GIOVANNI da Padova

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI da Padova

Giovanni Rodella

Nacque, come si desume dall'atto di morte (Rodella, 1988), intorno al 1428-29, da famiglia padovana. La sua formazione avvenne molto probabilmente nell'ambito di quella cultura tecnologica veneto-lombarda assai attiva nel territorio della Serenissima e in buona parte protesa, tra il 1440 e il 1460, a dare forte incremento alle opere idrauliche dell'entroterra veneziano, in particolare alla grandiosa impresa della deviazione della foce del Brenta (ibid., p. 53 n. 1). G. svolse, come ingegnere, una parte di fondamentale importanza presso la corte gonzaghesca in quanto attese, per tutto l'arco della seconda metà del Quattrocento, alle principali imprese edilizie e di riorganizzazione idraulica e difensiva della città di Mantova e del suo territorio (Carpeggiani). È solo nel 1455 che G. appare, per la prima volta, al servizio dei Gonzaga (Rodella, 1988, p. 61 n. 14); e, salvo alcuni sporadici ritorni nella sua città natale o altri brevi periodi di permanenza in altri Stati italiani, dove venne mandato a prestare la sua consulenza, rimase a Mantova fino alla morte.

Tra i primi incarichi affidatigli dal marchese Lodovico II Gonzaga G. ebbe il compito di assistere, nel 1455, il grande ingegnere milanese Bertola da Novate chiamato a Mantova per la progettazione, lo scavo e la costruzione delle prime infrastrutture del canale navigabile che doveva congiungere la città all'importante centro di Goito (Id., 1985, pp. 11-27). La costruzione del naviglio venne poi proseguita - probabilmente secondo la generale impostazione data da Bertola - dallo stesso G. e portata complessivamente a termine nel 1461.

Il canale, quasi parallelo a un tratto del fiume Mincio, fu realizzato per coprire un dislivello di circa 13 m e rendere così più agevoli, al marchese Lodovico e alla corte, gli spostamenti tra Mantova e Goito, sede quest'ultima di una delle più prestigiose residenze del territorio gonzaghesco (Minghetti, pp. 5-11). Il naviglio avrebbe inoltre permesso il trasporto di materiali edilizi (quali sabbia, calce, laterizi) estratti o prodotti in località vicine del Mantovano e anche più lontane (marmi e legnami provenienti dai porti del lago di Garda), buona parte dei quali sarebbero serviti per il rinnovo e l'ampliamento della residenza gonzaghesca a Mantova e per i cantieri delle grandi chiese progettate da Leon Battista Alberti (chiesa di S. Sebastiano e basilica di S. Andrea). Le otto conche di navigazione, di cui venne dotato il canale, permisero anche lo sfruttamento dell'energia idraulica per il funzionamento di mulini e altri opifici, quali cartiere e folli. G. fu spesso impegnato nella manutenzione di questa via d'acqua e delle sue strutture - argini, porte delle conche, ponti - che spesso dovettero essere riparate o addirittura rifatte. Si evidenziava in questo senso il carattere di "perfettibilità" della via d'acqua, frutto di una tecnica idraulica ancora agli inizi e fondata su cognizioni ed esperienze costruttive ancora molto imperfette, che trovavano la loro verifica solo in sede di cantiere (Rodella, 1988, pp. 77-97).

G. fu spesso occupato anche in opere di rafforzamento della chiusa di Governolo, da considerarsi il perno di tutto il sistema idrico del Mincio, in quanto serviva, innanzitutto, a regolare il livello del fiume, che per la città di Mantova, completamente circondata dalle sue acque, costituiva la più importante difesa. La chiusa, oltre a fungere poi da sbarramento alle acque del Po nei periodi di piena, impedendone la risalita nel Mincio, grazie all'opera di G. venne a fungere sempre più da importantissimo strumento di sostegno per la navigazione fluviale (De Leva, p. 7; Rodella, 1988, pp. 97-106).

