TORTELLI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TORTELLI, Giovanni

Mariarosa Cortesi

(Giovanni Aretino). – Nacque probabilmente ad Arezzo fra il 1406 e il 1411 (Bacci, 2016, pp. 66-72; va dunque corretta la data circa 1400, tradizionalmente accettata), secondogenito di Iacopo, originario di Castelluccio di Capolona, e da Tita di Bartolomeo di Balduinetto da Talla.

Si trattava di una famiglia di possidenti, alquanto numerosa (sette figli) come si evince dal Catasto fiorentino del 1427; il primogenito, Paolo, nacque nel 1405. Iacopo Tortelli (scomparso ante 1427) risiedeva nel quartiere di Porta del Foro, in contrada San Laurentino.

La prima formazione di Tortelli si svolse forse sotto la guida del maestro Francesco di ser Feo di Nigi; nel 1427 comunque era sicuramente lontano da Arezzo (non figura nello ‘stato di famiglia’ di quell’anno), desideroso di frequentare a Mantova la famosa scuola di Vittorino da Feltre e, successivamente, a Bologna la facoltà artistica, ove ebbe a maestro di dialettica e filosofia Gaspare Sighicelli prima che questi divenisse domenicano. È da escludere invece una presenza a Venezia (proposta sulla base di una omonimia con il copista Giovanni Aretino) e permane problematico il soggiorno a Firenze prima del 1433, quando, «admodum adolescens» (Ribuoli, 1986, p. 159), seguì le lezioni di latino e di greco di Francesco Filelfo e, dopo il dicembre 1434, del concittadino Carlo Marsuppini, essendo Filelfo passato a Siena.

Le esperienze fiorentine furono importanti: Tortelli incontrò il cancelliere della Repubblica Leonardo Bruni e  il monaco (anch’egli aretino) Girolamo Aliotti, conobbe Lorenzo Valla del quale divenne amico, frequentò gli Strozzi (prima dell’esilio a Padova), che celebrò con una ode saffica in onore di Onofrio, figlio di Palla. Fu inoltre precettore di un nipote di Coluccio Salutati; da costui ebbe in dono un antico codice di Virgilio, impreziosito da fitte postille del Salutati, alle quali si aggiungono quelle dell’Aretino (Brown-Kallendorf, 1987).

Il 7 aprile 1435 Tortelli partì per Costantinopoli «cum sitiret litterarum graecarum peritiam» (Regoliosi, 1969, p. 138), fornito di un salvacondotto papale, ottenuto a Firenze, e accompagnato dal fratello Lorenzino e dall’amico Tommaso. Il soggiorno durò due anni, trascorsi a rafforzare il bagaglio linguistico acquisito in Italia, frequentando la scuola di Giovanni Eugenico, l’alto dignitario dell’impero e fratello del più noto Marco, poi protagonista dell’opposizione al Concilio di Ferrara-Firenze (1438-39).

L’esperienza in Oriente, le città visitate e le personalità incontrate, con cui Tortelli entrò in familiarità, trovano numerosi echi sparsi nelle voci della sua opera principale, i Commentariorum grammaticorum de orthographia dictionum e Graecis tractarum libri (d'ora in poi Orthographia). Nel monastero di San Giovanni Prodromo nel quartiere di Petra, ad esempio, vide un antico codice di Dioscoride Pediano, che la critica, anche recente, ha voluto identificare nell’attuale Viennese Med. gr.1 (Regoliosi, 1969, p. 140;  Donati, 2006a, pp. 2 s. nota 4), ma ora viene indicato un suo discendente, il codice M 652 della Pierpont Morgan Library di New York (Cataldi Palau, 2001, p. 19 e nota 58), appartenuto a Michele Eugenico, nipote di Marco d’Efeso, e presente nel catalogo della sua biblioteca (Cortesi, 1979, pp. 457 s.). Strinse amicizia con Isidoro di Kiev, futuro cardinale Ruteno, che lo accostò alla lettura di Sofocle, con il legato del Concilio di Basilea, Giovanni Stojković  da Ragusa, divenuto erede di numerosi suoi  manoscritti (ora a Basel, Universitätsbibliothek), dal Tucidide  regalato al Tortelli dal suo maestro (E III 4), ai due fascicoli autografi della miscellanea E I 1 con schede tratte da autori classici (Besomi, 1970), al prezioso quaderno di appunti (F VIII 3) derivato dalle sue letture di testi greci, tra i quali Aristofane, Sofocle, Libanio, arricchite dalla composizione di  un glossario greco-latino con termini neogreci (Cortesi, 1979; Peri, 1993, pp. 537-541): una delle rare testimonianze dell’insegnamento e delle letture praticate nella scuola bizantina frequentata dagli umanisti italiani nella prima metà del Quattrocento e documento prezioso del metodo di lettura e di schedatura che accompagnerà Tortelli anche nella costruzione della sua Orthographia e nella composizione di altri scritti.

