DRAGHI, Giovanni Evangelista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DRAGHI, Giovanni Evangelista

Anna Coccioli Mastroviti

Nacque a Genova nel 1654 da Giovanni Evangelista e da Antonietta Poggi (Fiori, 1970, p. 112).

Formatosi presso Domenico Piola a Genova, intorno al 1671 il D. abbandonò la città per trasferirsi dapprima a Busseto, quindi a Piacenza (1683), ove si sposò nel 1685 con Anna Ferri (ibid.). Alla morte di questa, avvenuta nel 1697, passò a seconde nozze con Francesca Gabbiani e trasferì la propria residenza dalla parrocchia della cattedrale a quella di S. Savino.

Al silenzio manifestato dal Soprani sull'attività genovese del pittore e alla veloce menzione di G. P. Zanotti, che nel 1739 - e dunque a ventisette anni dalla morte - lo indicava quale collaboratore di Ferdinando Galli Bibiena, al servizio dei Farnese, si contrappone una più ampia documentazione concernente l'attività svolta fra Parma e Piacenza. Spetta al canonico Carlo Carasi (1780) la stesura di un primo elenco di opere che il D. esegui per alcune chiese di Piacenza, nonché l'indicazione, peraltro non suffragata da alcun documento, dell'alunnato svolto presso il Piola. Sulla linea del Carasi si mossero sia il Lanzi (1795-1796) sia gli studiosi locali successivi (cfr. Arisi, 1975). In tempi recenti l'avvio alla ricomposizione del catalogo del D. è stato offerto dal Fiori (1970), che ha prodotto una interessante documentazione archivistica, e dalla Arisi (1975, p. 15), che ha ricostruito l'attività e il ruolo di primaria importanza rivestito dal pittore alla corte dei Farnese, ove è ampiamente documentato dal 1687-1688.

Alla prima attività del D. si fanno risalire le sei tele con gli Episodi della vita di s. Ignazio, dipinte per la chiesa dei gesuiti di Busseto, che nella marcata ascendenza stilistica dalle opere del Piola suggeriscono una datazione anteriore a quella del ciclo farnesiano. Sempre a Busseto il D. avrebbe dipinto una Pietà nel convento delle monache di S. Chiara (perduta) e un ciclo di affreschi nella cappella del Rosario nella. chiesa di S. Bartolomeo, cui seguì l'intervento in palazzo Pallavicino (Vitali, 1819, pp. 45 ss.). Non è tuttora chiaro se nella residenza dei Pallavicino il pittore genovese abbia operato autonomamente o se abbia piuttosto rivestito un ruolo di collaborazione.

Meglio documentata l'attività piacentina, avviata forse prima del 1686 se si accetta l'ipotesi di un intervento condotto al fianco di Ferdinando Galli Bibiena nel salone al primo piano in palazzo Farnese, che lo Zanotti (1739, p. 214) fa risalire per quanto riguarda il Galli Bibiena, appunto al 1682. Raffaella Arisi (1975, p. 16) non esclude che il trasferimento del D. a Piacenza nel 1683 sia avvenuto proprio in occasione del prestigioso incarico di collaborazione con il più noto quadraturista.

La decorazione dell'appartamento della duchessa in palazzo Farnese fu certamente tra le imprese di maggior impegno per il D., che si avvalse della collaborazione di Sebastiano Ricci.

L'attività del D. nel cantiere farnesiano accanto a pittori di consolidata esperienza si giustifica "forse alla luce del suo eclettismo e della rapidità nell'eseguire opere a carattere decorativo" (Pagano, 1988, p. 62). Inoltre la presenza di echi pioleschi nella tela raffigurante La morte di Alessandro apre la via per una eventuale restituzione di questa opera al pittore genovese o quanto meno, com'è stato osservato, attesta il persistere dello stile pittorico del D. entro i binari della cultura genovese anche dopo il suo trasferimento a Piacenza. Palese anche l'influenza della cultura emiliana e, segnatamente, sono evidenti le reminiscenze da C. Cignani che emergono sia dall'Alessandro ispirato dagli angeli sia dall'Alessandro Farnese e Margherita d'Austria a Namur, mentre più stringenti analogie con l'accademismo di Marc'Antonio Franceschini si ravvisano nel dipinto raffigurante Le virtù morali di Alessandro (Pagano, 1988, p. 63).

Teso alla celebrazione di fasti del casato, il ciclo si componeva di oltre cinquanta dipinti, molti dei quali furono trasferiti a Napoli per volere di Carlo di Borbone tra il 1735 e il 1736. Ad una prima provvisoria sistemazione delle tele in palazzo reale a Napoli fece seguito l'elaborazione del progetto per una definitiva sistemazione nel palazzo di Capodimonte ove i dipinti furono collocati soltanto nel 1754 (Pagano, 1988, pp. 28 s.). La maggior parte dei quadri, che in un documento sottoscritto da Giuseppe Bonito (nel 1766) risultava di mano del D., "pittore di molto spirito e gran fantasia" (cfr. Pagano, 1988, pp. 295.), raffigurava episodi della vita di Alessandro Farnese, mentre il ciclo relativo alle imprese di papa Paolo III fu eseguito da Sebastiano Ricci. Solo una parte delle tele venne restituita a Piacenza (1928) e collocata in palazzo Farnese, ove ha sede il Museo civico (Pronti, 1988). Diciotto tele si conservano tuttora presso il Museo archeologico di Napoli.

