ROMAGNOLI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROMAGNOLI, Giovanni

Stefano Franzo

– Nacque a Faenza (Ravenna) il 12 maggio 1893 da padre musicista, del quale non si conosce il nome, rimanendone precocemente orfano.

Compì i primi studi nella città natale e passò poi all’Accademia di belle arti di Bologna, dove seguì dal 1906 i corsi inferiori e quindi quelli superiori, guidato da Augusto Majani e Domenico Ferri, e licenziandosi nel 1911. A ridosso del primo conflitto mondiale si avviò all’attività didattica, presenziando già nel triennio 1913-15 alle esposizioni della Secessione romana, e durante la guerra, pur da soldato, alle annuali dell’Associazione Francesco Francia, di cui divenne assiduo, ottenendo nel 1917 il premio Curlandese e nel 1920 il premio Baruzzi con La scuola di ricamo.

All’aprirsi degli anni Venti si segnalano altri riconoscimenti di riguardo, con gli acquisti di suoi dipinti per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma e per quella di Firenze: una Figura femminile mandata alla I Biennale romana nel 1921 e Riflesso di sole della Fiorentina primaverile del 1922, quando Romagnoli figurò pure alla XIII Biennale veneziana con Dopo il bagno, passato di lì a breve alla rassegna del Carnegie Institute di Pittsburgh, dove ottenne nel 1924 il secondo premio. Diviso tra Venezia e Pittsburgh, il precoce successo internazionale venne sancito dalla stampa italiana e americana, come testimonia l’esteso intervento di Pietro Scarpa sul Meridiano del maggio 1924, che si associò a quelli di Raffaele Calzini, Ugo Nebbia, Antonio Maraini e Arturo Lancellotti. Quest’ultimo lo avvicinò ad Armando Spadini, mentre Scarpa lo legò alla tecnica impressionista: ciò tanto più considerando che Romagnoli si era per tempo inserito in quel «manipolo» della «fronda» emiliana che con Carlo Corsi, Guglielmo Pizzirani, Garzia Fioresi e Alfredo Protti seppe trarre profitto dalle Secessioni romane, indagando nuovamente la luce e gli ammiccanti effetti della penombra, sino ad arrivare a un linguaggio debitore di Pierre Bonnard (Pasquali, 1992, pp. 342 s.).

Più di Spadini il faentino rappresentò l’area del «ritornante naturalismo» di matrice generalmente impressionistica (Solmi, 1981, p. 16), mentre la sua «studiata armonia» dei rapporti e i colori «festevoli e lussuosi, con qualcosa di mondano e previsto», vennero notati da Virgilio Guzzi. Questo critico ne sottolineò «l’espressione del segno» «deciso e in funzione costruttiva», che contribuì a mantenerlo «sempre fuori dalla descrittività aneddotica» (Guzzi, 1938, p. 981), scorta invece alla II Quadriennale da Ugo Ojetti nel «voluttuoso» pittore di nudi femminili, il quale pareva emerso dal Settecento (Ojetti, 1935, in Solmi, 1981, p. 43).

Se l’avvicinamento di Romagnoli alla Biennale veneziana si dovette all’interessamento di Ilario Neri (che ne fu collezionista), a questi si debbono imputare anche i contatti statunitensi con Homer Saint-Gaudens e le iniziative del Carnegie Institute, dove il pittore insegnò nel 1926 e tra il 1930 e il 1931, come precisò l’artista presentandosi nel catalogo della II Quadriennale d’arte nazionale di Roma del 1935, dove ebbe una personale di ventiquattro oli e di quattordici sculture, per la maggior parte terrecotte (una di queste vinse un premio-acquisto del ministero della Pubblica Istruzione). Ottenuta nel 1923 la cattedra di figura all’Accademia di belle arti di Modena e nel 1927 l’incarico per l’apparato decorativo per il nuovo teatro Verdi di Bologna, venne in quel torno di tempo celebrato in un lungo articolo di Giuseppe Lipparini apparso in Dedalo (1925-1926) e ricevette altri riscontri all’Art Club di Philadelphia con una personale di ventiquattro opere, suscitando l’interesse del collezionismo statunitense e avvicinandosi a un esteso comparto di italiani, come il veneziano Alessandro Pomi, ugualmente protetto da Neri.

Romagnoli venne ricordato da Virgil Barker all’interno di una compagine segnatamente veneta e di esponenti anche della vecchia scuola – «più strettamente degli altri gruppi nazionali, sulle tracce di una realtà puramente visiva» – per quella «brillantezza tecnica» che si contrapponeva decisamente alla maniera di Antonio Mancini (Barker, 1924, pp. n.n.).

Nel 1926 Romagnoli fece parte della giuria internazionale del premio Carnegie accanto a tre membri newyorkesi, al francese Bonnard e all’inglese Charles Sims, mentre all’interno della rassegna di Pittsburgh gli venne riservata una personale di una trentina di lavori per lo più di figura, e una Susanna e i vecchioni venne riprodotta in catalogo.