Il rientro in Italia, con partenza da Costantinopoli nel novembre 1437, insieme alla delegazione greca al seguito dell’imperatore e del patriarca diretti al Concilio di Ferrara, era stato sollecitato dal cardinale Giuliano Cesarini, che voleva accanto a sé l’Aretino in qualità di segretario e di traduttore nei frequenti e delicati rapporti con gli Orientali. Tortelli divenne così testimone di vicende significative della vita della Chiesa; potè instaurare importanti relazioni, iniziare la sua carriera curiale, coltivare un’intensa  attività letteraria. Proprio a Ferrara, dove giunse ai primi di marzo, tradusse la Vita Romuli di Plutarco (autografo Ferrara, Bibl. Antonelli 545, cui deve essere aggiunto un fascicolo dell’Ottoboniano lat. 1863, una ricca silloge di opere storiche da lui raccolte), dedicata a Guidantonio da Montefeltro e ripresa nel 1465 con dedica al giureconsulto Giovanni Mazzacolli. Sullo stesso manoscritto lasciò appunti tratti dalla versione latina del primo Concilio di Efeso (431) conservata nella Collectio Casinensis, ramo salzburgense. Compose tra l’aprile-maggio 1439 e il 1440 la Vita sancti Zenobi episcopi Florentini (autografo Firenze, Bibl. Nazionale, XXXVIII 134, cc.1r-33r con nota di possesso e data 6 giugno 1443 redatta da altra mano) richiestagli dal rettore di San Michele Visdomini, Giovanni di Paolo.

Questi, celebrata il 29 aprile 1439 la solenne traslazione delle reliquie del santo, desiderava raccontare agli ospiti greci le glorie del pastore di Firenze inviato in Oriente, secondo la leggenda da papa Damaso, e Tortelli rispose con la composizione di un inno saffico sul modello dell’innografia cristiana antica (autografo nel prezioso Vat. lat. 3908, c. 184r, descritto da Regoliosi, 1966) e con una biografia costruita utilizzando le fonti agiografiche principali, in particolare in forma esplicita Lorenzo di Amalfi (sec. XI), e il testo apocrifo pseudo-Simpliciano (trasmesso da un manoscritto del sec. XIII)  insieme al racconto, mai citato esplicitamente, del monaco Biagio, riconducibile al sec. XIII (o XIV).

Al periodo del Concilio rinvia pure la composizione della Vita sancti Athanasii, il cui iter è ricostruibile attraverso due lettere di dedica a personalità diverse. Inizialmente preparata per il vescovo di Zamora Giovanni de Mela, la biografia fu in effetti poi dedicata da Tortelli a papa Eugenio IV, per consiglio del cardinal Cesarini attento a favorire la carriera curiale del suo protetto. La biografia è costruita combinando ad intarsio, quasi sempre con accortezza, vari pezzi forniti da fonti greche tradotte in latino (Historia ecclesiastica di Teodoreto e di Socrate, scritti pseudo-atanasiani, Simeone Metafraste) con l’aggiunta di notizie tratte da autori latini (Rufino, Cassiodoro-Epifanio, Vita Constantini di Eusebio), solo a volte esplicitamente dichiarati, più spesso sottaciuti, anche alterati e sovvertiti nell’ordine nel quale si presentano nel testo originario. Pur mancando una attenta disamina delle testimonianze per distinguere l’apocrifo dall’autentico, il patrimonio culturale antico, riproposto in modo attivo, offre un prodotto finale articolato e nuovo, fonte di esemplarità e di eticità.

