MANNOZZI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MANNOZZI, Giovanni (Giovanni da San Giovanni)

Francesco Sorce

Nacque a San Giovanni Valdarno il 20 marzo 1592 dal notaio Giovan Battista di Agnolo, che lo avviò alla carriera notarile e poi a quella ecclesiastica. Abbandonati gli studi, il M. si trasferì a Firenze, dove il canonico Filippo Del Migliore, amico dello zio paterno Francesco, ne favorì l'ingresso nella bottega del pittore Matteo Rosselli verso il 1608 (Cicconi, p. 99). Con ogni probabilità, contemporaneamente all'apprendistato presso Rosselli, il M. perfezionò lo studio della prospettiva con Giulio Parigi, con il quale verosimilmente collaborò all'allestimento degli apparati scenici per le esequie della regina di Spagna Margherita d'Austria celebrate nel 1612.

Dal 1612 il M. risulta essere immatricolato nei registri dell'Accademia del disegno. Nel 1615 il M. ricevette l'incarico per due tele con coppie di Putti in volo che intrecciano ghirlande destinate al soffitto di una stanza di casa Buonarroti, di cui si registrano pagamenti ancora nel 1619.

Nello stesso anno fu altresì impegnato nella decorazione della cupola di S. Salvatore in Ognissanti, che raffigura Cori angelici. Per la medesima chiesa fiorentina dipinse inoltre, a partire dal 1616, cinque lunette del chiostro con Scene della vita di s. Francesco, portando a termine i lavori nel 1619, come risulta dalla data apposta sul S. Francesco in adorazione della Vergine con il Bambino che reca anche la sua firma.

Il catalogo delle opere giovanili comprende alcuni tabernacoli dipinti in città e nel contado: rimangono conservati, entrambi a Firenze, la Vergine con il Bambino e i ss. Antonio, Giuliano e Giuseppe con il committente del 1616 (via Faenza, ma già in via Cennini) e il cosiddetto tabernacolo delle Stinche (via Ghibellina), raffigurante Un gentiluomo che distribuisce elemosine ai carcerati ed eseguito intorno allo stesso anno.

Ancora nel 1616 il M. venne incaricato di dipingere l'Allegoria di Firenze sulla facciata della dimora del granduca di Toscana Cosimo II de' Medici in piazza della Calza. Gli affreschi sono in larga parte perduti, ma se ne conoscono la struttura e l'iconografia di massima attraverso un disegno dello stesso M. (Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi). L'anno seguente il granduca lo nominò "familiare di corte" insieme con Jacques Callot e Filippo Angeli (Filippo Napoletano).

Cicconi (p. 107) ha di recente proposto di anticipare intorno al 1617 la cronologia del Martirio di s. Biagio per S. Biagio a Montepulciano, oggi conservato nella chiesa di S. Agnese nella medesima cittadina toscana, sulla scorta di taluni documenti riguardanti il committente, Giovanni Battista Nardi.

Tra il 1619 e il 1620, in due fasi distinte, il M. coordinò insieme con Giulio Parigi l'équipe di artisti impegnati nella decorazione della facciata di palazzo dell'Antella in piazza S. Croce a Firenze, realizzando personalmente alcune Allegorie delle Virtù.

Su richiesta di Donato Dell'Antella, l'artista figurò inoltre sul prospetto dell'edificio una rielaborazione del Cupido dormiente del Caravaggio (Michelangelo Merisi), all'epoca nella collezione della famiglia del committente. Anche in questo caso le condizioni conservative risultano precarie; ma una lettura dell'intero ciclo è resa possibile da un acquerello (Firenze, Uffizi) dello stesso M., cui si deve il progetto complessivo.

Nel 1620 eseguì firmandole la Circoncisione per S. Bartolomeo a Cutigliano e la Decollazione del Battista che gli fu richiesta dalla Compagnia di S. Giovanni Decollato della chiesa di S. Lorenzo a San Giovanni Valdarno (oggi nella basilica di S. Maria delle Grazie).

Le tele presentano una certa accentuazione delle trame chiaroscurali che ha indotto la letteratura a considerare l'ipotesi di un'attenzione per il naturalismo caravaggesco già nel secondo decennio, sollecitata magari dal più volte congetturato viaggio a Roma precedente quello del 1621 (Cicconi, pp. 105-110). La Decollazione del resto sembra derivare almeno le figure dei prigionieri in carcere dal dipinto maltese del Caravaggio di identico soggetto (La Valletta, oratorio della cattedrale di S. Giovanni), una rielaborazione del quale, a opera di Filippo Paladini, fu realizzata a Firenze nel 1608 per la famiglia Dell'Antella.