Altri tre dipinti prestati da collezionisti stranieri (Sisters figurava di proprietà di A.C. Goodyear) passarono nel medesimo anno alla Foreign section di Saint Louis, e altri cinque a quella del 1930, decretando una fortuna internazionale estesasi per almeno due decenni, e indirizzata da Ugo Nebbia in The Studio (1929) verso il problema di avviare uno stile contemporaneo puramente italiano, attuato da un gruppo vitale di pittori in cui rientrarono sia Romagnoli, Giannino Marchig e Alessandro Pomi, sia Italico Brass ed Emma Ciardi.

Nominato consultant a Pittsburgh nel 1938, Romagnoli fu chiamato nello stesso frangente alla cattedra di decorazione all’Accademia di Bologna – dove fu direttore sino al 1940 e ancora tra il 1956 e il 1960 –, mentre seguitò a esporre tanto in America, quanto in Italia alla XII Quadriennale, alla XXII Biennale (con una personale di diciotto opere) e alle mostre del sindacato emiliano-romagnolo. Invitato con due quadri alla XXIV Biennale del 1948 e con cinque alla XXVII del 1954, oltre che al Carnegie di Pittsburgh nel 1950, nel secondo dopoguerra egli conservò un posto di riguardo in rassegne di vario respiro, tra cui le Biennali di Milano e quelle romagnole di Imola, alle manifestazioni di incisione contemporanea, alla VII e all’VIII Quadriennale, non trascurando l’acquaforte e la litografia, l’arte sacra e l’affresco e meritando commissioni e richiami di rilievo, come l’articolo di Antonio Meluschi sulla Fiera letteraria nell’aprile 1957 e ancor prima, nel 1949, l’invito ad affrescare parte della sala italiana dell’Università di Pittsburgh, dove tenne un corso sulla tecnica dell’affresco.

Si aprì con gli anni Sessanta la stagione delle antologiche, a partire da quella di centocinquanta lavori ordinata nel 1961 al palazzo di Re Enzo, a Bologna, tra gli altri da Cesare Gnudi, Francesco Arcangeli, Giuseppe Raimondi e Stefano Bottari, il quale ne scrisse nel 1965 la prima monografia, che doveva riaprire il discorso critico sul primo Novecento, così come accadde alla mostra fiorentina di Carlo Ludovico Ragghianti o alla personale bolognese alla galleria Forni tenutasi tra il dicembre 1969 e il gennaio 1970 e presentata da Mario De Micheli. Nominato accademico di San Luca nel 1965, Romagnoli aveva lasciato due anni prima l’insegnamento all’Accademia bolognese.

Morì a Bologna il 10 giugno 1976.

Fonti e Bibl.: XIII Esposizione Internazionale d’arte della città di Venezia. Catalogo, Venezia 1922, p. 49 n. 23; XIV Esposizione Internazionale d’arte della città di Venezia. Catalogo, Venezia 1924, p. 75 nn. 20-38; Catalogue of the Twenty-Third annual international exhibition of paintings (catal.), Pittsburgh s.d. [1924], n. 349; V. Barker, Italian art, ibid., pp.n.n.; G. Lipparini, Il pittore G. R., in Dedalo, VI (1925-1926), 1, pp. 183-201; Catalogue of the Twenty-Fifth international exhibition of paintings (catal.), Pittsburgh s.d. [1926]; Foreign section of the 24th International exhibition of paintings at Carnegie institute (catal.), Saint Louis 1926, p. 48 nn. 192-194; U. Nebbia, Contemporary painting. Tradition in Italy, in The Studio, XCVII (1929), 433, p. 283; Foreign section of the 28th International exhibition of paintings from Carnegie Institute, Pittsburgh (catal.), Saint Louis 1930, p. 36 nn. 222-226; Thirtieth Annual international exhibition of paintings (catal.), Pittsburgh s.d. [1931], nn. 393, 421; Thirty-First Annual international exhibition of paintings (catal.), s.l. né d. [1933], nn. 229-231; Seconda Quadriennale d’arte nazionale. Catalogo generale, Roma 1935, pp. 123-127, nn. 1-38; The 1936 International exhibition of paintings (catal.), s.l. 1936, nn. 262, 266, plate 105; V. Guzzi, R., G., in Enciclopedia italiana, Appendice I, Roma 1938, p. 981; XXIV Biennale di Venezia. Catalogo, Venezia 1948, p. 54 nn. 3-4; U. Galetti - E. Camesasca, Enciclopedia della pittura italiana, I-II, Milano 1950, II, p. 2136; II Biennale romagnola di arte contemporanea (catal.), s.l. né d. [1953], pp. 42 s. nn. 23-28; XXVII Biennale di Venezia. Catalogo, Venezia 1954, p. 37 nn. 26-30; L. Servolini, Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1955, p. 702; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, I-V, Milano 1973, IV, pp. 2763 s.; F. Solmi, G. R., Itinerario critico-biografico, bibliografia e schede delle opere della proprietà della Cassa di Risparmio in Bologna, a cura di M. Pasquali, Bologna 1981, pp. 7-66; M. Pasquali, La pittura del primo Novecento in Emilia e Romagna (1900-1945), in La pittura in Italia. Il Novecento/1, 1900-1945, a cura di C. Pirovano, I, Milano 1992, pp. 342 s.; M. Pasquali, R., G., ibid., II, p. 1046.

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