GIOVANNI di Ottonello

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI di Ottonello

Mauro Minardi

Nacque, probabilmente a Bologna, intorno alla metà del XIV secolo.

Un censimento stilato nel 1395, nel quale vengono registrate le famiglie residenti nella parrocchia di S. Martino di Aposa, menziona un "Magister Tonellus pictor aetatis annorum LXXV" insieme con la sua famiglia, composta dal figlio G., allora quarantacinquenne, dalla moglie di questo, Gixia, di dieci anni più giovane, e dai loro figli Gaspare e Lena, di quattro e cinque anni d'età (Filippini - Zucchini, p. 96). Tale documento permetterebbe di collocare la data di nascita di G. al 1350; tuttavia in un documento del 19 marzo 1375 è ricordato un "Iohannes q(uondam) Octonelli pictor", residente a Bologna in contrada S. Mamolo, testimone in un contratto di fideiussione (ibid., p. 94). Che si tratti di un altro artista o che vi sia stata un'errata trascrizione della data è questione ancora non risolta.

I documenti bolognesi, trascritti da Filippini e Zucchini, fanno nuovamente menzione di "Iohane pictore filio ser Octonelli" il 9 sett. 1377 e, l'anno seguente, quando compra una casa sita in campo delle Pugliole. A cominciare dal 24 genn. 1380 e sino al 1382 lo stesso pittore risulta essere invece domiciliato in "capelle sancti Vitalis". Da un atto del 6 luglio 1378 si apprende il nome della prima moglie, Tregnana, figlia di Ugolino di Vizzano. Il 24 gennaio e il 13 maggio 1380 G. compare senza indicazioni specifiche come testimone di atti giuridici.

Filippini (1912) rese noto il primo documento relativo a una commissione pittorica a G., registrata in data 1382, quando gli vennero versate 20 lire per la figura di un S. Cristoforo eseguita nel palazzo dei notai "et pro additione facta prime conventioni pro liliis auri quibus addidit". Piccoli pagamenti all'artista e brevi citazioni che certificano la sua regolare presenza a Bologna si susseguono sino al 18 ott. 1390, quando per la somma di 190 lire acquistava da Bartolomea, figlia di Pietro beccaio, una casa sita nella parrocchia di S. Martino e nella via di Mezzo, minutamente descritta. Lo stesso giorno, G. acquistò per la somma di 40 lire da Bartolomea di Checco una seconda casa con orto in campo delle Pugliole. Da queste compravendite è agevole arguire la posizione da benestante raggiunta dal pittore nella sua città, ribadita dall'importante commissione affidatagli nel 1393 dalla Fabbriceria di S. Petronio: il 14 marzo a "Philippo Dalmaxii" (Lippo di Dalmasio degli Scannabecchi) e a G. è erogato un pagamento di 28 lire per una grande tavola raffigurante molte figure di santi "cum coloribus et aureo fino in panno lineo et cum aliis ornamentis circum circa de lignamine deauratis", da porre sull'altare di S. Petronio (Filippini - Zucchini, p. 96).

Due anni più tardi G. ricevette 5 lire e 11 soldi per le pitture realizzate "in palatio veteri iuridici comunis Bonone" (ibid.). Seguono due citazioni dello stesso anno e di quello successivo. Infine, il 28 marzo 1398 G. figura come garante di alcuni lavori eseguiti dal pittore Ruggerio di Pizzollo. A differenza di quanto indicato da Filippini e Zucchini, G. non è da riconoscersi in quel "Iohannes de Zanelo" che firma il polittico con l'Incoronazione della Vergine e santi ora nel Museo di S. Stefano a Bologna.

L'esame dell'attività artistica di G. si è limitato per molto tempo alla sola sua opera firmata ("Iohanes Otoneli"), l'affresco con la Resurrezione posto originariamente in un'arca lungo il fianco di S. Giacomo a Bologna, presso l'oratorio di S. Cecilia, non destinata - a differenza di quelle contigue - a funzione sepolcrale. Logorato da un progressivo deterioramento, il dipinto, attualmente staccato e in corso di restauro, si presentava di migliore lettura agli studiosi che, come F. Arcangeli (1967, p. 109), potevano ancora scorgere nella composizione "a vasti blocchi e forti traiettorie […] uno spirito austero e pungente di profili, di gesti, di duri appiombi", realizzata con una "gamma cromatica abbastanza ridotta". Legando l'opera all'ultimo decennio del secolo, lo studioso ne ritrovava tracce stilistiche affini nell'affresco con la Crocifissione facente parte di un ciclo, lacunoso e due volte scialbato, con Storie della Passione, situato nel portico di S. Maria dei servi, cui si affiancavano più Storie dei magi, opere entrambe attribuite dallo studioso a Pietro di Giovanni Lianori (dopo lo stacco e il restauro del 1966, le pitture si trovano presso la legione dei carabinieri di Bologna sita nel convento dei servi).

Benché assai deperiti, in alcuni episodi come la Resurrezione e il Viaggio dei magi, R. D'Amico (1987, pp. 59, 90 s.) ha trovato conferma delle osservazioni di Arcangeli, prospettando l'ipotesi di una collaborazione tra G. e il Lianori nel corso degli anni Novanta. Effettivamente, il vigoroso dinamismo impresso alle figure nella Resurrezione di S. Giacomo, uno dei documenti più significativi della cultura tardotrecentesca bolognese, e certe profilature aguzze e svettanti preludono alle irrequiete sigle espressive di Giovanni da Modena negli affreschi della cappella Bolognini in S. Petronio.

