FRESCOBALDI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRESCOBALDI, Giovanni

Raffaella Zaccaria

Nacque a Firenze nel 1436 (in base alla dichiarazione catastale del 1442 risulta, infatti, avere 6 anni), da Niccolò di Amerigo Frescobaldi e da Antonia di Domenico Gherardini.

I genitori del F., che si erano sposati nel 1429, ebbero altri sei figli, Nanna (1432), Amerigo (19 giugno 1433), Filippo (1440), Benedetta (1444), Alessandra (1446) e Dea (1447). Rimasto vedovo dopo il 1457 - in questo anno compare infatti per l'ultima volta nella registrazione catastale la moglie Antonia - il padre del F. si risposò nel giugno del 1461 con Pippa di Matteo Cerretani. Niccolò abitava nel quartiere S. Spirito, dove gestiva una propria ragione commerciale. Egli possedeva inoltre diversi poderi fra i quali uno con casa nel popolo di S. Michele a Castiglione in Val di Pesa. Nell'aprile 1443 aveva comprato a Firenze da Lena vedova di Antonio Serragli una casa situata in via della Cuculia per abitarvi con la famiglia. Morì tra il 25 e il 26 dic. 1473.

Non si hanno notizie sulla giovinezza e la formazione culturale del F., che ottenne l'emancipazione il 16 ag. 1453 e fu avviato all'esercizio della mercatura probabilmente, all'inizio, nell'azienda paterna, entrando in seguito al servizio dei Medici: nel 1469 si trovava infatti a Bruges, presso l'importante banco mediceo diretto allora da Tommaso Portinari, come è attestato nella portata al catasto di quell'anno. Nel 1474 sposò Pierozza di Sozzo dei Bardi dalla quale ebbe cinque figli: Francesco, Margherita, Filippo, Contessina e Carlo, nato il 17 marzo 1490. Nella portata catastale del 1480 il F. compare nelle vesti di capofamiglia, residente nella casa di via della Cuculia con a carico la moglie Pierozza di venticinque anni e la figlia Contessina di quattro anni già fornita di dote al Monte. Non si fa menzione del figlio Francesco, che però dai Libri di età dell'Archivio delle Tratte (Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 80, c. 21r) risulta nato il 26 marzo 1476. Probabilmente tale dichiarazione venne presentata dal fratello del F., Amerigo, in quanto il F. si trovava allora a Venezia: nella portata al catasto di Amerigo del 1480 si dice, infatti, che il figlio Raffaello si trovava a Venezia con il Frescobaldi.

Non si sa con precisione quando il F. si trasferì a Venezia: la sua presenza nella città è attestata da un gruppo di lettere indirizzate a Lorenzo e poi a Piero de' Medici tra il 30 genn. 1479 e l'11 giugno 1493. Anche le registrazioni delle missive inviate al F., contenute nei protocolli delle lettere di Lorenzo, partono dal 1479; la prima, del 6 febbr. 1479, è proprio la risposta alla lettera del F. del 30 gennaio. Si può pertanto supporre che il lungo servizio del F. come agente mediceo a Venezia sia iniziato nel 1479. Gli argomenti che ricorrono nella corrispondenza sono in prevalenza di carattere commerciale e bancario, legati a negozi con il Levante. Non mancano tuttavia accenni a questioni personali come dimostra una lettera di Lorenzo che riguarda l'imparentamento del F. con la famiglia Nerli. Filippo Nerli era anch'egli agente mediceo a Venezia. Così nel 1482 fu stipulato un doppio contratto di matrimonio: Contessina e Margherita, figlie del F., dovevano sposare rispettivamente Bartolomeo Nerli, figlio di Tanai e nipote di Filippo, e Alessandro, figlio di Giovanni Nerli.

A Venezia il F. dovette avere anche un ruolo non secondario di carattere diplomatico, come si ricava da una lettera di Lorenzo de' Medici del 13 apr. 1490 in cui prega il F. di tenere i contatti con la famiglia Barozzi, la quale aveva richiesto l'intervento del Magnifico perché si adoperasse presso la Curia pontificia per la concessione del cardinalato a Piero Barozzi, allora vescovo di Padova: la pratica tuttavia non ebbe esito positivo. La permanenza veneziana del F. offrì anche l'occasione a Lorenzo e poi a Piero de' Medici di procurarsi alcuni codici, probabilmente anche greci, che il F. comprava o faceva copiare inviandoli poi a Firenze; lo attestano in particolare le registrazioni nei protocolli laurenziani e una lettera del 25 maggio 1493, diretta a Piero de' Medici, in cui il F. dice di aver trovato solo quattro dei cinque libri che gli erano stati richiesti. Si può anche supporre che il F. fosse in contatto con l'ambiente umanistico veneziano: sicuramente conobbe Giano Lascaris come documenta una lettera inviata da Lorenzo de' Medici a quest'ultimo e al F. in data 7 ag. 1490.

