MORGAGNI, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MORGAGNI, Giovanni Battista

Giuseppe Ongaro

MORGAGNI, Giovanni Battista (Giambattista). ‒ Nacque a Forlì il 25 febbraio 1682 da Fabrizio e da Maria Tornielli.

Dopo aver compiuto i primi studi nella città natale alla fine di ottobre del 1698, appena sedicenne, si trasferì a Bologna, dove il 18 novembre di quell’anno si immatricolò nell’Università.

Nel 1696, a 14 anni, nell’Accademia dei Filergiti di Forlì aveva difeso «pubblicamente la filosofia peripatetica» (Opera postuma, I, p. 3), ma a Bologna ben presto si inserì nella tradizione galileiana e malpighiana. I suoi principali insegnanti in medicina furono Giacomo Sandri, Ippolito Francesco Albertini e Antonio Maria Valsalva, già allievi di Marcello Malpighi, che lo avviarono ai metodi del maestro e alla medicina razionale, mentre per la matematica seguì assiduamente l’insegnamento privato di Geminiano Rondelli. Si legò soprattutto a Valsalva, al quale non sfuggirono l’interesse e la determinazione dimostrati dal giovane allievo e che verso la fine del 1699 lo scelse come aiutante nelle dimostrazioni anatomiche.

Tra i continuatori di Malpighi, Valsalva si distingueva per la passione sperimentale e a lui Morgagni restò indissolubilmente legato nella sua attività di studio e di ricerca. Senza l’intervento di Morgagni, che dopo la morte di Valsalva esaminò a fondo le carte da lui lasciate, la maggior parte delle sue osservazioni anatomiche sarebbero rimaste ignorate: Morgagni invece dedicò agli scritti di Valsalva le Epistolae anatomicae duodeviginti (Venezia 1740) e curò l’edizione delle sue opere, a cui premise la biografia del maestro (ibid. 1741).

Fin dalla prima anatomia pubblica a cui assistette, tenuta da Sandri, Morgagni cominciò a registrare giornalmente in un apposito diario medico-scientifico «quanto d’interessante gli veniva di leggere, di udire o di osservare di persona» (Opera postuma, I, p. 8): un metodo di studio e di lavoro cui si mantenne fedele per tutta la vita e che gli consentì di raccogliere e classificare nel suo diario, dal 1699 al 1767, osservazioni cliniche e anatomiche, riscontri autoptici, relazioni di colloqui e di discussioni, riassunti critici di letture con aggiornamenti, confronti e integrazioni anche a distanza di anni. Dopo aver conseguito la laurea in filosofia e medicina il 16 luglio 1701, Morgagni frequentò assiduamente i tre ospedali bolognesi, dedicandosi in particolare alle sezioni cadaveriche e raccogliendo un’ampia esperienza medica e anatomica. Con Valsalva collaborò strettamente non soltanto nelle dimostrazioni che accompagnarono le anatomie pubbliche dal 1700 al 1705, ma anche nella preparazione e nell’edizione del trattato De aure humana (1704).

Ammesso all’Accademia degli Inquieti nel 1699, ne divenne ‘principe’ nel 1704, impegnandosi decisamente nella riforma in senso sperimentale e moderno di quell’Accademia, poi incorporata nell’Istituto delle Scienze fondato da Luigi Ferdinando Marsili nel 1714. Nel 1699 presentò la sua prima esercitazione pubblica, De quibusdam, quae videmus oculis clausis, et de quibusdam, quae audimus auribus obturatis, nella quale già dimostra un orientamento metodologico sperimentale ben definito. La parte più interessante e più sviluppata di essa riguarda i fosfeni, sui quali in seguito approfondì le indagini proponendo l’uso della compressione dei bulbi oculari per stabilire lo stato della retina, particolarmente nel caso di opacità dei mezzi diottrici. Tra il 1702 e il 1703 presentò nell’Accademia il dialogo Aspinus, nel quale sostiene il preformismo ovista. L’11 dicembre 1704, il 12 marzo e il 30 aprile 1705 riferì sugli aspetti ‘fisicomedici’ del De aure humana di Valsalva; tra il 1705 e il 1706 comunicò alcune sue osservazioni anatomiche originali riguardanti soprattutto il muscolo glossofaringeo e le ghiandole sebacee delle palpebre, delle ali del naso e delle piccole labbra, che per la maggior parte sono un’anticipazione di quanto nel 1706 avrebbe pubblicato negli Adversaria anatomica prima.