Come conferma una lettera scritta da Ferrara il 18 ottobre 1438 da Roberto Martelli, direttore della filiale del Banco Medici e indirizzata a Lorenzo de’ Medici, è Tortelli l’“interprete” anonimo presente agli incontri preparatori del concilio, organizzati dal cardinal Cesarini. Lo svolgimento di questa attività gli procurò il favore papale, concretizzatosi nella concessione di un beneficio aretino importante e ambito (l’arcipretura della Pieve di Santa Maria). Il papa dichiarò che «in queste disputazioni de’ greci l’à veduto et udito adoperarsi molto bene, et sapeva lui esser povera et buona persona, et per la virtù sua meritare questa et maggiore dignità» (Boschetto, 2005, p. 28).

Terminati i suoi impegni al Concilio, Tortelli partì per Bologna con il sostegno del cardinale per completare i suoi studi alla Facoltà teologica, conseguendo la laurea il 23 e il 29 ottobre 1445. Così precisa il privilegio dottorale, dove il «clericus saecularis Ioannes» risulta «ecclesiae Arretinae archipresbyter», titolo che manterrà fino alla morte e che passerà in seguito al fratello Filippo (Bacci, 2016, p. 69); e il 27 novembre era già parte del Collegio dei maestri teologi.

Durante questo periodo Tortelli tradusse gli Analytica posteriora di Aristotele, soddisfacendo a un’esigenza assai sentita (l’aveva manifestata, poco prima che egli partisse da Firenze, Niccolò Tignosi da Foligno, medico e professore negli Studia di Firenze prima e di Pisa poi). Per Tortelli la traduzione fu conseguenza diretta della sua esperienza studentesca: ascoltando le lezioni di Gaspare Sighicelli, che esponeva il testo aristotelico con grande difficoltà per la condizione in cui si trovava la traduzione vulgata, ne fu sollecitato a rivedere il testo esistente, rendendo «verbum ex verbo» l’originale greco e ricercando l’ornatus solo «ut melius Latine sonarent» (Rossi, 2015, p. 541) le parole di Aristotele. Contemporaneamente organizzò dei Commentarii in dodici libri «de omni ratione disserendi et artis dialecticae praeceptis» (Regoliosi, 2016, p. 21) ricavandoli da numerosi autori greci e latini e dedicati al giureconsulto suo conterraneo Francesco, presumibilmente Griffolini, sfortunatamente perduti. Il soggiorno bolognese fu ricco di incontri, e di amicizie dai legami duraturi: lo testimoniano le numerose lettere scambiate, dopo il ritorno a Roma, con il maestro di retorica Niccolò Volpe, o con il professore alla Facoltà teologica Filippo Fabbri, entrambi interessati non solo ai problemi di grafia, di grammatica, alla esatta interpretazione di testi classici, ma pure alla stesura in atto dell’Orthographia.

Da questa corrispondenza apprendiamo anche le difficoltà che Tortelli incontrò nei primi anni del soggiorno romano: nel 1444 morì il suo sostenitore, il cardinal Cesarini (1444) e appena tre anni dopo, nel luglio 1447, morì anche il cardinale e vescovo di Oporto António Martins de Chaves, conosciuto a Costantinopoli e molto attivo al Concilio, al quale si era legato. I problemi furono però presto risolti visto che già nel primo semestre del 1448 Tortelli fa parte della familia del nuovo papa, quel Tommaso Parentucelli con cui aveva condiviso interessi e collaborazione almeno dagli anni del Concilio. Iniziò così la sua veloce carriera curiale; divenne il consigliere di Niccolò V nella costituzione  della Biblioteca Vaticana, quindi cubiculario (31 maggio 1449), suddiacono apostolico (2 marzo 1450); poco dopo fu commendatario dell’abbazia di Capolona (2 febbraio 1452) e il 12 aprile del monastero delle Clarisse di San Sebastiano ad Alatri.

