ACQUABIANCA, Giovanni d'

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ACQUABIANCA, Giovanni d'

Mario Del Treppo

Giurista di fama, insegnò verso il 1316 diritto civile alla università di Napoli; certo nel 1316 fu inviato da re Roberto in Germania per la questione del matrimonio tra Carlo, duca di Calabria, e Caterina d'Austria, vedova di Enrico VII di Lussemburgo. Venne nominato, poi, Maestro Razionale della Magna Curia. Nel 1319, datasi Brescia in signoria a Roberto per esser difesa da Cangrande della Scala, l'Angioino vi mandò quale suo vicario l'Acquabianca. Questi, per alleggerire la pressione ghibellina di Cremona su Brescia guelfa, favorì il tentativo di Giacomo Cavalcabò per tornare in possesso di Cremona e nel novembre 1319 fu al comando delle truppe bresciane che con lo stesso Cavalcabò e con Gilberto da Correggio occuparono di sorpresa la città il 29 novembre. Durante queste operazioni militari, i Bresciani, però, insorsero, saccheggiarono la residenza dell'A. e si elessero come vicario Simone Tempesta.

Secondo E. Cavriuolo (Dell'istorie della città di Brescia, libri XIV, Venezia 1744, p. 128), la rivolta contro l'A. sarebbe stata determinata per l'offesa da lui arrecata ad Andriola, figlia di Negro da Poncarale. Il fatto, raccontato anche in una novella del Decamerone del Boccaccio (giornata IV, novella VI), e giudicato storico dal Manni e dal Bartoli, che pensa ad una tradizione orale, è stato invece revocato in dubbio dal Landau. Anche recentemente V. Branca, nel suo commento al Decamerone, ritiene che il Cavriuolo abbia tenuto presente il Boccaccio per colorire colla sua novella le vicende della cacciata dell'Acquabianca.

Carlo, in ogni modo, lagnandosi in una sua lettera per la ribellione, ma confermando come suo vicario il Tempesta, ammette che l'A. possa essersi reso responsabile di eccesso di potere.

L'A., in seguito (1327), andò ad occupare la carica di siniscalco di Provenza e Forcalquier. Qui, nel maggio 1329, lo raggiunse la nomina a procuratore del sovrano per le trattative di pace tra l'Angioino, da una parte, e Filippo, conte di Savoia, Teodoro I, marchese di Monferrato e Manfredo IV di Saluzzo, dall'altra, da condursi alla presenza del papa, ma del cui esito nulla sappiamo. Sposò Sancia di Maddaloni, già moglie di Giacomo Pignatelli, dalla quale ebbe la figlia Selamunda: ambedue le donne furono dame di corte della regina Sancia.

L'A. morì non molto prima del 1334.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, ms. De Lellis, Notamenta, IV, parte I, p. 1318; Iacobi Malvecii, Chronicon, in Rer. Italic. Script., XIV, Mediolani 1729, coll. 993-994; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, II, Napoli 1860, pp. 251, 269 ss., 458; L. Bertano, Serie dei siniscalchi di Provenza, in Bollett. stor.-bibliograf. subalpina, IV (1899). p. 59, 62; G. M. Monti, Storia dell'Università di Napoli. L'età angioina, Napoli 1924, p. 81; Id., La dominazione angioina in Piemonte, Torino 1930, pp. 170, 371 ss.; A. Cavalcabò, Le ultime lotte del Comune di Cremona per l'autonomia, Cremona 1937, p. 155. Per la questione della rivolta di Brescia e per quella del Boccaccio in particolare si vedano: D. M. Manni, Istoria del Decamerone, Firenze 1742, p. 293; A. Bartoli, I precursori del Boccaccio e alcune delle sue fonti, Firenze 1876, p. 44; M. Landau, Die Quellen des Decameron, Stuttgart 1884, p. 320; G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, I, Firenze 1951, pp. 520-531.

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