Quando nel 1704 l’autorevole Giovanni Girolamo Sbaraglia, il principale esponente della medicina empirica, che aveva sollevato clamorose polemiche contro Malpighi e i sostenitori della medicina razionale, pubblicò una violenta confutazione del pensiero malpighiano (Oculorum et mentis vigiliae ad distinguendum studium anatomicum et ad praxin medicam dirigendam, Bononiae 1704), Morgagni intervenne sotto i nomi fittizi di Luca Terranova e di orazio de Floriani con due Epistolae, che sono un’appassionata difesa della figura morale e intellettuale di Malpighi, dell’anatomia minuta, o «sottile», e dell’importanza che essa può rivestire per la medicina pratica. Tramite Albertini, il manoscritto fu inviato ad Antonio Pacchioni e a Giovanni Maria Lancisi e a Roma fu sollecitamente stampato nel 1705 per i tipi di Giovanni Francesco Buagni.

L’ambiente bolognese divenne pesantemente ostile per Morgagni, sospettato di essere l’autore delle Epistolae antisbaragliane, ma soprattutto in seguito all’anatomia pubblica del 1706 da lui tenuta in sostituzione di Valsalva, chiamato a Parma, ravvisandosi in ciò un piano architettato a bella posta affinché egli subentrasse a Valsalva qualora questi si fosse trasferito altrove. Fatto oggetto di violenti attacchi e di minacce, temette seriamente per la propria incolumità, tanto da decidere di far testamento il 27 dicembre 1705. La polemica non si placò dopo la sua partenza da Bologna per Venezia nel 1707: anche lì non si sentiva sicuro, dato che Sbaraglia prometteva un lauto compenso per chi fosse riuscito a smascherare il vero autore delle Epistolae. D’altra parte, a Venezia fu tentato di rientrare nella mischia in seguito alla pubblicazione dell’anonimo volumetto De moralibus criticae regulis compendiosa monita, che difendeva Sbaraglia: per dare un’adeguata risposta, nell’estate del 1707 scrisse una Dissertatio critico-moralis che circolò manoscritta nell’ambiente veneziano e padovano, della quale Apostolo Zeno diede un ampio ed elogiativo riassunto nel Giornale de’ letterati d’Italia (IV, 1710, pp. 282-288).

La prima idea degli Adversaria anatomica risale alla Quaresima del 1706, quando Morgagni decise di raccogliere in un volume le osservazioni anatomiche fino ad allora compiute. L’opera fu completata nell’autunno successivo e pubblicata a Bologna prima del Natale del 1706, assicurando a Morgagni, appena ventiquattrenne, fama internazionale come anatomista.

Mettendo a frutto l’insegnamento di Malpighi e di Valsalva, Morgagni aveva concepito il grandioso progetto di un’opera «delle diagnosi fondate nelle anatomie de’ cadaveri morbosi », come scrisse a Eraclito Manfredi da Padova il 5 maggio 1707. All’Accademia degli Inquieti l’11 dicembre 1704 egli aveva dato il primo annuncio di aver già posto mano a un’opera «circa Sepulchretum Anatomicum», riferendosi al primo grande tentativo di raccolta sistematica di storie anatomico-mediche compiuto da Theophile Bonet nel 1679. Un progetto confermato anche negli Adversaria anatomica prima (§ 30, p. 35), delineando così il programma che seguirà per tutta la vita e che troverà attuazione nel 1761 con la pubblicazione del De sedibus.

Poiché l’intenzione di dedicare gli Adversaria anatomica all’Accademia degli Inquieti fu accolta dagli accademici con evidente freddezza, Morgagni, molto contrariato, in ottobre ne lesse soltanto una parte, abbandonando poi sdegnosamente la seduta. Ma l’amarezza maggiore gli venne dall’atteggiamento di Valsalva, che, incaricato di leggere l’opera, dichiarò che, nonostante la sua stima per l’autore, avrebbe potuto dare la sua approvazione soltanto dopo aver ripetuto e verificato ogni osservazione. Morgagni si rese conto dell’impossibilità di coronare gli anni di preparazione e di studio con una cattedra a Bologna; se ne rese conto anche Valsalva che, di ritorno da Parma, gli propose di trasferirsi a Venezia. È molto probabile che su questo suo trasferimento, come pure sulla prospettiva di ottenere una cattedra nello Studio di Padova, abbia influito il parere di Domenico Guglielmini, già allievo di Malpighi e autorevole rappresentante della nuova scienza e della medicina razionale in particolare, che Morgagni aveva potuto conoscere personalmente nell’estate del 1706 e che pochi mesi più tardi aveva presenziato a una sua relazione all’Accademia.

