GRANATA, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GRANATA, Giovanni

Valentina Ciancio

Nacque il 3 apr. 1875 a Sulmona da Pasquale, tintore, e da Crocifissa Perrotti. Nel 1892 si diplomò alla scuola tecnica governativa di Sulmona. Secondo quanto riferisce Pelino iniziò il suo apprendistato nella bottega di Costantino Barbella, affermato scultore abruzzese, che lo avvicinò all'arte della fusione in bronzo e lo educò a una sensibilità secessionista che il G. non abbandonerà nel corso della sua produzione.

Nel 1900, in occasione della LXX Mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti, espose per la prima volta a Roma la scultura Mestizia. Presso la collezione Pelino (Sulmona) si conserva una terracotta dall'omonimo titolo, priva della testa. L'opera, raffigurante una donna seduta con le mani in grembo, sul piedistallo è firmata e datata 1900. Tra le sculture del G. menzionate da Pelino figurano anche Piangi e La Vergine, di cui non si conoscono le date di realizzazione.

Nel 1905 si stabilì a Roma, in via dei Greci, dove tenne il suo studio con la fonderia.

Per quasi un trentennio, dal 1900 al 1928, il G. partecipò alle mostre romane della Società degli amatori e cultori nel palazzo delle Esposizioni: nel 1903 con La Fionda, nel 1904 con Il primo amore, nel 1907 con Sirene, nel 1908 con Dardo d'amore, nel 1913 con Testa di vecchio, nel 1914 con Pastore abruzzese (acquistato dal Comune di Roma nel 1914: Ponente, p. 529). Quest'ultima opera è probabilmente identificabile con il bronzo intitolato Il montanaro abruzzese già esposto alla X Biennale di Venezia nel 1912, definito da Marangoni "gagliardo e forse troppo analizzato" (1912, p. 298). Il G. inviò alla Mostra della Società degli amatori e cultori del 1915 Narcisa, riproposta nel 1926. Nel 1916 espose Gattina e Testa di donna, acquistate rispettivamente dal ministero della Pubblica Istruzione e dal Comune di Roma (Ponente, p. 529). Edera e Sorelline sono le due sculture che il G. propose alla mostra della società romana del 1918; mentre nel 1919 è presente con Sogni e Sorgente. Quest'ultimo bronzo, raffigurante un giovanetto posto su un basamento, è firmato e datato 1918 (Roma, Palazzo del Quirinale: Il patrimonio artistico del Quirinale…). La cura verista con cui lo scultore modella il corpo acerbo, la veste aderente e i sandali dell'adolescente, è mitigata dal garbato reclinare della testa che conferisce alla statuetta una vena intimista di singolare effetto. Nel 1920 inviò Amazzone, riproposta nel 1922, e nel 1928 Roma. Dal catalogo relativo a quest'ultima edizione della Società degli amatori e cultori il G. risulta domiciliato a Porta Maggiore.

Oltre a queste rassegne d'arte, nel 1907 partecipò al concorso per la decorazione scultorea del monumento a Vittorio Emanuele II. Le sue opere, sebbene segnalate dalla critica, non ottennero particolari riconoscimenti (Artioli, p. 104).

Nel 1909 per la sezione Lazio della I Esposizione nazionale di belle arti di Rimini inviò Fonte di vita, Dardo d'amore, Nostalgia e Visione.

Nel 1911, nell'ambito delle iniziative organizzate per il cinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, si allestì a vigna Cartoni (Valle Giulia) una delle sedi dell'Esposizione internazionale di Roma. Per tale evento il G. eseguì la fontana d'ingresso e due gruppi allegorici, la Storia e la Geografia, che ornavano la fronte posteriore del palazzo dei Cimeli (La scultura degli edifici dell'Esposizione). Nella rassegna dell'Esposizione sono pubblicate le tre opere del Granata. La fontana appare composta da una vasca affiancata da due figure alate, di classica imponenza; le allegorie, due monumentali statue femminili corredate dai consueti attributi del libro (la Storia) e del mappamondo (la Geografia), sono arricchite da putti e ghirlande.

Sempre nel 1911, nella capitale, presentò all'Esposizione artistica degli indipendenti le opere Fonte di vita, Edera e La sorgente.

