanfranco, ai Carracci, a Guido Reni (si vedano le copie della Maddalena in casa Coppola e della Crocefissione di s. Pietro nella parrocchiale di Alezio).

Una ineliminabile tendenza accademizzante, accanto alla quale è presente, in tutta la sua produzione, l'inclinazione per una nobile oratoria, che conferisce a molte sue opere un carattere precocemente barocco; sia pure di un barocco sovrapposto e spesso confuso col sostrato tardo manieristico della sua più remota formazione, rinvigorito forse a contatto coi più illustri testi dell'ultimo Cinquecento toscano. Solo negli ultimi anni, il più frequente rapporto con le correnti napoletane neovenete e fiammingheggianti e con i pittori operosi in Puglia come il Guarino, il Finoglio, Carlo Rosa e i Fracanzano, lo portò ad attenuare la componente accademica e a potenziare piuttosto quella vena di colorista, che solo nei dipinti di piccole dimensioni aveva avuto sino allora modo di estrinsecare.

Fonti e Bibl.: Gallipoli, Bibl. comunale: A. Roccio, Notizie memorabili... [1640], ms., pp. 236-348; Ibid.: V. Dolce, Famiglie illustri... [1807-1874], ms.; Arch. di Stato di Lecce: L. Maggiulli, Diz. biografico..., s. v.;Lecce, Bibl. provinc., ms. n. 329: A. Foscarini, Artisti salentini (pubbl. in T. Pellegrino, Informazioni arch. e bibl. sul Salento, Lecce 1857, pp. 106-109); L. Riccio, Descrizione storica della città di Gallipoli, a cura di G. Cataldini, Lecce 1977, pp. 60-62; J. H. Riedsel, Reise durch Sicilien und Grossgriechenland, Zürich 1771, pp. 217-219 (vedi L. Carrera, Un viaggiatore tedesco in Puglia, Martina Franca 1913, p. 25); P. Maisen, Gallipoli e i suoi dintorni, Gallipoli 1870, p. 87; C. De Giorgi, in La Provincia di Lecce, I[1882], Galatina 1975, pp. 58 s.; A. D'Elia, La chiesa cattedrale di Gallipoli, Gallipoli 1906, p. 17; C. De Giorgi, La prov. di Lecce, Lecce 1919, pp. 32, 64, 85; G. Foscarini, G. C., Foggia 1930; E. Vernole, G. A. C., Gallipoli 1930; S. Ortolani, in La mostra della pittura napol. dei sec. XVII-XVIII-XIX (catal.), Napoli 1938, p. 74; M. D'Orsi-E. Scarfogho, Mostra retr. artisti salentini (catal.), Lecce 1939, pp. 12-17, 28 s.; V. Liaci, Il pittore G. A. C. e la fisiologia moderna, in Rinascenza salentina, IX (1941), pp. 187-190; G. Paladini, Guida... della città di Lecce, Lecce 1952, pp. 267-270; M. D'Elia, Mostra dell'arte in Puglia (catal.), Roma 1964, pp. 176-180; L. Galante, Due contributi alla storia dell'arte in Puglia, in Ann. dell'Univ. di Lecce, IV (1971), pp. 149-160; Id., G. A. C., F. Fracanzano e altri fatti di pittura in Puglia..., in Annali della Scuola norm. sup. di Pisa, V (1975), pp. 1491-1510; Id., Sintonia e varianti della Pittura salentina nell'incontro con la cultura metropolitana, in Barocco leccese, Milano-Rorna 1979, pp. 272-28; L. Mortari, Appunti sulla pittura, in Ricerche sul Sei-Settecento in Puglia, I (1978-79), pp. 9-13; M. D'Elia, La pitt. barocca, in La Puglia da Barocco a Rococò, Milano 1983, pp. 264-70; Diz. encicl. Bolaffi dei pitt... ital., III, pp. 431 s.

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