MANCINI, Giulio. - Ultimogenito del medico Bartolomeo di Niccolò (morto nel 1578) e di Camilla di Francesco Mucci, nacque a Siena il 21 febbr. 1559 e fu battezzato il 23 dello stesso mese (Arch. di Stato di Siena, Pieve di S. Giovanni Battista, Battezzati, 51, c. 76r).
Sembra che il M. diede principio agli studi superiori a Siena nel 1576. Furono questi gli anni in cui, insieme con Deifebo, frequentò il circolo del balì Ippolito Agostini, mecenate e collezionista, a cui inviò diverse opere d'arte da Padova, dove si recò a studiare medicina probabilmente nel 1579 (Ugurgieri Azzolini, p. 537; Sani; Maccherini, 2004, p. 48).
Non è chiaro se il M. considerasse conclusi gli studi quando, nell'ottobre 1585, si trasferì a Bologna. Nei documenti dello Studio padovano comunque non si conserva traccia di una sua laurea.
In seguito a un incidente non del tutto chiaro occorso al fratello (Siena, Arch. della Società di esecutori di pie disposizioni, Fondo( Mancini, C.XIX, 166, c. 280r), nel gennaio 1586 il M. tornò a Siena; ma fu a Bologna ancora nel 1587 (Maccherini, 2004, p. 49). Sebbene non risulti confermata la notizia secondo la quale nel 1585-86 il M. ottenne la cattedra di medicina presso lo Studio senese (Prunai), egli dovette aver ripreso fissa dimora a Siena durante il 1586, dato che il 31 genn. 1587 presentò la sua tesi e il 1( febbraio "fuit doctoratus" in "artibus et medicina" (Siena, Arch. arcivescovile, Studio, Protocolli degli atti di laurea, 6441, c. 118r; Sani, p. 44 n. 21). L'8 giugno seguente fu nominato medico del convento senese di S. Spirito (Maccherini, 2004, pp. 48 s.) e durante quello stesso anno, quando lo Studio fu dotato di una nuova cattedra "ad anotomiam seu chirurgiam", la docenza fu conferita al M. (Cascio Pratilli; Maccherini, 2004, p. 55 n. 26).
Nell'ottobre 1590, nonostante una raccomandazione di Giovanni de' Medici, il tentativo del M. di ottenere la cattedra di medicina di secondo luogo non andò in porto (Maccherini, 2004, p. 49). Stando ai suoi primi biografi dev'essere stato in questi tempi che, al seguito di un litigio, fu incarcerato (Rossi, p. 79; Ugurgieri Azzolini, p. 537). Fu liberato prima del maggio 1591: a quella data risale, infatti, una lettera al M. del senese Patrizio Patrizi, il quale lo sconsigliava di venire a Roma a causa della peste (Maccherini, 2004, p. 49). Fu forse in seguito a questa carcerazione che il M. lasciò Siena e si trasferì a Viterbo, dove ricevette l'incarico di medico condotto della città nell'agosto 1591 (Siena, Arch. della Società di esecutori di pie disposizioni, Fondo( Mancini, C.XIX, 166, c. 606r) e dove rimase per circa un anno (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 4316, c. 33r; Maccherini, 2004, p. 55 n. 28).
Non si sa con precisione quando il M. e Deifebo si trasferirono a Roma, dove avevano uno zio speziale. Il M. vi si recò varie volte nel 1592: era lì durante la Pasqua (ibid., p. 48), che quell'anno cadeva il 29 marzo, ma presumibilmente vi prese residenza a seguito dell'esito positivo del concorso per medico presso l'ospedale di S. Spirito in Sassia. Una lettera di Deifebo del 21 sett. 1592 documenta come il M. si fosse infatti precipitato a Roma, da Viterbo, il 20 settembre dopo aver ricevuto tardiva notizia dell'esame per il posto tramite Claudio Borghese, un amico di famiglia (Siena, Arch. della Società di esecutori di pie disposizioni, Fondo( Mancini, C.XIX, 166, c. 719r). Il 24 settembre Deifebo annunciò l'esito positivo della prova e specificò che il 1( ottobre il M. avrebbe dovuto essere a Roma per "baciare insieme agli altri i piedi di S. S." (ibid., c. 720r).