Nel maggio del 1621 il M. ricevette inoltre dalla basilica di S. Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno il pagamento per due affreschi raffiguranti l'Annunciazione e lo Sposalizio della Vergine. All'inizio del terzo decennio il pittore affrescò anche la cappella Calderini in S. Croce a Firenze con Storie della vita di s. Andrea. Il 24 apr. 1621 la sua firma compare in margine al conto finale dei lavori.

Quando, nello stesso 1621, Maria Maddalena de' Medici entrò in ritiro nel monastero domenicano della Crocetta, il M. si propose per la decorazione della cappellina collocata nel giardino.

Il M. dipinse un'insolita Fuga in Egitto in cui Maria è raffigurata nell'atto di scendere dall'asino presso un'osteria. Nel 1788, per ordine del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, la cappella venne poi trasferita interamente dal giardino del convento all'ospedale di S. Matteo, oggi Accademia di belle arti. L'ovale al centro della volta, entro il quale si trova un gruppo di Angeli in parte affacciati alla balaustra, è costruito attraverso una resa illusionistica analoga a quella delle soluzioni spaziali di Cherubino e Durante Alberti sperimentate a Roma e note al M. probabilmente per il tramite dei lavori di Michelangelo Cinganelli. La presenza di tale elemento stilistico ha contribuito ad alimentare le ipotesi relative al precoce interesse del M. per la cultura figurativa romana.

Sempre al 1621 risale la decorazione firmata della cappella del palazzo Brancadoro, attualmente Mainoni-Guicciardini, a Vico d'Elsa, con episodi della Vita della Vergine.

Le scene di piccolo formato all'interno del ciclo, caratterizzate da una partitura cromatica piuttosto chiara, sono ambientate in fondali naturali arricchiti da rovine e templi classici nello stile del paesaggismo romano.

Sicuramente dopo il 1620 (Giglioli, 1930, p. 432) si devono collocare inoltre le Storie di s. Paolo e le Figure allegoriche della cappella Inghirami nella cattedrale di Volterra, concluse di certo entro il 1622, la cui attribuzione al M., a dispetto della mancanza di sostegni documentari, è sostanzialmente accettata dalla critica per ragioni di stile. Alla fase conclusiva della prima attività toscana (1620 circa) è da ricondurre anche la Sposa novella, eseguita per don Lorenzo de' Medici e in origine nella villa La Petraia a Castello (Firenze, Galleria Palatina).

Intorno al 1621 il M. compì il primo viaggio accertato a Roma, con Francesco Furini e con l'allievo Benedetto Piccioli (Barsanti, pp. 80 s.). La prima commissione documentata nella città papale gli giunse nel giugno 1622, quando l'Arciconfraternita di S. Giuseppe dei Catecumeni e dei Neofiti gli assegnò la decorazione a fresco della cappella di S. Carlo Borromeo nella chiesa della Madonna dei Monti.

Il M. eseguì la Chiamata di Pietro e Andrea e Storie e miracoli di s. Carlo Borromeo, oltre ad alcune Virtù, attendendo ai lavori presumibilmente fino al maggio del 1626, quando termina la registrazione dei pagamenti in suo favore (Guerrieri Borsoi; Wood, 2001, pp. 14-17).

Nel 1623 il cardinale Giovanni Garzia Mellini gli affidò gli affreschi dell'abside della chiesa dei Ss. Quattro Coronati, di cui era titolare.

Il M., in concorso con lo stuccatore Francesco Solario - di cui si conserva la firma accanto a quella del pittore (Muñoz, p. 80) - rappresentò nel catino absidale una Gloria di santi nel cielo, dedicando gli scomparti della fascia inferiore alla raffigurazione delle Storie dei Santi Quattro, in base al programma iconografico stilato con ogni probabilità da Decio Mammolo, segretario di Mellini. L'artista elaborò una complessa finzione spaziale, impiegando soluzioni scenografiche tipiche degli allestimenti teatrali fiorentini, coniugate con elementi luministici di derivazione emiliana (Buccheri, pp. 127 s.).

Per Mellini il M. eseguì anche gli affreschi della cappella di famiglia in S. Maria del Popolo, con Storie della vita di s. Nicolò e Virtù.

Sono inoltre da inserire nel suo catalogo due delle lunette, firmate, nel chiostro della chiesa di S. Andrea delle Fratte, che raffigurano S. Francesco di Paola in meditazione e S. Francesco di Paola risana una cieca e risultano stilisticamente affini alle pitture dell'abside dei Ss. Quattro Coronati.

