TAGLIENTE, Giovanni Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

TAGLIENTE, Giovanni Antonio

Luca Rivali

Non è nota la data di nascita, che si può presumibilmente collocare negli anni Sessanta del Quattrocento, forse intorno al 1465. Non si conosce il luogo esatto di origine, ma un documento del 1491 parla di Tagliente come «civis originarius» di Venezia.

Dal medesimo documento, si apprende che, a quella data, aveva già percorso ampie zone d’Italia insegnando «ogni varietà de litere» e, in particolare, egli dichiarava la propria competenza nella scrittura «sì antiqua, cancellaresca, mercadantesca, che moderna overo bastarda». A Venezia trascorse il resto della propria vita, insieme alla famiglia, di cui si conosce solo il nome di un figlio, Pietro. Il documento del 1491, risalente all’inizio dell’estate, è una petizione rivolta dal Tagliente al doge Agostino Barbarigo, nella quale si offriva di «insegnare et amaistrare el scrivere cancellaresco con le sue rason a tuti li zoveni dedicati ala cancellaria», ovvero la scuola annessa a quest’ultima, stabilita fin dal 1443. Fu lo stesso doge a portare la supplica al Consiglio dei Dieci, accompagnandola con un parere favorevole e con la proposta di un salario di cinquanta ducati annui. Il 30 luglio 1491 la richiesta fu respinta, con il pretesto di un salario ritenuto eccessivo. Le cose cambiarono l’anno seguente: il 19 settembre 1492, infatti, Tagliente ottenne di entrare come insegnante nella cancelleria dogale, ma a titolo gratuito. Per il suo sostentamento, il Consiglio dei dieci gli assegnò, sostanzialmente come sinecura, il posto di sensale al Fondaco dei Tedeschi, a cui contestualmente rinunciò, in favore del nipote, Priamo del Biondo, uno zio materno di Tagliente.

Il legame con il Fondaco e con gli ambienti mercantili veneziani permane in Tagliente sia nella concezione della scrittura mercantesca, di cui fornisce una definizione di sapore sociologico («Li merchatanti et artefici per tenire li loro chonti, per schrivere le sue partide del dare et del havere ne li soi libri, observano di schrivere le lettere merchantile», Ogg, 1953, tav. 78), sia nella produzione di fortunati manuali di ragioneria. Nel febbraio 1515, infatti, insieme a un parente, Girolamo Tagliente, pubblicò un manuale per il commercio, il Libro de abaco che insegnia a fare raxone marcadantile (Edit16, CNCE 67544, esemplare unico alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia), che ebbe grande fortuna, con poco meno di trenta edizioni nel corso del Cinquecento, alcune recanti titoli diversi quali Tesauro universale e Componimento di arithmetica.

La carriera di Tagliente si sviluppa sostanzialmente in parallelo a quella dell’altro grande calligrafo del Cinquecento Ludovico degli Arrighi detto Vicentino, il cui percorso si sviluppa però a Roma, dove lavorò presso la Cancelleria papale e dove probabilmente perse la vita nel sacco del maggio 1527. Come il Vicentino, anche Tagliente fu autore, ma solo a partire dagli anni Venti del Cinquecento, di veri e propri manuali di calligrafia, pubblicati, probabilmente, al fine di ottenere dalla stampa un guadagno che integrasse quello dell’insegnamento. A causa della loro complessità, i libri di calligrafia, che dovevano mostrare i disegni delle singole lettere e delle legature tra di esse, sono incompatibili con la tipografia e dunque sono realizzati come volumi silografici. Mentre il Vicentino a Roma, per ovviare a tali difficoltà, aprì una propria tipografia che pubblicò anche veri e propri libri tipografici, collaborando anche con l’incisore udinese Eustachio Celebrino (poi collaboratore occasionale anche di Tagliente) e Lautizio di Bartolomeo dei Rotelli (detto Lautizio Perugino), Tagliente non sembra abbia seguito la stessa strada, anche se probabilmente a lui si devono i disegni delle matrici impresse. Molte delle edizioni delle opere di Tagliente, in realtà, non recano il nome dello stampatore e si può ipotizzare che fosse egli stesso a finanziarle, provvedendo alla distribuzione degli esemplari soprattutto tra gli allievi. Si nota, tuttavia, che le edizioni delle sue opere uscite vivente l’autore sono di frequente sottoscritte da Giovanni Antonio Nicolini e fratelli da Sabbio.

Il 15 novembre 1524, Tagliente chiese un privilegio di dieci anni per la pubblicazione di quattro opere: un libro che insegna a «metter in stampa ogni qualità di lettere»; un Libro Maiestrevole che insegna a leggere; un Componimento di parlamenti e un Luminario di aritmetica. In questa occasione si dichiara «fidelissimo citadin vostro et provisionato di Vostra Serenità, già anni XXXII, per insegnar a scriver alli gioveni de la Cancelleria» (Fulin, 1882, p. 204). Nell’occasione Tagliente sottolineò l’urgenza del privilegio perché «havendo io considerato hormai la vita mia per la decrepità de li anni esser breve». Il privilegio fu concesso, come testimoniano anche i Diarii di Marino Sanuto.

