VESPUCCI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VESPUCCI, Giovanni (Juan de Vespuchi, Bespuchi). – Nacque a Firenze intorno al 1486, ultimo dei cinque figli di Antonio, notaio attivo tra il 1472 e il 1532 e in rapporto con vari mercanti-imprenditori spagnoli – tra i quali vi era Juan Sánchez (Giovan Sancio), cui si deve la prima circolazione fiorentina della lettera di Cristoforo Colombo a Gabriel Sánchez (fratello di Juan e tesoriere della Corona aragonese)

Michele Lodone

sulla scoperta delle nuove isole. Nulla sappiamo della madre di Giovanni, né della sua infanzia e della sua formazione.

In una data imprecisata, poco più che ventenne, raggiunse a Siviglia lo zio Amerigo (v. la voce in questo Dizionario), fratello minore del padre. Con lo zio e sua moglie, María Cerezo, Giovanni ebbe un legame affettivo molto stretto. Dopo aver sposato, di lì a poco, Isabel López de Ugarte, figlia di Diego López de Guadalajara e di Maria Ochoa de Ugarte, si stabilì con la moglie nella collación di Santa María dove risiedevano anche gli zii.

Al momento della morte, avvenuta il 22 febbraio 1512, Amerigo lasciò in eredità al nipote, oltre ai suoi abiti e a tutti i suoi libri in latino, volgare e altre lingue («todos mis libros de latín e de romançe e de otro qualquier lenguaje»), carte e strumenti di navigazione di grande valore (Luzzana Caraci, 1996-1999, I, p. 202). Di questi ultimi il nipote era molto orgoglioso – soprattutto di un astrolabio di metallo, che pare fosse di ottima fattura – e in varie occasioni dichiarò di esserne in possesso. Le mappe, le relazioni di viaggio e gli strumenti sono oggi perduti, ma Giovanni seppe farne tesoro e, pochi mesi dopo la morte di Amerigo, ottenne grazie alle proprie competenze e alla fama dello zio (già piloto mayor dal 1508), la carica di pilota della Casa de contratación de Indias.

La nomina a piloto real, con stipendio di 20.000 maravedís, fu concessa dal re Ferdinando II di Aragona il 22 maggio 1512 e registrata il 18 settembre successivo (ibid., I, pp. 211 s.). Il 24 luglio dello stesso anno Giovanni aveva intanto ricevuto il suo primo incarico, che prevedeva la stesura, con la collaborazione di Juan Díaz de Solís, di un nuovo decreto reale sulla navigazione «de todas las Yndias que hasta oy se han descubierto pertenescientes a la corona real destos reynos, [...] por el qual todos los pilotos se ayan de regir e governar e hacer sus viajes» (Varela, 1988, trad. it. 1991, p. 94).

Nel 1514 comandò la nave capitana della grande spedizione di Pedro Arias (Pedrarias) Dávila diretta verso il Darién, attualmente al confine tra Panama e Colombia. Dobbiamo la notizia a Pietro Martire d’Anghiera, che ricorda come Giovanni avesse ereditato dallo zio una grande abilità nell’arte della navigazione e nel calcolo delle coordinate («Ioannes Vesputius Florentinus [...], cui patruus hereditariam reliquit artis naucleriae graduumque calculi peritiam», De orbe novo, 1530, c. 32r). Con ogni probabilità Giovanni si avvalse di questa esperienza di prima mano per rappresentare alcuni dettagli della regione caraibica nel planisfero oggi conservato a Torino. Tornato in Spagna, intervenne a più riprese nelle riunioni della Casa de contratación, frequentemente convocate per discutere le rotte delle armate spagnole o per stabilire con la Corona portoghese i confini dei rispettivi domini.

Il 13 novembre 1515 fu consultato sul caso di undici cittadini portoghesi catturati dagli spagnoli in un territorio che, in base al trattato di Tordesillas, non era chiaro se appartenesse alla Spagna o al Portogallo. Insieme a Sebastiano Caboto, diede il suo parere circa la collocazione del Capo di San Augustín, basandosi sulle lettere e sui calcoli meticolosi dello zio, che nei suoi viaggi aveva raggiunto il capo per due volte (Luzzana Caraci, 1996-1999, I, p. 261). Pochi mesi prima, le sue capacità erano state premiate con una gratificazione annuale di 10.000 maravedís.

