SILVAGNI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SILVAGNI, Giovanni

Anna Lisa Genovese

– Figlio di Innocenzo e di Francesca Gueruli, romani, nacque a Roma il 1° giugno 1790, primogenito di cinque figli (Roma, Archivio del Vicariato, AVR, Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Battesimi, 1790-1800, c. 21v, Parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta, Anime, 1809, p. 92).

Crebbe nella casa in via dei Monti n. 105, attuale via dei Serpenti, adiacente alla bottega del padre, ‘maccaronaro’ (produttore e venditore di pasta), ma fu assecondato nella predisposizione al disegno e seguì gli studi all’Accademia di S. Luca.

Allievo dei pittori neoclassici Gaspare Landi e Vincenzo Camuccini, scelse il genere storico, considerato il più elevato in pittura, e i successi raccolti fin dagli esordi ne designarono la strada. Vinse il concorso Canova nel 1817, con La partenza di Coriolano (Roma, Accademia di S. Luca), seguito dalla vittoria all’Accademia di Parma (1818) con Edipo cieco abbraccia le figlie prima dell’esilio (Parma, Galleria nazionale), apprezzato per la composizione armoniosa e il colorito robusto; e Scipione l’Africano riceve i doni (1819, Bologna, Pinacoteca nazionale), con cui concorse all’Accademia di Bologna, ne consacrò l’affermazione.

Le storie di eroi leggendari, intesi come modelli di virtù, plasticamente avvolti in studiati panneggi e ritmicamente disposti in primo piano su fondali architettonici, furono mediate dai racconti letterari e non dalla storia antica. Fu al Polinice di Vittorio Alfieri che Silvagni s’ispirò per la Disfida di Eteocle e Polinice (1820, Roma, Accademia di S. Luca), dall’atmosfera densa di pathos; Antonio Canova apprezzò tanto il dipinto da suggerirne l’acquisto all’Accademia di S. Luca, per evitarne la dispersione all’estero: un riconoscimento seguito dall’elezione dell’autore a socio nel 1822.

Dopo il matrimonio con Angela Rabotti di Frascati, dal quale nacquero sette figli, di cui sopravvissero Romolo, Carlo, Augusto e i gemelli Tullio e Virgilio, nel 1824 Silvagni si trasferì in piazza delle Chiavi d’Oro n. 5, nei pressi dell’Accademia di S. Luca, sita allora in via Bonella. Inoltre, aprì lo studio in via Madonna dei Monti n. 43, dove «mastro Giannino detto Gurgumella» è ricordato in due sonetti dal poeta Giuseppe Gioachino Belli (Er civico e L’arrabbiato; Silvagni, 1978). Tra le prime opere vi espose: Creusa dissuade Enea dal tornare in guerra (1823), Tanaquilla mostra il cadavere di Tarquinio Prisco e Belisario piange la moglie estinta (1826), dal romanzo di Jean-François Marmontel (Lovery, 1826), soggetti cosiddetti «terribili» da Melchiorre Missirini (Diario di Roma, 22 febbraio 1826), che gli diedero la fama.

Diverso fu il linguaggio adottato nel genere sacro, in cui la narrazione devozionale assunse le forme più pacate della pala della Vergine adorata da s. Chiara, s. Ludovico re di Francia, s. Sebastiano, s. Rosa da Viterbo, s. Rocco e s. Elisabetta, in S. Carlo Borromeo a Cave (1822). Fu l’inizio di un lungo percorso seguito dalla Madonna addolorata (1823) per Pasquale Petruzzi, in S. Giovanni a Filettino, e dalla Madonna in trono fra i ss. Pietro e Paolo che accetta sotto la sua protezione gli allievi dell’ecclesiastica disciplina introdotti da s. Carlo Borromeo (1824) per il cardinale Placido Zurla, destinata all’oratorio del seminario romano.

Nel 1828 Silvagni firmò la petizione promossa da Vincenzo Camuccini per ottenere uno spazio espositivo stabile, come a Parigi e a Londra, che nel 1830 portò all’istituzione della Società amatori e cultori di belle arti, con sede in piazza del Popolo, di cui fu consigliere. Nello stesso anno terminò l’Estasi di s. Tommaso d’Aquino, per la chiesa della SS. Annunziata a Pontecorvo (Amati, 1869), e Pilade e Oreste per il conte Gustavo Malachowski di Varsavia, dall’Oreste di Vittorio Alfieri (Gnisci, 1991).

Nel 1831, la nomina di cavaliere dell’Ordine dello Speron d’oro (Diario di Roma, 30 luglio 1831) fu l’occasione per la consegna di un autoritratto all’Accademia di S. Luca e per la cooptazione nella Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, omaggiata di un altro autoritratto, datato 1841 (Minati, 2016). In questi, come nel giovanile ritratto di Gaetano Menchetti, suo probabile compagno di studi (Grandesso, 2002), Silvagni espresse una vena intima e romantica. Pochi, tuttavia, gli esemplari ritrattistici noti, a eccezione di quello del vescovo Georg von Oettl (collezione privata; ritratto firmato, battuto a Monaco dalla casa d’aste Hampel nel 2010), dal carattere ufficiale, e di quello disperso dell’amico e biografo Giuseppe Pomponi, realizzato nel 1832 (Pomponi, 1853, pp. 4, 26).