La prima edizione de Lo presente libro insegna la vera arte delo excellente scrivere de diverse varie sorti de litere le quali se fano per geometrica ragione uscì già nel 1524 con il privilegio esibito al frontespizio e la dedica a Girolamo Dedo, segretario della Repubblica di Venezia, ma senza indicazione di luogo e di stampatore (Edit16, CNCE 67576). In realtà, il frontespizio silografico, oltre a specificare che si trattava di «Opera del Tagliente novamente composta», prevedeva nel bas de page uno spazio per inserire caratteri tipografici con l’anno di edizione. Si contemplavano già, dunque, successive ristampe: l’opera ebbe, in effetti, grande fortuna, tanto da potersi contare almeno trentacinque edizioni lungo il XVI secolo, ognuna con parti ricomposte, ma con il medesimo impianto e, talvolta, le medesime tavole incise.

Oltre alla più tradizionale scrittura cancelleresca, l’autore proponeva una serie di altre scritture d’uso a lui contemporanee, tra cui spiccano alcune derivazioni dalla gotica. In secondo luogo, egli esplicita il suo pubblico di riferimento, definito in un ceto colto di giovani orientati all’impiego pubblico nelle cancellerie o al mestiere di segretario privato, ovvero persone che dovevano padroneggiare una scrittura veloce e professionalmente formalizzata di epistole e documenti ufficiali. La terza novità riguarda l’inserimento di alfabeti “curiosi”, probabilmente non destinati a un uso reale, ma parti di un gioco erudito che già figuravano in alcuni celebri libri del rinascimento italiano, primo fra tutti, l’aldina Hypnerotomachia Poliphili.

Anche il Libro Maiestrevole fu pubblicato a Venezia, senza indicazione di stampatore, nel 1524 (manca in Edit16). Qui l’autore prometteva di aiutare chiunque sapesse già leggere a insegnare la stessa abilità a un figlio o anche a un altro adulto. Sconsigliava, tuttavia, di insegnare a leggere alle femmine, poiché la lettura, se non rivolta allo studio delle vite dei santi, rischiava di indurle a una vita immorale. Si tratta di un manuale che riprendeva, innovandoli, metodi e tecniche tradizionali come quelle del cosiddetto Babuino. Tagliente però aveva un orizzonte popolare, che nulla aveva a che vedere con la fissazione che il volgare italiano avrebbe avuto a partire dall’anno seguente con l’uscita delle Prose della volgar lingua di Pietro Bembo. Si tratta di due mondi completamente separati e che sembra non si incontrino mai, come è evidente anche dall’elaborazione del corsivo aldino che nulla ha a che vedere con l’insegnamento grafico di Tagliente e la fissazione di modelli di corsivo cancelleresco.

Frutto dell’esperienza di Tagliente presso la Cancelleria dogale è invece il terzo titolo del privilegio, un manuale di lettere, di cui la prima edizione sembrerebbe collocarsi nel 1531 (Componimento di parlamenti. Libro utile et commodissimo in lingua tosca, il qual apertamente, et con facilita insegna ogni qualità di persone a dittar lettre di varia et diversa materia, Venezia, Giovanni Antonio e fratelli da Sabbio, 1531, Edit16, CNCE 76865, esemplare unico alla Biblioteca Braidense di Milano), ma non è da escludere ce ne siano di precedenti. Se ne contano almeno undici edizioni, oltre a quella citata, lungo il XVI secolo.

Con Luminario di aritmetica si intendono due oggi rarissimi librettini, composti da Tagliente insieme ad Alvise Fontana, databili al 1525, anche questi usciti senza dati editoriali (Edit16, CNCE 67423, in esemplare unico alla Fondazione Cini di Venezia, e 47961). Si tratta di due contributi importanti per la storia della ragioneria.

Tagliente fu anche autore di apprezzati disegni per libri di modelli di ricamo. Per questi riprese disegni già apparsi in alcuni modellari tedeschi, ma inserendo anche nuove figurazioni di stile moresco, già impiegate in molti ambiti decorativi e artistici. Il suo Essempio di recammi, considerato il primo libro italiano di modelli, fu pubblicato a Venezia, da Giovanni Antonio Nicolini e fratelli da Sabbio, nel 1527 (Edit16, CNCE 66104), con le incisioni del misterioso Piron da Carpi.

Non è nota la data della morte di Tagliente, che in assenza di notizie biografiche posteriori, è da collocare tra il 1527 e il 1530.

Fonti e bibliografia

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