COCCHI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

COCCHI (de Curribus, Canali), Giovanni (Giovanni da Ferrara)

Julius Kirshner

Nacque a Ferrara intorno al 1409-10.

Circa la data di nascita, il Simeoni nella sua edizione degli Excerpta (p. IV) sostenne che il C. era nato "non prima del 1414". A questa conclusione era giunto da una asserzione contenuta nel De caelesti vita del C. (che secondo il Simeoni fu composto nel 1452 c.) in cui l'autore dichiara di aver avuto all'epoca della stesura trentotto anni. Secondo il Fava (p. 56) nacque nel 1410 circa, ma l'ipotesi più ragionevole appare quella del Piana: poiché il 15 marzo 1427 nella cappella dell'episcopio il C. prese la tonsura degli ordini minori dal vescovo diocesano Pietro Boiardo, e il 20 dello stesso mese venne promosso al suddiaconato (per il quale grado si dovevano avere almeno diciotto anni), il suo anno di nascita potrebbe quindi essere fissato intorno al 1409.

Dopo essere entrato nell'Ordine dei minori, il C. molto probabilmente iniziò la sua formazione teologica nello studio del monastero di S. Francesco di Ferrara, di cui fu sacrista nel 1443, e probabilmente completò la sua formazione ed educazione teologica, guadagnandosi il grado di "magister sacrae paginae", presso l'università di Ferrara. A partire dal 1450 il C. intraprese una fruttuosa carriera di insegnante e studioso. Fu lettore nella facoltà delle arti della sua "alma mater", venne spesso menzionato nella lista dei laureati del 1450 quale promotore, nel 1455 fu decano del Collegio teologico dell'università e nel 1460 vicedecano; fu inoltre partecipe, e in quanto tale testimonio attendibile, del fiorire della musica, dell'arte, della letteratura e della filosofia nella corte degli Este alla metà del Quattrocento.

Nella sua storia di Ferrara di questi anni, egli narra come Lionello d'Este (1441-1450) si facesse promotore di cultura e a questo fine attraesse nella sua città grandi luminari, tra cui Guarino da Verona e Giovanni Teodoro da Gaza. Tra costoro il C. cita se stesso ("quorum unus ego fui"): e, sebbene la statura intellettuale e i meriti del C. fossero più modesti di quanto egli vorrebbe far credere, tuttavia godette di una considerevole reputazione nel suo tempo e fu membro del circolo degli umanisti nella corte degli Este.

Nel 1453-54 il C. stese la sua storia del casato di Este, che intitolò Excerpta ex annalium libris marchionum Estensium, dedicandola al suo patrono, Borso d'Este.

Due manoscritti di questa opera sono conservati in Modena nella Biblioteca Estense; gli Excerpta furono editi nei Rer. Italic. Script. prima da L.A. Muratori (XX, Mediolani 1731) e poi da L. Simeoni (2 ed., XX, 2). Cronologicamente la sua storia ha inizio con le origini di Ferrara, ma quasi tutte le notizie enteriori al 1409 egli le deriva da lavori precedenti: il Chronichon Estense, la sua continuazione a opera di Iacopo Delaito e la Chronica parva Ferrariensis. La rimanente parte del lavoro si incentra sulle rimarchevoli gesta della casa d'Este, dal 1409 al 1454. Gli Excerpta sono stati definiti un'opera di ampolloso umanesimo, un eccessivamente adulatorio sommario delle imprese degli Este, intessuto di iperboli e immagini e dal contenuto povero di analisi critica. Sotto molti aspetti questo giudizio trova conferma nella lettura del testo: essi sono invero un ardente tributo al regime di Lionello e ai primi anni del governo di Borso, entrambi i quali, secondo il C., si inseriscono nella tradizione eroica instaurata da Temistocle, Alessandro Magno, Scipione l'Africano e Giulio Cesare; entrambi i marchesi vengono dipinti quali mecenati senza rivali nel campo delle arti, suscitatori di una nuova età dell'oro. L'abile diplomazia nei rapporti con Venezia e i trionfi militari del marchesi vengono accuratamente fatti risaltare. Ciononostante gli Excerpta continuano ad essere una fonte storica estremamente utile e importante: la sua descrizione del circolo degli umanisti è particolarmente preziosa per illuminarci sulla cultura ferrarese, mentre quella del soggiorno di dieci giorni di Federico III, re dei Romani, presso Borso d'Este ci offre con grande ricchezza di particolari un quadro della pompa, dei fasti e delle cerimonie di una corte rinascimentale.