La tradizione classica di cui si fece interprete favorì Silvagni nell’assegnazione di due prestigiose copie: l’Incoronazione della Vergine (1831) per il monastero di Monteluce a Perugia, in sostituzione dell’originale di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, su progetto di Raffaello Sanzio, trattenuto in Vaticano dopo il recupero a Parigi, e la Flagellazione di s. Andrea (1833) del Domenichino in S. Gregorio al Celio, per il palazzo lateranense (Moroni, 1841), replicato per il conte George II di Sutherland nel 1839 (Gnisci, 1991). Il 1836 fu un anno ricco di cambiamenti: Silvagni si trasferì nel rione S. Eustachio, in via Monterone n. 36, fu eletto reggente dei Virtuosi al Pantheon (Genovese, 2015, p. 340) ed ebbe la cattedra di teoria del disegno all’Accademia di S. Luca. Partecipò sempre attivamente alla vita dei due sodalizi e ricoprì la carica di presidente a S. Luca nel 1844-46 e nel 1849; ma fu socio anche delle accademie di Bologna, Perugia, Firenze, Napoli, Lisbona, Atene e dell’Accademia tiberina a Roma.

Diresse le incisioni di due progetti editoriali: la Descrizione del Campidoglio di Pietro Righetti (I-II, Roma 1833-1836) e la monumentale Iconografia storica degli ordini religiosi e cavallereschi (I-IX, Roma 1836-1847); incarico ricoperto nuovamente per le opere dei Concorsi gregoriani premiate nel 1842 (Gianfranceschi, 2015, p. 504) e nel 1846 (La premiazione..., 1846, p. 75).

Sul disegno anatomico pubblicò, a fini didattici, la Lettera sulle proporzioni del corpo umano (Roma 1840), in cui sostenne che la varietà delle forme impedisce di fissare delle regole, tanto da rendere contraddittorie tra loro le teorie di Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer e Nicolas Poussin. Concluse che la bellezza è nella diversità e l’artista è libero di esprimersi secondo «il buon senso adunque, l’occhio prospettico, e il sentimento profondo del diverso carattere proprio del personaggio da rappresentarsi» (p. 10).

Come insegnante privato accolse anche un discreto numero di allieve alle quali erano precluse le lezioni in Accademia; in particolare istruì Idda Botti, Amalia de Angelis ed Emilia Rouillon, i cui meriti furono riconosciuti con la nomina a Virtuose nella Congregazione del Pantheon (Genovese, 2015, p. 287).

Membro della commissione istituita nel 1847 da Pio IX per gli interventi di restauro nelle chiese, periziò la cappella Chigi in S. Maria del Popolo (Roma, Archivio dell’Accademia di S. Luca), mentre l’anno seguente presentò un progetto per il miglioramento delle belle arti e dell’industria (Archivio di Stato di Roma ASR, Camerlengato, parte II, tit. IV, b. 301, n. 3067).

Il cambiamento del gusto a Roma in epoca postunitaria portò alla rimozione delle pale del Martirio di s. Sabina (1836), nella basilica omonima, e del Transito di s. Giovanni di Dio (1844), in S. Giacomo in Augusta; è conservato invece in S. Maria in Aracoeli l’Arcangelo Michele (1853), di cui si era persa memoria (Pellegrini, 1869; Heideman, 1994). Sacrificati dai restauri architettonici i due dipinti in S. Salvatore in Onda: Cristo cammina sulle acque e l’Immacolata Concezione e santi (1847). Ancora in situ il sottoquadro dedicato dal conte Severino Servanzi Collio alla Beata Marsilia Pupelle, nel duomo di S. Severino Marche (1836); S. Romualdo e Ottone III, in S. Angelo Magno ad Ascoli Piceno, per l’abate Francesco Amici (Andreozzi, 1838), e il S. Giacomo Maggiore nel duomo di Tuscania (1851). Distrutte nell’ultimo conflitto mondiale, invece, la Resurrezione di Lazzaro e tre copie di soggetto analogo nella chiesa del Purgatorio a Subiaco (Gori, 1855).

Nel 1844 Silvagni rifiutò l’offerta di dirigere l’Accademia di belle arti messicana, giuntagli dal ministro presso la S. Sede José María Montoya, ma inviò in segno di riconoscenza La distruzione di Gerusalemme (Città del Messico, Museo Nacional de San Carlos), dopo averla esposta nello studio privato e in piazza del Popolo nel 1850. Iniziò con quest’opera la partecipazione alle mostre della Società amatori e cultori di belle arti di Roma, e, adeguando la sua produzione ai canoni del romanticismo storico, vi espose Galileo innanzi al cardinal Bellarmino (1851) e Cristoforo Colombo fatto prigioniero parte da San Domingo per la Spagna (1853). Silvagni, infatti, pur avendo aderito alla società fin dalla fondazione, l’aveva ritenuta più idonea a pittori poco affermati e in cerca di clientela, per cui vi ricorse solo dopo l’esclusione dalle commissioni ecclesiastiche, a causa della sua adesione alla Repubblica Romana (1849), quando il mercato privato rimase l’ultima risorsa.

