GIOVANNI di Benedetto da Maiano, detto Giovanni da Maiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GIOVANNI di Benedetto da Maiano (Damascene, de la Mayn, Delamayne, Demanyauns, De Mayne, De Molyns), detto Giovanni (II) da Maiano

Francesco Quinterio

Nacque a Firenze nel 1487, figlio secondogenito di Benedetto di Leonardo d'Antonio detto Benedetto da Maiano, scultore, e di Lisabetta di Domenico Massesi, negli anni in cui il padre e l'altrettanto noto zio Giuliano da Maiano erano impegnati ad assolvere le importanti commissioni per la corte aragonese a Napoli.

Gli studiosi, che finora si sono occupati di G., lo hanno definito nipote di Benedetto, così da confonderlo con un altro Giovanni, il figlio morto fanciullo (1478-80) del terzo fratello dei due artisti. Solo di recente una lettura attenta della documentazione esistente ha rettificato l'errore (Haines; Darr, 1996).

Non è sicura una sua formazione all'interno della bottega paterna, dato che la morte del titolare, avvenuta nel 1497, trovò G. ancora in tenera età con i fratellini Giuliano e Anton Maria, affidati tutti alla tutela della madre; le sostanze della famiglia rimasero a regime di comunità dei beni, avendo come esecutore testamentario il pittore Cosimo Rosselli (Haines, p. 138 e n. 60). Dobbiamo comunque tenere conto di come proprio negli ultimi anni della sua attività il padre Benedetto si esprimesse nel campo assai remunerativo della scultura in ceramica invetriata, in collaborazione o in competizione con l'anziano Andrea Della Robbia e dei figli di questo.

Nel 1507 G. ricevette un terzo dell'assegnamento e due anni dopo prese in affitto la bottega paterna (già passata a G.F. Rustici), rompendo il contratto nel gennaio 1510. Nel 1509 cedette per 33 fiorini d'oro all'Opera del duomo di Firenze un grande crocefisso ligneo, realizzato dal padre Benedetto, da destinarsi all'altare maggiore (Poggi).

Il nome di G. compare nei registri dell'arte fino al 1511. Dopo, non più; ma non si tratta di decesso: è probabile che ciò avvenisse a causa di un suo trasferimento. Nel 1519 venne reclutato da Pietro Torrigiani, già attivo nella realizzazione della tomba del re d'Inghilterra Enrico VII e della regina Elisabetta di York nell'abbazia di Westminster a Londra, insieme con il più noto Benedetto da Rovezzano (Benedetto Grazzini) e con altri scultori fiorentini (tra cui Antonio del Nunziata), per recarsi in Inghilterra e realizzare il sepolcro dell'ancora regnante Enrico VIII e di sua moglie Caterina d'Aragona (Darr, 1980).

Il nome di G. ricorre per la prima volta nei registri contabili della corte inglese nello stesso 1519, per opere di ingegneria idraulica, in particolare per ruote ad acqua. L'anno seguente curò ornamenti e guarnizioni per le selle. Il primo di una serie di vari incarichi di corte, che comprendevano anche l'allestimento di masques (spettacoli del Rinascimento inglese) e una serie di marchingegni teatrali a Greenwich, più o meno sulla traccia di altri artisti italiani che operavano presso le corti rinascimentali.

Entrò anche in contatto con l'ambiente del potente cardinale Thomas Wolsey, collaborando alla decorazione del suo castello di Hampton Court, posto sulla riva sinistra del Tamigi prima di Londra, che il cardinale adornava col ricorso a maestranze locali ma anche italiane.

Per il castello G. eseguì nel 1521 otto tondi in terracotta dipinta e dorata ("imagines […] ex terra depictas et deauratas", secondo la richiesta di pagamento del 18 giugno) raffiguranti busti di imperatori romani e tre pannelli con scene relative al mito di Ercole (di questi ultimi non rimane traccia). I tondi furono murati nel cortile dell'Orologio all'interno del complesso; i volti sono riprodotti frontalmente, inseriti in cerchi concentrici di ovuli e ghirlande, con altri simboli araldico-militari, quali corazze, barili, mazze e stemmi vari. Sulla torre si trova un altro rilievo murato e in parte restaurato, di puro stile fiorentino e datato 1525, sempre ascrivibile alla cerchia di G., con due genietti che reggono lo stemma del cardinale Wolsey, di probabile fattura del Torrigiani se non di Benedetto da Rovezzano.

Altri tondi con figure di Cesari, realizzati da G. impiegando la gialla argilla inglese, si trovano a The Vyne nel Hampshire; dovevano fare parte di una nuova serie di tondi (forse dodici) di analogo soggetto, destinati a decorare tre dei grandi portali previsti sempre per Hampton Court (Darr, 1996, p. 116), una volta che la principesca residenza cardinalizia, caduto in disgrazia Thomas Wolsey (1529-30), era stata requisita e incamerata dalla Corona inglese e nuovamente sottoposta ad abbellimenti, chiamando altri artisti italiani già da tempo in Inghilterra come Antonio del Nunziata e B. Penni. Nel gruppo delle teste ascrivibili a G. potrebbe rientrare anche il medaglione invetriato con la Figura muliebre laureata, inserita in un clipeo, conservato presso la Royal Collection, caratterizzato dal volto di matrona romana gravato dalla ricca acconciatura e dall'abito di ricercata invenzione (Gentilini), con un cordone che lega il colletto a guisa di alamaro, anticipando certe soluzioni adottate da Giovanni e Girolamo Della Robbia.

