BONITO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONITO, Giuseppe

Robert Enggass

Terzo dei dodici figli di Saverio e di Anastasia Grosso, nacque a Castellammare di Stabia e fu battezzato in quella cattedrale il 2 nov. 1707(docc. in Fastidio, 1897, e Cosenza, 1902, pp. 103, 126). Ancora fanciullo, entrò nella bottega di Francesco Solimena che dominava la scena artistica di Napoli.

Le prime opere del B. sono un Angelo Custode e l'Arcangelo Raffaele e Tobia per la chiesa di S. Maria Maggiore di Napoli (terza cappella a destra): firmate e datate 1730, sono nello spirito del Solimena per quanto riguarda la corriposizione, ma asciutte nell'esecuzione. Allo stesso periodo appartengono Cristo che consegna le chiavi a S. Pietro del duomo di Castellammare di Stabia (prima cappella a sin.), dove è ancora qualche durezza nei contorni e qualche incertezza nel modellato (cfr. Borzelli, p. 111; Cosenza, 1900, p. 127, e 1902, pp. 156 s.), e il S.Vincenzo Ferrer nella chiesa di S. Domenico a Barletta (firmato e datato 1737;Salmi, D'Elia).

La Carità (firmata e datata 1742), che è eseguita sul soffitto della sacrestia del Monte di Pietà a Napoli, segna l'inizio della maturità dell'artista.

La composizione ovoidale, che tiene conto della visione di sotto in su, è affollata e piena di movimento barocco, ma passaggi di colore saturo di luce alternati a sacche di ombre, e l'atmosferico rarefarsi dei contorni delle figure centrali concorrono a dare a quest'opera un sapore aggraziato, pienamente settecentesco. La stessa maniera si può rintracciare nell'ultima fase del Solimena, ma il B. la traduce in qualcosa di personalissimo, più morbido e più delicato insieme.

Non datate, ma probabilmente dei primi anni del quinto decennio, sono le tele per la piccola chiesa di S. Maria delle Grazie (la Graziella) a Napoli: sull'altar maggiore la Vergine della Mercede è una composizione pretenziosa e non riuscita; la Vergine che appare a s. Carlo Borromeo sull'altare di sinistra è un'opera assai intensa, tipica del B., rifulgente di ricchi inipasti cromatici che emergono da un fondo scuro. Quando, il 30 agosto 1741, giunse a Napoli la missione diplomatica mandata dal sultano alla corte di Carlo III, il B. doveva già essere tenuto in notevole considerazione se fu incaricato di dipingere il ritratto dell'ambasciatore turco e del suo seguito. Nel dicembre 1742 arrivò l'ambasciatore di Tripoli, anch'esso ritratto, col suo seguito, dal B.: l'originale di questo ritratto, firmato e datato 1742, è al Prado di Madrid (Cosenza, 1905); copie autografe di ambedue i quadri sono nel palazzo reale di Napoli (sala XII). In una lettera del B. (in Napoli nob., 1900, p. 74) si legge che le tele piacquero al re, ma secondo il De Dominici (III, p. 714) l'ambasciatore tripolino fu turbato dal realismo del suo ritratto contrastante con la tradizione islamica, tanto da temere che ne fosse compromessa la sua integrità spirituale (per la storia delle due ambascerie, v. Cosenza, 1902, pp. 103-105).

Queste tele, che segnano l'esordio del B. come pittore di corte, ci illuminano sul suo stile nei quadri di soggetto profano. Le figure sono saldamente modellate e descritte con minuzia di particolari; sono molto accentuati i tratti individuali dei volti; sono completamente assenti i contorni sfumati caratteristici della pittura religiosa del B.; il colore passa dai toni medi a quelli più bassi e le zone cromatiche più intense sono scurite. L'impasto, sontuoso, ma mai pesante, è spalmato a volte a pennellate lunghe e sottili, a volte ad agglomerati di piccoli tocchi. Gli elementi della natura sono rappresentati con senso sicuro della terza dimensione e con abbondanza di particolari.

