PICOTTI, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PICOTTI, Giovanni Battista

Gian Maria Varanini

PICOTTI, Giovanni Battista. – Nacque a Verona il 5 maggio 1878, figlio unico di Vincenzo e Giuseppina Giuriato.

La famiglia era di origini friulane per parte paterna, ma in precedenza radicata a Venezia.

Compì gli studi liceali nella città natale, ove crebbe in un ambiente profondamente cattolico, maturando una fede rigorosa e convinta anche grazie all’amicizia fraterna con Giuseppe Zamboni (1875-1950; allora giovane seminarista, ma destinato a divenire una personalità di rilievo della filosofia cattolica italiana). Di Zamboni, nel 1907 Picotti avrebbe sposato la sorellastra Leopoldina, con la quale ebbe dodici figli.

Nel 1894 Picotti si iscrisse sedicenne all’Università di Padova, ove non mancò di aderire alle associazioni studentesche cattoliche, entrando in contatto con Giuseppe Toniolo, ma anche con i giovani Luigi Olivi ed Elia Dalla Costa. Nella facoltà letteraria patavina fece in tempo ad ascoltare le ultime lezioni di Giuseppe De Leva, uno dei maestri della scuola positivista. Ma De Leva lasciò l’insegnamento e Picotti si orientò per la laurea verso la letteratura italiana, discutendo nel 1898 con Francesco Flamini una tesi sulle origini della storiografia ufficiale veneziana del Quattrocento. Un lavoro ‘interdisciplinare’ quindi; del resto, i due campi erano strettamente congiunti, nell’ambito della ‘scuola storica’, e Picotti (che dal 1899 si reiscrisse per qualche anno a filosofia) mantenne sempre uno spiccato interesse per la letteratura, soprattutto umanistica.

Il suo primo studio di polso, dedicato a I Caminesi e la loro signoria in Treviso dal 1283 al 1312 (edito a Livorno nel 1905: dunque, da un ventisettenne), era stato del resto originariamente concepito come illustrazione storica dei passi danteschi dedicati agli esponenti della casata aristocratica trevigiana. Ma si trasformò – per la precoce maturazione della vocazione di storico di Picotti, che scoprì tra l’altro e valorizzò fonti e documentazione di eccelsa importanza come il ‘processo Avogari’ (nel quale si metteva a fuoco il concetto di tirannide) – in una compiuta monografia su una famiglia aristocratica titolare di signoria cittadina: un tema al centro, in quegli anni, del dibattito storiografico tedesco e italiano, animato, fra gli altri, da studiosi come Ernst Salzer e Francesco Ercole.

Nel frattempo Picotti iniziava una lunga carriera di insegnante liceale e successivamente di preside, che lo obbligò per vent’anni a ripetuti spostamenti da un capo all’altro dell’Italia, con una famiglia via via più numerosa (Trapani, Sanremo, Pistoia, Bologna, Potenza, Fano, ancora Bologna). Sul piano della ricerca, egli mise presto a fuoco quegli interessi per la storia politico-religiosa del Rinascimento, e in particolare del papato quattrocentesco, che avrebbe continuato a coltivare per tutta la sua lunga carriera.

Il primo risultato delle sue indagini in questo campo fu la cospicua, eruditissima monografia sulla Dieta di Mantova e la politica de’ Veneziani (edita a Venezia nel 1912 dalla Deputazione veneta di storia patria, dopo lunghe ricerche archivistiche). La politica di Pio II, e il gioco diplomatico attorno all’ipotesi della crociata, sono ricostruiti con minuzia e con finezza, con attenzione anche all’ambiente, al ‘colore’, ma tenendo sempre sullo sfondo il grande problema del rapporto tra Chiesa e Stati. Negli stessi anni, attraverso le ricerche su Poliziano, Picotti si avvicinò alla storia toscana e medicea, e portò già molto avanti lo scavo archivistico e documentario che parecchi anni dopo doveva sfociare nella monografia su La giovinezza di Leone X (Milano 1928), sicuramente l’opera più matura e importante di tutta la sua produzione.

Apprezzato per la sua rigorosa erudizione e per la scrittura forbita ed elegante, nonché eccellente insegnante, anche se un po’ retorico nell’esporre, Picotti ottenne nel 1914 la libera docenza in storia medievale e moderna presso l’Università di Bologna, con un giudizio molto positivo da parte di Gioacchino Volpe oltre che di Pio Carlo Falletti Fossati, titolare di storia nell’Alma mater.

In precedenza, aveva partecipato (ovviamente con esito negativo, ma ottenendo giudizi di apprezzamento) al concorso del 1908 per il Magistero di Firenze e a quello del 1911 bandito da Messina.