Il De caelesti vita è un'opera filosofica e teologica composta dal C. nel 1450 circa. Ne esistono due diverse redazioni, di cui quella conservata nel cod. 103 della Biblioteca Casanatense di Roma sembra essere la versione originale: è dedicata a Sigismondo Pandolfo Malatesta (Ioannis Ferrariensis ad magnanimum principem et dominicum Sigismundum Arimensium regem) e porta il titolo De immortalitate animae. Il codice Casanatense è uno splendido manoscritto, in scrittura umanistica, con i ritratti a mezzo busto sia del C. sia del Malatesta. La seconda redazione, un esemplare della quale si trova nel cod. Urbin. lat. 1372 della Bibl. Ap. Vaticana, è dedicata a Borso d'Este e porta un differente titolo (Divo Borsio principi illustrissimo De caelesti vita sacrae theologiae doctoris excellentissimi domini magistri Ioannis Ferrariensis Ordinis minorum). Questa redazione, alla cui fine venne aggiunta una parte, fu edita in Venezia nel 1494. L'incunabulo si compone effettivamente di quattro trattatelli: De natura animae rationalis; De immortalitate animae; De inferno et cruciato animae; De paradyso et felicitate animae. Questo lavoro è costellato di riferimenti eruditi, la maggior parte dei quali di seconda mano, ai filosofi della Grecia classica: Socrate, Aristotele, Zenone, Epicuro e, sopra tutti, Platone, così come agli scritti apocrifi che allora circolavano sotto i nomi di Ermete Trimegisto, Zoroastro, Orfeo, e Pitagora. Numerosi sono i riferimenti anche agli autori latini, ai primi Padri della Chiesa, ai filosofi medievali arabi e latini: Seneca e Marco Aurelio, Origene e s. Agostino, Alburnasur e Avicenna, Duns Scoto e Tommaso d'Aquino. Il lavoro del C. consiste in una ortodossa esposizione poggiata su citazioni dal Timeo di Platone. Alla contemporanea interpretazione astrologica dell'origine del mondo egli contrappone l'asserzione de causa mundi offerta dal modello cattolico, che può essere così sintetizzata: un solo e benefico Dio creò il bene e destinò al mondo il bene quale fine, come nel Timeo, il che presuppone l'intervento continuo e diretto della volontà di Dio. Contro la dottrina di Averroè sull'unità dell'intelletto in tutti gli uomini, che era stata ampiamente accettata e discussa dai filosofi aristotelici, dal tredicesimo secolo sino alla sua epoca, il C. rivendicò l'immortalità dell'anima e l'individuale peregrinazione spirituale di ogni cristiano.

Un'altra opera del C. fu pubblicata in Firenze nel 1494 con il titolo Opusquadragesimale, mentre i Sermones multi, pubblicati in Venezia nel 1539 e attribuiti al C., furono probabilmente scritti da un anonimo del Cinquecento.

Il C. morì a Ferrara nel 1462.

Fonti e Bibl.: A. Superbi, Apparato degli uomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 31; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Lucca 1900, pp. 30 s., 38 s.; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, p. 56; E. Gardiner, Dukes and Poets in Ferrara, New York 1904, pp. 51, 58, 59, 73-76; C. Stornaiolo, Codices Urbinati latini, III, Roma 1921, p. 289; M. Fava, Fra' G. ferrarese e Sigismondo Pandolfo Malatesta, in Scritti vari dedicati a Mario Armanni, Milano 1938, pp. 49-62; A. Rotondò, Pellegrino Prisciani, in Rinascimento, XI (1960), pp. 83 ss.; Giovanni di Napoli, L'immortalità dell'anima nel Rinascimento, Torino 1963, p. 194; P.O. Kristeller, Pier Candido Decembrio and his Unpublished Treatise on the Immortality of theSoul, in The Classical Tradition,Literary andHistorical Studies in Honor of H. Caplan, a cura di L. Wallach, Ithaca, N.Y., 1966, p. 537 n. 2; C. Piana, Lo Studio di S. Francesco a Ferrara nelQuattrocento, in Arch. francisc. histor., LXI (1968), pp. 115, 117-20, 140 ss., 150, 152, 163, 167-69; L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, 2, n. 6982; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, adIndices; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, III, n. 5260. Cfr. inoltre Catal. dei manoscritti della Bibl. Casan., II, Roma 1966, pp. 12 s.; W. L. Gundersheimer, Ferrara,TheStyle of a Renaissance Despotism, Princeton, N. J., 1973, pp. 82, 99, s. v. Giovanni da Ferrara; P. O. Kristeller, Medieval Aspects of Renaissance Learning, Durham, N. C., 1974, p. 142, s. v. Iohannes Ferrariensis.

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