Il De Dominici (III, pp. 713 s.) elenca numerosi dipinti di questo genere, ma sinora nessuno è stato identificato. Oltre all'Autoritratto (1765-70), che è conservato agli Uffizi, si conoscono tre ritratti di gruppo (1765) firmati, già della collezione Lignola di Napoli (due si trovano nella badia di Cava dei Tirreni e uno presso gli eredi Lignola), e un ritratto di Fanciullo, firmato, già nella collezione Tesorone (sempre a Napoli), mentre non è stata finora trovata nessuna opera del B. documentata, o firmata, o citata dalle fonti, che possa essere considerata come pittura di genere nel suo significato più stretto (per i ritratti, v. Bologna, 1954).

Questo non ha impedito alla critica, sin dal secolo scorso, di attribuire al B. un gran numero di pitture di genere dai soggetti più svariati: maschere, feste, intrighi di salotto, risse di strada, ecc.; ma, sin dal 1927, il Longhi ha dimostrato che una buona parte di questi quadri nella fattispecie quelli di migliore qualità sono di mano di G Traversi; questa limitazione del corpus della pittura di genere del B. dava luogo a nuovi problemi critici, in quanto restava all'artista un considerevole numero di opere che peraltro richiedono ulteriori ricerche.

Quando nel 1758 fu iniziata la lavorazione della serie di arazzi per la reggia di Caserta, al B. furono affidati numerosi soggetti (cfr. Minieri Riccio). I dipinti che egli eseguì per la fabbrica degli arazzi di Carlo III, anche se non rappresentano propriamente scene di vita quotidiana, si avvicinano molto alla pittura di genere; tre di essi sono conservati nel palazzo reale di Napoli: Don Chisciotte contro i mulinia vento (per cui fu pagato nel 1759); Don Chisciotte e la regina Micomicona (pagatonel 1761; documenti in Cosenza, 1902, p. 122); Don Chisciotte che beve per mezzodi una canna (1761). Nel secondo quadro la delicata raffinatezza dell'esecuzione contraddice l'asserzione del Longhi che numerosi ritratti e opere di genere (per es. il Ritratto di signora nella Gall. nazionale d'arte antica di Roma, foto Alinari 28683) debbano essere dati al Traversi solo perché di qualità troppo alta per essere del Bonito.

Quadri di genere e ritratti attribuiti al B., ma non documentati, sono oltre che in numerose collezioni private, a Bari, Pinacoteca provinciale (tre); Barletta, Pinacoteca comunale; Barnard Castle (contea di Durham), Bowes Museum; Madrid, palazzo reale; Napoli, musei di Capodimonte e Filangieri; Rodez, Musée des Beaux-Arts; Roma, Galleria nazionale d'arte antica (due); Sorrento, Museo Correale.