Per quanto attiene infine alle successive commissioni che il D., "pittore fecondo e instancabile" (Pagano, 1988, p. 66), poté soddisfare, si ricordano a Piacenza i grandi cicli di affreschi eseguiti nell'oratorio delle Torricelle (cupola e presbiterio), distrutti da un incendio nel 1864, quelli della facciata della chiesa di S. Fermo, già di S. Maria degli Speroni, eseguiti in concomitanza con quelli di Ferdinando Galli Bibiena. Purtroppo anche di questo intervento non si conservano tracce. Al 1699 data l'episodio figurato con Bacco e Arianna - di cui si conserva il bozzetto in collezione privata piacentina (Matteucci, 1979, p. 136) - dipinto fra le quadrature di Ferdinando Galli Bibiena sulla volta del salone d'onore di palazzo Costa Trettenero a Piacenza.

Al servizio di una committenza ora di religiosi, ora di esigenti aristocratici, instancabile esecutore di soggetti sacri e mitologici, allegorici e di genere, il D. esplicò un'intensa attività di cui restano numerose testimonianze nelle opere menzionate negli inventari delle più prestigiose raccolte private piacentine: da quella dei marchesi Baldini, presso i quali lavorò lo stesso Domenico Piola (P. Ceschi Lavagetto, La "Galleria" di D. Piola ritrovata, in Bollettino d'arte, s. 6, LXX [1985], 33-34, pp. 181-190), autore delle decorazioni della galleria del palazzo di via S. Siro, a quelle dei conti Volpari, dei marchesi Mulazzani Landi e Serafini, dei Bertamini, dei conti Maculani Bagarotti. A recente il rinvenimento di sei grandi tele eseguite per i Malvicini Fontana, con imprese che esaltano le Gesta di Erasmo e Giovanni Malvicini e Almerico Fontana (Matteucci, 1979, pp. 266 s.; Pagano, 1988, p. 66), tuttora conservate in palazzo Fogliani a Piacenza; nello stesso palazzo si trova un Ritratto di gentiluomo (Arisi, 1975, p. 23), la cui attribuzione al D. è comunque dubbia. Per quanto attiene alle tele della raccolta Laviosa, già Ardizzoni-Calvi, di queste faceva parte anche Curzio nella voragine pervenuta alla Galleria Rizzi di Sestri Levante (Castelnovi, 1972, p. 18 e n. 31; Pagano, 1988, p. 68).

Tra le tele prodotte per una committenza religiosa si ricordano, inoltre, a Piacenza, le Storie di s. Biagio, dipinte per la chiesa di S. Paolo (1693), S. Giacomo interciso nella chiesa di S. Francesco, S. Agostino fa leggere la sua regola alle suore del suo Ordine già in S. Agostino e ora nella chiesa di S. Brigida (Pancotti, 1928), S. Francesco dipinto (1708), per il tabernacolo della chiesa dei cappuccini, S. Alessandro a cavallo, eseguito per l'omonima chiesa ed ora nella parrocchiale di Suzzano. Nel territorio parmense inoltre è documentata l'attività di frescante del D. nella cappella palatina di Colorno (Cirillo-Godi, 1984).

All'inizio del Settecento il D. si impegnò a dipingere una serie di "pitture" per la chiesa piacentina di S. Savino (1703), ritenute perdute dalla Arisi (1975, p.29). La Pagano (1988, pp. 68 s.), invece, ha riconosciuto nella tela raffigurante L'angelo custode con s. Carlo, s. Antonio da Padova, s. Antonio abate, tuttora in loco, la parte centrale di uno dei dipinti del D. e non esclude che i laterali siano da identificarsi nei due ovali ora sulla retrofacciata della chiesa, raffiguranti rispettivamente S. Carlo che adora il crocifisso e un Santo, che concede una grazia (ibid., pp. 68 s., 71 n. 30).

Tra il 1704 e il 1706 il D. è documentato all'interno di alcune delle più importanti dimore nobiliari di Piacenza. Dopo avere affrescato la volta di un salotto in palazzo Baldini Radini Tedeschi, in collaborazione con G. B. Galluzzi (Matteucci, 1979, p. 248), con lo stesso quadraturista lavorò alla facciata del cimitero della chiesa di S. Savino (Lattanzio, ms., 1704-12). Nel 1706 affrescò la volta e il coro della collegiata di Cortemaggiore (Fiori, 1970).

La decorazione del transetto e dei pennacchi della chiesa dei teatini di S. Vincenzo a Piacenza, riferita dallo Scarabelli (1841) al 1709-1712, fu presumibilmente tra le ultime opere del D., che morì in Piacenza il 9 febbr. 1712.

Fonti e Bibl.: Piacenza, Bibl. comunale Passerini Landi, Mss. Pallastrelli 107 (1704-1712): D. Lattanzio, Mem. stor. di S. Savino, cc. n. nn.; Ibid., ms. Comunale, 297-3°: T. Vitali, Palazzo Farnese. Documenti-vari, cc. n. nn.; Arch. di Stato di Piacenza, Archivio notarile, rogito Antonio Marcello Salici, registro 1711-1723, Inventario della biblioteca di G. E. D., ad annum 1712; G. P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, I, p. 214; II, p. 205; C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, pp. 12 s., 74, 80, 84, 98, 106, 110, 120, 122; L. Lanzi, Storia pittorica d. Italia [1809], a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 135, 226 s.; P. Vitali, Le pubbliche pitture di Busseto, Parma 1819, pp. 22, 45 ss.; C. Cattanei, Descriz. dei monumenti e delle pitture di Piacenza, Piacenza 1828, pp. 15, 23, 62; L. Scarabelli, Guida ai monumenti stor. e artistici della città di Piacenza, Lodi 1841, pp. 14, 61, 124, 126, 158, 161; G. 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