GIOVANNI MATTEO di Giorgio da Treviso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI MATTEO (Giovanni) di Giorgio da Treviso

Alessandro Serafini

Si ignorano la data e il luogo di nascita di questo frescante attivo a Treviso tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Il padre Giorgio era un maestro tessitore di nazionalità tedesca, documentato nel 1488 come cittadino di Treviso (Biscaro, 1897, p. 35). Sconosciuta è anche la formazione pittorica di G., che comunque dovette svolgersi nel solco della tradizione decorativa locale, con una preparazione volta all'apprendimento della tecnica dell'affresco, il sistema d'ornamentazione più diffuso nelle facciate dei palazzi nobili della città.

La prima notizia che riguarda G. risale al 24 luglio 1484, quando egli, citato come pittore, risulta presente nell'abbazia di S. Bona di Vidor, nella camera di residenza del commendatario, il vescovo di Feltre, Angelo Fasolo (Demattè, 1982, p. 45).

Fin dal 1488 G. ebbe bottega in Treviso insieme con Girolamo di Giovanni Pennacchi. Infatti il 21 novembre di quell'anno il cavaliere Alvise Barisan diede in affitto a lui, a suo padre Giorgio e a Girolamo Pennacchi una sua casa in contrada S. Giovanni a Ripa, evidentemente per aprirvi bottega (Gentili, 1985, p. 68 n. 76). È comunque verosimile che al momento della locazione la direzione dell'impresa spettasse al più anziano Girolamo; mentre G., che non è chiamato "magister" come suo padre Giorgio, doveva essere ancora un garzone in giovane età.

Nel 1491 si sposò con Blasia, figlia del nobile Antonio Bomben, dalla quale ebbe un figlio di nome Domenico (Demattè, 1982, p. 46); il matrimonio con la discendente di una famiglia patrizia attesta la notevole ascesa sociale del pittore che, seppur giovane, era riuscito a inserirsi nel ristretto giro della nobiltà trevigiana. All'inizio degli anni Novanta G., in società con Girolamo Pennacchi, eseguì la decorazione esterna di una casa a Madonna Granda, ossia in piazza S. Maria Maggiore, la cosiddetta Casa di Girolamo.

Delle tre fasce di decorazione antiquaria che ornano la facciata, riesumate da uno strato di intonaco nel restauro del 1971-72, a G. dovrebbe spettare soltanto quella superiore con una serie di creature tra l'umano, l'equino, il marino e il vegetale, alternate ad aquile, urne e cornucopie: un tipo di decorazione interamente rappresentativo del gusto antiquario e classicistico in auge in quegli anni a Treviso, allineato sul repertorio figurativo divulgato da Antonio e Tullio Lombardo, ma legato pure all'ambiente della miniatura e dell'editoria padano-veneta.

Probabilmente, tra il 1494 e il 1497, G. collaborò, con un ruolo anche qui subordinato rispetto a Girolamo Pennacchi, ai lavori di decorazione del monumento funebre di Agostino Onigo in S. Nicolò.

La partecipazione o meno di G. a quest'impresa rientra nella dibattuta questione sull'attribuzione dell'opera, sia della parte scultorea (Giovanni Buora o i Lombardo), sia di quella pittorica, dove per i celebri "paggi", in realtà sentinelle armate del sepolcro, si sono di volta in volta fatti i nomi di Lorenzo Lotto, Giovanni Buonconsiglio e Girolamo Pennacchi. Accettando quest'ultima ipotesi come la più attendibile (Polignano, 1986), l'intervento di G. dovrebbe essere circoscrivibile alla sola parte ornamentale: la fascia inferiore, con aquile, uccellini, delfini e arieti tra fogliame fantasioso, sicuramente di esecuzione migliore rispetto a quello della casa a Madonna Granda, e i due clipei a monocromo, il primo con una concitata battaglia, il secondo con satiri, tritoni e tritonesse in accordo musicale, il cui motivo deriva da un particolare della Pala di S. Zeno, a conferma delle radici mantegnesche della cultura figurativa antiquaria di Treviso.

Collegabile a questo lavoro è la frammentaria decorazione che ancora si vede sui muri quasi interamente rifatti di palazzo Onigo a Treviso, di cui restano alcune fasce ornamentali con motivi fitomorfi e zoomorfi tra cartocci.

Il 21 genn. 1497 G. ricevette un pagamento per dipingere un'Annunziata per l'altare del Crocifisso nella sagrestia di S. Nicolò (Gentili, 1985, p. 56). La pala, di cui non si hanno più tracce, faceva parte di un complesso di dipinti commissionati tre anni prima al capobottega, Girolamo Pennacchi. La morte di quest'ultimo, avvenuta entro il maggio 1497, se sancì l'autonomia professionale di G., non significò una rottura dei rapporti con la famiglia Pennacchi: alcuni documenti testimoniano, infatti, che egli nel 1497 continuò a frequentare il fratello di Girolamo, il più famoso Pier Maria (Nepi Scirè, 1980, pp. 44 s.).

Il 20 febbr. 1498, sette anni dopo il matrimonio, G. ottenne i 40 ducati della dote della moglie (Biscaro, 1897, p. 34). Nel 1503 affrescò la facciata esterna della casa Barisan al duomo, di proprietà di quell'Alvise Barisan che era stato il locatore della casa bottega in S. Giovanni a Ripa.