Deifebo rientrò a Siena già nel 1598 (Maccherini, 2005, p. 394). Dalla sua corrispondenza con il M. si evince che, fuori dell'ospedale, attraverso "un poco di servizio", come scrisse lo stesso M. della sua pratica professionale (Id., 2004, p. 49), il fratello strinse rapidamente rapporti con alcuni fra i più eminenti prelati e cardinali, fra cui Aldobrandini, Barberini, Bichi, Borghese e Capponi.
Nel 1594 fu cooptato nel Collegio medico di Roma, anche se la sua elezione fu faccenda più lunga e controversa di quanto fosse solito accadere (Arch. di Stato di Roma, Università, b. 49, cc. 116r-118v, 123v). Nel 1598 e 1601 egli ricoprì l'incarico di "examinator" in chirurgia.
Nel 1621 il cardinale Campori, che sperava di essere eletto papa, dopo il conclave che elevò al pontificato Alessandro Ludovisi (Gregorio XV), fu trasferito, per questioni politiche, al vescovato di Cremona. Deluso, il M. vide svanire la possibilità di avvantaggiarsi per mezzo dell'amico, sebbene poco dopo l'elezione di papa Ludovisi ottenesse l'ufficio di vicereggente del Collegio medico, con il compenso di 60 scudi all'anno (Maccherini, 2004, p. 52). Nel 1623 Campori rientrò nell'Urbe per partecipare al conclave che elesse Maffeo Barberini. Questa nuova delusione durò poco: tre giorni dopo l'elezione, il 9 agosto, Urbano VIII nominò il M. suo medico personale (Schudt, p. 11).
La stima di Urbano VIII per il M. si riscontra nei numerosi titoli e privilegi conferitigli.
Non si sa a tutt'oggi in quali circostanze e tramite chi il M. fosse introdotto al mondo e al mercato dell'arte dell'Urbe; sembra tuttavia ragionevole suggerire che sia il cardinal Del Monte sia l'architetto Ottaviano Mascherino, che al tempo in cui il M. fu assunto al S. Spirito andava costruendo la facciata della chiesa dell'ospedale (Hess, p. 105), vi contribuirono, insieme con coloro dai quali, come già detto, il M. pretese opere d'arte in cambio di sue prestazioni.
Dalla corrispondenza con Deifebo si apprende che il M. cominciò a collezionare disegni e quadri almeno sin dal 1606 e nell'ottobre tentò invano di acquistare la Morte della Vergine del Caravaggio oggi al Louvre (Maccherini, 1997, pp. 81 s.). Le lettere documentano inoltre come sin dal principio il M. avesse intrapreso quest'attività specificamente a scopo commerciale, a dispetto di quanto è stato scritto anche di recente. Egli acquistava le opere a Roma per poi spedirle a Siena dove Deifebo, su istruzione del M., le mostrava e vendeva ai migliori offerenti (Id., 1998-99, pp. 136 s.). Acquistò in prevalenza opere toscane e bolognesi; a conferma dello scopo commerciale della sua quadreria già nel 1617 egli raccomandava al fratello di vendere l'intera raccolta se avesse trovato un acquirente, fatto che si realizzò nel 1620, quando la collezione fu venduta a Michelangelo Vanni, figlio del più noto Raffaello (Id., 1997, pp. 73, 86; e 2005, p. 396). Oltre a quadri, fra cui erano opere del Caravaggio, Federico Barocci, Antiveduto Gramatica, Annibale e Antonio Carracci, del Cavalier d'Arpino (Giuseppe Cesari), del Domenichino (Domenico Zampieri), di Guido Reni e Giovanni Lanfranco, il M. raccolse bronzetti e disegni (Id., 2004, p. 49), questi ultimi ordinati in volumi divisi per autore (Id., 1997, p. 81, doc. 1). Che l'approccio al mondo dell'arte da parte del M. fosse anzitutto commerciale è inoltre confermato dalle parole di Faber (p. 599): "liberalium plurium[(] artium non tam amator, quam exactissimus iudex & aestimator" e da quelle di Rossi (p. 81): "ab aliis eas tabulas quam minimo emebat, ut carissime venderet". Ma solo due studiosi hanno esplicitamente scritto che a loro parere questo approccio non è in contraddizione con gli scritti sull'arte del M. (Mahon, p. 329; Haskell, pp. 124 s.). Da medico o da mercante d'arte, il M. strinse rapporti con tanti artisti, fra cui Lavinia Fontana, il Caravaggio, i Carracci, Reni, Lanfranco, Tassi, il Cigoli (Ludovico Cardi), il Passignano (Domenico Cresti), Francesco Rustici, Raffaello e Michelangelo Vanni (Considerazioni, II, commento di L. Salerno, Roma 1957, p. XXVIII; Maccherini, 2004, p. 49). Frequentò inoltre molti eruditi e amatori d'arte, fra cui Ferrante Carli, Giovan Battista Crescenzi, Cassiano Dal Pozzo, Vincenzo Giustiniani - che fu suo paziente nel 1612 - e Fabio Chigi, poi Alessandro VII (Delcorno; Maccherini, 1998-99, p. 75, e 2000, pp. 112 s. e n. 9; Sani, p. 44).
