ARCIMBOLDI, Giovanni Angelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ARCIMBOLDI, Giovanni Angelo

Giuseppe Alberigo

Nato a Milano il 27 sett. 1485 da Luigi, giurista, e da Beatrice Federici Todeschini, fu l'ultimo dei quattro Arcimboldi che ressero l'archidiocesi di Milano tra il 1484 e il 1555. Compì gli studi giuridici presso lo Studio di Siena conseguendovi, l'11 marzo 1512, il dottorato in utroque iure. Nel 1509, alla morte del fratello Ottaviano, ottenne due benefici ecclesiastici, già appartenuti al defunto. In seguito, secondo il costume del tempo e l'importanza del casato, ebbe via via numerosi altri benefici mediante frequenti scambi, come egli stesso si compiace di ricordare nella sua autobiografia. Tra essi si possono elencare le prepositure di Olate, di Vico, di Arcisate, di S. Pietro in Caravaggio, degli umiliati di Viboldone e l'abbazia degli Angeli di Faenza. La prepositura di Arcisate gli venne attribuita perché esisteva su tale pieve un privilegio concesso, nel 1484, da Gian Galeazzo Maria Sforza alla famiglia Arcimboldi e successivamente più volte confermato, come risulta da documenti esistenti nell'Archivio storico civico di Milano. Terminati gli studi, egli si recò a Roma dove ottenne dal papa Leone X la nomina a referendario, carica che mantenne per tutto il pontificato. Non risulta confermata, né dall'autobiografia né dagli studi più recenti, l'opinione che gli attribuisce un periodo di attività diplomatica al servizio del duca di Milano, Massimiliano Sforza, immediatamente dopo la fine degli studi.

Il 2 dic. 1514 Leone X lo nominò commissario per l'indulgenza per la Fabbrica di S. Pietro (indulgenza bandita da Giulio II per raccogliere fondi per la costruzione della nuova basilica vaticana e confermata da Leone X). Gli fu attribuito il rango di nunzio apostolico con poteri per le provincie ecclesiastiche di Colonia, Salisburgo, Brema, Besangon e Uppsala, eccettuati i territori compresi nei possessi dei marchesi di Brandeburgo. Con la stessa bolla di nomina ottenne un quarto e, rispettivamente, metà delle somme raccolte al di qua e al di là del Baltico per le spese della propria missione. Alla fine del settembre 1515 i suoi poteri vennero estesi anche al vescovado di Meissen, dove, l'anno successivo, egli lasciò proprio subcommissario il domenicano Giovanni Tetzel. Questi passò poco dopo al servizio del principe elettore di Magonza, Alberto del Brandeburgo e in tale qualità iniziò nel 1517 la famosa polemica sulle indulgenze con Martin Lutero.

Nel 1516 passarono all'A. anche i poteri che sino a quel momento aveva avuto il vescovo di Reval, accreditato come legato apostolico presso l'imperatore e i sovrani di Prussia, Livonia e del Nord. La legazione venne confermata per il 1516, 1517 e 1518; nel settembre del 1516 egli ricevette dal papa anche l'incarico di sciogliere le contese relative alla provincia ecclesiastica di Uppsala.

Munito pertanto di ampi poteri, l'A. si recò prima in Danimarca, nel 1516-17, e l'anno successivo in Svezia. Le sue missioni, sia in Germania sia nei paesi nordici, furono oggetto di giudizi molto severi da parte di contemporanei cattolici degni di fede, da Raffaello de' Medici al carmelitano Paolo Eliesen, i quali videro nell'avidità e nei costumi dell'A. e dei suo seguito una delle cause immediate di scandalo e di reazione nella Germania nord-occidentale e nei paesi scandinavi. In questi ultimi l'A. si immischiò infelicemente anche nelle contese tra Cristiano II, re di Danimarca, e il vicario imperiale svedese, Sten Sture, il quale tendeva a rendere definitiva e completa l'indipendenza della Svezia dalla Danirna ca. La condotta poco lineare del nunzio diede motivo alle calunnie che un frate tedesco, già membro del suo seguito, ebbe a propalare accusandolo di aver tramato contro Cristiano II a favore dell'indipendenza svedese, tradendo la fiducia che il sovrano aveva riposto in lui. Il re di Danimarca avanzò gravi accuse contro l'A. presso la stessa Curia romana; nel frattempo gli sequestrò 14.000 ducati, frutto dell'indulgenza che egli recava con sé nel ritorno verso Roma, ne imprigionò il fratello Antonello e lo stesso A. sfuggì a stento alla cattura. Rifugiatosi in Svezia e poi a Lubecca, nell'agosto dei 1519 fu revocato, mentre l'arcivescovo di Lund veniva incaricato, dal papa di svolgere un'inchiesta. Ritornato a Roma nel settembre del 1520, dovette giustificarsi - con successo - dalle accuse rivoltegli da Cristiano II.