In quanto cubiculario risiedeva nel palazzo apostolico, curava e custodiva i beni della casa papale, compresi i libri, ne promuoveva l’incremento con acquisti e con l’ingaggio di umanisti impegnati a rendere in latino gran parte della letteratura greca. E se l’attività di coordinatore della nuova collezione libraria è ampiamente testimoniata per il decennio 1445-55 dalle numerose lettere di amici e colleghi raccolte nel Vaticano lat. 3908 e raggruppate secondo il mittente, quella di lettore attento, di curatore editoriale e di filologo trova esempi sempre più numerosi in manoscritti greci e latini, patristici e classici, del fondo antico della Vaticana o da essa provenienti; sono da lui postillati, dotati di indici, di notabilia, di titoli per facilitare l’individuazione delle opere, presentano correzioni al testo, proposte di varianti, aggiunta di passi greci all’interno del testo latino (ad es. lo Svetonio del Vat. lat. 1906). Su alcuni manoscritti le sue annotazioni si alternano o si aggiungono a quelle del Parentucelli, come lui desideroso di costruire una biblioteca esemplare ricca di sillogi complete e di codici filologicamente corretti (Manfredi, 2009).

Strettamente legata alla formazione della biblioteca è l’Orthographia, il corposo dizionario dedicato ai lemmi che dal greco sono passati in latino, ma che va oltre l’aspetto dell’indicazione dell’esatta grafia. Progettato e iniziato nel 1438, largamente impostato durante il soggiorno bolognese, fu ripreso e ampliato per sollecitazioni provenienti dall’ambiente romano in concomitanza con l’allestimento della biblioteca papale, per cui ne fu affrettata la pubblicazione tra il 1451-52, o forse meglio nel corso del 1452, quando Tortelli scrisse anche la lettera di dedica a Niccolò V per gratitudine e per manifestare il desiderio che l’enciclopedia entrasse a far parte della nuova biblioteca papale (Donati, 2006a, prima monografia interamente dedicata all’opera e alla sua tradizione; Manfredi, 2009; Tomè, 2014).

L’Orthographia è degna della nuova biblioteca perché, come dice Vespasiano da Bisticci, nell’esposizione dei vocaboli l’Aretino narra « il luogo dove s’è  fatta qualche cosa memorabile, et i siti della terra, in modo ch’egli è espositore et cosmografo et istoriografo» (Vite, 1976, p. 63), guidato da una capacità interpretativa dei testi tale da ampliare sempre più l’ottica dell’analisi, sorreggendola con un’ampia erudizione. Il repertorio linguistico- antiquario è articolato in un’ampia introduzione di carattere teorico-grammaticale seguita da una sezione di oltre 3400 voci principali variamente estese, illustrate nella loro corretta grafia e nel significato con cui ricorrono negli autori classici. È elevato il numero delle citazioni esplicite e implicite, spesso da autori ricorrenti che divengono da fonte diretta anche intermediari di rimandi indiretti. Servio e Prisciano sono presenti in forma massiccia, e documenti della tecnica di composizione delle voci in cui le fonti sono collocate su piani stratificati, mescolate, contaminate e arricchite da stralci di versioni da testi greci (Tomè, 2012). Larga fu la diffusione, testimone di ambienti e personalità dell’Umanesimo, consistente la tradizione manoscritta, all’interno della quale emerge il Vat. lat. 1478, rivisto dall’autore, ritratto al c. 1r, ma sulla cui destinazione sono varie le proposte, dalla copia di dedica al papa a copia personale a copia di lavoro disponibile agli studiosi.

Al 1450 risale la versione della seconda Omelia pseudo-crisostomica al Salmo 50 Miserere mei, Deus realizzata frettolosamente, come racconta nella breve lettera di dedica a Cosimo de’ Medici, durante il viaggio da Roma a Firenze, compiuto dopo il 15 giugno insieme al cardinale Ludovico Trevisan, per fuggire l’epidemia di peste secondo Vespasiano da Bisticci (Vite, 1976, p. 61) o anche per impegni diplomatici del cardinale diretto pure a Milano, rientrando a Roma solo nel dicembre. Tra i vari codici portati con sé, scelse quello con le Omelie del Padre della chiesa; puntò la sua attenzione su quella dall’esplicito carattere didascalico e la tradusse per farne omaggio a Cosimo all’arrivo in città. Il codice di dedica, tra i quattro testimoni individuati nella tradizione manoscritta, potrebbe essere rappresentato dal Laurenziano Pl. 19. 26 in pergamena con una iniziale miniata, fregiato dello stemma di casa de’Medici e con intitulatio e correzioni di mano del Tortelli.

