COMISSO, Giovanni

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

COMISSO, Giovanni (App. I, p. 451)


Scrittore, morto a Treviso il 21 gennaio 1969. Proseguì la sua attività giornalistica collaborando, oltre che alla Gazzetta del popolo e al Corriere della sera, a vari quotidiani e periodici quali La Stampa, Il Risorgimento liberale, Il Giorno, Il Mondo, Il Gazzettino, La fiera letteraria, La Nuova Antologia, ecc. Nei racconti di Felicità dopo la noia (1940) s'insinua una sottile vena d'angoscia per l'incipiente declino della vita, mentre tenta ancora una volta meno felicemente le vie del romanzo (Un inganno d'amore, 1942). Durante la seconda guerra mondiale matura in lui, per esperienze personali inserite nel dramma collettivo e nel generale orientamento letterario, l'esigenza di un'arte nuova nutrita di idee morali e di affetti, che sboccherà nella dichiarazione I sentimenti nell'arte (1945). Esempi di questa poetica dei sentimenti vorrebbero essere, tra l'altro, due nuovì romanzi velatamente autobiografici: Capriccio e illusione (1947) e Gioventù che muore (1949). Migliore esito ottenne quando il ripensamento della propria vita si fece aperta evocazione di ricordi in uno dei suoi libri più apprezzati, Le mie stagioni (1951, ed. ampliata 1963). Alle pagine di memoria, "lotta contro il tempo", si possono ascrivere anche il Mio sodalizio con De Pisis (1954), la presentazione delle Lettere di A. Martini (1954, ed. ampliata 1967) e La mia casa di campagna (1958), dove declina per le mutate condizioni sociali anche il mito della terra.

Negli ultimi anni alla poetica dei sentimenti subentra un'osservazione straniata della realtà, ora serena, ora amara, informata spesso a un giudizio negativo sulla società industriale e consumistica alla quale oppone un suo ambiguo culto della natura fondato sull'anarchia degl'istinti edonistici ma aborrente dalla violenza, oscillante tra il "brontolìo del conservatore" e sogni di società utopiche, tra l'auspicio di un cristianesimo evangelico e la cauta ipotesi di un comunismo nella libertà. Nel suo linguaggio si accentua con la disposizione meditativa e satirica l'adesione realistica agli oggetti e ai fatti, pur senza eliminare del tutto l'estrosa animazione che a momenti li trasfigura, ma nelle prose più tarde si affaccia pure uno slegamento logico e sintattico, un lessico talora approssimativo, in cui si riflette la stanchezza morale, l'insofferenza ribelle a una società odiosa.

Di tali atteggiamenti di pensiero e di stile sono significativi documenti il Diario 1951-1964 (1969), i racconti e soliloqui di Un gatto attraversa la strada (1954), Il grande ozio (1964), Attraverso il tempo (1968); altre prose di viaggi, antichi (Amori d'oriente, 1948) e recenti (Approdo in Grecia, 1954; Viaggi felici, 1966); altri vagabondaggi per l'Italia, ricordi e annotazioni (Capricci italiani, 1952; Satire italiane, 1960; Busta chiusa, 1965), e tre racconti nati da fatti reali interpretati nella chiave del suo vitalismo affascinato e insieme inorridito dalla natura: La donna del lago (1962), Cribol (1964), Gioco d'infanzia (1965 ma composto nel 1931-32 come rievocazione rivelatrice della propria formazione umana).

Bibl.: R. Bertacchini, G. Comisso, in Letteratura italiana, I Contemporanei, II, Milano 1963; G. Pullini, G. Comisso, Firenze 1969; A. Accame Bobbio, G. Comisso, ivi 1969.

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