Il M. è noto oggi prevalentemente per i suoi testi storico-artistici, e in particolare per le Considerazioni sulla pittura, pubblicate soltanto nel 1956.
La scrittura delle Considerazioni si svolse in tre fasi: nel 1617-19 il M. scrisse una prima redazione breve conosciuta con il titolo Discorso di pittura (pubblicata in appendice all'editio princeps del 1956, di cui sembra esista una diversa versione in Siena: Maccherini, 2002, p. 126). Ma il fatto che egli ricordi nel testo di aver ricevuto informazioni fra gli altri da Mascherino, morto nel 1606, significa che prima di allora raccolse notizie e prese appunti, sebbene non sia ancora chiaro in che forma, né esattamente da quando. Se tuttavia si considera che, come si è visto, acquistava opere d'arte almeno sin dal 1606, è verosimile che la raccolta dei dati biografici sugli artisti andasse di pari passo con quella delle opere. È persino possibile che l'idea di fornire indicazioni su come collezionare nascesse dalla sua esperienza personale. È stato suggerito che l'idea dell'opera fosse maturata nel M. osservando quanto andava facendo Ferrante Carli, nella speranza di diventare custode della quadreria di Paolo V Borghese (Id., 2004, p. 52); ma questa ipotesi non tiene conto del fatto che il M. aveva cominciato a raccogliere dati su artisti prima del 1606. Dopo il 1619 il M. elaborò ed estese una seconda redazione conosciuta come le Considerazioni, delle quali sono note due versioni: una più semplice (da datare intorno al 1619-21) e una, stesa intorno al 1621, più lunga e divisa in due parti. Gli indizi per la cronologia delle varie stesure sono interne ai testi, e si sa che il M. continuò ad aggiungere numerose postille almeno sino al 1628 (I, pp. XXX s.). Dell'ultima versione più lunga, la prima parte - Alcune considerationi attorno alla pittura come di diletto di un gentilhuomo nobile e come introduttione a quello si deve dire - tratta di vari argomenti, teorici e storici, mentre la seconda - Alcune considerationi intorno a quello che hanno scritto alcuni autori in materia della pittura, se habbin scritto bene o male, et appresso alcuni agiognimenti [sic] d'alcune pitture e pittori che non han potuto osservare quelli che han scritto per avanti - è sostanzialmente una raccolta di biografie di artisti coevi (II, p. IX). Molte di esse sono di grande interesse perché sono le prime compilate su certi artisti (fra cui il Caravaggio, Pietro da Cortona e Nicolas Poussin); altre perché sono le uniche disponibile su artisti cosiddetti minori. L'impostazione personale si combina a un'approfondita rassegna delle attività artistiche dell'epoca. Nonostante la seconda parte, scritta in seguito, sia indipendente dalla prima, ne costituisce in realtà una estensione, tant'è che in essa confluisce molto materiale già discusso. Alla stessa stregua sembrerebbe che il Viaggio per Roma per vedere le pitture che si ritrovano