Al 2 genn. 1504 risale, infatti, un documento che testimonia di una lite insorta tra il nobile e il pittore in seguito a certi lavori di decorazione fatti nella facciata della casa al duomo; in un secondo atto, del 10 apr. 1504, si specificava che i lavori incriminati riguardavano anche il soffitto di una stanza all'interno dell'edificio (Biscaro, 1897, pp. 31 s.). La "casa rossa" Barisan, già in piazza del Duomo all'angolo con via Cornarotta, è andata distrutta nel 1944; ma la decorazione esterna è ancora visibile in alcune lastre fotografiche, che integrano la descrizione di Luigi Coletti (1935): le due fasce decorative al piano superiore della facciata presentavano, oltre allo stemma di famiglia, una sfilata di ippocampi, tritoni e sirene affrontati, secondo un apparato iconografico consueto.

Dopo l'impresa Barisan, G. è documentato lungo l'arco di quasi due decenni per altre opere (andate perdute) di impegno e prestigio sicuramente minori.

Un atto del 22 ag. 1505 ricorda che G. si impegnò a dorare la cornice di una pala marmorea realizzata dal lapicida Anton Maria del Lago di Como per la chiesa gerosolimitana di S. Giovanni al Tempio, ora S. Gaetano (Biscaro, 1897, p. 34).

Committente dell'opera era Angelo dei Germani, procuratore del priore della chiesa Ludovico Marcello, presso cui nel 1503-06 fu ospite Lorenzo Lotto. Lo stesso documento attesta che G. fu autore degli affreschi a finte tappezzerie, quasi completamente scomparsi, che si trovano sul fianco orientale della chiesa.

Nel 1513, in società col pittore Giovanni Giacomo da Padova, dipinse per la Scuola di S. Nicolò da Tolentino un gonfalone non più rintracciabile (ibid., p. 35). Tre anni dopo, insieme con Matteo Salomon, eseguì alcuni fregi, oramai pressoché invisibili, sulla facciata della residenza della Confraternita del Ss. Sacramento, edificata l'anno prima tra il campanile del duomo e l'abside della chiesa di S. Giovanni Battista (Biscaro, 1899).

Il 24 ag. 1521 ricevette un acconto per la decorazione a fresco del perduto orologio della chiesa di S. Nicolò (Federici, 1803).

L'ultima menzione di G. si trova in una procura del 27 marzo 1527 rilasciata a suo figlio Domenico, anch'egli pittore, per riscuotere l'eredità di un parente (Biscaro, 1897, p. 35).

L'anno di morte di G. non è noto.

Fonti e Bibl.: D.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere del disegno, II, Venezia 1803, p. 18; G. Biscaro, Note e documenti per servire alla storia delle arti trevigiane, II, La facciata della casa Barisan in piazza del Duomo e gli affreschi del monumento Onigo a S. Nicolò, Treviso 1897, pp. 31-36, 38 s., 41, 43, 46, 49, 51-54; Id., Note storico-artistiche sulla cattedrale di Treviso, II, La cappella del Santissimo, in Nuovo Archivio veneto, XVIII (1899), p. 189; L. Coletti, Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, VII, Treviso, Roma 1935, pp. 77 s., 227; G. Nepi Scirè, Appunti e chiarimenti su Gerolamo da Treviso il Vecchio (Gerolamo Aviano o Gerolamo Pennacchi?), in Notizie da Palazzo Albani, II (1973), 3, pp. 34, 37; Id., Pier Maria Pennacchi. Regesti, documenti e proposte, in Bollettino d'arte, LXV (1980), 6, pp. 39, 41, 43-45; D. Demattè, G. Teutonico pittore in Treviso, in Arte veneta, XXXVI (1982), pp. 45-54; A. Gentili, I giardini di contemplazione. Lorenzo Lotto, 1503/1512, con la collaborazione di M. Lattanzi - F. Polignano, Roma 1985, pp. 36, 38 s., 41, 43, 46, 56, 68 s. (con bibl.); D. Demattè, L'evoluzione dell'affresco trevigiano nell'opera di G. Teutonico, in Urbs picta. La città affrescata nel Veneto. Atti… 1982, a cura di A. Barzaghi, Treviso 1986, pp. 73-79; F. Polignano, La città dipinta. Indagini sull'affresco a Treviso tra '400 e '500, ibid., pp. 45-48, 54, 62 s.; M. Botter, Affreschi decorativi di antiche case trevigiane dal XIII al XV secolo, Treviso 1987, pp. 52, 147; G. Fossaluzza, Cavalcaselle a Treviso e nel territorio: appunti e disegni da facciate dipinte del Cinquecento, in Facciate affrescate trevigiane. Restauri (catal.), a cura di G. Fossaluzza - E. Manzato, Treviso 1989, pp. 24, 54 s.; Id., Treviso, in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, II, Milano 1990, pp. 551, 565 s.; E.M. Dal Pozzolo, Giovanni Bonconsiglio detto il Marescalco, Cinisello Balsamo 1998, pp. 159, 168; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 127.

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