VISCONTI, Giovanni

Enciclopedia Italiana (1937)

VISCONTI, Giovanni

Luigi Simeoni

Nato nel 1290 da Matteo I e Bonacossa Borri, si dedicò fino al 1316 alle armi; ma dal padre fu fatto entrare verso quest'anno nella vita ecclesiastica quale canonico di Monza e arciprete del duomo di Milano, per preparare la sua futura elezione ad arcivescovo, dato che Cassone della Torre esule vi rinunciò nel 1317; però il papa Giovanni XXII nominò Aicardo Caccia di Novara, la cui autorità fu quasi sempre impedita. Alla venuta di Ludovico IV imperatore (1327) Giovanni era giudice del clero milanese, ma fu privato di tale carica quando col padre e i fratelli fu arrestato. Liberato l'anno seguente, all'atto dell'accordo di Azzone Visconti con Ludovico nel gennaio del 1329, fu dall'antipapa Niccolò V creato cardinale del titolo di S. Eustachio, legato di Lombardia e amministratore dell'arcivescovato di Milano; poco dopo per ottenere l'assoluzione concessa dal papa ai Visconti il 15 settembre 1329, egli depose questi uffici, e venne creato vescovo di Novara, dove nel 1332 fu eletto anche signore, soppiantando la famiglia dei Tornielli per quanto ghibellina. Nell'agosto 1339 morto l'arcivescovo Aicardo, Giovanni fu eletto dal clero milanese, ma papa Benedetto XII tenne in sospeso l'approvazione, concessa solo da Clemente VI il 17 luglio del 1342; già da tempo egli usava le rendite e la forza politica dell'arcivescovato col titolo di amministratore e risiedeva nel palazzo. Nello stesso anno 1339, il 17 agosto, Giovanni era stato eletto, col fratello Luchino, signore di Milano dopo la morte di Azzone, ma finché visse il fratello egli parve non intervenire nel governo. Morto Luchino (1349) si ebbe una più energica direttiva all'interno e all'esterno. Luchino Novello, unico figlio legittimo di Luchino, fu spodestato, essendosi ottenuta dalla madre la dichiarazione che non era figlio di lui, e vennero richiamati i nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò che Luchino aveva allontanati; un atto del Consiglio generale riconobbe ai discendenti di Matteo I (e cioè a questi nipoti) il diritto di successione. Giovanni liberò anche il vecchio Lodrisio Visconti prigioniero dalla battaglia di Parabiago. Nella politica estera egli cercò di attuare la pace e stringere rapporti di amicizia e parentela con i vicini per puntare verso mete più significative. Fece la pace con Genova, con i Gonzaga, con il Monferrato, con i Savoia; fece sposare a Bernabò Regina della Scala, figlia di Mastino, e a Galeazzo Bianca, sorella di Amedeo VI di Savoia (1350). I due acquisti che diedero alla signoria di Giovanni un'importanza italiana furono quelli di Bologna e di Genova. L'arcivescovo aveva, con poche barbute, aiutato il conte pontificio di Romagna, ma quando parve che a Bologna la signoria dei figli di Taddeo Pepoli stesse per cadere, egli se la fece da essi cedere per 200.000 fiorini, e il popolo bolognese fu costretto a votare l'elezione di Giovanni a signore (23 ottobre 1350). Il papa prima minacciò, poi fulminò la scomunica e l'interdetto (maggio '51), ma le manovre e l'oro visconteo come la minaccia. velata di venire ad Avignone, ma con 12.000 cavalli e 6000 fanti, portò all'assoluzione pagata 100.000 fiorini e alla concessione del vicariato della città verso il censo di 12.000 fiorini (1352). Le trattative e la pace col papa non impedirono le invasioni della Toscana nel 1351-52, ma con scarso successo, sì che nel gennaio 1353 si firmò a Sarzana la pace tra Giovanni e Firenze e la Lega Toscana. In quest'anno Genova, vinta in mare da Venezia e premuta per terra dagli esuli, si diede nell'ottobre a Giovanni, che le fornì viveri e mezzi per affrontare e vincere la flotta veneziana nell'Adriatico e alla Sapienza presso Modone (1354). Questo acquisto spinse Venezia a promuovere una lega antiviscontea con Padova, Verona, Ferrara e Mantova a cui avrebbe partecipato anche l'imperatore. Le ostilità si aprirono contro Mantova che aveva catturato navi milanesi sul Po, ma non ebbero alcun esito per l'intervento delle forze della Lega. Intanto il 5 ottobre 1354 Giovanni moriva a 64 anni ed era sepolto nella stessa arca di Ottone, nel duomo, dove è appunto una lunga iscrizione laudativa.

Malgrado le cure politiche, egli si occupò largamente del suo ufficio ecclesiastico con numerose fondazioni pie, e riforme della vita del clero: ottenne di far seppellire in luogo sacro i genitori e fratelli scomunicati. Nel 1351 furono riformati gli statuti della città. Glorioso per Giovanni fu l'aver ospitato a Milano il Petrarca che egli trattò con larghezza e inviò nel 1354 ambasciatore a Venezia. Rimase di lui un figlio naturale, Leonardo, mentre è falsa la voce che lo fa padre di Giovanni da Oleggio.

Bibl.: Vedi la bibl. della voce visconti; cfr. anche A. Sorbelli, La Signoria di G. V. a Bologna, Bologna 1901.

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