Nel 1698 Guglielmini era stato chiamato a Padova a occupare la cattedra di matematica, ma nel 1702 era stato trasferito al primo luogo di medicina teorica ordinaria, nel quale aveva inaugurato il suo nuovo insegnamento con una prolusione dall’espressivo titolo Pro theoria medica adversus empiricam sectam. In seguito, nonostante la differenza d’età, si stabilì una stretta amicizia tra Morgagni e Guglielmini, «il quale a lui confidava le sue ingegnose fisico-matematiche meditazioni» (Opera postuma, I, pp. 96, 116): di questi legami sono significative testimonianze la biografia precisa e affettuosa che Morgagni gli dedicò e l’edizione da lui curata degli Opera omnia (1719) di Guglielmini. Un trattamento, questo, che accomuna Guglielmini con Valsalva e conferma quanto grande fosse il debito che egli sentiva nei loro riguardi.

Morgagni si trasferì dunque a Venezia con la segreta speranza di ottenere una cattedra a Padova, attirato dalla libertà e dalla tutela accordate dalla Serenissima agli insegnanti del suo Studio. Venezia, dove giunse verso il 12 gennaio 1707 e dove rimase fino al maggio 1709, gli offrì l’opportunità di approfondire gli studi di chimica con il chimico e farmacista Giovanni Girolamo Zannichelli, di stabilire stretti e proficui rapporti di studio e di ricerca soprattutto con l’anatomista Gian Domenico Santorini – che era dissettore e lettore di anatomia nel collegio medico di Venezia e insieme al quale eseguì numerose sezioni cadaveriche –, di compiere ricerche di anatomia comparata e di procurarsi numerosi e scelti libri. Durante il soggiorno veneziano si recò più volte a Padova per assistere alle pubbliche lezioni e per conoscerne l’ambiente universitario, lasciando interessanti testimonianze sull’insegnamento anatomico e medico allora impartito.

Nel giugno del 1709 tornò a Forlì, dove esercitò la medicina pratica con successo. Ma nel periodo trascorso a Venezia e a Padova, oltre ad allargare e a perfezionare la sua preparazione scientifica, aveva stabilito tali relazioni e acquisito tale credito da assicurarsi la cattedra in un futuro non lontano. Difatti, con decreto dell’8 ottobre 1711 fu chiamato con lo stipendio annuo di 500 fiorini alla seconda cattedra di medicina teorica ordinaria nello Studio di Padova, rimasta vacante per il trasferimento di Antonio Vallisneri alla prima cattedra dello stesso insegnamento dopo la morte di Guglielmini.

Il 17 marzo 1712 Morgagni inaugurò il suo insegnamento con la prolusione Nova institutionum medicarum idea, in cui tornava sul suo progetto anatomo-clinico, ribadendo che «non è possibile prospettare la natura e le cause di alcuna malattia senza la conferma delle sezioni cadaveriche» (Padova 1712, p. XVII). Anche se il programma di medicina teorica prevedeva la trattazione del I libro del Canone di Avicenna, degli Aforismi di Ippocrate con il commento di Galeno, dei Prognostici di Ippocrate e dell’Articella di Galeno, in realtà l’insegnante era libero di svolgere una trattazione moderna e aggiornata, come dimostrano le lezioni di medicina teorica tenute da Morgagni tra il 1712 e il 1715, pubblicate postume tra il 1964 e il 1992.

Dopo la morte di Michele Molinetti, con decreto del 5 ottobre 1715 Morgagni fu trasferito alla prima cattedra di anatomia, iniziando il nuovo insegnamento il 21 gennaio 1716. Due anni più tardi, con decreto del 20 gennaio 1717, fu ricondotto per sei anni, con lo stipendio portato a 800 fiorini. Le conferme si succedettero regolarmente per altre sette volte, con un aumento di stipendio di 200 fiorini a ogni ricondotta, fino all’ultima del 20 aprile 1765 con cui lo stipendio raggiunse i 2200 fiorini annui. occupò questa cattedra fino alla morte, mantenendo sempre integra la sua eccezionale lucidità di mente.