Alla morte di Niccolò V (tra il 24 e il 25 marzo 1455) si interruppe la brillante carriera di Tortelli; il nuovo papa, Callisto III, lo privò dell’incarico di bibliotecario sostituendolo con il fidato Cosimo di Montserrat, e nel luglio 1455 gli tolse anche la prebenda di San Bartolomeo al Corso degli Adimari in Firenze, una delle poche ottenute da Niccolò V (6 agosto 1448); nominò poi  segretario apostolico Leonardo Dati, lasciando Tortelli in posizione secondaria, in curia e nelle iniziative culturali. Tale emarginazione non interruppe l’attività letteraria e pubblica dell’Aretino, svolta quest’ultima ad Alatri, a partire dall’inizio degli anni Cinquanta fino alla morte.

Qui arbitrò un contrasto tra Alatri e Frosinone come legato papale (11 giugno 1452); frequentò il monastero di S. Sebastiano, che restaurò e amministrò (11 aprile 1453). Fu giudice d’arbitrato tra Alatri e Frosinone quale delegato papale (11 giugno 1452), sovraintese al restauro dell’edificio del monastero e alla gestione delle sue rendite (11 aprile 1453), fu presente a contratti d’affitto anche di ordinaria amministrazione (26 ottobre 1461, e 25 luglio 1463).

Per quanto riguarda i suoi interessi letterari e scientifici degli ultimi anni, sicuramente dopo il 1455 si deve collocare il De medicina et medicis, dedicato al medico di Callisto III, Simone di Marco Tebaldi. Si tratta di una ripresa  dalla voce Hyppocrates dell’Orthographia, integrata con la novità rilevante in quegli anni, cioè la lettura degli otto libri di Celso. Una ricostruzione storica quindi della medicina, dal ruolo importante nel mondo culturale del suo tempo con particolare attenzione al periodo antico, meno per la tarda antichità e l’alto medioevo, per delineare poi brevi voci di illustri docenti universitari dei secoli XIII-XV, come quella di Pietro d’Abano, di Taddeo Alderotti, infine di Ugo Benzi e del figlio Socino. L’elogio di Ugo viene qui sfumato per chiudere l’opera con quello del dedicatario Tebaldi.

Sotto il papato di Callisto III (1455-58) si può situare pure la versione di due opuscoli pseudo-pselliani, il Timotheus e  le Graecorum opiniones, che vengono latinizzati all’interno di un’ampia silloge di testi rari, anche di carattere matematico, contenuti nel Vaticano lat. 3122. Si tratta di una miscellanea (collocabile fra 1460 e 1470) derivata dal ms. Vaticano gr. 1411 (come dimostrò Giovanni Mercati, che propose Tortelli quale copista e traduttore). Negata l’autografia da Augusto Campana, rimane invece valido il rapporto tra i due manoscritti; inoltre il traduttore, che procede mantenendo una stretta rispondenza tra greco e latino, con una equivalenza quai numerica dei termini, rivela una concezione dell’ars vertendi che coincide con quella dell’Aretino, applicata pure ai testi della silloge di interesse  scientifico e filosofico.

Dipendono dal ms. Vaticano lat. 3122 due copie della traduzione latina delle Graecorum opiniones contenute nel Vaticano Barberiniano gr. 65 (più fedele) e nell’Allacci gr. 63 della Biblioteca Vallicelliana (che propone qualche nuova scelta lessicale), di mano ambedue di Lucas Holstenius.

Sotto il pontificato di Pio II Tortelli partecipò alla dieta di Mantova (1459), secondo la testimonianza di una lettera di Francesco Filelfo; passato a far parte della curia di Paolo II nel novero dei suddiaconi apostolici, assistette nel 1465 alla morte del cardinale Ludovico Trevisan e riprese la versione della Romuli vita dedicandola al curiale Mazzacolli.