Alla Galleria comunale d'arte moderna e contemporanea di Roma si conservano una Testa di Dante, firmata, e un Nudo di donna, acquistato nel 1915 (Ponente, p. 328). Quest'ultimo, in bronzo, raffigura una giovane danzante. L'elegante torsione del busto e il movimento leggiadro delle braccia, libere nello spazio, interpretano secondo un gusto secessionista i modelli antichi. La scelta del piccolo formato rientra inoltre nella produzione liberty primo Novecento.

Oltre alla produzione minore relativa a tematiche intimiste e di genere il G. realizzò una serie di opere di grandi dimensioni con destinazione celebrativa e funeraria. Nella sua città di origine eseguì il Monumento ai caduti, promosso dal Comitato studentesco nel 1920 e inaugurato il 2 apr. 1922 (Mattiocco; Giannantonio, fig. a p. 22). La fotografia del bozzetto, con apposta la dedica autografa del 3 giugno 1919 al sindaco di Sulmona, sembra anticipare a quell'anno l'ideazione dell'opera (collezione Pelino). Il monumento è composto da un'ara su cui si adagia un soldato morente mentre solleva una Vittoria alata; l'interpretazione simbolista del tema avvicina l'opera ai numerosi monumenti ai caduti del primo dopoguerra. In questo ambito Giannantonio (p. 23) suggerisce il confronto con i monumenti di Salò e Treviso, che si distinguono tuttavia per una maggiore enfasi retorica rispetto all'opera sulmonese. Della scultura in bronzo originaria è stato riutilizzato il materiale all'inizio della seconda guerra mondiale. Recentemente ne è stata realizzata una copia, in formato ridotto, da Umberto e Gabriele Malvestuto con il finanziamento del Comune di Sulmona (Pelino; Giannantonio, p. 36 n. 64).

Nel 1926 in occasione del torneo delle Nazioni il G. eseguì una medaglia d'oro per l'Associazione nazionale schermitori fascisti, pagata dal Comune di Sulmona 1200 lire (Giannantonio, p. 37 n. 65). Sempre a Sulmona lo scultore realizzò per il cimitero della città la cappella Mazara che presenta all'ingresso un angelo in marmo. Al Verano di Roma si conserva invece la tomba di famiglia (Vicario). All'interno di un'edicola terminante con un festone arboreo, una fanciulla in bronzo sparge fiori sulla lapide sottostante. Nella sinuosità del gesto e nel contrasto della materia grezza del fondo e di quella lavorata del panneggio si ravvisano i canoni liberty propri dell'artista.

Il G. morì a Roma il 29 maggio 1947.

Fonti e Bibl.: R. Artioli, Il concorso per le sculture del monumento a Vittorio Emanuele, in Arte e storia, XXVI (1907), 13-14, pp. 102-105; G. Marangoni, All'Esposizione di Roma, la mostra degli indipendenti, in Natura ed arte, XX (1911), 18, p. 459; La scultura degli edifici dell'Esposizione, in Roma. Rassegna illustrata dell'Esposizione del 1911, II (1911), 4, pp. 1-8; G. Marangoni, Alla X Esposizione di Venezia. La scultura moderna, pittori veneziani, triestini, meridionali, in La Cultura moderna. Natura ed arte, XXI (1912), 17, pp. 294-303; Id., La Mostra internazionale della Società amatori e cultori, in Pagine d'arte, II (1914), 3, pp. 41-43; Rassegna d'arte degli Abruzzi e del Molise, III (1914), 1, p. 62; Esposizione di belle arti, in Boll. d'arte, III (1916), 5-6, suppl., p. 48; E. Mattiocco, Sulmona ieri, Sulmona 1972, p. 66; Il patrimonio artistico del Quirinale, La quadreria e le sculture, a cura di A.M. Damigella - B. Mantura - M. Quesada, I, Roma-Milano 1991, p. 228; A. Ponente, G. G., in Catalogo generale della Galleria d'arte moderna e contemporanea di Roma, a cura di G. Bonasegale, Roma 1994, pp. 328, 330 s., 529; V. Vicario, Gli scultori italiani. Dal neoclassicismo al liberty, I, Lodi 1994, pp. 550 s.; R. Giannantonio, Il volto del regime, Chieti 2000, pp. 22 s., 36 n. 64, 37 n. 65 (con bibl. precedente); A.M. Bessone-Aurelj, Diz. degli scultori e architetti italiani, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello 1947, p. 275; O. Pelino, Diz. biografico degli Abruzzesi, I, Sulmona 1976, p. 62; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento, Torino 1989, p. 87.

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