Dopo che Francesco II Sforza fu rientrato in possesso del ducato di Milano nel novembre del 1521, l'A. entrò al suo servizio e fu inviato come oratore milanese presso il conclave, durante la vacanza della Sede apostolica successiva alla morte di Leone X. Eletto papa Adriano VI, l'A. andò in Spagna a presentargli le congratulazioni dei milanesi e rientrò in Italia al seguito dello stesso pontefice.

Nel settembre del 1522 acquistò, per 3.500 ducati, un ufficio di protonotario partecipante presso la Curia romana. Nell'ottobre dello stesso anno, lamorte del cardinale Schiner, già amministratore del vescovado di Novara dal 1512 al 1514 durante la privazione del cardinale Federico Sanseverino, diede pretesto al duca di Milano di sostenere la vacanza del vescovado stesso e di chiedeme l'assegnazione all'Arcimboldi. Pretesa infondata perché il cardinale Antonio Del Monte ne era in legittimo possesso dal 1516, in seguito alla morte del Sanseverino.

La controversia che ne seguì sfociò in trattative dirette tra l'A. e il Del Monte, per ottenere la resignazione del vescovado da parte di questo a favore dell'A. stesso. Il contrasto, vertente sui compensi finanziari della cessione, si protrasse sino alla fine del 1525, concludendosi con l'accordo che prevedeva il passaggio della diocesi di Novara all'A., mentre il Del Monte era ricompensato con una pensione di 61oducati e la commenda della prepositura di Viboldone. In concistoro i due cardinali Scaramuzza e A. Trivulzio si opposero risolutamente alla nomina dell'Arcimboldi. Le difficoltà, dovute alle simpatie filosforzesche di quest'ultiino, furono superate dopo qualche tempo. Per motivi ancora ignoti, l'A. non ritenne di dare seguito immediato alla nomina e resignò, con riserva di regresso, a favore di un prevosto di Olgiate Olona, Hermes Stampa.

In seguito alla morte di Hermes Stampa avvenuta pochi mesi dopo, l'A. assunse finalmente il governo della diocesi il 2 marzo 1526. Il 22 dello stesso mese fu consacrato nella chiesa di Santa Prassede dal medesimo cardinale Del Monte. Invece che a Novara, egli risiedette a lungo nell'isola S. Giulio del lago d'Orta, soprattutto in seguito alla situazione di disordine esistente nella zona. Del suo governo non siconoscono particolari; non è difficile dedurne un sostanziale disinteresse, salvo che per la restaurazione del palazzo vescovile e la rivendicazione, nei confrontidell'imperatore Carlo V, di alcuni diritti della Chiesa novarese.

Giulio III lo trasferì il 19 marzo 1550 alla sede arcivescovile di Milano, in seguito alla resignazione dell'amministratore cardinale Ippolito d'Este, il quale si era riservato larga parte dei frutti e la possibilità di intervenire nella collazione dei benefici della diocesi. Il 23 marzo ricevette il pallio e il 10 giugno fece il suo ingresso solenne a Milano.

Poco dopo pubblicò le Ordinationes pro clero et sua dioecesi (13 luglio 1550) contenenti alcuni richiami per la moralizzazione della vita del clero (cfr. il testo integrale in G. A. Sassi, Archiepiscoporum Mediolanensium III, pp. 984-1006) frutto dei consiglio di zelanti ecclesiastici, di cui si era circondato. Chiamò a Milano i frati minori, per i quali il 21 genn. 1552benedisse la prima pietra del convento di S. Angelo. Nel giugno del 1553 compì la visita pastorale del capitolo metropolitano riformandone gli statuti. Si hanno anche tracce di visite compiute personalmente dall'A. o dal suo vicario generale Falcone Caccia di Castiglione a parrocchie dell'archidiocesi. Così pure risulta dagli Annali della Fabbrica del Duomo la frequente partecipazione personale dell'arcivescovo alle sedute della Fabbrica stessa. Nel 1555 fu pubblicato un salterio riformato, la cui iniziativa è stata attribuita allo stesso Arcimboldi (cfr. E. Cattaneo, L'arcivescovo G. A. A. e la sua opera liturgica, in Ambrosius, XVIII [1942], pp. 4-9).

È ricordato anche il fiorire sotto il suo govemo di iniziative caritative, come l'Opera del soccorso alle donne (Bibl. Ambrosiana, ms. F 36 inf, f. 321: lett. di Carlo Borromeo del 17 luglio 1565).