Il 22 aprile 1712 fu ascritto all’Accademia dei Ricovrati di Padova, dove nel 1725 fu eletto «secondo consigliere». Fu socio di numerose altre accademie italiane, tra cui l’Accademia dei Fisiocritici di Siena (1728), l’Accademia cesenate dei Filomati (1730), l’Accademia degli Agiati di Rovereto (1753). Il 22 marzo 1713 fu ammesso al Sacro Collegio dei filosofi e medici di Padova, in seno al quale partecipò attivamente alla redazione di numerosi pareri richiesti dal magistrato alla Sanità di Venezia su questioni di igiene e salute pubblica. Il 20 aprile 1718 fu nominato membro del Collegio medico veneziano. Il 16 gennaio 1717 fu nominato protettore della natio Germanica artistarumdello Studio di Padova, che cinquant’anni più tardi, in segno di gratitudine, gli fece erigere un monumento in cui è raffigurato in un busto in marmo, attribuito a Pietro Danieletti, in origine murato nell’atrio del teatro anatomico ma nel 1872 spostato oltre il più alto girone della cavea. Fu ascritto alle più importanti accademie europee, l’Academia naturae curiosorum (1708, promosso socio aggiunto alla presidenza nel 1732), la Royal Society di Londra (1724), l’Académie royale des sciences di Parigi (1731), l’Accademia imperiale delle scienze di Pietroburgo (1735) e l’Accademia delle scienze di Berlino (1754).

Gli Adversaria anatomica prima sono una serie di ricerche di anatomia minuta condotte secondo la tradizione malpighiana, anche se con maggior cautela nei riguardi sia dell’artificio anatomico, sia del microscopio a causa delle immagini illusorie che rendevano tanto insidioso il microscopio composto. Nonostante la modestia del titolo («Appunti di anatomia») in realtà l’opera è un continuo susseguirsi di scoperte di minute macchine organiche, come le ghiandole della trachea, dell’uretra maschile e dei genitali femminili. Si tratta di nuovi contributi all’interpretazione meccanica della struttura dell’organismo, come lo sono quelli contenuti nei cinque successivi Adversaria anatomica (Padova, 1717-1719), in cui Morgagni replica alle critiche mossegli da Giovanni Battista Bianchi di Torino, pubblicate nel Theatrum anatomicum di Jean-Jacques Manget (Ginevra 1717). Morgagni ‒ che in particolare contesta a Bianchi la sua descrizione delle vie lacrimali e nega l’esistenza dei condotti epato-cistici, da questi sostenuta ‒ continuò con maggiore asprezza la polemica contro l’anatomista torinese nelle Epistolae anatomicae duae pubblicate a Leida da Hermann Boerhaave nel 1728. Di argomento anatomico sono anche le Epistolae anatomicae duodeviginti sugli scritti di Valsalva (1740).

È stato detto che se ogni scoperta anatomica di Morgagni portasse il suo nome, «forse un terzo delle parti del corpo umano si nomerebbe da lui» (F. Puccinotti, Storia della medicina, III, Prato 1866, p. 267). In realtà, assai considerevole è il numero delle osservazioni originali da lui compiute sulla struttura e sulla funzione di molte formazioni anatomiche, di parecchie delle quali è tuttora eponimo: tra queste, i ventricoli laringei e le cartilagini cuneiformi del laringe, il lobo piramidale della tiroide, i tubercoli dell’areola mammaria (dovuti a ghiandole sebacee che hanno assunto uno sviluppo speciale), i noduli del margine libero delle valvole semilunari dell’arteria polmonare, i frenuli della valvola ileo-cecale, le colonne rettali, le idatidi del testicolo e dell’epididimo, l’idatide peduncolata nella donna, le lacune uretrali, la fossetta navicolare dell’uretra maschile, il cornetto superiore dell’etmoide, il foramen singulare della piramide dell’osso temporale, i dotti sottolinguali minori.

Proclamato ‘principe degli anatomici’, insieme a Frederik Ruysch, da Lorenz Heister (1727), Morgagni fu in rapporto epistolare con i principali medici e anatomisti del suo tempo, italiani e stranieri. Particolarmente stretto fu il legame con Lancisi, con cui tra il 1707 e il 1719 scambiò un importante carteggio (Lettere di Lancisi a Morgagni e parecchie altre dello stesso Morgagni…, a cura di A. Corradi, Pavia 1876). Nel 1708 Morgagni curò la terza edizione (Venezia 1708) del De subitaneis mortibus di Lancisi, e nel 1713 gli inviò la lettera De anatomicis Eustachii tabulis, poi inserita anche negli Opuscula miscellanea. Grazie all’intervento di Lancisi, il 12 giugno 1712, ottenne la cittadinanza e la nobiltà romana, e nel 1719 gli fu concessa la nobiltà di Forlì. Particolare importanza ha anche il carteggio con Francesco Maria Zanotti, edito da Gino Rocchi (Bologna 1875), e con Giovanni Bianchi (Janus Plancus) da Rimini, edito da Guglielmo Bilancioni (Bari 1914).

