CORBOLI BUSSI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CORBOLI BUSSI, Giovanni

Giacomo Martina

Nacque a Urbino il 24 sett. 1813, da Curzio Corboli Aquilini e da Costanza Sommi Picenardi, in una nobile famiglia di tendenze moderate. Il padre partecipava alle idee, prevalenti nei circoli che frequentava, di prudente critica al regime gregoriano; la madre era la zia materna di Isabella Avogadro, moglie del conte torinese F. Sclopis. Nel C., cresciuto in un ambiente profondamente cattolico ma aperto, anche per i legami con gli Sclopis che permettevano di conoscere i nuovi fermenti diffusi in Piemonte, la vocazione al sacerdozio fu stimolata anche da circostanze pratiche (improvvisa designazione ad un beneficio riservato a patrizi di Urbino, che lo obbligò tra l'altro ad assumere il cognome Bussi).

Ordinato sacerdote nel 1840, percorse una rapidissima carriera: nel 1843 era consultore della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordffiari, due anni dopo segretario della Congregazione concistoriale e del S. Collegio, ufficio che implicava quello di segretario del futuro conclave e apriva la via al cardinalato.

La lucidità con cui il C. coglieva rapidamente i punti essenziali dei più complessi problemi, riassumendoli senza difficoltà in chiari rapporti stesi di getto con una limpida calligrafia; la straordinaria capacità di portare a termine in breve una mole notevole di lavoro, nonostante la malferma salute; la sincerità e il disinteresse, uniti ad un'autentica pietà e a uno zelo illuminato, avevano attirato subito su di lui l'attenzione della Curia. L'avvento di Pio IX cestituì però per il C. una svolta decisiva. Si venne creando una viva simpatia, favorita da un'autentica affinità di spirito; il C. divenne non tanto l'esecutore più fedele delle direttive del papa, quanto il consigliere più ascoltato. In quasi tutte le iniziative del periodo liberale di Pio IX troviamo evidente la sua presenza stimolante. Dopo aver steso l'editto dell'amnistia del 16 luglio 1846, e fatto da segretario alla conimissione incaricata di studiare i primi provvedimenti amministrativi, il C. venne promosso nel settembre sostituto della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari; redasse l'abbozzo del decreto sulla stampa del 14 marzo 1847, passato quasi immutato nel testo definitivo, e si adoprò per far rispettare l'ordine nelle province; nell'inquieto luglio di quell'anno venne promosso segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari. Pio IX non tenne conto delle resistenze del C., scoraggiato per le calunnie di quanti lo ritenevano responsabile delle oscillazioni del pontefice.

Quando, nell'agosto del 1847, Per fronteggiare la crisi sorta con l'occupazione austriaca di Ferrara, venne deciso di proporre alle corti italiane una lega doganale, preludio ad una lega politica, il C. fu scelto come negoziatore. L'incarico rispondeva alle sue più profonde convinzioni, che ripeté con calore a Firenze, Torino e Modena, e confidò in lunghe lettere al papa, apparentemente per riferire sulla missione, in realtà anche per incoraggiarlo e stimolarlo.

Una lega economica avrebbe promosso lo sviluppo industriale, favorito un'evoluzione legislativa uniforme nei vari Stati della penisola; avrebbe rafforzato i principi e svuotato l'opposizione nazionale con l'accettare quanto vi era di compatibile nel sentimento patriottico. L'evoluzione generale suscitata dalla lega avrebbe indotto l'Austria a rinunziare al dominio diretto del Lombardo Veneto, affidandolo ad uno degli arciduchi asburgici: "La lega italiana... soddisfacendo i desideri ragionevoli de' popoli... doveva... fare insomma che dalle Alpi a Sicilia quest'Italia fosse tutta italiana" (cit. in Manno, p. 283).

La missione, dopo un facile esito positivo a Firenze, riuscì a stento a superare le lunghe perplessità di Carlo Alberto, diffidente per motivi politici ed economici, e finì per naufragare a Modena davanti all'irreducibile opposizione del duca Francesco V, strettamente legato all'Austria.

Al fallimento aveva contribuito anche la controversia sorta tra Firenze e Modena per la permuta di alcuni territori in seguito all'annessione di Lucca al Granducato toscano. Le stesse direttive romane del resto non erano sempre state chiare, oscillando fra un cauto possibilismo e una vera e propria diffidenza sugli sviluppi della lega in senso politico, auspicati e sollecitati dall'inviato pontificio. Né erano mancate anacronistiche preoccupazioni di salvaguardare i diritti della S. Sede su Parma e Piacenza. Il C. comunque aveva dato ottima prova, e tornava a Roma con un crescente prestigio.

