GIOVANNI da Correggio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GIOVANNI da Correggio (Giovanni Mercurio da Correggio)

Simona Foà

Nacque nel 1451, se si considera attendibile l'indicazione contenuta nella Epistola Enoch di Ludovico Lazzarelli, nella quale si afferma che al momento del suo viaggio a Roma, dove entrò la domenica delle palme del 1484, G. aveva 33 anni (è comunque da tenere presente che tutti gli elementi relativi a questo viaggio a Roma presenti nell'Epistola Enoch rivestono un preciso intento simbolico, e che quindi anche i 33 anni potrebbero in realtà essere un riferimento all'età che secondo la tradizione Cristo aveva al momento della sua entrata a Gerusalemme). Il padre si chiamava Bartolomeo, se è da accettare l'ipotesi di P.O. Kristeller (1956, p. 256), che ha identificato in G. il "Giovanni di Bartolome da Choreggio" che nel giugno 1494 scriveva da Lucca a Piero de' Medici.

Appartenne forse alla nobile famiglia dei da Correggio. Il cronista cesenate G. Fantaguzzi si riferisce a G. indicandolo come "uno de li signori de Carpo", che erano imparentati, proprio negli anni in cui visse G., con la famiglia da Correggio. Pietro Aleandro afferma invece: "tenevasse dal vulgo fusse signor da Corezo" (Vecce, p. 16).

Sembra sia da far risalire al 1481 la conoscenza di G. con Ludovico Lazzarelli, umanista marchigiano che coltivava, fra gli altri, interessi per la letteratura ermetica e che ha trasmesso alcune tra le più significative testimonianze a lui relative. Proprio in riferimento all'ermetismo G. accostò al proprio il nome aggiuntivo "Mercurio", da Mercurio Trismegisto ritenuto autore delle più importanti opere ermetiche allora conosciute.

Al 1482 risale la datazione del codice conservato a Viterbo, Bibl. comunale degli Ardenti, ms. II.D.I.4, forse autografo dello stesso Lazzarelli, contenente testi ermetici: il Pimander tradotto da Marsilio Ficino, l'Asclepius e le Diffinitiones Asclepii. Questo codice contiene, unico testimone, le prefazioni ai tre testi indirizzate dal Lazzarelli a G. (Kristeller, 1956, pp. 242-246), nelle quali l'autore si professa suo discepolo e seguace: "Mercuri pater et patria pietate magister / o mihi divini numinis instar" (ibid., p. 244).

È ancora Lazzarelli che ci fornisce la maggior parte delle notizie relative all'evento della vita di G. che ebbe maggiore eco fra i contemporanei, ossia la visita a Roma del 1484. La domenica delle palme, corrispondente all'11 aprile, G. entrò a Roma, presentandosi come profeta e nuovo messia, vestito di nero, con una corona di spine sulla testa, cavalcando un "nigrum frementemque equum" (Epistola Enoch, p. 37) e con al seguito la moglie, i figli e i suoi discepoli. Lo scritto del Lazzarelli principale fonte di notizie su questo evento è l'Epistola Enoch de admiranda ac portendenti apparitione novi atque divini prophetae ad omne humanum genus, nella quale il viaggio di G. si viene a configurare come una vera e propria apparizione: "Anno hoc enim ab incarnatione filii dei MCCCCLXXV [sic, ma è un errore di datazione in quanto Sisto IV nel 1485 era già morto e il Fantaguzzi parla dello stesso viaggio a Roma ponendolo tra gli avvenimenti del 1484] tertio idus aprilis, in solemnitate palmarum […] sedente Xysto quarto pontifice maximo, et imperante romanorum caesare Federico tertio, Pontifici presulibus sacerdotibus principibus totique populo homo quidam in signo nomine verbo ac spiritu universi atque tremendi iudicis in urbe Roma manifestus apparuit" (p. 37).

Tutto il testo dell'Epistola Enoch (stampata, con dati tipografici incerti, forse a Milano, dall'editore Pachel nel 1490), da considerarsi come testimonianza delle istanze del profetismo che tra la seconda metà del XV e la prima metà del XVI secolo, in varie forme, animò in particolare i territori dell'Italia centrosettentrionale, più che per il suo valore di testimonianza storica, è intessuto di simboli e immagini tratte dal testo biblico e da testi ermetici, coerenti da una parte con la figura di G., che voleva presentarsi come nuovo messia e nuovo Mercurio Trismegisto, e "sapientiae angelus Pimanderque", dall'altra con la cultura di Ludovico Lazzarelli che di questa simbologia nutrì gran parte della sua produzione successiva all'incontro con Giovanni da Correggio. Garin (1980) ha individuato in un Liber Mercurii conservato a Firenze, Bibl. nazionale, ms. II.III.214, una simbologia simile a quella presente nel rituale esposto nell'Epistola Enoch.