L’impegno filologico di Morgagni si realizzò soprattutto nelle quattro lettere In scriptores rei rusticae, composte tra il 1721 e il 1723 per conto di Johann Matthias Gesner (Lipsia 1735), e nelle dieci lettere In Aur. Corn. Celsum et Q. Ser. Samonicum pubblicate in due momenti successivi (Padova 1721 e 1750) su richiesta del collega e amico Giovanni Battista Volpi. Morgagni lasciò inoltre numerosi scritti a carattere storico-medico, storico ed erudito, raccolti insieme con altri negli Opuscula miscellanea (1763), tra i quali le Epistolae Aemilianae in cui illustrò la propria terra natale da tutti i punti di vista (geologico, geofisico, archeologico, storico, etc.).

Ma l’opera più importante di Morgagni è il De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis (1761), un titolo in cui è condensato il metodo anatomo-clinico legato al suo nome. Morbus, malattia, è la fenomenologia clinica presentata dal paziente; causa, anzi causa per anatomen indagata, è l’alterazione organica messa in evidenza dall’esame post mortem nell’interno del corpo del paziente. In altre parole, il reperto post mortem di un’alterazione in qualche punto del complesso meccanico dell’organismo significa riconoscimento della sede e della causa della fenomenologia clinica presentata in vita, ossia della malattia clinica del paziente. L’obiettivo dell’indagine di Morgagni era quindi la precisa identificazione in ogni caso delle lesioni corrispondenti alla fenomenologia clinica, nelle quali vedeva la causa immediata della malattia. Pertanto considerava molto più utili le osservazioni nei casi in cui la morte era stata determinata da un processo morboso comune e frequente, che non nelle malattie più rare.

Il De sedibus rappresenta il frutto di sessant’anni di lavoro quotidiano. È costituito da due tomi in-folio, di complessive 750 pagine stampate fittamente su doppia colonna, e comprende 70 «lettere anatomico-mediche» ordinate topograficamente in cinque libri, ognuno dei quali è dedicato a una delle cinque principali accademie europee di cui Morgagni faceva parte ed è preceduto da una lettera ad altrettanti illustri medici, dove sono discussi i problemi fondamentali della ricerca anatomopatologica. Ogni «lettera anatomico-medica» prende in considerazione un’entità morbosa o sindromica (de capitis dolore, de apoplexia in universum, e così via), con la presentazione di un certo numero di casi dell’affezione a cui il titolo si riferisce, completi di protocollo autoptico e di commento epicritico. In totale, sono presentati circa 700 casi, la maggior parte dei quali appartiene alla sua pratica personale. Altri invece provengono dall’esperienza di Valsalva e anche da quella di Santorini, alle autopsie dei quali egli stesso aveva partecipato a Bologna e poi a Venezia; infine, alcuni casi sono desunti dalla letteratura.

In ogni «lettera anatomico-medica» Morgagni compie una revisione pressoché completa della letteratura precedente, che mette sistematicamente a confronto con le proprie osservazioni. La sua sintesi è quindi il frutto di continui esami comparativi, condotti dapprima separatamente fra reperti anatomici e fra sintomi clinici e poi stabilendo i legami fra i due ordini di fenomeni. Di questo lavoro di coordinazione e di sintesi sono espressione i quattro indici, che occupano ben 78 pagine – con esaurienti riferimenti incrociati soprattutto tra malattie, sintomi e lesioni osservate nei cadaveri – che così rendono l’opera molto più utile.

