LAURI, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LAURI, Giovanni Battista

Renato Sansa

Nacque a Segni, presso Roma, l'8 marzo 1630 da Ottaviano (Ottavio) e da Margherita Cagni di Palestrina. La famiglia apparteneva al patriziato di Segni; un avo del L., Ambrogio Lauro, fu nominato governatore di Tivoli nel 1591. Addottoratosi in utroque iure, dopo avere esercitato "lodevolmente" l'avvocatura in Roma, alla metà degli anni Sessanta del Seicento ricoprì la carica di uditore presso il principe Andrea Giustiniani, sposato con una discendente di Innocenzo X, Maria Pamphili. Secondo la memoria scritta dall'abate Michele Giustiniani, il L. si portava "con accuratezza, e con valore tale, che ragionevolmente si può congetturare ogni maggiore riuscita" (Giustiniani, p. 186).

L'opportunità per mostrare le sue qualità gli fu data dal conferimento della carica di uditore presso la nunziatura di Parigi. Il suo arrivo nella capitale francese è da collocarsi presumibilmente tra il 1675 e il 1676, perché nel 1682 scriveva di essere in quella città da sette anni.

In Francia la carica di uditore di nunziatura aveva un valore secondario, dati i limiti della giurisdizione del nunzio, ma per la sua importanza strategica la nunziatura di Parigi era considerata un banco di prova tra i più importanti e difficili, e il ruolo svolto dal L. fu tutt'altro che marginale. Grazie alla sua avvedutezza e cortesia, egli fu in grado di raccogliere informazioni riservate da fonti ufficiali e soprattutto attraverso canali preferenziali. Il giudizio sulla qualità delle informative trasmesse a Roma ad Alderano Cibo, ad Agostino Favoriti e infine a Lorenzo Casoni, è controverso: a volte si rimproverava al L. approssimazione o addirittura una certa faciloneria nel prospettare possibili soluzioni di problemi complessi. La valutazione sul suo operato risente, quindi, delle opinioni che si erano allora formate presso i fautori o gli avversari della sua iniziativa politica.

Tra i protettori del L. va annoverata Françoise d'Aubigné marchesa di Maintenon, dalla quale probabilmente riceveva importanti notizie e per la quale, più o meno consapevolmente, serviva da tramite per impetrare e ottenere riconoscimenti alla sua delicata posizione al fianco del re. Fonte di numerosi problemi furono i suoi non pochi oppositori a corte, tra i quali Charles Colbert marchese di Croissy, che nel 1679 sostituì il segretario agli affari esteri Simon Arnauld de Pomponne, fino ad allora protettore del Lauri. Il Croissy osteggiò in vari modi l'azione diplomatica del L. e soprattutto la sua attività di informatore al servizio di Roma. Lo stesso Luigi XIV dimostrava di mal sopportarlo, e giunse, nel gennaio 1681, a formulare l'intenzione di chiedere al papa il suo ritiro, richiesta mai divenuta ufficiale. Forse il suo nemico più acerrimo fu l'abate Atto Melani, addetto all'ambasciata toscana in Francia, il quale, fornendo del L. un ritratto fortemente denigratorio, sebbene non fondato, ha contribuito a tramandarne un'immagine fortemente negativa: era definito "ni prélat, ni abbé, ni gentilhomme. Il est né sujet du duc Sforce, fils d'un simple habitant du village de Segni. Jamais on ne lui a voulu donner aucun titre à Rome, non pas même celui d'abbé in partibus" (Michaud, II, p. 374).