Al ritorno da questo viaggio a Roma, durante il quale incontrò il papa, diversi prelati e il popolo, G. tornò a Bologna, dove probabilmente soggiornava in quel periodo e dove fu inquisito per eresia e imprigionato.

Nella Pasqua del 1486 si recò a Firenze, di passaggio verso la Francia, ma fu anche qui catturato, subì gli interrogatori dell'inquisitore francescano e fu messo ai ceppi pubblicamente. Secondo il dispaccio proveniente da Firenze e inviato al duca Ercole I d'Este, fonte della notizia di questo passaggio fiorentino, in questa occasione G. tentò anche il suicidio: "detto Mess. Giovanni disperato ha battuto il capo in su 'l ceppo, e con le mani si ha stracciata tutta la carne dal capo, per il che si dubita ch'egli morirà" (Garin, 1988, p. 57). Del suo passaggio a Firenze si ha notizia anche da un epigramma di Naldo Naldi.

Sopravvissuto al procedimento inquisitoriale fiorentino, che non sarebbe stato l'ultimo, G. continuò la sua missione di novello messia sia in Italia, sia in Francia. Fu a Lucca probabilmente nel 1494; nel 1497 è segnalata la sua presenza a Venezia, mentre ancora il Fantaguzzi ci dà notizia che G. nel 1499 passò da Cesena diretto a Roma. Fu durante questo soggiorno romano che G. presumibilmente compose l'Oratio ad sanctam crucem, stampata a Roma nel 1499. Non si sa con precisione se soggiornasse a Roma anche tra il 1492 e il 1499; G. fu forse anche a Ferrara, come ci indicherebbe una testimonianza di Avraham Farissol e il fatto che un suo sonetto fu commentato da Carlo Sosenna, professore presso lo Studio ferrarese.

Del viaggio in Francia compiuto nel 1501, durante il quale fu ricevuto dal re Luigi XII, si hanno diverse testimonianze. Pietro Aleandro data l'arrivo di G. a Lione il 18 giugno. Di contatti con la corte francese si ha notizia anche in precedenza dal dispaccio fiorentino a Ercole d'Este; poiché è anche noto un suo scritto in cui egli difendeva il re francese contro le pretese di papa Giulio II (cfr. Kristeller, 1996), si potrebbe, seppur con molte cautele, ipotizzare un coinvolgimento e un uso diplomatico di G. e della sua fama da parte di Luigi XII. Pietro Aleandro scrive: "A presso barbari lo ordine et lo habito che tien costui assai vale" (Vecce, p. 17). Le testimonianze relative al soggiorno francese di G. nel 1501 sono rappresentate da due lettere di Pietro Aleandro a Marin Sanuto e dal Chronicon Sponheimense e dagli Annales Hirsaugienses di Giovanni Tritemio. Anche il viaggio in Francia assunse i caratteri di una apparizione legata a rituali religiosi e magici; G. fece dono a Luigi XII di un'opera alchemica che è stata identificata con il codice viterbese forse autografo di Ludovico Lazzarelli sopra citato. Fu anche grazie alla presenza di G. in Francia che si ebbe la diffusione delle idee e degli scritti ermetici prodotti in Italia e che furono così importanti, fra gli altri, per Jacques Le Fèvre d'Étaples.

L'ultima notizia relativa a G. risale al 1506, anno in cui è datato il suo scritto De quercu Iulii pontificis, sive De lapide philosophico liber nel codice conservato presso la British Library di Londra, cod. Harl. 4081. Si ignora la data e il luogo della sua morte.

La componente in qualche modo esibizionistica della predicazione di G. è stata bene messa in luce dalla testimonianza di un suo contemporaneo, Vincenzo Colli detto il Calmeta, che in una prosa dedicata all'ostentazione così tratta di G.: "da un'altra specie di vanagloria tirato, avendo gran tempo circa la dottrina cabalistica e 'l Testamento Vecchio data opera, secondo egli predicava, or vestito di sacco e or con corona di spine, or con qualche altra ostentazione, essendo di facondia e di ardente prononcia dalla natura dotato, va peregrinando con una certa sua fantasia non solo di far ammirare il volgo, ma se possibile è, d'essere adorato".