Nel campo della lotta contro i protestanti fu particolarmente attivo, soprattutto dopo la sostituzione nel 1552dell'inquisitore Melchiorre Crivelli, vescovo di Tagaste, col quale aveva avuto vivaci conflitti. Unitamente a Bonaventura Castiglione, prevosto di S. Ambrogio e nuovo inquisitore, pubblicò nel 1554 un editto contro gli eretici, seguito da un elenco di opere di protestanti di cui veniva Proibita la lettura. Il testo dell'editto e dell'indice sono noti attraverso un'opera polemica di P. P. Vergerio (Catalogo del Arcimboldo arcivescovo di Melano, ove egli condanna & diffama per heretici la magior parte de figliuoli de Dio, & membri di Christo, i quali ne loro scritti cercano la riformatione della chiesa Cristiana. Con una risposta fattagli in nome d'una parte di quei valenti uomini.Nello anno 1554). Secondo il Reusch, l'index dell'Adipende da quello del 1553 di Firenze e, attraverso questo, da quello pubblicato a Venezia dal Della Casa.

Un elenco, predisposto dalla Curia romana, contenente i vescovi italiani dei quali sarebbe stata opportuna la partecipazione al concilio di Trento comprende anche l'Arcimboldi. Egli, però, non vi intervenne mai, dando mandato il 3 febbr. 1547 al vescovo di Pesaro, Ludovico Simonetta, di scusare in concilio la sua assenza.

L'autobiografia, che tace su parecchi aspetti della vita dell'A. e soprattutto sull'attività negli episcopati di Novara e Milano, è invece spietatamente indicativa per i tratti della sua personalità morale. L'avidità di onori, ma soprattutto di ricchezze, e la spregiudicatezza assoluta nel maneggio simoniaco delle cariche ecclesiastiche è confessata senza spavalderia né rammarico. Con altrettanta indifferenza lo stesso documento elenca i cinque figli avuti dall'A., sia prima sia dopo l'assunzione all'episcopato: Francesca Maddalena, nata a Roma il 4 ott. 1515; Ursina Maddalena, nata a Roma il 22 luglio 1521; Ottaviano, nato a Roma il 13 luglio 1526; Giovanni, nato all'isola S. Giulio dei lago d'Orta l'8 ott. 1529; Antonello, nato a Confienza il 4 luglio 1531. Quest'elenco completa e sostituisce tutti quelli dati da vari storici tra cui il Mazzuchelli e il Litta, i quali, per pietà o per timore reverenziale, erano incompleti. L'autobiografia non chiarisce neppure i rapporti che l'A. ebbe col cardinale Schiner, vescovo di Sion e grande alleato degli Sforza. Secondo il Maioragi, l'A. gli dovrebbe addirittura la propria presentazione presso la Curia romana. Il biografo dello Schiner (A. Büchi) non fa parola di questo rapporto. Qualche contatto vi fu sicuramente, come testimoniano due lettere del cardinale elvetico dei 1515 e del 1517 in cui si raccomanda l'A. (cfr. Korrispondenzen und Akten zur Geschichte des Kard. M. Schiner, a cura di A. Büchi, Basel 1920-25, I, p. 259; II, p. 208).

L'A. morì il 6 apr. 1555 e venne sepolto nel duomo di Milano dove fu posta una lapide in sua memoria.