In seguito alla morte del nunzio Pompeo Varese (novembre 1678) il L. assunse di fatto la conduzione dell'ufficio di rappresentanza presso la corte di Francia. Tale circostanza derivò dallo scandalo destato presso le autorità romane dalle esequie del nunzio, la cui celebrazione non seguì la procedura prevista dal diritto canonico. Con un'azione di forza si impose lo svolgimento dei funerali presso la chiesa di Saint Sulpice, dalla quale la dimora del nunzio dipendeva territorialmente. A nulla valse la ferma opposizione manifestata dal L., perché l'arcivescovo di Parigi, François de Harlay, rimase saldo sulle sue posizioni. In risposta a tale offesa, che sottintendeva l'equiparazione della legazione pontificia a una qualsiasi altra ambasciata, il papa rifiutò di nominare un nuovo nunzio, e lasciò la responsabilità della sede al Lauri. Ne seguirono difficoltà che coinvolsero il L.: a corte non gli fu concesso alcun riconoscimento ufficiale e la situazione peggiorò con l'arrivo del marchese di Croissy. Furono allora ripetute le richieste del L. a Roma per ottenere un accreditamento ufficiale che gli permettesse "il trattamento della mano", ovvero la possibilità di negoziare direttamente gli affari che intercorrevano tra il Regno di Francia e la S. Sede. Finalmente l'8 maggio 1680 furono inviati dalla Segreteria di Stato due brevi nella forma che egli aveva domandato. Nei brevi non si faceva espressamente menzione alla carica di internunzio, che date le circostanze sarebbe risultata inusuale, ma si specificava che la formula "donec aliquem cum Apostolici Nuntii mittamus" aveva il medesimo significato (De Bojani, III, p. 116). Sebbene la natura della carica di internunzio sia controversa, Angelo M. Ranuzzi lo definisce nella sua corrispondenza privata più volte come tale ("il Signor Abbate Lauri huomo di garbo che qui ha servito d'Internuntio dopo la morte de Varese") e fornisce inoltre particolari relativi alla sua remunerazione: "il suddetto Abbate Lauri ch'è stato tenuto qui sin hora con titolo d'Internuntio e provisione di 75 doppie di Spagna" (Ranuzzi, 8 apr. 1686, p. 230).

Nonostante il presunto carattere frivolo del L., che lo avrebbe spinto a raccogliere chiacchiere a volte infondate, a lui sono attribuite alcune memorie con dettagliate e puntuali analisi delle questioni al centro dei contrasti tra Roma e Parigi. Tra gli altri va menzionato il resoconto dell'esperienza maturata durante la permanenza in territorio francese, noto come Memoria per le cose di Francia, compilato dopo il suo ritorno a Roma nel luglio del 1686 (Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Francia, 334, cc. 464-467r, 8 luglio 1686), seguito nell'autunno del 1688 dalle Riflessioni d'uno che ama la verità sopra la lettera che va pubblicando il sig. cardinale d'Estrées, testo relativo alla diatriba che aveva coinvolto il Papato sopra l'interdetto sulla chiesa di S. Luigi de' Francesi e la scomunica di Henri Beaumanoir marchese di Lavardin, ambasciatore del re di Francia a Roma. Le sue posizioni su delicate questioni come la "régale", la dichiarazione dei quattro articoli dell'assemblea del clero francese e più in generale sui contrasti tra la Chiesa cattolica e il re di Francia, erano informate a un solido realismo, che lo portò spesso a consigliare ai suoi referenti romani prudenza e propensione all'accordo, anche a costo di alcune concessioni. A tale fine non si esimeva dal mettere in luce tutte le possibili smagliature nel fronte dei vescovi francesi.

Le parole del Casoni indirizzate al Ranuzzi al termine del mandato del L. chiariscono ulteriormente la portata della sua opera e il vero significato delle critiche avanzate. Dopo aver chiesto al nunzio informazioni sul suo comportamento durante la permanenza a Parigi, le autorità romane giungevano alla conclusione di doversi considerare "per merito quello che costì gli vorrebbero attribuir per demerito mentre egli, avvisando fedelmente tutto ciò che andava succedendo, ha soddisfatto alle parti di buono et attento ministro ne le sue insinuazioni" (Correspondance du nonce en France…, II, da Casoni a Ranuzzi, 11 marzo 1687, p. 50). Il ritratto fornito dal Ranuzzi al Casoni era stato nel complesso positivo: "il signor Abbate Lauri, dopo ch'io sono in questo carico, m'è parso che si sia portato sempre bene e trattato onorevolmente, con famiglia composta di buone persone, e non ho mai inteso dire di lui cosa alcuna contraria a i buoni costumi e alla vita che deve tenere un huomo impiegato nel carico ch'egli aveva; anzi da Pasqua dell'anno passato, ch'egli prese gli Ordini Sacri, ha celebrato quasi ogni giorno la messa nella chiesa de' teatini. Ha però qui lasciato buon nome e di ministro zelante e applicato al servizio di Nostro Signore, havend'inteso incolparlo solo perché caricasse troppo le informazioni e gli avvisi che dava costì, il che può esser che sia per sospetto, o sia detto per discarico di qualch'uno che si conosca colpevole nelle passate emergenze" (Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Francia, 317.H-I, c. 755, 27 maggio 1686).