Nei primi mesi del '48 il C, come segretario degli Affari straordinari, intervenne più volte per adeguare la politica della Chiesa alle nuove situazioni. Il suo influsso è archivisticamente documentato per vari interventi di Pio IX, volti ad incoraggiare l'effiscopato subalpino a rassegnarsi alla fine della sanzione civile alla censura preventiva religiosa sulla stampa e a raccomandare al clero svizzero un maggior riserbo nella politica. Partecipò poi attivamente alla redazione dello statuto, riconoscendone la liceità morale e la ineluttabilità politica, e suggerendo vari miglioramenti al progetto, per salvaguardare meglio l'indipendenza del papa nel governo della Chiesa e diminuire l'ambiguità del concetto di "affari misti", sottratti alla competenza del Parlamento.

Dopo l'intervento sardo contro l'Austria, il C., convinto della legittimità dell'insurrezione lombarda e di un'eventuale partecipazione del papa alla guerra, stese il proclama pontificio del 30 marzo, calda interpretazione religiosa della lotta europea contro il potere asburgico. Il 10 aprile venne inviato in missione speciale al campo di Carlo Alberto, per ottenere un prestito, ma soprattutto per sollecitare nuovamente la stipulazione di una lega difensiva, e chiarire i limiti, difensivi, di una possibile utilizzazione delle truppe pontificie.

Dal teatro di operazioni cercò a più riprese di persuadere Pio IX ad abbandonare la sua ambigua neutralità. e probabilmente dette l'impressione di un'adesione alla causa italiana superiore alle reali intenzioni dei pontefice. Se il Cessi ha sostenuto la piena identità delle posizioni del papa e del suo legato, il Pirri (La missione ...) ha documentato obiettivamente che il C. difendeva una linea differente in vari punti dalle istruzioni avute.

L'allocuzione del 29 aprile colse di sorpresa il C., che vide rifiutata la politica da lui raccomandata e resa inutile la sua missione. Abbandonata in fretta la Lombardia, si ritirò per qualche tempo a vita privata, pur conservando le cariche. Ebbe però una certa parte nella genesi della lettera di Pio IX a Ferdinando d'Austria del 3 maggio. In agosto, dopo la caduta del ministero Mamiani, venne invitato ad assumere la direzione effettiva del governo, di cui però altri avrebbe dovuto essere il titolare nominale: proposta ovviamente rifiutata per la sua ambiguità. Vicino al papa anche nei mesi seguenti, preparò un proclama piuttosto lontano dalla realtà politica, che avrebbe dovuto essere firmato da Pio IX per annunziare la sua fuga da Roma: il progetto venne poi abbandonato. Dalla capitale, che non abbandonò mai, il C. si mantenne in stretto contatto con Pio IX; il suo influsso politico era però ormai molto scarso, ed egli assistette impotente e con amarezza a quella politica che bollò con un termine accettato dalla storiografia dei nostri giorni, "reazionaria e imperita".

Gli affari politici assorbirono solo parzialmente il tempo e le energie del C., che fu consigliere ascoltato e incaricato di fiducia in molte questioni attinenti al governo della Chiesa. La sua attività, lungi dal diminuire, si intensificò quando venne messo da parte nell'indirizzo politico generale. Nei primissimi giorni dei ponti.. ficato piano difese l'istituzione in Irlanda di università interconfessionali, proposta dal governo britannico, e fortemente osteggiata dall'episcopato irlandese e da molti consultori romani, avversi ad ogni istituzione non strettamente confessionale, il parere del C., che mostra una esatta conoscenza della situazione irlandese e una forte aderenza alla realtà, piuttosto rare nella Curia, se non valse ad impe.dire la condanna dell'iniziativa, dovuta alle reiterate pressioni dell'episcopato locale, contribuì almeno a rinviare di un anno la decisione del papa. Rappresentò la S. Sede nelle laboriose trattative per tre concordati, con la Prussia, Toscana e Cile, che si succedettero con ritmo serrato dal 1846 al '48.

Il C. fu l'anima della resistenza alle esorbitanti pretese della Russia durante i negoziati avviati già sotto Gregorio XVI, ripresi sotto Pio IX e conclusi con l'accordo parziale dell'agosto 1847: la fermezza e il tatto gli accattivarono la simpatia dei suoi stessi antagonisti russi. Più fortunati, almeno immediatamente, furono i negoziati con la Toscana, condotti insieme al card. L. Vizzardelli, che portarono al protocollo del 30marzo 1848, mai ratificato dal governo toscano: la S. Sede otteneva piena vittoria sul giuri, sdizionalismo vigente dai tempi di Pietro Leopoldo, e il largo appoggio statale la compensava della parziale rinunzia ad alcuni privilegi, come il foro, ecclesiastico. Ancor più evidente è la parte che ebbe nelle discussioni con l'inviato cileno R. L. Irarrázaval, giunto a Roma nel 1847 con la speranza di ottenere il riconoscimento dei diritto di patronato, e costretto a una snervante attesa fin che Pio IX affidò al C. la questione. Questi in due riprese, nell'estate del 1848 e in quella del 1849, propose un compromesso, che evitava la scottante questione del patronato, ma concedeva vari privilegi allo Stato; la malattia del plenipotenziario pontificio e il mutamento generale della situazione, facendo passare l'affare in mani meno delicate, portarono poco dopo al ritiro della missione cilena.