Nel 1527 G. compare nella lista degli artisti pagati per le decorazioni nella sala da banchetto e delle feste per il palazzo reale di Greenwich, insieme con Antonio del Nunziata.

Dal 1528, per volontà del re, G. ricevette uno stipendio fisso, 20 libbre all'anno (Darr, 1996), e a partire dal 1530 collaborò con Benedetto da Rovezzano e altri artisti italiani e nordici alla revisione del progetto per la tomba di Enrico VIII a Windsor, recuperando parte del materiale già preparato dallo stesso Benedetto da Rovezzano per la tomba rimasta incompiuta di Thomas Wolsey (1524) e destinata alla cappella del cardinale nella chiesa di St. George a Windsor; ma il lavoro venne interrotto nel 1536 e non fu mai completato.

In quegli stessi anni G. potrebbe comunque aver atteso a importanti commissioni per la cappella del King's College a Cambridge (Auerbach) e aver modellato quattro tondi di terracotta per il palazzo di Whitehall.

Nel frattempo a Firenze nel 1532 G. fece portata al Catasto congiunta col fratello Anton Maria.

G. fu forse l'esecutore nel 1536 di alcuni medaglioni in cartapesta dipinta e dorata, con l'emblema della regina Giovanna Seymour (terza moglie di Enrico VIII), per la "great watching chamber" del re a Hampton Court, e di una serie di pannelli di terracotta con le armi della stessa regina e del re, da porre sopra la porta che immetteva nella cappella del palazzo.

G. è menzionato nei documenti inglesi almeno fino al 1542, quando ricevette in piena estate uno stipendio decurtato di due terzi: un fatto da imputare al suo decesso o alla partenza da Londra.

Fratelli di G. furono Giuliano, che teneva un Libro dell'abbaco, con una serie di sommarie illustrazioni già attribuite al più celebre zio Giuliano, poi prestato a un amico prima della sua partenza per la Francia (il libro è ora presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze, ms. 2279, cc. 1-244), e Anton Maria (ricordato erroneamente come Pier Maria), il più longevo dei tre e destinato a ereditare tutto il patrimonio della bottega paterna.

Non esiste un ritratto critico di G.; le più recenti acquisizioni al suo catalogo sono limitate alle note di Darr, nella sua tesi sull'opera di P. Torrigiani a Londra, nonché al tentativo di attribuirgli alcuni notevoli busti e ritratti in terracotta policroma, dove la mano di un artista italiano è più che evidente. G., come altri artisti toscani del primo ventennio del secolo, in un momento di crisi politica ed economica degli Stati italiani, si trovò costretto ad "esportare" in altri centri europei l'esperienza, la cultura e il gusto che nella penisola italiana erano ormai un fatto acquisito da oltre mezzo secolo.

Fonti e Bibl.: G.F. Baroni, La parrocchia di S. Martino a Mensola, Firenze 1866, p. 89; A. Higgins, On the work of Florentine sculptors in England in the early part of the sixteenth century: with special reference to the tombs of cardinal Wolsey and king Henry VII, in Archeological Journal, LI (1894), pp. 164, 191, 207; G. Poggi, Il duomo di Firenze (1909), a cura di M. Haines, Firenze 1983, p. 246; C. Beard, Torrigiano or da Maiano, in The Connoisseur, LXXXIV (1929), p. 86; E. Auerbach, Tudor artists, London 1954, pp. 17, 157, 176, 190; E. Luporini, Benedetto da Rovezzano, Milano 1964, p. 169; A.P. Darr, Pietro Torrigiano and his sculpture for the Henry VII chapel, Westminster abbey, tesi di dottorato, New York University, 1980, ad indicem; The buildings of England, London, II, South, a cura di B. Cherry - N. Pevsner, London 1983, pp. 27, 481; S. Gunn - P. Lindley, Cardinal Wolsey: Church, State and art, Cambridge 1991, pp. 34, 47, 267, 280-282, 285; A.P. Darr, New documents for Pietro Torrigiani and other early Cinquecento Florentine sculptors active in Italy and England, in Kunst des Cinquecento in der Toskana, a cura di M. Cämmerer, München 1992, pp. 108, 125 s.; G. Gentilini, I Della Robbia. La scultura invetriata nel Rinascimento, II, Firenze 1992, pp. 482 s.; M. Haines, Giuliano da Maiano capofamiglia e imprenditore, in Giuliano e la bottega dei da Maiano. Atti del Convegno internazionale (Fiesole, 1991), Firenze 1994, pp. 132, 138; F. Quinterio, Giuliano da Maiano, "grandissimo domestico", Roma 1996, pp. 17, 84, 202, 236; A.P. Darr, in The Dictionary of art, XX, London-New York 1996, p. 116; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 124 s.

CATEGORIE