Durante gli anni romani il M. godette della protezione del cardinale Guido Bentivoglio, consigliere artistico della famiglia Barberini, e di suo fratello il marchese Enzo. In un periodo compreso tra il 1622 e il 1627 il pittore fu impegnato nella decorazione di alcune sale del palazzo Bentivoglio a Monte Cavallo (oggi Pallavicini Rospigliosi).

Vi dipinse, sul soffitto del salone del piano nobile, il Carro della Notte, in chiaro contrasto con l'Aurora di Guido Reni affrescata nel casino; la cronologia dell'opera rimane problematica, oscillando generalmente tra l'inizio del soggiorno a Roma (Zeri, p. 47) e il 1624 (Giglioli, 1949, pp. 63 s.). La notizia di una collaborazione con Francesco Furini, contenuta in un'antica biografia dello stesso, ha permesso di ipotizzare anche una datazione al 1622, quando Furini tornò a Firenze (Barsanti, p. 82 nn. 45 s.). Verso il 1623-24 dovrebbero collocarsi, invece, la Morte di Cleopatra e La fuga di Enea da Troia, opere anch'esse affrescate al piano nobile. Nel 1627 il M. lavorò invece in tre stanze del piano terreno, realizzando fregi di soggetto mitologico - Il ratto di Europa, Il ratto di Anfitrite e Il ratto di Proserpina - la cui datazione puntuale è possibile grazie a una lettera del 24 luglio 1627, in cui l'artista accenna all'incarico ricevuto dal cardinale Bentivoglio.

Per le committenze romane il M. affrontò anche soggetti "di genere", realizzando tele come La burla del Piovano Arlotto ad alcuni cacciatori (Collezione Scarsdale, Kedleston Hall, Derbyshire), commissionato - stando a Baldinucci (p. 243) - dal cardinale Francesco Barberini ma poi donato dall'artista a Giovan Francesco Grazzini, e il Contratto di matrimonio del 1627 circa (Roma, Galleria nazionale d'arte antica a Palazzo Corsini), ricondotto al corpus dei suoi rari dipinti da cavalletto da Briganti (1950, pp. 56 s.).

Il soggiorno a Roma ebbe fine nel 1628, quando il M. si trasferì a Gualtieri dove, insieme con Ippolito Provenzale, dipinse due grandi scene tratte dalla storia dei Bentivoglio nel salone dei Giganti del palazzo di famiglia (oggi palazzo del Comune).

In una lettera del 15 maggio 1628 (Banti, pp. 62 n. 3, 88), indirizzata al marchese Enzo, il M. fa menzione delle lamentele del committente per i ritardi nella conclusione dei lavori della Investitura a generalissimo data da Gregorio XIII a Cornelio Bentivoglio, oggi mutila, e accenna al progetto per la seconda scena, la perduta Glorificazione di casa Bentivoglio.

Il M. fece quindi ritorno in Toscana, per lavorare nuovamente a San Giovanni Valdarno. Nella frazione Montemarciano, dove i Mannozzi avevano numerose proprietà, si conserva nella cantoria dell'oratorio della Ss. Annunziata un ciclo di affreschi con Cori di angeli musicanti plausibilmente attribuita al pittore (Giglioli, 1949, pp. 50 s.). Nel 1629 il M. firmò e datò l'arredo pittorico della cappella del Ss. Sacramento nella badia di S. Salvatore a Settimo, nei dintorni di Firenze, su commissione dell'abate Attilio Brunicci.

Il piccolo ciclo comprende La consegna delle chiavi a Pietro, il Ritrovamento del corpo di s. Quintino, il Martirio dei ss. Stefano, Quintino, Lorenzo, Benedetto e Bernardo e, nella volta, la Gloria di Dio Padre e i Quattro Evangelisti. L'artista fu attivo anche in una sala interna della badia, dove dipinse un'Estasi di s. Bernardo e una Madonna con il Bambino e due santi vescovi di cui rimangono solo alcuni lacerti. Nello stesso anno il M. realizzò firmandole tre lunette nel refettorio della badia fiesolana raffiguranti Gesù nel deserto nutrito dagli angeli.

A partire dal 1630 egli eseguì quattordici lunette con i Miracoli ottenuti per l'intercessione della Vergine della Fontenuova nel loggiato esterno del santuario della Madonna della Fontenuova a Monsummano. I pagamenti al pittore vanno dal 29 dicembre di quell'anno fino al 26 dic. 1633, quando venne saldata l'Eucaristia per l'altare del coro (Gurrieri, 1973; G. da San Giovanni a Monsummano, pp. 36-38, 57).

