GIOVANNI da Procida

Enciclopedia Italiana (1933)

GIOVANNI da Procida

Giuseppe La Mantia

Nacque in Salerno verso il 1210. Signore dell'isola di Procida e di altri feudi in parte a lui concessi dal re Manfredi, esercitò con onore la medicina, e come medico si firma nel testamento di Federico II. La sua fortuna continuò sotto Manfredi, che G. accompagnò a Palermo nel 1262. Morto Manfredi a Benevento, G. continuò a essere tra i principali aderenti degli Svevi con i Lancia, i Capece, i Filangieri, i Maletta e altri, e con essi cospirava sin dal 1266 contro gli Angioini. Finse trattative per il matrimonio di sua figlia, Beatrice, con Berardello Caracciolo a Viterbo, dove invece si congiurava. Nel 1268 seguì Corradino di Svevia sino a Roma; poi si nascose nei dintorni della città per sottrarsi all'arresto, che subirono gli altri suoi compagni, mentre a lui furono confiscati tutti i beni. Nel 1270 fu in relazione col napoletano Enrico di Isernia, esule in Boemia, a Praga, per favorire i disegni di Federico di Turingia sul trono di Sicilia; e andò anzi, a tale scopo, egli stesso a Praga. Visti poi fallire i ripetuti tentativi di casa sveva, G. andò esule in Aragona alla corte del re Giacomo I, che aveva dato in sposa al primogenito Pietro, Costanza, figlia del re Manfredi; e da allora G. secondò incessantemente, da fido segretario, in Aragona e fuori, e con l'accordo occulto di magnati potenti, e presso le corti di Roma e di Costantinopoli, durante e dopo la rivoluzione del Vespro, le mire d'ingrandimenti territoriali nel regno di Sicilia tanto di Giacomo, quanto (e ancor meglio) di Pietro. Nel febbraio 1282 si trovava in Valenza, e sull'inizio del 1283 venne in Sicilia per condurvi Costanza e i figli. Fu elevato a cancelliere del regno. G. sostenne i diritti della Sicilia presso la corte pontificia nel 1290, quando si voleva mandare il re Giacomo in Terrasanta. Per il tradimento di Giacomo, divenuto altresì re di Aragona, G. nel 1295 dovette seguire, da cancelliere esperto, il vicario Federico a Roma per le trattative di pace Dopo aver sostenuto l'elezione a re di Sicilia di Federico nel 1296 lasciava nell'anno seguente, con la regina Costanza, l'isola per recarsi a Roma, ove moriva sul finire del 1298, o poco appresso.

Bibl.: N. Buscemi, La vita di G. da Procida, Palermo 1836; A. Saint-Priest, Histoire de la conquête du royaume de Naples par Charles I d'Anjou, Parigi 1847; G. Capponi, Notizie di documenti dell'Archivio barcellonese su G. da P. ed il Vespro siciliano, in Arch. stor. ital., Appendice, V, Firenze 1847; E. Rubieri, Apologia di G. da P., ricerche storico-critiche, Firenze 1856; S. De Renzi, Il secolo decimoterzo e G. da P., Napoli 1860; G. Del Giudice, Codice diplom. del regno di Carlo I e II d'Angiò, Napoli 1869; I. Carini, Gli archivi e le biblioteche di Spagna, Palermo 1884; M. Amari, La guerra del Vespro Siciliano, 9ª ed., Milano 1886; A. Busson, Friedrich der Freidlige als prätendent des sicilischen Krone und I. v. P., Hannover 1887; I. Sanesi, G. da P. e il Vespro sicil., in Rivista stor. ital., 1890; O. Cartellieri, Peter von Aragon und die siz. Vesper, Heidelberg 1904; E. Sicardi, Due cron. del Vespro in volgare siciliano del secolo XIII, in Rer. Ital. Script., XXXIV, Bologna 1915; G. La Mantia, Codice dipl. dei re aragonesi di Sicilia (anni 1282-1355), Palermo 1918, prefazione.