MORELLI, Giovanni

Enciclopedia Italiana (1934)

MORELLI, Giovanni (per pseudonimo Ivan Lermolieff)

Pietro Toesca

Critico d'arte, nato a Verona il 25 febbraio 1816, morto a Milano il 28 febbraio 1891. In gioventù studiò per sei anni presso diverse università di Germania dedicandosi specialmente alle scienze naturali; ma già allora la sua attenzione si volgeva alle opere d'arte, e l'innato gusto soprattutto all'arte italiana cui poi consacrò lunghi soggiorni a Roma, a Firenze, a Londra, a Madrid, e continui viaggi. Il suo amor patrio lo fece partecipare generosamente all'insurrezione milanese del 1848: si arruolò volontario, fu inviato rappresentante del governo provvisorio alla dieta di Francoforte (e in quell'occasione lanciò un suo ardente opuscolo: Worte eines Lombarden an die Deutschen, Francoforte sul M. 1848). Nel 1860 Bergamo lo ebbe suo deputato al parlamento subalpino, e gli riconfermò poi quattro volte il mandato. Nel 1866, arruolatosi nuovamente volontario, prese parte come capitano ai fatti d'arme in Valtellina. Fu nominato senatore nel 1873. Giunto a piena maturità d'esperienza e del proprio pensiero critico, pubblicò in tedesco una serie di articoli sulle opere d'arte italiana nelle gallerie di Germania e di Roma, poi raccolti in due volumi (1880) che, tradotti in diverse lingue, ebbero profonda influenza sulla critica d'arte. Con grande vivacità, che rende attraente i suoi scritti, spesso polemici, proclamava un suo metodo "sperimentale", da valere nell'accertamento degli autori delle opere d'arte, e in specie dei dipinti, in contrasto con i criterî vaghi, seguiti da altri nelle attribuzioni. E trovò discepoli che applicarono con intelligenza il suo metodo, temperandolo, alcuni allontanandosene poi sempre più (G. J. P. Richter, G. Frizzoni, e, su tutti, B. Berenson); e ciechi seguaci che lo deformarono. La sua traccia resta viva nella critica, sebbene, come la sua opera, più in quegli accertamenti d'attribuzione che nella sintesi della storia dell'arte.

Il metodo "morelliano" non può dirsi trovato dal M.: fu sempre intuitivamente adoperato da ogni conoscitore e si trova già esposto con chiarezza dal Lanzi nella prefazione della sua Storia pittorica; ma il M. lo formulò con nuova rigidità, non ultimo motivo delle degenerazioni a cui esso poi fu spinto. Afferma il M. che per rintracciare, mediante criterî stilistici, l'autore di un'opera dubbia (e, si può aggiungere, per determinare in genere le relazioni stilistiche tra diverse opere d'arte) non basta l'impressione complessiva: essa per lo più non conduce che a giudizî approssimativi; la precisione del giudizio, e la sua dimostrazione, non si possono avere che dall'esame analitico, ponendo in evidenza ciò che l'opera d'arte abbia di più incosciente nella sua forma. Ogni artista ha qualche suo modo convenzionale ch'egli ripete inconsciamente, e che molte volte si manifesta in parti del tutto secondarie delle sue opere, come possono essere nella rappresentazione della figura umana le orecchie, le mani, le unghie, ecc.: parti che spesso gli artisti formano su un loro schema fisso. Pertanto, se nelle opere certe d'un artista si riesca a isolare le particolarità formali ch'egli sia solito ripetere, si avrà con esse un mezzo sicuro per accertare in modo "sperimentale" se altre opere anonime, o dubbie, siano sue: basterà verificare se vi si ritrovino appunto quelle particolarità.

Dimenticava il M. di riflettere che quei manierismi facilmente si trasmettono da maestro a discepoli, o tra artisti compagni, e possono trarre in inganno chi prima non guardi nelle opere d'arte ad altre qualità più elevate, e al loro "spirito", che il M. trascurava ironicamente nelle sue affermazioni metodologiche più che nella sua pratica critica. Ma il suo metodo, quando sia usato con intelligenza e soltanto come "ultima ratio" di riconoscimento comprovato da tutti gli altri caratteri estetici e materiali, può essere utile: e in pratica servì molte volte al M. per correggere errate attribuzioni e per comporre la raccolta da lui legata all'Accademia Carrara di Bergamo, che attesta il suo gusto e il suo discernimento.

Bibl.: G. Morelli (I. Lermolieff), Le opere dei maestri italiani nelle Gallerie dei musei di Dresda e di Berlino, Bologna 1886 (trad. dall'originale tedesco, pubbl. a Lipsia nel 1880); id., Della pittura italiana. Le Gallerie Borghese e Doria Pamphili, Milano 1897 (con cenni biografici, a cura di G. Frizzoni; trad. dell'ediz. di Lipsia, del 1890).

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