Gli altri impegni affidatigli dai Gonzaga nel campo dell'idraulica furono per G. molteplici e consistettero anche in opere di rafforzamento dei sistemi di arginatura, di costruzione di nuove chiuse, di miglioramento dei sistemi di approvvigionamento idrico dei fossati delle fortezze, delle fontane e dei canali che dovevano assicurare il funzionamento di mulini e opifici. In alcuni periodi di guerra G. fu inoltre impegnato in operazioni di tipo difensivo, consistenti nell'allagamento dei territori di confine dello Stato gonzaghesco, mediante la rottura degli argini dei fiumi o l'apertura delle chiuse.

Fu soprattutto nella veste di ingegnere idraulico che G. venne spesso mandato dai Gonzaga presso le principali corti italiane a prestare la propria opera e consulenza: nel 1471 fu a Napoli presso Ferrante I d'Aragona al fine di rendere navigabile un tratto del fiume Volturno; nel 1486 si recò a Lucca dove era stato chiamato per lavori di bonifica nel territorio di quella città (Carmassi, 1920, pp. 11 s., 27); nel 1492 fu a Vigevano, dove Ludovico il Moro lo trattenne per mostrargli alcune opere idrauliche e avere da lui un parere in merito. Non è da escludere che in quell'occasione G. possa aver avuto contatti con lo stesso Leonardo da Vinci che in un suo manoscritto mostrò di avere assai apprezzato un certo "Giovanni mantovano", da identificarsi forse con l'ingegnere padovano (Rodella, 1988, pp. 113 s.).

Per quanto concerne l'attività più propriamente architettonica, G. si dedicò soprattutto al settore dell'architettura castrense del territorio gonzaghesco, in particolare all'ampliamento e alla riqualificazione in senso residenziale di preesistenti edifici fortificati, che erano spesso inglobati negli antichi circuiti murari dei paesi, nei punti di maggiore importanza strategica. In proposito sono da ricordare innanzitutto le rocche-palazzo di Cavriana (Mazzoldi, p. 32) e di Goito (Rodella, 1988, pp. 130-140), delle quali rimangono oggi pochi ruderi, che rappresentarono sedi particolarmente privilegiate, destinate non solo, per l'amenità dei luoghi, al soggiorno della corte gonzaghesca, ma anche al controllo agricolo e militare delle zone circostanti.

La complementarietà delle funzioni a cui le due rocche-palazzo furono destinate determinò certamente una configurazione architettonica piuttosto eterogenea: gli originari impianti, già probabilmente predisposti secondo gli schemi castrensi di pianta quadrilatera con torri angolari, vennero a qualificarsi in senso residenziale con l'inserimento di nuovi elementi, quali porticati, loggiati, finestre, fregi e decorazioni dipinte, tratti dal nuovo lessico d'importazione toscana e diffuso a Mantova dall'architetto Luca Fancelli.

Tra il 1458 e il 1462 G. attese dapprima ai lavori della rocca di Cavriana, che venne pure potenziata dal punto di vista militare. Alla rocca di Goito l'ingegnere rimase occupato soprattutto tra il 1462 e il 1467; e pochi anni più tardi provvide pure alla sistemazione del vastissimo parco adiacente, che venne dotato di impianti idraulici per il funzionamento di alcune fontane (ibid., pp. 136-138).

Alla decorazione interna di queste due prestigiose residenze fu impegnato anche Andrea Mantegna, stabilitosi a Mantova tra il 1459 e il 1460, a seguito dell'azione pressante del marchese Lodovico che, per avere al suo servizio il grande pittore, si era servito anche dell'intervento diretto di G., conterraneo dell'artista. La probabile conoscenza di Mantegna da parte di G., ancor prima della loro venuta a Mantova, può far supporre che G. fosse stato in qualche modo partecipe anche del rivoluzionario ambiente artistico padovano della metà del Quattrocento. Una sensibilità in senso umanistico che si confermerebbe nella partecipazione di G. a una escursione archeologica svoltasi nel 1464 sul lago di Garda in compagnia dello stesso Mantegna, del letterato e antiquario Felice Feliciano e del pittore Samuele di Tradate (Kristeller, p. 472 doc. 15; Rodella, 1988, p. 57). I rapporti con Mantegna si mantennero, probabilmente, abbastanza costanti, come confermerebbe la diretta partecipazione di G., tra il 1468 e il 1473, alle opere di edificazione di una casa del pittore a Goito (Rodella, 1976, pp. 300-305).