Il F. morì, forse a Venezia, il 19 genn. 1495. Dalla dichiarazione effettuata nel 1498 dal fratello Amerigo agli ufficiali della Decima risulta che questi aveva ereditato la casa in via della Cuculia e altre proprietà del Frescobaldi. Soltanto il podere di San Martino a Argiano era stato assegnato agli eredi del F. e pervenne in seguito al figlio Carlo, che nel 1498 era ancora minorenne. Il F. non va comunque confuso con un altro Giovanni Frescobaldi, soprannominato "il guercio", il quale era invece uno zio paterno; questi visse sempre a Firenze, dove morì poco dopo il 1470.

Il F. si dedicò anche alla poesia, come avevano fatto i suoi lontani parenti Dino, Matteo e Giovanni Frescobaldi, vissuti tutti e tre nella prima metà del Trecento. Già il Carducci avanzò l'ipotesi che alcuni sonetti, assegnati nel codice Redi 184 della Biblioteca Laurenziana a Matteo Frescobaldi, fossero in realtà opera del Frescobaldi.

Recentemente L. Avellini ha cercato di chiarire tutta la complessa questione complicata dal fatto che altri due Giovanni Frescobaldi, vissuti tutt'e due nel Trecento - il già ricordato Giovanni, figlio di Lambertuccio, e un suo coevo, titolare della compagnia Frescobaldi operante in Inghilterra -, avevano composto rime.

Sulla base di quanto già sostenuto da F. Flamini, l'Avellini ha attribuito al F. tre componimenti poetici (pubblicati da Lanza, in Lirici toscani, pp. 599-601). Il primo è il sonetto "Ottavante, otto venti han sempre vinto", inviato da Bruges a Attavante Barducci nel dicembre 1468; fu scritto in occasione di una lite intercorsa tra quest'ultimo e Piero Bandino e inserito nel canzoniere del Barducci, che rispose all'amico con il sonetto "Sponte lo spanto mie 'ngegno ho già spinto". Il sonetto "Mal va il mio ingegno infermo sanza gruciole" è invece una risposta del F. a Lazzaro da Padova, fuggito da Londra, dov'era scoppiata un'epidemia, per rifugiarsi a "Granicci" (Greenwich), il quale aveva mandato all'amico Giovanni, che era rimasto a Londra per seguire i suoi affari, il sonetto "Fresco mie caro, qui tra mille luciole". Anche un terzo sonetto, "Ricordo per chi passa in Ingolterra", attribuito da L.S. Peruzzi e da A. Sapori a un Giovanni Frescobaldi vissuto nel sec. XIV, è dovuto, secondo l'Avellini, alla penna del nostro. Queste attribuzioni vengono confermate dal fatto che il F., come viene documentato qui, nel 1469 si trovava effettivamente a Bruges presso il banco dei Medici, dal quale dipendeva la filiale di Londra.

Al F. va attribuito con tutta probabilità anche un poemetto in ottave rime con il titolo La palla al calcio, trasmesso da due codici gemelli, conservati rispettivamente a Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 35 sup., e a Firenze, presso la biblioteca privata Venturi Ginori Lisci, 3 (v.n. 374). Il poemetto è stato pubblicato integralmente dal Lanza sulla base del solo codice ambrosiano (Lirici toscani) e da L. Avellini sulla base di ambedue i codici (in Anselmi - Pezzarossa - Avellini, La memoria dei mercatores, pp. 213-220).

L'operetta, assegnabile agli anni Settanta del Quattrocento, è la cronaca di un incontro di calcio svoltosi a Firenze nella piazza di S. Spirito tra i giocatori del quartiere S. Spirito e quelli del Prato. I partecipanti, tutti giovani tra i venti e i venticinque anni, di alcuni dei quali vengono indicati anche i nomi, appartenevano in parte al ceto mercantile - e quindi alla componente oligarchica cittadina, Altoviti, Sapiti, Bardi, Benci, Ugolini - e in parte alle classi inferiori: di questi vengono forniti, infatti, solo i soprannomi. L'incontro agonistico appare assai animato e acceso e viene descritto con grande efficacia in tutti i suoi particolari, fino alla vittoria finale arrisa alla squadra di S. Spirito, festeggiata da tutti con grande clamore.