in essa, del 1623-24 (pubblicato solo nel 1923 a Lipsia a cura di L. Schudt), sia una revisione del "ruolo delle pitture in Roma" esposto nella prima parte delle Considerazioni. Il Viaggio è di grande importanza perché segna la nascita della guida moderna, ben diversa da quella medioevale dei mirabilia; nuova attenzione viene data all'arte paleocristiana (Previtali, pp. 47 s.), in consonanza con le indagini di inizio secolo di Cesare Baronio, Antonio Bosio, entrambi citati, e Giovanni Severano. Si sa infine che era intenzione del M. presentare insieme le due parti delle Considerazioni e anche il Viaggio, come poi è stato fatto nell'edizione del 1956 (I, pp. XXXVI s.); ma poiché all'epoca la pubblicazione non fu realizzata, il M. non si preoccupò di eliminare le molte ripetizioni che risultano da un tale assemblaggio. Eppure l'intenzione di offrire le Considerazioni alle stampe dev'esserci stata, visto che entrambe le versioni contengono, in due differenti stesure, il testo di dedica, nel quale manca tuttavia il nome del dedicatario. Di recente è stato dimostrato che il M. aveva in mente di dedicare l'opera, arricchita di immagini, al granduca Cosimo II; ma il progetto non si materializzò e, in seguito alla morte del granduca, il M. si rivolse, nel marzo 1621, al cardinale Luigi Capponi, il quale sembra lo consigliasse di presentare il trattato "a corte" dopo averlo riscritto (Maccherini, 2002, pp. 124 s.). È ragionevole suggerire che fu da questa occasione, dunque, che il M. trasse la seconda e più lunga versione della sua opera. Si sa infine che nel maggio 1621 Giovambattista Figone, assistente del M. presso il S. Spirito, divenne medico personale del cardinale Maurizio di Savoia, a sua volta grande collezionista e amatore d'arte, e nell'agosto seguente il M. scrisse a Deifebo proponendogli la dedica che oggi si trova nella seconda versione priva di nome, specificandogli che egli la intendeva per il cardinale di Savoia (ibid., pp. 124 s., 127 n. 21). Rimane da chiarire, tra le altre questioni, perché la vicenda della dedica al cardinale di Savoia non avesse esito positivo e perché il M. non si rivolgesse ad altri per finanziare la stampa dell'opera. Ciò nonostante il manoscritto ebbe una notevole circolazione come testimoniano le molte copie pervenuteci. Ma, come è stato notato (Bowcutt Butler, p. 732), non si è trattato di una fortuna critica delle idee espresse dal M.; piuttosto i suoi manoscritti furono utilizzati ad hoc in virtù delle notizie biografiche in essi contenute. Fra gli altri si servirono dei manoscritti delle Considerazioni, e talora anche del Viaggio per Roma, Fabio Chigi, l'abate S. Lancellotti, Dal Pozzo, G. Baglione, Bellori, G.C. Malvasia, F. Baldinucci e più tardi G. Bottari, G. Della Valle, J.-B. d'Agincourt, L. Pungileoni, A. Nibby, M. Gualandi, G. Milanesi (Mahon, pp. 320-326; Considerazioni, II, pp. XXXI s.; Angelini).