La validità del L. per lo svolgimento degli affari presso la sede diplomatica parigina era ribadita dal nunzio Ranuzzi, il quale ebbe modo di considerare come il suo richiamo gli avrebbe "raddoppia[to] la fatica, perché lui si pigliava la cura d'esplorare tutto quello ch'usciva fuori alla giornata di strada e che si faceva alla Sorbona, e altre cose simili con applicatione e fatica" (Ranuzzi, 8 apr. 1686, p. 230), anche se in altre occasioni lo stesso ebbe a lamentarsi della presenza del L., forse per il fatto che la sua intraprendenza gli faceva ombra. Prima della sua partenza da Parigi, avvenuta il 25 apr. 1686, fu accolto a corte, dove ricevette gli onori del re e del suo ministro Colbert de Croissy, insieme col tradizionale regalo della catena con medaglia d'oro. In realtà la corte si era mossa a tale concessione solo grazie alle insistenze del Ranuzzi. Il richiamo a Roma era stato accompagnato dal conferimento della carica di governatore di San Severino. Pare che tale destinazione non fosse gradita al L., forse per il mediocre appannaggio, 300 scudi, forse per l'inevitabile ridimensionamento rispetto agli incarichi precedentemente ricoperti.

Il L. morì nel 1689. Era rimasto in carica fino alla morte, come si evince da un documento della congregazione dell'Immunità ecclesiastica, intervenuta per dirimere una questione relativa alla gestione delle carte che il L. aveva lasciato.

Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Congregazione dell'Immunità ecclesiastica, Libri litterarum, vol. 21, c. 271r (18 nov. 1689); M. Giustiniani, De' vescovi e de' governatori di Tivoli libri due, Roma 1665, pp. 185 s.; E. Michaud, Louis XIV et Innocent XI d'après les correspondances diplomatiques inédites du ministère des Affaires étrangères de France, I-IV, Paris 1882-83, ad indices; F. De Bojani, Innocent XI. Sa correspondance avec ses nonces, I, 1676-1679, Rome 1910; III, 1680-1684, ibid. 1912, ad indices; Correspondance du nonce en France Angelo Ranuzzi (1683-1689), I-II, a cura di B. Neveu, Rome 1973, ad indices; A.M. Ranuzzi, Lettere da Parigi a Domenico Federici (1683-1687), a cura di F.M. Cecchini, Roma 1988, ad ind.; L. Karttunen, Les nonciatures apostoliques permanentes de 1650 à 1800, Genève 1912, pp. 40, 55; M. Dubruel, À propos des obsèques du nonce Varese (1678), in Bulletin de littérature ecclésiastique, XXVII (1926), pp. 63-73; M. Dubruel, En plein conflit. La nonciature de France, la secrétairerie d'état du Vatican, les Congrégations des affaires de France pendant la querelle de la régale (1674-1694). Études des archives romaines, Paris 1927, ad ind.; M. Langlois, Madame de Maintenon et le Saint-Siège, in Revue d'histoire ecclésiastique, XXV (1929), pp. 33-72; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, XIV, 2, Roma 1932, ad ind.; J. Orcibal, Louis XIV contre Innocent XI, Paris 1949, p. 98 e passim; A. Latreille, Les nonces apostoliques en France et l'Église gallicane sous Innocent XI, in Revue d'histoire de l'Église de France, XLI (1955), pp. 211-234; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, Roma 1994, p. 732; P. Blet, Les nonces du pape à la cour de Louis XIV, Paris 2002, pp. 134-142.

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