Aveva intanto condotto in porto una spinosa questione da tempo pendente, il cosiddetto scisma di Goa, concluso alla fine del 1848., proprio quando il prestigio politico del papa era nel più forte ribasso, con la "promozione" del principale responsabile, l'arcivescovo di Goa G. M. da Silva Torres, ad una sede europea.

Il C. dovette occuparsi anche della polemica che si era accesa intorno al saggio sulle Cinque piaghe della S. Chiesa. È sua la redazione, su preghiera del Rosmini, della lettera al papa firmata poi dal filosofo, che chiariva i punti controversi del libro. La mediazione del C. non valse però a controbilanciare il partito avverso, né ad impedire la condanna di questa opera e dell'altra sulla Costituzione secondo la giustizia sociale, entrambe edite dal Rosmini nel primo semestre del '48.

Anche neì tormentati periodi dì Gaeta, il C. non rallentò l'attività. Due significative lettere, una al nunzio a Parigi mons. R. Fornari, redatta dal C. e firmata dal card. G. Soglia, e l'altra al nunzio a Monaco mons. C. Sacconi, firmata dal C., rispettivamente del 21 nov. e dell'8 dic. 1848, mettevano in luce tutta una linea che si andava sviluppando, dalla fine del Settecento e che avrebbe raggiunto il suo culmine negli ultimi anni del pontificato piano: la' sconfitta delle idee gallicane e febroniane favorevoli a una larga autonomia delle Chiese locali nei confronti di Roma, e la vittoria del movimento centralizzatore. Risale ugualmente a questo periodo un ampio rapporto sulla situazione della Chiesa in Francia, vista sotto un profilo prevalentemente giuridico, di estremo interesse per comprendere il punto di vista con cui Roma vedeva le diverse questioni pendenti in quel paese.

Fiaccato nel fisico da una lunga malattia, amareggiato ed isolato, il C. non poté nemmeno salutare Pio IX al suo ritorno a Roma. Si spense il 30 luglio 1850.

La sua morte privò Pio IX di uno dei suoi più intelligenti consiglieri, che, unendo un'assoluta fedeltà al papa ad un sano realismo ed a una viva sensibilità per i valori nazionali, e godendo di un vero affetto da parte del pontefice, avrebbe forse avuto la possibilità di svolgere un ruolo moderatore e conciliatore nelle crisi degli anni seguenti, ìn contrasto con la linea sostenuta dal cardinale Antonelli.