Il parallelismo fra lesione anatomica e sintomo clinico caratterizza dunque le storie anatomico- mediche del De sedibus, che è improntato secondo il punto di vista clinico e non anatomico. Come nel Sepulchretum di Bonet, l’ordinamento ricalca sostanzialmente quello di una practica medicinae, il tradizionale trattato di patologia speciale, con la tipica disposizione della materia a capite ad calcem. La profonda differenza sta nel fatto che Morgagni utilizza largamente le nuove acquisizioni sulla struttura e sulla funzione di un organismo meccanicamente concepito per stabilire un parallelo tra lesione anatomica e fenomeni clinici. Il suo scopo è quello di mettere in relazione i fenomeni presentati dal malato con le alterazioni dei visceri rinvenute dopo la morte, stabilendone il significato causale soltanto quando la coesistenza tra fenomeni morbosi e alterazione anatomica si sia dimostrata costante e caratteristica di quel dato gruppo di casi. Un guasto in un punto nel complesso meccanico dell’organismo, indagato mediante l’anatomia, è dunque la sede e la causa della malattia o, meglio, dei fenomeni clinici di questa, concepibili quali alterazioni funzionali derivate dal guasto medesimo. oltre all’istanza iatromeccanica, con le sue implicazioni strutturistiche, Morgagni recepisce anche quella iatrochimica, insegnando a dedurre dall’alterato chimismo la lesione locale e a risalire meccanicamente da questa all’alterazione funzionale, ossia alla fenomenologia clinica. La lesione d’organo è la causa che determina la fisionomia clinica delle malattie. L’etiologia, secondo il significato attuale, per Morgagni comprende invece le cause da lui dette esterne, ossia i tradizionali fattori ambientali e anche le abitudini di vita e il genere del lavoro, sulla scia di Bernardino Ramazzini. Questo spiega perché anche Morgagni si sia dedicato, in collaborazione con Giovanni Poleni, alle osservazioni meteorologiche, la cui meticolosa registrazione autografa dal 1740 al 1768 è tuttora conservata. Quando la dottrina del contagio vivo era ancora agli albori, si attribuiva un ruolo etiologico preminente ai fattori dell’ambiente esterno che si associavano all’insorgenza di malattia: secondo l’interpretazione iatromeccanica, questi agenti esterni agivano sulle fibre, che erano considerate – come poi furono le cellule – l’elemento costitutivo fondamentale del corpo.

Il De sedibus è una vera miniera di osservazioni originali, cliniche e anatomo-patologiche: sono descritte per la prima volta la sindrome contrassegnata da polso raro permanente con crisi epilettiformi, ridescritta nel 1827 da Robert Adams e nel 1846 da William Stokes e oggi chiamata ‘sindrome di Morgagni- Adams-Stokes’; la cirrosi epatica, più ampiamente illustrata nel 1819 da René-Théophile- Hyacinthe Laënnec (cirrosi di Morgagni- Laënnec); la condromatosi articolare; l’iperostosi frontale interna e la sua associazione con l’obesità e il virilismo nella donna vecchia, chiamata ‘sindrome di Morgagni’ da Folke Henschen (1936). Altre magistrali descrizioni riguardano varie specie di aneurismi, l’ulcera gastrica, la polmonite lobare con la descrizione dell’epatizzazione, l’atrofia giallo-acuta del fegato, la tubercolosi renale, la localizzazione controlaterale delle lesioni cerebrali nell’emiplegia (‘regola di Valsalva’), la frequente origine otitica delle suppurazioni intracraniche, in tal modo rivelando il terreno anatomico di diverse importanti malattie.

Ma più che nella descrizione di singoli contributi, il significato dell’opera di Morgagni sta nell’aver realizzato una rottura epistemologica, per cui «dopo di lui non si pensa e non si scrive più come si pensava e si scriveva prima » (M.D. Grmek, in De sedibus, et causis..., 1986, p. 173). La sua grandiosa opera di sintesi portò al riconoscimento dell’anatomia patologica quale parte integrante della medicina e quale premessa per il suo ulteriore sviluppo.

Morgagni è oggi concordemente definito il fondatore della patologia d’organo, l’aspetto della sua opera che ha influenzato in modo sostanziale il successivo sviluppo della medicina. Con Rudolf Virchow il significato e l’importanza dell’opera di Morgagni trovano il definitivo riconoscimento (1894): per il fondatore della patologia cellulare il De sedibus è una grande opera metodologica, che rappresenta il momento della fortunata introduzione del concetto localistico.

L’influsso del libro di Morgagni fu immediato. A pochi anni di distanza ne furono pubblicate le traduzioni inglese (1769) e tedesca (1771-1776), mentre le traduzioni francese (1820-1824) e italiana (1823-1829) furono stampate 60 anni dopo la comparsa di esso, dimostrando che l’opera manteneva valore di attualità per tutta l’Europa. Il metodo anatomo-clinico fu subito adottato nei principali centri europei, particolarmente a Leida e a Vienna.

Dal matrimonio con la forlivese Paola Vergeri, sposata a Forlì il 22 settembre 1712, Morgagni ebbe 15 figli, tre dei quali maschi: Fabrizio, secondogenito, morto improvvisamente nel 1766 a 52 anni lasciando due figlie che furono dotate e accasate dal nonno; Lucio Filippo, morto a due anni di età, nel 1718; Agostino, gesuita, che morì nel 1792. Delle dodici figlie, quattro morirono in tenerissima età, mentre le altre otto diventarono suore tra i 14 e i 17 anni (anzi la primogenita, Anna Antonia, poté entrare in convento a soli cinque anni di età grazie a un breve pontificio procuratogli da Lancisi), due a Padova e sei a Forlì. Di due di esse, Margherita e Luigia Domenica Rosa, resta il ritratto a pastello eseguito dalla pittrice R. Carriera prima del loro ingresso in convento.