Il M. fu scrittore prolifico e versatile, ma nessuna delle sue opere venne pubblicata. In aggiunta agli scritti già ricordati, vanno segnalati i testi conservati nel Barb. lat. 4315 della Biblioteca apost. Vaticana: Del parlar cortigiano (cc. 139r-145v) da datare a prima del 1617 (Menniti Ippolito, pp. 235-242, n. 42) e Della origin e nobiltà del ballo (cc. 157r-186v) in cui, seguendo una opinione diffusa al tempo, la danza viene presentata come un'attività di ricreazione utile alla conservazione della salute. Nelle Considerazioni (I, p. 147) il M. scrive in proposito "quella po' di consideration che per spasso in gioventù feci del ballo" (Mahon, p. 330 n. 178). Nello stesso codice vi sono inoltre i trattati: Che cosa sia il disegno (cc. 147r-155r), Della ginnastica (c. 187v), Della musica (190rv) e Della pittura (cc. 200r-208v) che, come molti degli scritti del M., testimoniano della sua familiarità con i precetti aristotelici, assai probabilmente acquisiti a Padova, in materia di educazione e in particolare, come egli ricorda (cc. 187), quelli della Politica (VIII, 3). Il codice contiene anche vari scritti politici, di cui l'esistenza di copie fa desumere una loro circolazione (Menniti Ippolito, pp. 225-234): De domino et servo (cc. 227r-241r), Della ragion di Stato (cc. 241r-243r), Modo di governarsi et avanzarsi in Roma (cc. 243r-250r), Avvertimenti per il nipote di papa cardinale ch'abbia governato (cc. 264v-271r). Infine, Modo e regola di far viaggio (cc. 291rv), Breve ragguaglio delle cose di Siena (cc. 292r-338v), di interesse storico-artistico e presumibilmente da datare intorno al 1615 (Salerno, 1956, pp. 10 s.; Sani, p. 45 n. 23). Il Barb. lat. 4316 contiene, oltre ad alcune note autobiografiche già ricordate, Della nobiltà (cc. 35r-99v) e varie "questioni, pareri, difese in medicina legale" (Considerazioni, I, p. LVII, che però va corretto: le cc. 91r-373v non contengono il trattato Della sanità che è invece, come si è detto, in Barb. lat. 4315). Tra questi pareri, da segnalare, oltre a quelli già descritti, un De salubritate aeris et de aedificatione seminarii (cc. 375r-443r) che contiene anche consulti sottoscritti da altri medici e che, secondo A. Marucchi (Considerazioni, I, p. LVIII) sarebbe "ricavato dalla trattazione" dello stesso soggetto in Barb. lat. 4279, cc. 37r-43v. Consultazioni, pareri professionali e ricette si trovano in Barb. lat. 4317 e 4337 (quest'ultimo contiene inoltre alle cc. 1r-21v Consideratione delle pitture, che si ritrovano in Siena nella camera della Balia dell'evento di Alessandro III quando fu in Venetia, un testo di interesse storico piuttosto che storico-artistico); mentre copie di scritti medici del M. sono in Barb. lat. 315, cc. 25r-30v e Barb. lat. 324, cc. 211r-214v.
Il M. redasse il suo testamento il 21 maggio 1610, durante, come egli spiega, una malattia, e nominò esecutore, come ricordato, l'amico Campori (Arch. di Stato di Roma, Ospedale di Santo Spirito in Sassia, b. 293, cc. 76v-79v; Siena, Biblioteca degli Intronati, ms. B.V.34, cc. 2-5; Roma, Istituto storico austriaco, cartone I, 41: trascrizione di W. Kallab).
Il M. morì a Roma il 22 ag. 1630 dopo "alcuni giorni di indisposizione" (ibid.).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. della Congregazione dell'Oratorio, A. III.2, l, cc. 1r-39v; Arch. di Stato di Roma, Ospedale di S. Spirito in Sassia, b. 293, cc. 76v-79v; Mandati di pagamento, b. 1911, mandato 1191; Università, b. 49, cc. 116r-118v, 123v; Tribunale del Governatore, b. 251, c. 2v; Camerale I, Depositeria Generale, b. 1878, cc. 126v-127r; Camerale II, Sanità, b. 3/1, c. 3r; Arch. di Stato di Siena, Pieve di San Giovanni Battista. Battezzati, 51, c. 76r; Siena, Arch. arcivescovile, Studio, Protocolli degli atti di laurea, 6441, c. 118r; Ibid., Arch. della Società di esecutori di pie disposizioni, Fondo Famiglia Mancini, C.XIX, 165-170, 179-181; Ibid., Biblioteca degli Intronati, Mss., B.V.34, cc. 2-5; C.IX.1; 3-5; 7-9; L.XI.9; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 315, cc. 25-30; 324, cc. 211-214; 4279; 4314; 4315; 4316; 4317; 4337; Arch. del Capitolo di S. Pietro, Distribuzioni mensili, 67, gennaio 1626, e H.59c, p. 248; G.B. 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