L’ufficio non impedì a Giovanni di proseguire la sua attività di mercante, ben inserita nel gruppo dei fiorentini di Siviglia. Egli intrattenne rapporti molto stretti, in particolare, con Piero Rondinelli (al servizio di Lorenzo e di Giovanni di Pierfrancesco de’ Medici) e Giacomo Fantoni, che Giovanni delegò – rispettivamente nel 1514 e nel 1516 – per riscuotere il proprio stipendio.

Il 15 luglio 1512 aveva intanto ottenuto dal napoletano Filippo Coppola il saldo dell’ingente cifra di 397.000 maravedís. Il 23 maggio 1516 compare come procuratore di María Cerezo per tentare di ottenere dalla corte la pensione vitalizia che doveva esserle versata in quanto vedova di Amerigo Vespucci (Luzzana Caraci, 1996-1999, I, pp. 216-218). Nel settembre dello stesso anno delegò i propri affari ad Antonio de Luis Sousa, svincolandosi a quanto pare dal gruppo dei mercanti-imprenditori fiorentini attivi a Siviglia.

Da allora non si hanno più notizie di Giovanni per quasi dieci anni, fino al 18 marzo 1525, quando fu rimosso dal suo incarico di pilota reale e perse lo stipendio. Le circostanze dell’esonero non sono ancora state del tutto chiarite. Quanto alle sue motivazioni, Consuelo Varela ha ipotizzato che esse siano da ricondurre al servizio di spionaggio reso da Giovanni alla Signoria di Firenze. Quest’ultimo sarebbe attestato da una serie di lettere in parte autografe conservate presso l’Archivio di Stato di Firenze e indirizzate da un Giovanni Vespucci a Lorenzo di Piero de’ Medici, capitano della Repubblica fiorentina e futuro duca di Urbino.

Fin dal primo dispaccio a noi noto, inviato da Madrid il 21 marzo 1514 (1513 secondo lo stile fiorentino), Giovanni esprimeva la più fervida devozione per la famiglia dei Medici, rientrata a Firenze da meno di due anni e ascesa al pontificato, l’anno precedente, con Leone X. Le lettere vertono sulle novità, le voci e gli umori circolanti nella corte spagnola, e includono delle sezioni in cifra, secondo il codice utilizzato dal segretario dell’ambasciatore fiorentino in Spagna Giovanni Corsi «per poter qualche volta scrivere più comodamente» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, XXVI, 625, c. 630r). L’attenzione del mittente è rivolta soprattutto alla politica estera del re Cattolico, e in particolare agli scontri e alle trattative tra Ferdinando e la Francia, che avevano importanti ripercussioni sulla penisola italiana. Tra il marzo e il maggio del 1514 egli inviò copia degli articoli della tregua ratificata da Ferdinando e Luigi XII. In seguito, si concentrò sui movimenti della flotta spagnola nel Mediterraneo e sulle relazioni diplomatiche intrattenute dalla corte spagnola con altri sovrani europei. Il 17 settembre 1515 si trovava a Firenze, da dove scriveva a Lorenzo, che attendeva a Piacenza, in qualità di capitano generale delle truppe fiorentine, gli sviluppi della politica italiana di Francesco I, appena coronata dalla vittoria di Marignano (ibid., CXXIII, 377, c. 381r).

Sulla base di questa documentazione, la storiografia ha ascritto la destituzione di Giovanni al suo ruolo di informatore al servizio della Repubblica fiorentina. Recentemente, tuttavia, è stato dimostrato in modo inconfutabile che il mittente delle lettere a Lorenzo de’ Medici era un altro Giovanni Vespucci, figlio di Guidantonio (Robles Macías, 2020).

Il 13 febbraio 1525, poco più di un mese prima di lasciare l’ufficio di piloto real, Giovanni di Antonio aveva delegato la moglie perché ricevesse a nome suo i 30.000 maravedís cui ammontava il suo stipendio. In seguito, egli riuscì comunque a mettere a frutto la propria esperienza di navigatore e cartografo (come mostra il planisfero oggi conservato a New York, realizzato nel 1526). In ogni caso, egli continuò a risiedere a Siviglia, svolgendo le proprie attività mercantili.