Morgagni morì a Padova il 5 dicembre 1771 e fu sepolto nella chiesa di S. Massimo, nei pressi della propria abitazione, nella tomba che si era fatto preparare l’anno precedente.

La sua ricca biblioteca, il cui catalogo autografo comprende circa 5000 opere tra volumi e opuscoli, per oltre i due terzi è costituita da opere mediche e per il resto da libri di varia erudizione. Nel 1773 fu fatta acquistare dai Riformatori dello Studio di Padova al prezzo di 1500 ducati, versati alla figlia primogenita suor Paola Giovanna, confluendo pressoché integralmente nella Biblioteca universitaria di Padova, dove è tuttora conservata.

Opere. Per l’elenco completo e per le varie edizioni si rimanda a R. Zanelli, Catalogo ragionato delle edizioni morgagnane in ordine cronologico, in Le onoranze a G.B. Morgagni (Forlì, 24 maggio 1931), Siena 1931, pp. 137-147; L. Premuda, Versuch einer Bibliographie mit Anmerkungen über das Leben und die Werke von G.B. Morgagni, in G.B. Morgagni, Sitz und Ursachen der Krankheiten, a cura di M. Michler, Bern-Stuttgart 1967, pp. 163-172. Si devono aggiungere le pubblicazioni postume di manoscritti morgagnani: Consulti medici pubblicati da minute inedite, a cura di E. Benassi, Bologna 1935 (trad. inglese e commento, The clinical consultations of Giambattista M., a cura di S. Jarcho, Boston 1984); Opera postuma, I, Le autobiografie; II-IX, Lezioni di medicina teorica, Roma 1964-92; Il ‘Catalogo di libri’ di Giambattista Morgagni. Edizione del testo e identificazione degli esemplari posseduti dalla Biblioteca universitaria di Padova, a cura di E. Barile-R. Suriano, Studio introduttivo di G. ongaro, Padova-Trieste 1983.