Fonti e Bibl.: Documenti vari relativi alle famiglie Corboli e Picenardi sono nell'Arch. Sommi Picenardi a Olgiate Molgora (Como). Larga parte del carteggio del C. è conservata in vari fondi dell'Arch. Segr. Vaticano, e precis.: Arch. Pio IX, Stato Pontificio, Particolari, n. 1, Missione in Piemonte: Corrisp. con Pio IX dalla Toscana, da Torino e da Modena, agosto-novembre 1847; Segr. di Stato 1848, 113, fasc. 1-4: Corrisp. di Corboli Bussi con la segret. di Stato durante la missione in Piemonte;165, fasc. 4-6: Istruzioni per la missione al campo di Carlo Alberto nell'aprile 1848. Varie lettere del C. a Pio IXsono in Arch. Pio IX, Stato Pontificio, Particolari, nn. 8, 30, 33; Ibid., Varia, nn. 502, 512; Ibid., Cass. VIII, Minute autografe; Ibid., Portogallo, Particolari; Ibid., Austria, Particolari. Altre lettere sono in Arch. di Stato di Firenze, Segr. Gabinetto, App., filza 20, ins. 11, il C. a Leopoldo II, 3 febbr. '48; Ibid., filza 20, ins. 11; il C. a mons. Boninsegni, 27 marzo '48. Docum. di mano del C. nell'Arch. Segr. Vat. sono in Segr. di Stato 1847, 157.3, minuta dell'editto sulla stampa del 15 marzo '47, redatta dal C.; Ibid., 113.1, circolare sull'ordine pubblico e sulla guardia civica; Ibid., Epist. ad Princ., 263 [1848], n. 51, Positio della lettera di Pio IX a mons. Marilley, 21 genn. '48, sull'atteggiamento del clero nelle lotte polit. svizzere: parere del C.; n. 94, Positio della lettera di Pio IX all'episcopato piemontese, 6 apr. '48, sull'atteggiamento da seguire di fronte alle nuove leggi sulla stampa: progetto del C.; Ibid., Arch. Pio IX, Varia, n. 161, relaz. sulla situazione della provincia ecclesiastica del Reno; n. 475, minuta di un proclama ined. per la fuga del papa, redatto dal C.; Ibid., Epist. ad Princ., 264 [1849], n. 79, Positiones, card. Soglia, segretario di Stato, al nunzio a Parigi, mons. Fornari, 21 nov. '48, sul motivi pro e contro la convocazione di un concilio nazionale in Francia (minuta autografa del C. in Città del Vaticano, Arch. Aff. Eccl. straord., Austria, concordato del 1555, I, 1851-55, scatola 56); Ibid., Epist. ad Princ., 264 [1849], n. 78, posit.:il C. al nunzio a Monaco, mons. Sacconi, 7 dic. '48, sui motivi pro e contro la convocazione di un concilio nazionale in Germania; Arch. Aff. Eccl. straord., A III, Cile, pos. 52, fasc. 91-92 e 97; Ibid., Rapporti delle sessioni della S. C. degli Aff. Eccl. straord., 21, ff. 5557, 68-69: negoziati sugli affari cileni; Roma, Arch. d. Congreg. di Propaganda Fide, Acta Congr. Gen. 209 [1846], ff. 263-71; 211 [1848], ff. 403-406: voto del C. "sopra la questione insorta fra i vescovi d'Irlanda per occasione della legge sui collegi Nazionali"; Ibid., Aff. Eccl. straord., P. II, 145: parere su La costituzione secondo la giustizia sociale di A. Rosmini; Rapporto di mons. G. Corboli Bussi, segret. della S. C. degli Affari Ecclesiastici straord., spedito a Sua Santità a Gaeta in occasione dei sinodi che erano per celebrarsi dall'episcopato francese nell'anno 1849, Roma 1851 (ampia Positio stampata, conserv. nell'Arch. Aff. Eccl. straordinari;una copia nella Bibl. Apost. Vat.); Arch. Segr. Vat., Arch. Pio IX, Varia, n. 568 (testamento). Altri studi e memorie stese dal C. come consultore di vari dicasteri sono citati in A. Manno, L'opin. religiosa e conservatrie in Italia dal 1830 al 1850ricercata nelle corrispondenze e confidenze di mons. G. C. B., Torino 1910, pp. XIX-XXI (trenta voci complessive). Si vedano infine P. Pirri, Rapporti di mons. C. B. dal quartiere generale di Carlo Alberto (aprile 1848), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, IV (1950), pp. 399-446; S. Oszamowska Skowroúska, Le concordat de 1847avec la Russie. D'après les docum. authentiques, in Sacrum Poloniae Millennium, IX, [Roma] 1963 (vari documenti stesi dal C. o a lui indirizzati: cfr. nn. 5-9, 35, 43, 48-50, 52, 54-56, 58-60, 62-67). Dell'attività del C. parlano quasi tutte le opere relative al pontificato dì Pio IX negli anni 1846-50, e tutti gli studi sulle trattative per la lega doganale e politica. Si vedano particolarmente: A. Manno, Carattere e religiosità a proposito di alcune memorie intime del conte F. Sclopis, Torino 1880 p. ss; A. Boudou, Le St. Siège et la Russie, I, Paris 1922, pp. 471-556; P. Pirri, La missione di mons. C. B. in Lombardia e la crisi della politica italiana di Pio IX (aprile 1848), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, I (1947), pp. 38-84; R. Cessi, Ilproblema della guerra e della Pace nell'azitme diplom. di Pio IX durante la crisi bellica del 1848, ibid., III (1949), pp. 365-408; G. Pagani-G. Rossi, Vita di A. Rosmini, II, Rovereto 1955, pp. 221-226; C. Oviedo Cavada, La mision Irarrdzaval en Roma, 1847-1850, Santiago de Chile 1962; G. Martina, Pio IX e Leopoldo II, Roma 1967, pp. 71-100, 142-150; Id., La censura romana del 1848alle opere di Rosmini, in Riv. rosminiana, LXII (1968), pp. 384-409; LXIII (1969), pp. 24-49; Id., Pio IX (1846-1850), Roma 1974, ad Indicem;Id., La situazione della Chiesa in Francia alla metà dell'Ottocento nel pensiero di mons. C. B., in Miscellanea A. P. Frutaz, Roma 1978, pp. 385-418 (con bibl. completa sul Corboli Bussi).

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