A questo proposito è da ricordare anche che nel 1481 il pittore era presente a Marmirolo, presso Mantova, per dare dirette istruzioni allo stesso G. impegnato in opere di rinnovamento di un'altra residenza che i Gonzaga possedevano in quella località.

In vario modo G. partecipò pure al rinnovo o all'ampliamento di altri importanti residenze gonzaghesche del territorio, quali la rocca di Borgoforte (1473-75), i palazzi di Saviola (1473, 1475, 1478) e di Gonzaga (1467-68: Id., 1988, pp. 151 s.). Fu inoltre chiamato dai rappresentanti di alcuni rami collaterali della famiglia Gonzaga per il ripristino in senso residenziale della rocca di Bozzolo (1479), per i progetti di ripotenziamento delle fortificazioni di Castelgoffredo (1480) e di costruzione di una nuova rocca di Castiglione delle Stiviere (1491). Anche alcune piccole signorie, vicine al marchesato gonzaghesco, quali i Pio di Carpi (1478), i Torelli di Montechiarugolo (1485) e i Pico di Mirandola (1489), si avvalsero della consulenza dell'ingegnere per il rinnovamento delle proprie residenze fortificate.

Incessante fu inoltre l'attività prestata da G. nella manutenzione o nel ripotenziamento dei numerosissimi edifici fortificati di origine medievale che costituivano il principale sistema difensivo del territorio e dei confini dello Stato gonzaghesco.

Gli interventi più frequenti a opera di G. - che interessarono in particolare le fortificazioni di Asola (1483), Canneto (1462, 1474, 1479, 1483), Castel d'Ario (1482), Castiglione Mantovano (1481-82), Cerese (1479), Curtatone (1482), Marcaria (1471, 1478-79), Mariana (1482), Ostiglia (1475, 1479, 1482), Reggiolo (1479), Revere (1482), Sermide (1482), San Giorgio (1496), Villimpenta (1480-82) - consistettero soprattutto nei rifacimenti delle merlature e dei camminamenti, nel restauro e ripotenziamento delle mura e dei torrioni, delle porte e delle strutture d'accesso, fra cui i ponti levatoi, nella buona manutenzione dei fossati e degli spazi immediatamente circostanti (ibid., pp. 143, 149, 204).

L'attività edilizia dell'ingegnere padovano comportò anche l'edificazione di numerosi edifici rurali entro le vastissime tenute gonzaghesche, delle quali curò pure la manutenzione dei boschi e delle coltivazioni, occupandosi in particolare dei sistemi di irrigazione.

L'esperienza tecnologica di G. si dimostrò anche nella sua partecipazione alla costruzione di macchine specializzate nel settore della meccanica edilizia (impalcature, centine e armature di rinforzo, apparecchiature di sollevamento), e in quello dello sfruttamento dell'energia idraulica (mulini, seghe, magli e folli). G. si occupò anche della costruzione di vari tipi d'imbarcazione destinati al trasporto privato dei Gonzaga e della corte (bucintori) e dei materiali pesanti (chiatte) destinati all'edilizia (quali ghiaia, mattoni e prefabbricati in cotto, calce, pietre, legname), alla cui produzione e distribuzione verso i principali cantieri del marchesato fu sempre costantemente coinvolto (ibid., pp. 167-182).

Nel corso della lunghissima attività prestata nel settore delle fortificazioni, G. ebbe modo di approfondire e mettere a frutto le conoscenze progressivamente acquisite nel vasto campo delle armi, con particolare riguardo a quelle da fuoco, ancora in fase di primaria evoluzione nella seconda metà del Quattrocento, ma già abbastanza diffuse per condizionare radicalmente lo sviluppo dell'architettura militare.