Le difficoltà degli ultimi anni trapelano dalla solidarietà nei confronti della famiglia, espressa dai colleghi Virtuosi subito dopo la sua morte (Genovese, 2015, p. 693).

Morì il 19 agosto 1853, nella casa in via dei Staderari n. 36, e in deroga alla normativa vigente fu sepolto nella parrocchia di S. Eustachio (AVR, Parrocchia di S. Eustachio, Morti, 1850-1864, c. 26v, n. 48; per la tumulazione in chiesa: ASR, Trenta notai capitolini, Ufficio 21, Notaio Giacomo Fratocchi, vol. 799, 22 agosto 1853, cc. 212r-213v).

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Vicariato, AVR, Parrocchia di S. Lorenzo in Damaso, Battesimi, 1790-1800, c. 21v; Parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta, Anime,1809, p. 92; Parrocchia di S. Lorenzo ai Monti, Anime, 1824, ad vocem; Parrocchia di S. Adriano, Anime, 1825-1835, ad vocem; Parrocchia di S. Eustachio, Anime, 1836, p. 117, 1837, p. 118, 1839, p. 142, 1840, p. 42, 1841, p. 55, 1852, ad vocem; Parrocchia di S. Eustachio, Morti, 1850-1864, c. 26v; Archivio di Stato di Roma, ASR, Camerlengato, parte II, tit. IV, b. 146, 6/11/1828 (petizione da lui firmata per richiedere l’esposizione pubblica di belle arti); b. 196, n. 1051 (per lucidare il quadro di Raffaello della Madonna di Monteluce, 1829); b. 214, n. 1558 (nomina a consigliere di pittura all’Accademia di S. Luca, 1831); b. 215, n. 1626 (assegnazione della copia del Domenichino, 1831); b. 301, n. 3067 (progetto per il miglioramento delle belle arti, 1848); b. 302, n. 3628 (nomina a presidente dell’Accademia di S. Luca, 1849); Trenta notai capitolini, Ufficio 21, Notaio Giacomo Fratocchi, vol. 799, 1853, cc. 212r-213v; Roma, Archivio dell’Accademia di S. Luca, vol. 109, doc. n. 203.

E. Lovery, Belisario che piange la moglie..., in L. Cardinali, Memorie romane di antichità e di belle arti, III, Roma 1826, pp. 361-365; F. Andreozzi, Su un dipinto del cav. G. S., Roma 1838; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XII, Venezia 1841, pp. 53 s.; La premiazione del terzo Grande Concorso Biennale Gregoriano, Roma 1846, p. 75; G. Pomponi, Sopra tre dipinti del cav. G. S., Roma 1853; F. Gori, Viaggio pittorico-antiquario da Roma a Tivoli e Subiaco, Roma 1855, parte III, p. 3; A. Amati, Dizionario corografico dell’Italia, VI, Milano 1869, p. 407; A. Pellegrini, Itinerario o guida monumentale di Roma antica e moderna e suoi dintorni, Roma 1869, p. 89; F. Caraffa - G. Pontesilli, G. Pesce e G. S. pittori romani a Filettino, in Atti e Memorie della società tiburtina di storia e d’arte, 1950, vol. 53, pp. 381-390; B. Silvagni, ‘Gurgumella’ Accademico romano dell’Ottocento, in Strenna dei romanisti, 1978, n. 39, pp. 439-449, con bibliografia precedente; S. Gnisci, S. G., in La pittura in Italia: l’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1991, pp. 1025 s., con bibliografia precedente; J.E.L. Heideman, An altarpiece by G. S. rediscovered, in Römische Historische Mitteilungen, XXXVI (1994), pp. 207-217; S. Grandesso, Episodi di scultura in Italia, Roma 2002, p. 12; Id., La disfida di Eteocle e Polinice, in Maestà di Roma universale ed eterna. Capitale delle arti (catal., Roma), a cura di S. Pinto - F. Mazzocca - L. Barroero, Milano 2003, p. 290; E. Baez Macias, Historia de la Escuela nacional de bellas artes, Ciudad de México 2009, p. 89; S. Susinno, L’Ottocento a Roma, Milano 2009, pp. 137-139; A.L. Genovese, Diario 1800-1836 e 1852-1878, in V. Tiberia, La Congregazione dei Virtuosi al Pantheon da Pio VII a Pio IX, Galatina 2015, passim; M. Gianfranceschi, Diario 1837-1851, ibid., passim; M. Minati, G. S., in V. Tiberia, La collezione della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon, Roma 2016, p. 205.

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