GIOVANNI da Prato

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI da Prato

Franco Bacchelli

Nacque a Prato da Pietro dei Milanesi, in una famiglia di commercianti e negozianti, nei primi anni del XV secolo. Recatosi a studiare diritto a Bologna, tra il 1420 e il 1421 fu "rector citramontanorum scholarium Studii Bononiae" e scelto per la lectura Codicis, solitamente assegnata agli scolari più bravi (Dallari). Addottoratosi il 20 dic. 1421 in diritto canonico, entrò, in un periodo non noto, tra i francescani conventuali. Successivamente passò all'Osservanza, partecipando al movimento di entusiasmo per il ritorno alla primitiva disciplina che attraversava allora l'Ordine.

Nei primi anni la sua formazione spirituale fu seguita, probabilmente, come pare rilevarsi da un cenno di Guarino Guarini Veronese, da Alberto Berdini da Sarteano. Nel 1449 partecipò al capitolo dell'Osservanza di Bosco del Mugello, nel quale Giovanni da Capestrano fu eletto vicario generale. Nel 1450 predicò nel corso della quaresima a Ferrara e dal pulpito rinnovò la vecchia polemica antiumanistica contro la lettura dei libri pagani, sostenuta già da Giovanni Banchini e, proprio pochi anni prima, dal francescano Agostino da Ferrara. Ma se questi avevano condannato tutti i classici, G. inveì solo contro i libri licenziosi, ma a tal punto, come si ricava dalla lettera di Guarino che ci informa di questa predicazione, da ritenere "execrandos […] illorum librarios, lectores, possessores, venditores, emptores" (Sabbadini, p. 524). Soprattutto G. condannò come immorale la lettura di Terenzio, sul quale stava tenendo allora alcune lezioni il Veronese, la cui scuola era, in realtà, il principale obiettivo polemico delle parole del frate. Finita la quaresima, G. scrisse una lettera (non conservata) a Guarino per spiegare meglio, probabilmente, le ragioni delle sue parole. A questa missiva l'umanista, non nuovo a queste polemiche, rispose con una del 7 apr. 1450, in cui consigliava a G. maggior moderazione e lo pregava di chiedere consiglio ad Alberto Berdini, già suo discepolo, e a fra Antonio da Bitonto (uno degli avversari di Lorenzo Valla). La lettera di Guarino, che è una appassionata difesa del valore formativo dei classici e della loro funzione propedeutica agli studi sacri, contiene, poi, rilievi molto fini proprio sulla particolare moralità di Terenzio. A questo scritto G. rispose subito con una Defensio fr. Iohannis Pratensis contra Guarinum atque impudicos auctores.

Nella Defensio, che pur dimostra una certa cultura letteraria e una dimestichezza anche con autori classici, il religioso ricorda di avere esortato, con l'autorità di Agostino, la gioventù ferrarese a studiare Virgilio, ma mantiene, nonostante le considerazioni di Guarino, la sua condanna di Terenzio e di certe parti di Virgilio. Ma proprio il fatto che la Defensio riesca abilmente a sviluppare le concessioni fatte dal Veronese - con l'autorità di autori, quali Agostino e Basilio, da lui opposti al frate - sulla pericolosità dell'oscenità di certi classici dimostra, ormai, l'inefficacia del persistere in un tipo di difesa della cultura pagana, che non rifiutasse o ribaltasse radicalmente il concetto stesso di "oscenità" e "licenziosità". Lo scritto di G. è conservato nei manoscritti: Modena, Bibl. Estense, alfa R.8.13, cc. 71v-78r; alfa V.9.8 [lat. 577], cc. 51r-55v; sulla scorta di quest'ultimo manoscritto è edito in F.A. Zaccaria, Iter litterarium per Italiam ab a. 1753 ad a. 1757, II, Venetiis 1762, pp. 326-336. Una scelta di brani della Defensio, riveduti sul codice alfa R.8.13, si trova in Piana, 1982, pp. 284-289.