In quegli anni di guerra Picotti – non più giovanissimo (aveva quasi quarant’anni) e gravato da una numerosa famiglia – manifestò ripetutamente, nelle lettere al cognato Zamboni, l’intenzione di partecipare da volontario al conflitto: un atteggiamento non scontato, e in certo modo significativo per un cattolico ortodosso. Un forte patriottismo, anche se non si può parlare di nazionalismo acceso, contraddistinse d’altronde il suo atteggiamento politico e culturale anche nei decenni successivi, prima e durante il regime fascista.

Dal punto di vista scientifico e accademico, gli anni del primo dopoguerra costituirono invece per Picotti, in qualche misura, un momento di stasi e d’incertezza. Egli si rendeva ben conto che il clima culturale era cambiato, e che anche nel campo degli studi storici spirava il vento dell’idealismo – certo non favorevole al coronamento della carriera di chi s’era formato a una severa erudizione.

La svolta decisiva del suo percorso accademico, nel 1924, fu dunque un po’ una sorpresa. Una prima importante possibilità sfumò in breve tempo. Per la cattedra di storia moderna, l’Istituto Toniolo – responsabile della appena riconosciuta Università Cattolica – aveva infatti proposto al ministero della Pubblica Istruzione, nell’ordine, i due liberi docenti Giovanni Soranzo e Picotti, dichiarando «di non poter completare la terna» (Varanini, 2009, p. 174), evidentemente per mancanza di concorrenti ideologicamente affidabili. La commissione ministeriale (composta da Gaetano Salvemini, Michelangelo Schipa e Pietro Egidi) ribaltò la graduatoria – «ispirata a criteri confessionali» (ibid.), come espressamente scrisse – ponendo all’unanimità al primo posto Picotti; ma fu chiamato ugualmente Soranzo, che offriva evidentemente ancor maggiori garanzie di fedeltà alla linea (non a caso, forse, Picotti negli anni successivi – pur rispettando sempre il ruolo dell’istituzione universitaria cattolica – sostenne con vigore il cognato Zamboni nel suo aspro contrasto con padre Agostino Gemelli e i suoi collaboratori, che allontanarono il sacerdote veronese dall’insegnamento di gnoseologia).

‘Binato’ poi in un concorso a Messina (con Raffaele Ciasca), Picotti ottenne nel febbraio 1925 una chiamata a Cagliari; ma pochissimi mesi dopo (maggio 1925) fu inaspettatamente trasferito sulla cattedra pisana vacante per la morte di Antonio Anzilotti. Nell’occasione, egli si giovò in modo un po’ rocambolesco dei veti incrociati che impedirono la chiamata del ‘salveminiano’ Pietro Silva (non senza qualche sentore di censura politica da parte dei professori più ossequenti al regime) e, in alternativa a costui, di Niccolò Rodolico. La sua prolusione, letta il 14 novembre 1925, ebbe come titolo Romanità e nazionalità nella storia d’Italia (Pisa 1926).

Iniziò allora per Picotti un periodo di stabile e operosissima attività, didattica e scientifica, durato sino al pensionamento (avvenuto nel 1950). Egli portò avanti certo le linee di ricerca che gli erano familiari: va segnalato un importante articolo intitolato Qualche osservazione sui caratteri delle signorie italiane (in Rivista storica italiana, XLIII, 1926, 4, pp. 7-30) e inoltre la conclusione dell’annosa ricerca sulla giovinezza di Leone X (uscita nel 1928, e tradotta in francese). In particolare, del papato rinascimentale Picotti continuò a occuparsi sino alla più tarda età, combattendo – ancora alla fine degli anni Cinquanta – una vigorosa polemica con Soranzo, contro il quale sostenne la natura simoniaca del conclave che portò all’elezione di Alessandro VI.

Fu proprio questo atteggiamento di rigorosissimo rispetto della verità storica documentata, indagata sulla base di una filologia accanita e di una prudente e sorvegliata interpretazione del documento, che nei lunghi decenni dell’insegnamento pisano procurò a Picotti – sempre pugnace nel suo impegno di cattolico – il rispetto e l’amicizia dei docenti ‘laici’ della facoltà e della Scuola Normale; e fu questo, della proba attitudine documentaria, forse il miglior lascito del suo magistero, come gli riconobbero numerosissimi allievi (tra i quali Michele Maccarrone alla fine degli anni Venti, e successivamente medievisti importanti come Arsenio Frugoni, Cinzio Violante, Emilio Cristiani; ma anche un Delio Cantimori, che espresse il suo apprezzamento con parole significative).