Fonti e Bibl.: Milano, Bibl. Ambrosiana, Autobiografia, in cod. X 41 sup., ed. in C. Marcora, Note autobiografiche dell'arciv. G. A. A., in Mem. storiche della diocesi di Milano, I(1954), pp. 153-161; Leonis X PP. MM. Regesta, a cura di J. Hergenröther, Friburgi Br. 1884-91, nn. 9738-40, 13-053, 13.090, 17.556, 17.844; il testo dell'editto, premesso all'indice dei libri proibiti, è pubblicato in C. Cantù, Gli eretici d'Italia, III, Torino 1866, pp. 35-57; l'index è edito in H. Reusch, Die Indices librorum Prohibitorum des XVI. Jahrh., Tübingen 1886, pp. 143-175; sulla missione nei regni del Nord: Diplomatarium Norvegicum, XVII,Christiania 1902-13 e Acta Pontificum Danica, V, København 1913; generalmente, Arch. Stor. Civ. di Milano, Fondo famiglie - 61, Arcimboldi; Fondo Morando 4-5, 4-8, 4-9, 4-11; M. Antonii Maioragii Panegyricus, Ioan. Angelo Arcimboldo dictus. Quo die is Mediolanensis Archiepiscopus creatus est, Mediolani 1550. Notizie biografiche in: C. Bescapè, Novaria sacra, Novariae 1612, pp. 564-570 (cfr. anche l'ed. ital. La Novara sacra, a cura di G. Ravizza, Novara 1878, pp. 420-423); F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, Coll. 723, 724; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I ,2, Mediolani 1745, pp. 80-82; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 962, 964; G. A. Sassi, Archiepiscoporum Mediolan. series, III, Mediolani 1755, pp. 980-1008; Annali della Fabbrica del duomo, III - IV, Milano 1880-81, passim;V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano,I,Milano 1889, pp. 22, 30; Concilium Tridentinum, V, ed. Soc. Goerresiana, Friburgi Br. 1911, pp. 529, 1047; X, ibid. 1916, p. 11 n. 6; C. Eubel, Hierarchia catholica..., 3 ediz., III, Patavii 1960, pp. 240, 260; L. v. Pastor. Storia dei Papi, IV, 1, Roma 1926, pp. 212-213, 226; VI, ibid. 1927, pp . 570-571, 616-617; E. Cazzani, Vescovi e arcivescovi di Milano, Milano 1955, pp. 239-241; G. Alberigo, I vescovi italiani al Concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, p. 95; C. Marcora, La Chiesa milanese nel decennio 1550-1560,  in Mem. stor. d. diocesi di Milano, VII (1960), pp. 305-331. Sulla missione per la Fabbrica di S. Pietro: B. Zimmermann, De J. A. Arcimboldo, Upsalae 1761; C. F. Allen, De tre nordiske Rigers Historie, II-III,København 1865-67; F. Münter, Kirchengeschichte v. Dänemark u. Norwege, III, Leipzig 1833, pp. 9-18; L. A. Anjou, Svenska Kyrkoreformationens Hist., I, Uppsala 1850; J. Weidling, Schwedische Geschichte im Zeitalter der Reformation, Gotha 1882; P. Balan, Monum. Reform. Luther.(1521-25), Ratisbonae 1883, p. 52; R. Hamann, Ein Ablassbrief G. A. Arcimboldi aus dem Jahre 1516, Hamburg 1884; A. Schulte, Die Fugger in Rom,Leipzig 19o4, I,pp. 63 ss.; II. pp. 157-161; N. Paulus, J. Tetzel, der Ablassprediger, Mainz 1899, pp. 28-29; P. Fredericq, La question des indulgences dans les Pays-Bas au commencement du XVI siècle, in Bulletin de l'Acad. Royale de Belgique, XXXVI, 2 (1899), pp. 27-57; Id., Les comptes des indulgences en 1488 et en 1517 à 1519 dans le diocèse d'Utrecht, in Mémoires couronnés... par l'Acad. royale de Belgique, LIX (1899-1900); J. Martin, Gustave Vasa et la réforme en Suède, Paris 1906, pp. 64-80, 493 s.; H. F. Roerdam, Arcimbolds Afladsbrev for Christian II (10.III.1517), in Kirkehistoriske Samlinger, V, 6 (1911-13), pp. 393-398; N. Paulus, Geschichte des Ablasses im Mittelalter, III, Paderborn 1923, pp. 174 ss.; R. R. Post, Kerkelyke Verhondingen in Nederland voor de Reformatie von 1500 tot 1580, Utrecht 1954, pp. 476-478. Su alcuni aspetti dell'attività a Milano: H. Reinhardt-F. Steffens, Die Nuntiatur von G. F. Bonhomini 1579-1581, Einleitung, Solothurn 1910, pp. 206-211; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien un: die Mitte des XVI. Jahrh., Paderborn 1910, pp. 213 s.; A. Ciceri, Le visite Pastorali in Duomo (regesto), in Mem. stor. d. diocesi di Milano, I(1954), pp. 110, 117, 125; C. Marcora, Fonti per la storia della pieve di Missaglia, Milano s. d., pp. 32, 37; Id., Fonti per la storia delle pievi di Besozzo (Brebbia), Leggiuno, Angera, Arcisate,in Rivista d. Soc. storica varesina, V (1956), p. 87. Sull'indice dei libri probiti: Annotationes in Catalogum Hereticorum, Venetiis impressum... Autore Athanasio [P. P. Vergerio], ... MDLVI, c. A2v; I. G. T. Graesse, Trésor des livres rares..., II, Dresde 1858, p. 183; J. Ch. Brunet, Manuel du libraire, I, Paris 1860, p. 287; H. Reusch, Der Index der verbotenen Búcher, I, Bonn 1883, pp. 215-217; F. Hubert, Vergerio's publizistische Thätigkeit nebst einer bibliographischen Uebersicht, Göttingen 1893, pp. 144, 258, 293 s.

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