Nel 1452 G. predicò la quaresima a Reggio Emilia condannando il permesso concesso agli ebrei da Borso d'Este, marchese di Ferrara e signore di Reggio, di gestire banchi di pegno e di praticare prestiti a usura. Ma Borso, anche per tranquillizzare le coscienze degli Anziani di Reggio, fece prontamente sapere che aveva fatto questa concessione avendone "piena licentia per bula apostolica". Nel 1454 G. tenne una serie di prediche extraquaresimali in S. Petronio di Bologna. Nel maggio 1455 partecipò a Bologna al capitolo generale degli osservanti dove fu scelto, insieme con Giovanni da Capestrano, Giacomo della Marca, Marco da Bologna, Antonio da Bitonto e Ludovico da Vicenza, tra i predicatori che, per richiesta di Callisto III, dovevano essere mandati a predicare la crociata contro i Turchi. Conclusosi il capitolo, nel quale egli era stato altresì nominato commissario per la Bosnia, G. scrisse, il 30 maggio, una lettera a Giovanni da Capestrano per informarlo sullo svolgimento dell'assemblea, esprimendo soddisfazione per il consolidamento dell'Osservanza e tessendo un elogio di fra Marco da Bologna, che sino ad allora era stato vicario generale degli osservanti cismontani. Nel novembre 1455 partecipò alla congregazione speciale convocata, per volontà di Callisto III, ad Assisi per tentare di stabilire la pace tra le due famiglie francescane dei conventuali e degli osservanti. Durante i lavori dell'assemblea, dalla quale era assente Giovanni da Capestrano, allora in Ungheria, G. propose di rimettere la causa degli osservanti, che i conventuali avrebbero voluto vedere riassorbiti, nelle mani del cardinale Domenico Capranica, protettore dell'Ordine.

Non si conosce l'anno della morte di G., che deve essere, in ogni modo, avvenuta prima del maggio 1460 quando il capitolo degli osservanti riunito a Ferrara dispose della destinazione dei suoi libri. Fu sepolto nel convento di S. Paolo in Monte di Bologna (Piana, 1982, p. 269).

Opere. Oltre alla Defensio, la tradizione manoscritta ha tramandato un'opera di compilazione, nota con il titolo di Summula contractuum o de usuris (per i manoscritti cfr. Piana, 1982, pp. 277-279), nella quale sono raccolti i pareri espressi fra gli altri da Bernardino da Siena, Niccolò da Osimo, Francesco Piazza e Monaldo da Capodistria, tutti confratelli di G. e autori di trattati a carattere etico-economico, per determinare le condizioni in cui secondo la Chiesa era lecito un contratto o un prestito. Sono perdute, oltre alla prima lettera a Guarino citata, diverse lettere scritte attorno al 1445 ad Alberto Berdini (delle quali si ha notizia dalle responsorie in Beati Alberti a Sarthiano Opera omnia, a cura di F. Harold, Romae 1688, pp. 410 s.) e delle Conciones quadragesimales e De tempore ricordate dallo Sbaraglia.

Fonti e Bibl.: Guarino Veronese, Epistolario, a cura di R. Sabbadini, II, Venezia 1916, pp. 519-532; Rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese, a cura di U. Dallari, IV, Bologna 1924, p. 44b; L. Wadding, Annales minorum, Ad Claras Aquas 1932, X, p. 141; XII, pp. 333 s.; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci, Romae 1921, II, p. 119; A. Balletti, Gli ebrei e gli Estensi, Reggio Emilia 1930, p. 46; R. Pratesi, Il card. Domenico Capranica protettore dei frati minori (1445-58) ed una sua lettera alla Congregazione generale di Assisi del 1455, in Archivum Franciscanum historicum, XLVIII (1955), pp. 197-200; C. Piana, Lauree in diritto civile e canonico conferite dall'Università di Bologna secondo la relazione del "Liber sapientum"(1419-1434), in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le province di Romagna, n.s., XVII-XVIII (1969), p. 313; Id., L'evoluzione degli studi nell'Osservanza francescana nella prima metà del '400 e la polemica tra Guarino da Verona e fra G. da P. a Ferrara (1450), in Rep. font. hist. Medii Aevi, V, p. 102, s.v. Gherardi, Giovanni (con l'erronea attribuzione della Defensio al Gherardi stesso); Analecta Pomposiana, VII (1982), pp. 249-289; Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XXVII, coll. 472 s.

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