G. ha lasciato anche alcuni scritti. Il trattato di medicina Contra pestem ac contra omnem ipsius epidimie perniciosissima contagionem è stato pubblicato in ristampa anastatica di un probabile incunabolo senza dati tipografici da W.B. McDaniel, accompagnato da una traduzione inglese (pp. 98-111). Per trattare la peste G. si servì di nozioni attinte più che dalla medicina ufficiale, della quale G. non aveva certo una conoscenza derivante da studi accademici, dalle sue conoscenze magiche e alchemiche. Di G. si conservano anche la già ricordata Oratio ad sanctam crucem, le Exhortationes in barbaros, Turcas, Schythas, pubblicate a Lione nel 1501 (su un esemplare manoscritto di quest'opera, cfr. Kristeller, 1960, p. 32) e un sonetto di argomento religioso indirizzato ad Alessandro VI conservato nel ms. Sessoriano 413 della Biblioteca nazionale di Roma, c. 140, insieme con il commento che ne fece Carlo Sosenna. Il sonetto, che nel manoscritto viene presentato come "Sonetto di uno chiamato hermes iunior il quale disputa et predica publicamente cose meravigliose sopra natura e nove giunto a Roma novemente cum gran seguito comentato per messer Carlo Susenna in Ferrara," è stato pubblicato con il commento da Kristeller (1956, pp. 253-255). Indirizzati a Giulio II sono due scritti di cui si sa molto poco: il già ricordato De quercu Iulii pontificis, e uno scritto in difesa di Luigi XII re di Francia, di cui Kristeller (1996) non indica né il titolo né il luogo di conservazione.

Fonti e Bibl.: G. Tritemio, Chronicon Sponheimense, in Id., Opera historica, a cura di M. Freher, II, Francofurti 1604, p. 414; Id., Annales Hirsaugienses, II, Monasterii S. Galli 1690, pp. 584 s.; G. Fantaguzzi, "Caos". Cronache cesenati del sec. XV, a cura di G. Bazzocchi, Cesena 1915, p. 19; L. Lazzarelli, Epistola Enoch, a cura di M. Brini, in Testi umanistici su l'ermetismo, Roma 1955, pp. 34-44; V. Calmeta, Prose e lettere edite e inedite, a cura di C. Grayson, Bologna 1959, p. 58; K. Ohly, Johannes "Mercurius" Corrigiensis, in Beiträge zur Inkunabelkunde, n.s., II (1938), pp. 133-142; W.B. McDaniel, An hermetic plague-tract by Johannes Mercurius Corrigiensis, in Transactions and studies of the College of physicians of Philadelphia, s. 4, IX (1941-42), pp. 96-111, 217-225; M. Brini, Introduzione e note, in L. Lazzarelli, Epistola Enoch, cit., pp. 23-33, 44-50; P.O. Kristeller, Marsilio Ficino e Lodovico Lazzarelli: contributo alla diffusione delle idee ermetiche nel Rinascimento, in Id., Studies in Renaissance thought and letters, Roma 1956, pp. 221-247, 586; Id., Ancora per G. Mercurio da C., ibid., pp. 249-257; Id., Ludovico Lazzarelli e G. da Correggio. Due ermetici del Quattrocento, e il manoscritto II.D.I.4 della Biblioteca comunale degli Ardenti di Viterbo, in Biblioteca degli Ardenti della città di Viterbo. Studi e ricerche nel 150° della fondazione, a cura di A. Pepponi, Viterbo 1960, pp. 15-37; D.B. Ruderman, G. Mercurio da C.'s appearance in Italy as seen through the eyes of an Italian Jew, in Renaissance Quarterly, XXVIII (1975), 3, pp. 309-322; E. Garin, Medioevo e Rinascimento, Roma-Bari 1980, pp. 43-45; D.B. Ruderman, The world of a Renaissance Jew. The life and thought of Abraham ben Mordecai Farissol, Cincinnati 1981, pp. 24, 35-40, 128, 187 s.; E. Garin, Ermetismo del Rinascimento, Roma 1988, pp. 52-63; C. Vecce, Iacopo Sannazaro in Francia. Scoperte di codici all'inizio del XVI secolo, Padova 1988, pp. 16-19; P.O. Kristeller, Renaissance manuscripts in Eastern Europe, in Id., Studies in Renaissance thought and letters, IV, Roma 1996, p. 412; M.P. Saci, Ludovico Lazzarelli da Elicona a Sion, Roma 1999, pp. 67-75, 99-101; F. Troncarelli, Il profeta di Correggio, in Presenze eterodosse nel Viterbese tra Quattro e Cinquecento. Atti del Convegno, in corso di stampa.

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