Attorno al 1630 si data anche la decorazione del cortile della villa del Pozzino a Castello, eseguita dal M. per Giovan Francesco Grazzini. Vi sono rappresentate storie tratte dall'Asino d'oro di Apuleio e varie favole mitologiche di tema licenzioso, accompagnate da versi satirici composti dal pittore stesso.

Mannini (1986, pp. 202-210) ha riconosciuto la mano del M. anche nel piccolo ciclo dell'oratorio di Luca Mini, pievano della chiesa di S. Stefano in Pane presso Rifredi e dal 1631 "provveditore al Guardaroba" della villa medicea della Petraia. Della villa di sua proprietà, detta gli Arcipressi, in località Castello, resta solo l'oratorio. Gli affreschi, databili all'inizio del quarto decennio, occupano la zona absidale e la fascia superiore delle pareti perimetrali e raffigurano S. Francesco di Paola, S. Giuseppe, S. Stefano, S. Antonio Pierozzi e il B. Innocenzo Mini, patrono della famiglia del committente.

Nel 1633 il M. firmò e datò le Storie di s. Caterina della cappella del piano nobile di palazzo Pallavicini Rospigliosi a Pistoia, realizzate probabilmente per Caterina di Vincenzo Rospigliosi.

Nello stesso anno terminano anche i pagamenti per la serie di affreschi nel refettorio del convento di S. Trinita a Firenze.

Qui il pittore eseguì tre lunette: Cristo fa arrostire il pesce, Gesù a casa di Marta e Maddalena, Gesù a casa di Marta e Maddalena dopo la resurrezione di Lazzaro. Insieme con il M., cui si deve lo schema generale del ciclo, lavorarono Nicodemo Ferrucci e il frate Iacopo Confortini, che nella sua lunetta con le Nozze di Cana indicò nel 1631 la data di inizio dei lavori.

Risulta generalmente collocata verso il 1633 anche la Quiete che pacifica i venti affrescata sul soffitto della galleria della villa La Quiete a Quarto nei pressi di Firenze (oggi conservatorio delle minime ancelle di Trinità), sebbene Baldinucci (p. 210) suggerisse una datazione di molto precedente, indicando quale committente Cosimo II, scomparso nel 1621. È invece possibile riconoscere nella granduchessa Cristina di Lorena la "responsabile" del cantiere, poiché il nome anagrammato della duchessa compare sul soffitto della galleria dove campeggia l'opera del Mannozzi.

Alla fine del 1634 il M. ottenne da Giovanni Carlo de' Medici l'incarico dei lavori nella villa a Mezzomonte (oggi Corsini) dove affrescò Ganimede accolto da Giove e la caduta di Ebe.

Probabilmente nello stesso anno il pittore licenziò anche il Matrimonio mistico di s. Caterina della Galleria Palatina di Firenze, menzionato nell'inventario del 1649 della quadreria di don Lorenzo de' Medici presso villa La Petraia, nonché le altre tele con Venere che pettina Amore e la Prima notte di nozze eseguite per la stessa committenza. In questo periodo il M. sperimentò supporti pittorici inusuali come la terracotta e la stuoia di giunco per opere come La Pittura (Firenze, Galleria Palatina) e per una serie di storie di vario formato con soggetti veterotestamentari e mitologici, in gran parte conservate agli Uffizi e provenienti dalle collezioni medicee delle ville nei dintorni di Firenze (Borea, pp. 35, 37).

L'ultimo incarico di rilievo giunse ancora dal casato dei Medici quando, nel 1635, il granduca Ferdinando II affidò al M. la decorazione dell'attuale sala degli Argenti in palazzo Pitti.

Gli affreschi, realizzati per celebrare le nozze dello stesso granduca con Vittoria Della Rovere, glorificano le vicende di Lorenzo il Magnifico, alludendo alla necessità del ritorno, a seguito della nuova unione, di un'epoca felice come quella dell'illustre antenato del committente. Sulla volta, tripartita, sono raffigurati L'unione delle case Medici e Della Rovere, Cupido presenta a Marte il marzocco e Flora con le ninfe dell'Arno e il dio Pan, mentre sulle pareti vengono rappresentati il Tempo distrugge l'eredità del mondo antico, la Distruzione del monte Parnaso e la Fama mostra alla Toscana e alla Munificenza i filosofi raminghi.

L'esecuzione del ciclo venne interrotta a causa dell'improvvisa morte del M., avvenuta a Firenze il 6 dic. 1636 (Giglioli, 1949, p. 14); restarono incomplete la parete occidentale, quella orientale e la porzione di affresco sottostante alla finestra della parete settentrionale (Campbell, p. 4).

Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno (1681-1728), a cura di F. Ranalli, IV, Firenze 1846, pp. 191-278; L. von Buerkel, G. da San Giovanni, in Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst, I (1906), pp. 138-141; A. Muñoz, Il restauro della chiesa e del chiostro dei Ss. Quattro Coronati, Roma 1914, pp. 77-80; O.H. Giglioli, G. da San Giovanni, Firenze 1920; Id., Affreschi inediti di G. da San Giovanni, in Rivista d'arte, XI (1929), pp. 195-203; Id., La cappella Inghirami nella cattedrale di Volterra, ibid., XII (1930), pp. 429-454; Id., G. da San Giovanni (G. M. 1592-1636). Studi e ricerche, Firenze 1949; G. Briganti, Appunti su G. da San Giovanni, in Paragone, I (1950), 7, pp. 52-57; F. Zeri, G. da San Giovanni: la "Notte", ibid., III (1952), 31, pp. 42-47; G. Briganti, La burla del Pievano Arlotto di G. di San Giovanni, ibid., IV (1953), 39, pp. 46-48; M. Gregori, Arte fiorentina tra "maniera" e "barocco", ibid., XV (1964), 169, pp. 11-23; F. Gurrieri, Artisti granducali nel tempio della Madonna della Fontenuova a Monsummano, Pistoia 1973, pp. 48-50; A. Barsanti, Una vita inedita di Francesco Furini, in Paragone, XXVIII (1974), 291, pp. 79-99; E. Borea, Nota sui capricci di G. da San Giovanni agli Uffizi, in Prospettiva, IV (1976), pp. 35-38; M. Campbell, The original program of the salone di G. da San Giovanni, in Antichità viva, XV (1976), 4, pp. 3-25; A. Banti, G. da San Giovanni pittore della contraddizione, Firenze 1977 (con bibl.); G. da San Giovanni (1592-1636) (catal.), a cura di M.P. Mannini - C. D'Afflitto, Vico d'Elsa 1978; S. Neuburger, G. da San Giovanni in palazzo Patrizi-Clementi in Rom, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXIII (1979), 3, pp. 337-346; C. Pizzorusso, "Un tranquillo dio": G. da San Giovanni e Caravaggio, in Paragone, XXXIV (1983), 405, pp. 50-59; L. Olivato, Per l'attività di G. da San Giovanni a Gualtieri: un tassello epistolare inedito per Città di Castello, ibid., XXXV (1984), 409, pp. 75-79; Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III (catal.), Firenze 1986, I, pp. 257-262; II, pp. 243-247; M.P. Mannini, ibid., III, pp. 100-103; Id., Alcune lettere inedite e un ciclo pittorico di G. da San Giovanni, in Rivista d'arte, XXXVIII (1986), pp. 191-216; G. da San Giovanni a Monsummano, a cura di G. Cantelli - C. Zappia, Empoli 1987; G. da San Giovanni: disegni, a cura di I. Della Monica, Bologna 1994; M.B. Guerrieri Borsoi, Un'eredità e i suoi frutti: opere di G. da San Giovanni e Innocenzo Tacconi nella cappella Baccini in S. Maria dei Monti a Roma, in Paragone, s. 3, XLVI (1995), 1-2, pp. 115-125; C.H. Wood, Ruling passions: the "rapes" of G. da San Giovanni, in Myth, sexuality and power, a cura di F. Van Keuren, Providence 1998, pp. 67-78; R. Contini, G. da San Giovanni aumentato e diminuito, in Pantheon, LVII (1999), pp. 104-108; E. Acanfora, Cigoli, Galileo e le prime riflessioni sulla cupola barocca, in Paragone, s. 3, LI (2000), 31, pp. 29-52; C.H. Wood, G. da San Giovanni and Innocenzo Tacconi at the Madonna dei Monti, Rome, in The Burlington Magazine, CXLIII (2001), pp. 11-18; A. Buccheri, L'architettura delle nuvole tra teatro e pittura: Ludovico Cigoli e G. da San Giovanni, in Proporzioni, n.s., IV (2003), pp. 115-135; M. Cicconi, G. da San Giovanni da Firenze a Roma, ibid., pp. 98-114; G. Fantuzzi, G. da San Giovanni e il cinismo, in Artista, XIV (2003), pp. 130-149; E. Fumagalli, Roma 1624: un ciclo di tele in onore di Urbano VIII, in Paragone, s. 3, LV (2004), 57, pp. 58-78; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 26 s.; The Dictionary of art, XII, pp. 706 s.

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