Nel 1483, durante l'assedio della fortezza veneziana di Asola, G. fu chiamato in qualità di massimo esperto a revisionare tutte le bombarde gonzaghesche puntate sulla cittadina fortificata. Nel giugno del 1495 partecipò ancora al diretto controllo delle artiglierie destinate al marchese di Mantova Francesco II in vista del grande scontro con i Francesi, che si concluse a Fornovo a favore degli eserciti italiani coalizzati e capeggiati dallo stesso Gonzaga.

È da ricordare infine la sua attività cartografica, da ritenersi strettamente collegata alle opere militari e idrauliche e al controllo del territorio.

Nella veste di cartografo ufficiale intraprese alcune missioni politiche al fine di contribuire alla soluzione di controversie con gli Stati confinanti e difendere gli interessi del marchesato gonzaghesco. In tali casi la conoscenza e il buon uso delle mappe divenivano una necessità tecnica imprescindibile per il buon esito dell'azione politico-diplomatica. A questo proposito si ricorda l'esecuzione da parte di G., nel 1492, di rilievi topografici per la soluzione di alcune vertenze sorte con Galeotto Pico della Mirandola riguardanti il territorio del fiume Secchia. Sempre nel 1492, per contrasti di confine con l'Asolano, riguardanti l'uso delle acque, G. si recò dapprima a Brescia e poi a Venezia per illustrare alcuni rilievi topografici al Consiglio dei savi di Terraferma.

G. morì pochi anni dopo, il 12 ag. 1499, come riporta la registrazione necrologica contenuta tra le iscrizioni dei decessi dell'archivio dei Gonzaga, nella sua casa della contrada del Cavallo a Mantova, alla età di settanta anni, lasciando in un dettagliato testamento le disposizioni riguardo i lasciti alla moglie Alda e ai due figli Ludovico e Giovanni Giacomo (Rodella, 1988, pp. 51 ss.).

Fonti e Bibl.: Lettere di G. da Padova. Per le nozze nobilissime del conte Carlo d'Ayala Codoy con la contessina Paolina Giusti, a cura di G. De Leva, Padova 1887; A. Bertolotti, Architetti, ingegneri ematematici in relazione coi Gonzaga signori di Mantova nei secoliXV, XVI, XVII, Genova 1888, pp. 11-17; P. Kristeller, Andrea Mantegna, Berlin-Leipzig 1902, pp. 472, 517, 522, 528 s., 539; P. Minghetti, Il naviglio diGoito, Mantova 1910, pp. 5-11 passim; G. Carmassi, Carteggio fraMantova e Lucca nei secc. XIV e XV, in Atti e memorie dellaR. Accademia Virgiliana di Mantova, XI-XIII (1918-20), pp. 3-34; L. Mazzoldi, Mantova. La storia, II, Mantova 1961, pp. 30, 32; G. Rodella, Una casadel Mantegna in Goito. Documenti inediti, in Civiltà mantovana, X (1976), 59-60, pp. 300-305; P. Carpeggiani, I Gonzaga e l'arte: la corte, la città e ilterritorio (1474-1616), in Mantova e i Gonzaga nella civiltà delRinascimento. Atti… 1974, Mantova 1977, p. 176; G. Supino, L'ingegneria idraulica durante il rinascimento gonzaghesco, ibid., p. 443; Luca Fancelli architetto. Epistolariogonzaghesco, a cura di C. Vasic Vatovec, Firenze 1979, passim; G. Rodella, Interventi dell'ingegnere sforzesco Bertola da Novate al naviglio di Goito, in Civiltà mantovana, n.s., 1985, n. 6, pp. 11-27; Id., G. da Padova. Un ingegnere gonzaghesco nell'età dell'umanesimo, Milano 1988; Carteggio di Luca Fancelli con Ludovico, Federico e Francesco Gonzaga marchesi di Mantova, a cura di P. Carpeggiani - A.M. Lorenzoni, Mantova 1998, ad indicem.

CATEGORIE
TAG

Castiglione delle stiviere

Leon battista alberti

Ferrante i d'aragona

Pico della mirandola

Francesco gonzaga