Fonti e Bibl.: Forlì, Biblioteca Comunale, Fondo Morgagni, 38 voll. (vedi C. Albonetti, Indice dei manoscritti morgagnani della Biblioteca comunale di Forlì, in Morgagni e l’iconografia anatomica tra ‘600 e ‘800, Forlì 1982, pp. 115-122); Ibid., Collezioni Piancastelli (vedi il catalogo a cura di P. Brigliadori - L. Elleni, in Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia, XCVI, Firenze 1980, pp. 241 s.); Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Codd. Ashburnham, 227- 230 (opera postuma e prime stesure); Parma, Biblioteca Palatina, Mss. Parmensi, 1146-1157 (consulti e appunti autografi); Padova, Arch. dell’osservatorio Astronomico, Osservazioni meteorologiche 1740-1768 (autografo); Arch. di Stato di Venezia, Riformatori dello Studio di Padova, b. 514 (Catalogo di libri autografo); Padova, Arch. antico dell’Università, Mss., 421, cc. 130r-132r, 144r-151v, 156r-160v (pareri del Sacro Collegio); 662, cc. 150r-151r (medicina teorica ordinaria in II luogo); 665, cc. 124r-131r (anatomia); Notitia Doctorum sive catalogus doctorum qui in collegiis Philosophiae et Medicinae Bononiae laureati fuerunt ab anno 1480 usque ad annum 1800, a cura di G. Bronzino, Milano 1962, p. 217 (dottorato); Acta nationis Germanicae artistarum (1694-1769), a cura di E. Dalla Francesca - L. Rossetti, Roma- Padova 2002, ad indicem. Per la letteratura secondaria, in primo luogo si veda C. Fiorentini, G.B. M.: primo saggio di bibliografia sintetica, Bologna 1930; L. Premuda, Versuch einer Bibliographie cit., pp. 172-195. Si segnalano inoltre le pubblicazioni scaturite dalle celebrazioni morgagnane del 1971 e del 1982, che contengono numerosi importanti studi: Celebrazioni morgagnane (Forlì-Bologna, 17-19 ottobre 1971). Relazioni, in Il Morgagni, IV (1971), 3-4, con il testo delle 11 relazioni; Atti del XXV Congresso nazionale di storia della medicina, Celebrazioni morgagnane ... (Forlì-Bologna...), Forlì 1973; De sedibus, et causis. M. nel centenario, a cura di V. Cappelletti - F. Di Trocchio, Roma 1986; i cataloghi delle mostre M. e l’iconografia anatomica tra ’600 e ’800 ..., Forlì 1982, e Dalla biblioteca di G.B. M. ..., Padova 1982. Di seguito gli studi pubblicati in altra sede o dopo il 1982: L. Belloni, Aus dem Briefwechsel von G.B. M. mit L. Schröck und J. F. Baier, in Nova Acta Leopoldina, XXXVI (1970), pp. 107-139; Id., Lettere del 1761 fra D. Cotugno e G.B. M., in Physis, XII (1970), pp. 415-423; G. ongaro, La biblioteca di Giambattista M., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, III (1970), pp. 113-129; L. Belloni, Contributo all’epistolario Boerhaave - M. L’edizione delle Epistolae anatomicae duae, Leida 1728, in Physis, XIII (1971), pp. 81-109; Id., De la théorie atomistico-mécaniste à l’anatomie subtile (de Borelli à Malpighi) et de l’anatomie subtile à l’anatomie pathologique (de Malpighi à M.), in Clio medica, VI (1971), pp. 99-107; Id., L’opera di Giambattista M. dalla strutturazione meccanica dell’organismo vivente all’anatomia patologica, in Il Morgagni, IV (1971), n. 3-4, pp. 71-80; L. Usuelli, Sui rapporti M. - Bonnet, in Episteme, VI (1972), pp. 49-55; L. Belloni, L’epistolario M. - Réaumur alla Biblioteca civica di Forlì, in Gesnerus, 29 (1972), pp. 225-254; Id., G.B. M. und die Bedeutung seines ‘De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis’, in Gerard van Swieten und seine Zeit, a cura di E. Lesky - A. Wandruzka, Wien-Graz 1973, pp. 128-136; Id., M. G.B., in Dictionary of scientific biography, IX, New York 1974, pp. 510-512; D. Nardo, Scienza e filologia nel primo Settecento padovano. Gli studi classici di G.B. M., G. Poleni, G. Pontedera, L. Targa, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XIV (1981), pp. 1-40; A. Gamba, Cenni sulla ritrattistica veneta di Giambattista M., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XIV (1981), pp. 69-79; G. ongaro, I rapporti tra Giambattista M. e Lazzaro Spallanzani, in Contributi (Reggio Emilia), V (1981), pp. 125- 134; A. Gamba, Un ritratto inedito di Giambattista M., in Acta medicae historiae Patavina, XXIX (1982-83), pp. 67-74; G. ongaro - R. G. Mazzolini, M. sconosciuto: le lezioni di anatomia e il diario medico-scientifico nel fondo morgagnano della Biblioteca Palatina di Parma, in Atti e memorie dell’Accademia Patavina di scienze, lettere ed arti, XCV (1982-83), III, pp. 19-32; Id., ‘Quasi tradens se totum’: i manoscritti morgagnani della Biblioteca Palatina di Parma, in Annali dell’Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, VIII (1983), pp. 101-105; Id., M. revisited: the papers at the Biblioteca Palatina of Parma re-examined, in Clio medica, XX (1985-86), pp. 160-162; G. ongaro, M. a Bologna, in Rapporti tra le Università di Padova e Bologna, a cura di L. Rossetti, Trieste 1988, pp. 255-306; G. Piaia, Note sulla formazione filosofica del M., ibid., pp. 307-324; G. ongaro, Il sodalizio tra Giovanni Poleni e Giambattista M., in Giovanni Poleni idraulico matematico architetto filologo (1683-1761), a cura di M.L. Soppelsa, Padova 1988, pp. 187- 202; A. Gamba, Il ritratto di Giambattista M. già destinato al suo sepolcro in Padova, ma collocato sul monumento dedicatogli nel Palazzo comunale di Forlì, in Atti e memorie dell’Accademia Patavina di scienze, lettere ed arti, CI (1988-89), III, pp. 5-12; G. ongaro, M. uditore a Padova nel 1707, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXV (1992), pp. 323-358; Id., L’insegnamento dell’anatomia nello Studio di Padova all’inizio del Settecento nella testimonianza di Giambattista M., in Atti e memorie dell’Accademia Patavina di scienze, lettere ed arti, CV (1992-93), II, pp. 5-37; G. Weber, Areteo di Cappadocia. Interpretazioni e aspetti della formazione anatomo-patologica del M., Firenze 1996; N. Delle Noci, I consulti oculistici di G.B. M., Santo Stefano Belbo 1998; V. Gazzaniga - E. De Angelis, G.B. M.: perizie medico- legali, Roma 2000.

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