Nel corso del 1525, come padrone della nave Santa Cruz, intraprese un intenso traffico commerciale con le Indie. Nello stesso anno nominò Domenico di Baena capitano della Santa Cruz, delegò il cognato Francisco de Santiago come agente per la vendita delle merci a Cubagua, e il suo nome compare, negli archivi di Siviglia, in diversi documenti relativi a prestiti e deleghe (Varela, 1988, trad. it. 1991, p. 96). Nell’ultimo atto a noi noto, il 17 maggio 1528, Juan de Aguilar incaricava Giovanni di comandare la nave Santa Maria de la Ayuda fino al porto di San Juan de Ulúa, vicino alle coste messicane, dietro il compenso di 25 castellani d’oro. Non sappiamo se egli partì effettivamente per le Indie. Dopo tale data si perdono le sue tracce, e non conosciamo il luogo e la data della sua morte.

A Vespucci sono attribuiti almeno quattro importanti planisferi, databili tra il 1523 e il 1526 e conservati oggi presso la Houghton Library dell’Università di Harvard (Cambridge, Mass.), la Bibliothek der Fürsten von Liechtenstein di Vienna, l’Hispanic Society of America di New York e la Biblioteca nazionale (già Biblioteca reale) di Torino. Particolarmente pregiate sono le due carte conservate a Torino e a New York. La prima, realizzata nel 1523 e composta da sei fogli di pergamena di circa 111×261 cm, costituisce il più antico esemplare oggi noto di Padrón Real, come erano chiamate le carte geografiche segrete che la Corona spagnola metteva a disposizione, come modello, ai capitani delle proprie navi. Il planisfero dell’Hispanic Society di New York, di dimensioni più ridotte (85×262 cm), risale invece al 1526 ed è sottoscritto da Vespucci stesso, che si serve ancora del titolo di pilota reale («Ju[an] Vespuchi piloto desus ma[jes]ta me fezit en seujlla [a]ño d[omini] 1526»).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, XXVI, 625 e 630, CXI, 151, 297, CXVII, 65, 70, CXXIII, 96, 97, 377; Pietro Martire d’Anghiera, De orbe novo, Alcalá de Henares 1530, decade II, cap. VII, c. 32r; Mapa portulano de Juan Vespucci (1526), a cura di A. Paladini Cuadrado, Valencia-New York 1999; La geocarta nautica universale di Giovanni Vespucci (1523), a cura di C. Astengo, Torino 2010.

L. Hugues, G. V. Note biografiche e storiche, Casale Monferrato 1897; R. Almagià, Alcune osservazioni sul planisfero di G. V. (1526), in Rivista geografica italiana, LIX (1952), pp. 253-260; C. Varela, Amerigo Vespucci. Un nombre para el Nuevo Mundo, Madrid 1988 (trad. it. Milano 1994, pp. 93, 96, 104 s.); Ead., Colón y los florentinos, Madrid 1988 (trad. it. Firenze 1991, pp. 90-96); L. Formisano, Amerigo Vespucci. La vita e i viaggi, in Amerigo Vespucci. La vita e i viaggi, a cura di L. Formisano et al., Firenze 1991, pp. 198 s.; I. Luzzana Caraci, Amerigo Vespucci, I-II, Roma 1996-1999, I, pp. 197-208, 211 s., 216-218, 261 s., II, pp. 288, 476; Scoperta e conquista di un Mondo Nuovo, a cura di F. Cantú, Roma 2007 (in partic. C. Varela, Amerigo Vespucci e i mondi iberici, pp. 80-82; I. Luzzana Caraci, Nascita ed evoluzione della cartografia europea dell’America, pp. 83-160); A. Orlandi, Fiorentini alla ricerca del Nuovo Mondo, in Amerigo Vespucci e i mercanti viaggiatori fiorentini del Cinquecento, a cura di M. Azzari - L. Rombai, Firenze 2013, pp. 136-139; K. Schlebusch, Giorgio Antonio Vespucci (1434-1514). Maestro canonico domenicano, Firenze 2017, pp. 112 s.; L.A. Robles Macías, No, mapmaker Juan Vespucci was not a Medici spy, in Imago Mundi, LXXII (2020), pp. 41-46.

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