MARLIANI, Giovanni. – Figlio del patrizio milanese Castello, nacque a Milano nel 1420.
Fu allievo di Biagio Pelecani da Parma, chiamato nel 1425 nello Studio di Pavia per insegnarvi medicina. Addottoratosi, nel 1440 il M. entrò nel Collegio dei fisici milanesi per poi intraprendere una lunga carriera di insegnamento durata sino alla morte, peregrinando da una cattedra all’altra: medicina, filosofia, fisica e astrologia. Nel 1448 era attivo presso lo Studio di Milano, come attesta il Rotulus pro doctoribus et aliis legere debentibus in felici Studio Mediolanensi per quell’anno: «ad lecturam Ordinariam Medicinae D. Johannes de Marliano, ita ut legat Astrologiam in diebus festivis» (Belloni; Masotti). Conclusasi l’esperienza dello Studio milanese, tornò a Pavia: nel 1452 percepiva un salario di 425 fiorini ogni tre mesi e il duca di Milano, Francesco Sforza, «pro retributione maiori meritorum» (Fossati), gli concesse l’esenzione da ogni trattenuta sul salario dei mesi di febbraio e di marzo.
Morto il duca Francesco, il M., nonostante i numerosi privilegi di cui già godeva, approfittò dell’ascesa del successore Galeazzo Maria per conseguirne di nuovi, anche perché costantemente indebitato a causa di una numerosa famiglia da mantenere.
L’amministrazione dello Studio pavese rientrava tra le competenze del Consiglio segreto che intercedette presso lo Sforza in favore del M., dichiarando che la sua fama e la dottrina del M. erano tali che «la partita soa non poria essere senza gravissimo detrimento del vostro Studio, che non tanto fosse da consentirgli licentia de partirse, ma s’el fosse in altri studii et fuori del vostro dominio se dovesse cum ogni opera et per ogni modo procurare de redurlo de qua, perché simili homini o non si trovano o sono rarissimi et la doctrina, opinione et fama de uno suo paro illustra et sostenta uno Studio» (ibid., Milano, 10 giugno 1467). Alla reticenza del duca nel concedergli l’agognato aumento, il M. oppose, nell’autunno 1468, argomentazioni che toccavano tutta la gamma delle possibili giustificazioni alle sue richieste, dall’emotivo al pratico: a Pavia, dove peraltro viveva da oltre 20 anni, asserì di trovarsi «como forastero» e, in più, vedovo e «cum grande carico de fioli»; d’altro canto, poiché le cattedre tenute dai defunti Agostino Marzaro e Baldassarre Rasino non erano ancora state assegnate, avrebbe potuto godere lui delle somme già stanziate a bilancio per i loro salari, senza aumenti di spesa straordinari; altrimenti, si sarebbe visto costretto a valutare attentamente le offerte di una cattedra provenienti da altri studi della penisola (ibid., Milano, 12 ott. 1468).
Vero è che, a differenza di altri docenti universitari, impegnati solo parzialmente nella didattica e dediti invece alla professione privata, con lauti proventi, il M., come sostiene esplicitamente, sopportava l’onere di una cattedra che, essendo «la più principale», era la più impegnativa e poiché vi si dedicava integralmente «facendo io el debito […], non ho via de guadagnare per altro modo» (ibid., Pavia, 4 dic. 1468). Il duca Galeazzo Maria cedette, conferendogli un’assegnazione annua di 1000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a chicchessia nel Ducato, che tuttavia non servì a placare del tutto le inquietudini del M., preoccupato ora dal recupero dei crediti nei confronti di alcuni concittadini pavesi, ora dalle controversie con i vicini della sua casa di Milano, che si opponevano all’edificazione un muro divisorio tra le proprietà. La sua situazione economica di certo migliorò nettamente negli anni successivi, soprattutto dall’epoca della reggenza di Ludovico il Moro, quando ottenne la possessione della «Cazalepora» nella giurisdizione del duca di Savoia e il duca Gian Galeazzo Maria lo investì del reddito, delle entrate e dei proventi sull’imbottato del vino e sulle biade del borgo di Gallarate e di tutta la pieve.
Nella Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi (1472) il M. distinse «la temperatura dell’organismo dalla quantità e dalla produzione del calore naturale del corpo» (Belloni), accettò in parte la teoria di Giovanni da Sermoneta sulla «costanza della temperatura corporea indipendentemente dalle stagioni» (ibid.) e sostenne che la produzione del calore naturale è più elevata in inverno che in estate. Meno «soddisfacenti appaiono invece le sue argomentazioni in tema di antiperistasi (intensificazione indotta in una qualità dal contatto con la qualità a essa contraria)» (ibid.).
Nel 1482 il M. aveva raggiunto l’apice del successo professionale, e l’oratore mantovano Zaccaria de’ Saggi di Pisa lo definiva «monarcha e de tuti maestro» (Carteggio…, p. 436) nell’arte medica, valido aiuto a Federico Gonzaga, all’epoca colpito da indisposizione.
