CANDIDA, Giovanni di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANDIDA, Giovanni (Jean) di

Remy Scheurer

Chierico napoletano, era originario della diocesi di Avellino e apparteneva all'antica famiglia dei Filangieri, ma incerto rimane il nome dei suoi genitori. Fu al servizio della casa di Angiò: narra infatti come testimone oculare la sconfitta di Giovanni di Calabria a Troja (18 ag. 1462) e l'assedio che lo stesso duca subì ad Ischia. In seguito fu certamente tra coloro che, come il conte di Campobasso e Iacopo Galeoto (ai quali fu del resto molto legato), passarono in Borgogna, al servizio di Carlo il Temerario: qui infatti lo troviamo già nel novembre 1467 e nell'ottobre 1472 ricevette la qualifica di segretario "non compté par les escroies de la despense" del duca.

Alla corte di Borgogna fu incaricato di alcune missioni diplomatiche: il 5 marzo 1473 era a Venezia per ottenere dalla Repubblica la ratifica del contratto di soldo di Bartolomeo Colleoni, suo capitano generale, da parte di Carlo il Temerario. Ma ricevette un rifiuto e dopo aver soggiornato fino al giugno nel castello di Malpaga, ospite del Colleoni, ritornò presso il suo signore.

Nel febbraio seguente fu inviato come osservatore alla Dieta di Augusta, all'epoca dell'affare di Colonia, a cui Carlo era profondamente interessato; al ritorno dalla Germania a metà luglio seguì il duca davanti a Neuss, dove perse cavalli e bagaglio. Durante questo periodo scrisse una gran parte della corrispondenza relativa alla questione di Colonia ed il 22 ottobre venne nominato segretario ordinario del duca di Borgogna. Nel periodo dell'assedio di Neuss il C. incontrò il "gran bastardo di Borgogna", ritrovò Iacopo Galeoto con Jean Le Tourneur-le-Vieux, primo approvvigionatore del duca, e fece la conoscenza di Giovanni Palomaro, ambasciatore di Ferdinando di Napoli. Il 1º luglio 1475 partì per una nuova missione; doveva difendere a Roma la causa di Roberto arcivescovo di Colonia in una controversia rimessa all'arbitrato del papa, e a Napoli doveva rendere una visita di cortesia in risposta all'ambasciata del Palomaro e trattare inoltre del progetto di matrimonio tra Maria di Borgogna e Federico di Taranto. A metà febbraio era di nuovo presso Carlo il Temerario che seguì nella spedizione contro gli Svizzeri: assistette così alla battaglia di Grandson e nella rotta perdette tutte le sue carte. Riuscì però a superare la difficile situazione e venne incaricato di occuparsi della corrispondenza italiana del duca mentre quest'ultimo soggiornava a Losanna e preparava il proseguimento della campagna. Da Losanna venne poi inviato presso il conte del Palatinato che si era appena offerto come mediatore tra il duca e gli Svizzeri: Carlo era intenzionato a continuare la guerra, ma voleva respingere in modo cortese questa proposta di pace. Il viaggio ebbe luogo in giugno, ed evitò al C. di essere presente a Morat quando l'esercito borgognone fu disfatto.

Di ritorno dalla Germania seguì per qualche tempo la corte, prima di essere inviato a Roma agli inizi del novembre del 1476, per prendere parte al negoziato riguardante un concilio da tenere a Milano ed ottenere per il Temerario l'avouerie di Avignone; di passaggio doveva rafforzare la fedeltà all'alleanza del duca di Milano, di Venezia e dei re di Napoli. La morte del duca rese inutile la missione. Il 16 ag. 1477, a tre giorni dal matrimonio di Maria di Borgogna con Massimiliano d'Asburgo, il C. tornò a Gand per riprendervi le sue funzioni di segretario; ma si trovava in condizioni precarie: non gli era stato pagato lo stipendio ed aveva perduto nel corso della campagna contro gli Svizzeri le patenti di assegnazione di due pensioni. Ottenne allora dai suoi nuovi signori un prestito e la riconferma nella sua carica: nel dicembre 1477 era "secrétaire de mes seigneur et dame"; il 3 marzo 1478 era a Venezia per ottenere spiegazioni sul trattato che la Repubblica aveva appena firmato con Luigi XI; quindi si recò a Roma, dove venne ricevuto dal pontefice Sisto IV, il quale si offriva come mediatore tra la Francia e la Borgogna, ed infine a Napoli.

In Italia il C. aveva commesso l'imprudenza di lamentarsi dell'imperatore Federico III e del figlio Massimiliano, che si erano mostrati molto poco solleciti nel pagare al loro servitore il rimanente di quel che gli spettava per l'opera prestata a Carlo il Temerario; queste lamentele giunsero alle orecchie dell'imperatore, che ne scrisse al figlio il 1º maggio 1478. Nel corso del viaggio di ritorno il C. venne arrestato nella Germania meridionale. Ben presto rimesso in libertà, giunse a Bruxelles il 23 settembre e due giorni dopo a Bruges. Arrestato di nuovo, fu rinchiuso nel castello di Lilla, dal quale dovette uscire prima del 19 marzo 1479 giorno nel quale aveva già ripreso la sua attività di segretario.

Uscito dal carcere, proseguì le sue pratiche per recuperare il denaro che gli era dovuto, ma senza molto successo; pensò allora di lasciare la corte di Borgogna, e il 12 luglio 1480 ottenne lettere patenti che lo autorizzavano a ritornare nel Regno di Napoli. Decise invece di riparare alla corte francese, dove l'avevano preceduto anche parecchi vecchi servitori della casa di Borgogna, Jean de la Gruthuse in particolare.