L’insegnamento pisano di storia medievale e moderna, che Picotti interpretò con largo respiro e con grande impegno didattico, ebbe riflessi importanti sulla sua stessa attività di ricerca, portandolo ad allargare i suoi campi di interesse. In particolare, Picotti – riallacciandosi forse agli interessi dell’anticlericale (ma da lui stimato) Amedeo Crivellucci, suo predecessore sulla cattedra pisana – si dedicò anche allo studio dell’età tardoantica e del primo medioevo, con alcuni saggi sulle incoronazioni imperiali dei secoli V e VI, sul patricius nell’ultima età imperiale e nei primi regni barbarici, sul senato romano al tempo del processo di Boezio. Si orientò inoltre a indagini tutt’altro che banali di diplomatica (disciplina a lungo insegnata), di storia ecclesiastica pisana e toscana, di storia universitaria pisana. Conseguentemente fondò nel 1930, con alcuni altri cultori, la Società storica pisana. Non va infine dimenticato l’interesse più lato per l’insegnamento della storia (con la scrittura di un fortunato manuale per la scuola media superiore, per la quale Picotti non immemore delle sue esperienze mantenne sempre un vivo interesse).

L’operosità scientifica e accademica non si interruppe con l’uscita dai ruoli universitari. Oltre alla prosecuzione delle ricerche sulla storia del papato (dei Borgia soprattutto) e su alcuni temi danteschi, Picotti si segnalò sul piano dell’organizzazione culturale per l’attività profusa nei primi anni di vita del Centro di studi sull’alto Medioevo di Spoleto (fondato nel 1952) e nella promozione degli studi universitari a Lecce (come componente del comitato tecnico ministeriale) fra gli anni Cinquanta e Sessanta.

Morì a Pisa il 5 maggio 1970.

Fonti e Bibl.: Università di Pisa, Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, Biblioteca della Società storica pisana, Fondo Picotti Giovanni Battista, bb. 10; Verona, Biblioteca Capitolare, Fondo Giuseppe Zamboni. Informazioni storiche sulla famiglia Picotti si possono attingere anche consultando il sito on-line: http://www.famiglia

picotti.it/. Inoltre: C. Violante, Presentazione, in G.B. Picotti, Scritti vari di storia pisana e toscana raccolti in occasione del suo 90° compleanno, Pisa 1968, pp. 5-8; Id., Necrologia del prof. G. B. P., in Annuario dell’Università degli Studi di Pisa, 1969-70, pp. 527-535; Id., G. B. P. storico e maestro. Discorso letto nell’Aula Magna storica dell’Università di Pisa il 5 maggio 1971, in Vita veronese, XXIV (1971), 9-10, pp. 353-362; Id., G. B. P. storico, in La scuola nell’Occidente latino dell’alto medioevo, I, Spoleto 1972, pp. 51-109; Id., Un secolo di studi storici alla Scuola Normale Superiore di Pisa (1860-1963). Parte prima: dall’attività pionieristica di Pasquale Villari alla polemica neoidealistica contro il positivismo, in Novità e tradizione nel secondo Ottocento italiano, a cura di F. Mattesini, Milano 1974, pp. 419 s.; Id., Il giovane P. e il professor Giuseppe Toniolo: un breve incontro (1898-1899), in Bollettino storico pisano, 1980, vol. 49, pp. 431-435; Id., Introduzione, in G.B. Picotti, La giovinezza di Leone X, il papa del Rinascimento, Roma 1981, pp. IV-XXV (con bibliografia degli scritti alle pp. XXVIII-XL); R. Fubini, Introduzione, in G.B. Picotti, La dieta di Mantova e la politica de’ veneziani, rist. anast. [Venezia 1912], a cura di G.M. Varanini, Trento 1996, pp. XI-XX; G.M. Varanini, Nota del curatore, ibid., pp. XXI-XLII; A. De Vincentiis, Storia e filologia. Il percorso di Arsenio Frugoni fino al 1950, in A. Frugoni, Il giubileo di Bonifacio VIII, Roma-Bari 1999, pp. 129 s.; C. Violante, Le contraddizioni della storia. Dialogo con Cosimo Damiano Fonseca, Palermo 2002, pp. 18 s.; G.M. Varanini, P. G. B., in Dizionario biografico dei veronesi, a cura di G.F. Viviani, II, Secolo XX, Verona 2006, p. 647; La famiglia Picotti. Trent’anni di vita nelle lettere a mons. Zamboni (1915-1944), a cura di G.M. Varanini, Verona 2008 (con ampia documentazione tratta dal Carteggio Giuseppe Zamboni, conservato presso la Biblioteca Capitolare di Verona); G.M. Varanini, Filosofi e storici cattolici. Il giovane Marino Gentile, G. B. P. e Giuseppe Zamboni, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, 2009, vol. 42, pp. 171-192; G. Petralia, Maestri ed allievi, istituti ed itinerari di Clio: centoventicinque anni di Storia nell’Ateneo pisano (1859-1974), in Annali di storia delle università italiane, 2010, vol. 14, pp. 111-122.

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