Una diversità, quella di G., rispetto agli esiti spesso di più esangue conformismo della pittura bolognese contemporanea che non sfuggì a C. Volpe (1983), il quale ravvisava la paternità dell'artista nel Redentore benedicente affrescato in un pilastro di S. Petronio, segnalandone la "consapevole adesione alla più nobile cultura toscana, o meglio neogiottesca". Se veramente esso gli appartiene (sebbene appaia forse più consono al linguaggio del Lianori, in accordo con l'alto scatto qualitativo impresso alla Vergine in gloria e santi affrescata da quest'ultimo in S. Francesco), se ne dovrà presupporre l'esecuzione dopo il 1390, anno di apertura del cantiere petroniano.

Culla della pittura tardogotica bolognese a cavallo fra i due secoli, S. Petronio offrì a G. una delle occasioni più prestigiose della sua carriera: nella grande tavola "in panno lineo" ordinata nel 1393 è infatti da riconoscersi una tela, oggi perduta, provvisoriamente destinata all'altare maggiore, all'epoca posto al termine della prima campata dell'edificio, a quel tempo in fase di costruzione (D'Amico, 1988). Dalle indicazioni fornite dal documento di allogazione, Volpe (p. 288 n. 16) ha proposto, in via ipotetica, di collegare due piccoli busti attribuibili a Lippo di Dalmasio degli Scannabecchi, raffiguranti un Profeta e un Apostolo (Venezia, collezione privata) a quegli "aliis ornamentis […] de lignamine deauratis" che dovevano coronare il complesso.

La critica (Benati, 1986, p. 581; D'Amico, 1992) è giunta a ravvisare la responsabilità di G. anche in un affresco con il Padre Eterno benedicente tra due schiere di angeli, eseguito sopra il monumento sepolcrale di Pietro de' Canetoli, alla base del campanile di S. Francesco, iniziato nel 1397. D'Amico (1984, p. 132 n. 7; 1987, pp. 88 s.) e Benati (1986, p. 225) hanno altresì proposto di ricondurre a G. la bellissima, ma impoverita, Madonna in trono con il Bambino tra angeli affrescata nella quarta arca del portico di S. Giacomo (ora staccato ed esposto nella Pinacoteca nazionale), che rivela soluzioni di moderna costruzione spaziale e di scansione compositiva del tutto simili all'adiacente Resurrezione. In una parete esterna dello stesso complesso, di fronte all'ingresso dell'oratorio di S. Cecilia, sono pure visibili, malgrado la consunzione della pittura, due frammentarie figure di santi (forse Pietro e Giovanni Battista) stilisticamente oscillanti tra i modi di G. e di Lippo di Dalmasio.

Cresciuto sull'eredità neogiottesca lasciata da Iacopo Avanzi (Benati, 1986; 1992), G. nella sua attività si mosse parallelamente a quella di Iacopo di Paolo, Lippo di Dalmasio, Pietro di Giovanni Lianori e Pietro di Giovanni delle Tovaglie, artisti ai quali lo apparentano l'orientamento figurativo e, a tratti, le scelte stilistiche di fondo, in un contesto - quello della fabbrica petroniana - in cui si avviarono e fronteggiarono le singole carriere artistiche. La rarità e la disagevole conservazione delle sue opere non permettono di seguire il suo sviluppo oltre un determinato lasso temporale, limitato all'ultimo quindicennio del Trecento; esse rivelano nondimeno un'autonomia linguistica assestata su un livello qualitativo normalmente più sostenuto rispetto alla produzione seriale dei suoi comprimari bolognesi.

Fonti e Bibl.: A. Bolognini Amorini, Vite dei pittori ed artefici bolognesi, I, Bologna 1841, p. 17; L. Frati, La cappella Bolognini nella basilica di S. Petronio a Bologna, in L'Arte, XIII (1910), p. 216; F. Filippini, Giovanni da Bologna pittore trecentista, in Rassegna d'arte, XII (1912), p. 104; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947, pp. 94-97; F. Arcangeli, Pittura bolognese del '300 in S. Giacomo Maggiore, in Il tempio di S. Giacomo Maggiore, Bologna 1967, pp. 108 s.; C. Volpe, La pittura gotica. Da Lippo di Dalmasio a Giovanni da Modena, in La basilica di S. Petronio, I, Milano 1983, pp. 218, 222, 224, 288 n. 16; R. D'Amico, L'affresco del campanile di S. Francesco e l'attività di Pietro di Giovanni Lianori, in Strenna storica bolognese, XXXIV (1984), pp. 125 s., 132 n. 7; D. Benati, Pittura del Trecento in Emilia e Romagna, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, pp. 225, 581; R. D'Amico, Restauri di pitture murali del Trecento bolognese: nuovi contributi per un itinerario gotico, in Itinerari, IV (1986), pp. 70-82; Id., Modi e fortune della pittura tardogotica a Bologna, in Il tramonto del Medioevo. Il cantiere di S. Petronio (catal.), a cura di R. D'Amico - R. Grandi, Bologna 1987, pp. 56, 58-60, 62, 75, 88-91; A. De Marchi, Per un riesame della pittura tardogotica a Venezia: Nicolò di Pietro e il suo contesto adriatico, in Bollettino d'arte, LXXII (1987), p. 29; R. D'Amico, Dipinti su tela a Bologna tra '300 e '400. Note su una tipologia artistica, in Strenna storica bolognese, XXXVIII (1988), pp. 139, 141; D. Benati, Jacopo Avanzi nel rinnovamento della pittura padana del secondo '300, Bologna 1992, p. 120; R. D'Amico, Il monumento Canetoli in S. Francesco e la circolazione culturale nella Bologna di fine '300, in Strenna storica bolognese, XLII (1992), pp. 166 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 133.

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