Ben poco si sa della vita che condusse nella nuova corte: si ignora persino quali fossero le sue funzioni durante il regno di Luigi XI.

All'inizio del regno di Carlo VIII il C. volle cimentarsi nel lavoro di storico. Fino a quel momento il C. aveva associato alla sua attività diplomatica l'arte della medaglia; e questa in Borgogna gli aveva procurato solida fama. Incise medaglie per amici e protettori, e ritrasse in numerosi esemplari di un "elegantissimo rilievo plastico" personaggi di maggiore e di minor rilievo del mondo politico borgognone e francese, da Massimiliano di Asburgo a Maria di Borgogna, a Carlo il Temerario, a Robert Briçonnet (Pontieri, pp. 607s.). Nella medaglia con il ritratto di Jean de la Gruthuse riprodusse l'episodio della sua prigionia nel castello di Lilla. Con riferimento anche alla sua nuova attività di storiografo in una lettera priva di data a lui indirizzata, il Brigonnet lo qualificava "summus et orator et historicus ac sculptoriae artis atque plastices hac aetate omnium consumatissimus". Per molto tempo non si conobbe delle ricerche storiche del C. che un sommario della storia di Francia preceduto da un'interessante dedica a Carlo VIII (Historia Francorum abbreviata a Troiana urbe usque ad Carolum VIII, Parigi, Bibl. naz., Mis. lat. 10909, ed. parz. in Couderc, 1894).

Il C. scrisse invece ancora altre due opere storiche: un memoriale o trattato destinato a provare a Carlo VIII la legittimità delle sue rivendicazioni sul Regno di Napoli (Parigi, Bibl. naz., Nouv.acq. fr. 11679), composto verso gli anni 1486-1488e presentato al re dal cancelliere Guillaume de Rochefort. Originariamente era scritto in latino, ma ne è rimasta solo la traduzione francese di Charles Guillart, consigliere al Parlamento di Parigi, che la intitolò Des roys et royaumede Cecille (edd. parziali in Couderc, 1924, e Pontieri). Fortemente ispirata ai lavori del Platina, di Gaspareno Pellegrini e di Giovanni Simonetta, l'opera si basa tuttavia anche sulle informazioni dell'entourage di Giovanni di Calabria e sui suoi ricordi personali. La terza opera (Cronica regum Sicilie, Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 75-78, parz. ed. in Pontieri), databile tra l'aprile 1498 e l'agosto 1499, èuna storia o cronaca dei re di Sicilia, redatta in latino: il C. deve molto al De bello Neapolitano di G. Pontano e alle Historiae ab inclinatione Romanorum imperii di Flavio Biondo, ma afferma di aver lavorato anche nelle biblioteche di Rouen. L'opera è dedicata al cardinale Jean de Bilhères-Lagraulas, vescovo di Lombez e abate di St.-Denis, il quale, come il cancelliere di Rochefort, aveva incitato l'autore a scrivere, ed è perciò verosimile che l'autore abbia continuato quella che era la tradizione storiografica dell'abbazia di St.-Denis.

Nel 1488 fu designato da Carlo VIII ambasciatore a Roma, e il papa lo nominò allora (18 aprile) protonotario apostolico, accordandogli su istanza dei re una riserva di benefici ecclesiastici in Provenza e in Borgogna. Non sappiamo se il C. si sia effettivamente recato a Roma, ma l'anno successivo Carlo fece domandare per lui un beneficio migliore; nello stesso periodo, inoltre, gli concesse lettere di naturalizzazione.

Nell'aprile 1490 prese parte alla legazione inviata da Carlo VIII presso la duchessa Bianca di Savoia per aiutarla ad opporsi alle pretese di Philippe de Bugey. A quell'epoca aveva il titolo di segretario del re. Nel novembre dell'anno seguente accompagnò a Roma l'ambasciata guidata da Jean de Bilhères-Lagraulas, suo conoscente e protettore da diversi anni. Si recò ancora a Roma alla fine del 1493 per conto di Robert Briçonnet, che a quell'epoca stava per ottenere la berretta cardinalizia.

Nel 1503 eseguì le medaglie con i ritratti di Pierre Briçonnet e di Thomas Bohier. Nel medesimo tempo sembra che egli avesse legato le sue sorti alla casa di Valois-Angouléme. Le sue ultime opere sono le medaglie del futuro Francesco I, di Luisa di Savoia e di Margherita d'Angoulême, datate al 1504. Dopo quest'anno non si hanno più sue notizie.

Bibl.: H. de La Tour, J.de C., in Revue numismatique, s. 3, XII (1894), pp. 327-354, 461-512;XIII (1895), pp. 243-273, 417-469;V. Tourneur, J.de C., diplomate et médailleur au service de la maison de Bourgogne (1472-1480), in Revue belge de numismatique et de sigillographie, LX (1914), pp. 381-411;LXV (1919), pp. 7-48, 251-300;C. Couderc, J.de C. historien, in Bibliothèque de l'Ecole des chartes, LV (1894), pp. 564-567;J. Porcher, J.de C. et le cardinal de Saint-Denis, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XXXIX(1921-1922), pp. 319-326;C. Couderc, J. de C. historien, in Bibliothèque de l'Ecole des chartes, LXXXV (1924), p. 323-341;H. Stein, Nouveaux documents sur J.de C. diplomate, ibid., LXXXIX (1928), pp. 235-239;E. Pontieri, Ferrante d'Aragona re di Napoli, Napoli 1969, pp. 593-651(con ulteriore bibliografia); Repert. fontium hist. Medii Aevi, Fontes, III, pp. 112 s.

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