Il M. morì nel 1483 e fu sepolto a Milano in S. Maria delle Grazie, a conferma ulteriore dell’elevato prestigio di cui godeva presso la corte di Ludovico il Moro.
Alcune sue opere furono pubblicate a stampa quando era ancora in vita: il 27 ag. 1474 fu stampata a Milano, presso A. Zarotto, la Quaestio de caliditate corporum humanorum (Indice generale degli incunaboli [IGI], 6189); la Disputatio cum Iohanne Arculano de diversis materiis ad philosophiam et medicinam pertinentibus con alcuni Opuscula apparvero a Pavia, presso D. Confalonieri, nel 1482 circa (IGI, 6188; le note tipografiche sono congetturali), la Quaestio de proportione motuum in velocitate fu stampata a Pavia, da D. Confalonieri il 16 dic. 1482 (IGI, 6190).
Le opere del M. furono oggetto di uno studio attento da parte di Leonardo da Vinci che, ripetutamente, le cita nei suoi taccuini, non necessariamente trovandosi in accordo con lo scienziato (Belloni; Pélande).
Dei suoi numerosi figli non è pervenuto che un nome, Paolo, che nel 1481 ottenne, per volontà del duca Gian Galeazzo Maria, alcuni benefici resisi vacanti, tra i quali una cappella di giuspatronato ducale nella chiesa di S. Giovanni di Monza, «pensando che tutto quello se farà in beneficio del prenominato mestro Zoanne serà facto per noi medesimo, la cui virtù et meriti credemo non solamente ad voi ma ad tuta Italia essere notissimi», assumendosi il duca stesso le spese per la pratica (Arch. di Stato di Milano, Autografi, cart. 216, f. 40, Milano, 2 febbr. 1481, cancelliere Giovanni Antiquario).
Il nipote del M., Luigi, figlio del fratello Daniele, fu medico e consigliere segreto di Ludovico il Moro e di Massimiliano Sforza; in seguito divenne medico degli imperatori Massimiliano d’Asburgo e Carlo V e di Filippo I re di Spagna, per poi ottenere la nomina di vescovo di Tuy, in Galizia.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Autografi, cart. 216, f. 40: Marliani Giovanni; Parigi, Bibliothèque de l’Institut de France, Leonardo da Vinci, Codice F, verso della copertina; Milano, Bibl. Ambrosiana, Leonardo da Vinci, Codice Atlantico, cc. 204ra, 225rb; Memorie e documenti per la storia dell’Università di Pavia…, Pavia 1877-78, III, Serie dei rettori e professori, p. 100; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca, XII, 1480-1482, a cura di G. Battioni, Roma 2002, pp. 436, 449; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, II, coll. 866-868; G.A. Brambilla, Storia delle scoperte fisico-medico-anatomico-chirurgiche fatte dagli uomini illustri italiani, I, Milano 1780, pp. 144-146; L. Dorez, Un manuscrit précieux pour l’histoire des oeuvres de Léonard de Vinci, in Gazette des beaux-arts, XXVIII (1902), pp. 177 s.; H. Omont, Nouvelles acquisitions du Département des manuscrits de la Bibliothèque nationale pendant les années 1900-1902, in Bibliothèque de l’École des chartes, LXIV (1902), p. 20; Manoscritti parigini concernenti la Lombardia, in Arch. stor. lombardo, XXX (1903), vol. 2, p. 244; E. Solmi, Le fonti dei manoscritti di Leonardo da Vinci, in Giorn. stor. della letteratura italiana, suppl. 10-11, 1908, p. 208; J. Pélande, Les manuscrits de Léonard de Vinci dans la Bibliothèque de l’Institut de France, Paris 1910, ad ind.; F. Fossati, La fuga del prof. Giacomo Dal Pozzo dall’Università di Pavia (1452), in Arch. stor. lombardo, LVII (1930), p. 406; C. Santoro, Contributi alla storia dell’amministrazione sforzesca, ibid., LXVI (1939), p. 71; M. Clagett, G. M. and late Medieval physics, New York 1941; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano 1948, pp. 83, 85, 95; A. Maier, Die Vorlaüfer Galileis im 14. Jahrhundert, Roma 1949, pp. 107-110; C. Dionisotti, Ermolao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, Firenze 1955, I, pp. 230-233; E. Garin, La cultura milanese nella prima metà del XV secolo, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 571 s.; B. Nardi, Letteratura e cultura veneziana del Quattrocento, in Storia della civiltà veneziana, III, La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze 1956, pp. 125, 144 e n.; L. Belloni, La medicina a Milano sino al Seicento, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 617; I registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, p. 61; A. Masotti, Matematica e matematici, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, p. 727; G. Lubkin, A Renaissance court. Milan under Galeazzo Maria Sforza, Berkeley-Los Angeles-London 1994, pp. 131-133, 276 s.; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, nn. 6188-6190; P.O. Kristeller, Iter Italicum. A cumulative index to volumes I-VI, s.v. Marliani, Giovanni e Marlianus, Johannes.