Secondo H. Bredekamp potrebbe essere attribuito al F. anche un altro testo in ottave, adespoto, intitolato La palla al calcio, che costituisce la prima testimonianza letteraria relativa a questo genere di componimenti. Il poemetto è conservato nel codice Magliabechiano VII, 1034 della Bibl. naz. di Firenze, unico testimone, e sembra sia stato composto tra il 1460 e il 1470. Il tema trattato riguarda anch'esso una partita di calcio svoltasi su un "prato celestiale" apparso in sogno al narratore, che descrive tutte le operazioni preliminari alla scelta dei componenti le due squadre e quindi l'incontro vero e proprio.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Catasto, 65, cc. 212r-213r (1427); 395, cc. 335v-336r (1430); 489, cc. 391v-392v (1433); 611, cc. 292r-293r (1442); 650, cc. 249r-250v (1447); 690, c. 166rv (1451); 794, cc. 313r-314v (1457); 910, cc. 267r-268v (1469); 999, c. 15v; 1000, c. 7rv (1480); Decima repubblicana, 8, c. 194rv; 9, c. 1296; Emancipazioni, 6, c. 75rv; Notarile antecosimiano, 734, c. 237 (18 giugno 1461, atto relativo alla dote di Pippa Cerretani; anche nel Notarile antecosimiano 12268 e 12269 si trovano numerosissimi atti relativi al F. e alla sua famiglia); Mediceo avanti il principato, 32, 36; 34, 551; 36, 100; 38, 73; 40, 196; 41, 8, 393; 43, 91; 60, 287, 512, 554; 78, 88; 96, 452; 98, 315; 103, 1; Manoscritti, 359, c. 548v; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Passerini, 47, cc. 150v, 156, tav. 8t; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-1474, 1477-1492, a cura di M. Del Piazzo, Roma 1956, ad Ind.; M. Frescobaldi, Rime, a cura di G. Carducci, Pistoia 1866, pp. 10 s., 15; L.S. Peruzzi, Storia del commercio e dei banchieri di Firenze dal 1200 al 1345, Firenze 1868, p. 153; G. Volpi, Le stanze per la giostra di Lorenzo dei Medici, in Giorn. stor. della letter. italiana, XVI (1890), p. 365; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1892, pp. 544 ss.; R. Truffi, Un curioso riscontro, in Giorn. stor. della letter. italiana, XXVI (1895), pp. 189-292; G. Fumagalli, Bibliografia dell'antico gioco fiorentino del calcio, in A. Lensi, Il gioco del calcio fiorentino, Firenze 1931, p. 46; F.P. Magoun, Il gioco del calcio fiorentino, in Italica, XIX (1942), p. 6; A. Sapori, La compagnia dei Frescobaldi in Inghilterra, Firenze 1947, p. 34; E. Pasquini, Il codice di F. Scarlatti, in Studi di filologia italiana, XXII (1964), pp. 423, 489, 531; A. Lanza, Lirici toscani del Quattrocento, I, Roma 1973, pp. 201-208, 599-607; G.M. Anselmi - F. Pezzarossa - L. Avellini, La memoria dei mercatores…, Bologna 1980, pp. 178 ss.; R.C. Trexler, Public life in Renaissance Florence, New York 1980, pp. 398 ss.; C. Bascetta, Les codes verbaux de jeu et les sources de la littérature sportive italienne du XV au XVIIeme siècles, in Les jeux à la Renaissance, a cura di Ph. Ariès - J.-C. Margolin, Paris 1982, p. 97; R. De Roover, Il Banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, p. 489; U. Martelli, Ricordanze dal 1433 al 1483, a cura di F. Pezzarossa, Roma 1989, p. 93 n.; P. Orvieto, Carnevale e feste fiorentine, in Lorenzo il Magnifico e il suo tempo, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1992, p. 113; M. Mallet, Lorenzo and Venice, in Lorenzo il Magnifico e il suo mondo, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1994, p. 113; H. Bredekamp, Calcio fiorentino, Genova 1995, pp. 38 s., 153.

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