Morì a Roma o nel monastero di Alatri prima del 26 aprile 1466, poiché a questa data venne designato un successore per la commenda dell’abbazia di Capolona.

Opere

De Orthographia: Roma [dopo 10 agosto] 1471, Ulrich Han-Simone Nicolai Cardella [IGI 9682, ISTC it00394000] (edito da Adamo di Montaldo sul Vat. lat. 3319 appartenuto a Marco Barbo); Venezia 1471, Nicolas Jenson [IGI 9681, ISTC it00395000]; Proemio, condotto su Vat. lat. 1478 in forma parziale da Rizzo, 1995, pp. 401-407, in forma completa e comprensiva dell’ordo operis e della rassegna delle fonti da Tomè, 2014, pp. 61-64 con confronto con l'editio princeps veneziana; Roma antica, a cura di L. Capoduro, Roma 1999 (ed. del lemma Rhoma sul Vat. lat.1478, Vat. lat. 3319 e stampa veneziana); De medicina et medicis, a cura di L. Belloni - D.M. Schullian, Milano 1954, pp. 3-21 (ed. condotta solo su Ottob. lat. 1863, cc. 125r-130v, corretto da Tortelli e trascrizione avvenuta dopo il 1462); Traduzione dell’Omelia II sul Salmo 50 dello pseudo-Giovanni Crisostomo (ed. critica in Cortesi, 2000, pp. 248-272); Traduzione del Timotheus sive de daemonibus e delle Graecorum opiniones de daemonibus di Psello (ed. critica e attribuzione a Tortelli in Cortesi-Maltese, 1992, pp. 165-187); Traduzione della Expositio in ea quae dicuntur Chaldaica eloquia e Summaria et brevis Chaldaicorum dogmatum expositio di Psello (ed. critica in Maltese, 1998, pp. 361-373).

Fonti e bibliografia

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Note sul Tortelli bibliotecario di Niccolò V, in Miscellanea Bibliothecae apostolicae Vaticanae, XVI, Città del Vaticano 2009, pp. 199-228; P. Tomè, Frammenti inediti del 'Dubius Sermo' pliniano nell'Orthographia di G. Tortelli, in Lexis, XXVII (2009), pp. 541-575; A. Onorato, Gli amici aretini di G. Tortelli, Messina 2010; P. Tomè, Nuovi contributi  per l’Orthographia di G. Tortelli. Studi sull’opera e sulle fonti, San Donà di Piave 2012; Ead., La rassegna delle fonti nel proemio all’«Orthographia» di G. Tortelli (con nuovi elementi per una datazione dell’opera), in Archivum mentis. Studi di filologia e letteratura umanistica, III (2014), pp. 37-64; P.B. Rossi, Roberto de’ Rossi e G. Tortelli traduttori degli Analytica posteriora, in Il ritorno dei classici nell’Umanesimo. Studi in memoria di Gianvito Resta, a cura di G. Albanese et al., Firenze 2015, pp. 531-551; Id., Commenti agli Analytica posteriora e gli umanisti italiani del Quattrocento. Una prima indagine, in Rivista di filosofia neo-scolastica, IV (2016), pp. 759-774; Giovanni Tortelli primo bibliotecario della Vaticana. Miscellanea di studi, a cura di A. Manfredi - C. Marsico - M. Regoliosi, Città del Vaticano 2016 (con particolare riferimento a M. Regoliosi, pp. 17-57; A. Bacci, pp. 59-74; A. Manfredi, pp. 75-132; F. Della Schiava, pp. 289-310; D. Mugnai Carrara, pp. 339-365); P. Tomè, Greek studies in G. Tortelli’s Orthographia: a world in transition, in Teachers, students, and schools of greek in the Renaissance, ed. by F. Ciccolella - L. Silvano, Leiden-Boston 2017, pp. 79-119; C. Caby, Autoportait d’un moine en humaniste. Girolamo Aliotti (1412-1480), Roma 2018; J. Monfasani, Popes, cardinals, humanists: Notes on the vatican library as a repository of humanists manuscripts, in Manuscripta, LXII (2018), pp. 213-248.

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