Con la morte del Solimena avvenuta nel 1747, il B. fu riconosciuto tra i più probabili suoi successori e la sua reputazione crebbe in conseguenza. Il 29 marzo 1751 Carlo III lo nominò "pittore di camera di S. R. Maestà", carica che non comportava uno stipendio fisso, ma certo un considerevole prestigio. Il 23 aprile del 1752 fu eletto membro dell'Accademia di S. Luca a Roma (doc. in Cosenza, 1902, pp. 103 s.). Direttore dell'Accademia del disegno di Napoli dalla sua fondazione (1755), il 24 luglio ottenne dal re duecento ducati annui; un mese dopo ebbe l'incarico di "riconoscere e opinare sopra ogni sorta di pitture antiche", ufficio che egli doveva poi ricordare in una supplica, alla morte di C. Ruta (1767), per diventare "pittore di camera con soldo" (Borzelli, 1900, pp. 74 s.). Il posto di direttore dell'Accademia, che il B. tenne fino alla morte attraverso vicende non gloriose "né umanamente esemplari" (Lorenzetti), gli diede, a parte la modestia dello stipendio, noie con gli allievi, tanto che egli, data anche la sua considerevole attività pittorica, verosimilmente dedicò all'insegnamento il minor tempo possibile (Cosenza, 1902, p. 123): nel 1768 fu nominato condirettore F. De Mura; alle dimissioni di questo (1770), il B. chiese l'emolumento che godeva il De Mura in aggiunta al suo (Borzelli, 1900, p. 111). Nel 1772 Vanvitelli fu incaricato di proporre con il B. un piano di riorganizzazione dei corsi (documenti in Cosenza, 1902). Intanto il B. era occupato in commissioni importanti: nel gennaio 1752 firmò il contratto per gli affreschi nella chiesa di S. Chiara a Napoli (Cosenza, 1902, pp. 106 s.), che la critica concorda nel considerare le sue opere più importanti (l'ultimo pagamento è del febbraio 1756). Distrutti completamente dai bombardamenti del 1943, essi raffiguravano Salomone che fonda il tempio al centro della volta e intorno, in pannelli, Davide,Salomone, S. Gregorio e S. Gerolamo; quattro pannelli più piccoli recavano decorazioni simboliche. Nel Museo nazionale di Capodimonte resta però il bozzetto dell'affresco centrale, ove la scena, composta in un ardito scorcio di sotto in su, è tipica del B. per i caratteri di movimento e concitazione e nello stesso tempo di grazia. Il B. entra più decisamente nello spirito del rococò con due deliziose tele per gli altari laterali della chiesa dei SS. Giovanni e Teresa: sulla sinistra una Crocifissione, sulla destra una Sacra famiglia con s. Elisabetta e s. Giovannino, che, entrambe firmate, possono essere datate intorno al 1757, anno in cui fu aperta la chiesa appena ricostruita (una Addolorata nella sacrestia, anche se spesso attribuita al B., non è sua).

Le due pale sono dipinte con toni pallidi, quasi di pastello, con i contorni delle figure così lievi che si dissolvono nell'azzurro del cielo; i numerosi spazi aperti aumentano l'effetto di leggerezza e di ariosità; ai delicati ritmi dei dipinti fanno da contrappunto le elaborate cornici rococò che costituiscono una parte importante della decorazione architettonica di questa elegante chiesetta. Anche l'ovale sopra l'altar maggiore, Madonna col Bambino, èattribuito al B. (cfr. Piccola guida..., 1938, p. 21).

Già nel 1743 al B. era stata affidata la decorazione dell'intero appartamento reale nel palazzo di Portici, ma nel 1757 venne pagato per gli affreschi di "un quarto" della cappella reale: il suo compito fu quindi molto limitato (per l'esatta lettura del doc., cfr. Ville vesuviane..., 1959).

Dal 1775 il B. fece parte (Minieri Riccio, 1879, p. 33) della congregazione che aveva sede nella chiesa di S. Maria della Salvazione dei Bianchi della Morte, alla quale donò un altare marmoreo e la pala con S. Giuseppe e Gesù bambino firmata "Ios Bonito P.: ex Dev. 1782" (Cosenza, 1902, p. 154). Ma l'opera che coronò gli ultimi anni della sua attività fu l'enorme Immacolata Concezione per l'altar maggiore della cappella palatina nel palazzo reale di Caserta (1788; Sigismondo, III, p. 247), che il B. dipinse per sostituire la pala di S. Conca, che non piaceva al re.

Anche se la tela èstata assai danneggiata dal bombardamento nel corso dell'ultima guerra, quello che resta è sufficiente a definire l'ultima fase pittorica del B., nella quale al modellato ancor più morbido si accompagnano toni di pallida luminosità e ritmi pacati, suggerendo un certo influsso della pittura di A. R. Mengs: e anzi l'interesse per il classicismo èindicato anche dal fatto che certe figure richiamano il Reni. La Madonna che appare a s. Carlo Bartolomeo e a s. Giovanni Nepomuceno, sull'altare della prima cappella a sinistra nella chiesa di S. Paolo Maggiore dei teatini, a Napoli, anche se non datata, per i suoi toni slavati e per il suo senso di languido abbandono appartiene senz'altro a quest'ultima fase del Bonito.

Nei suoi ultimi anni il B. dipinse cinque tele per l'abside della chiesa dell'Annunciata a Vico Equense: Presentazione al Tempio, Sposalizio della Vergine, Natività, Circoncisione e, al centro, l'Annunciazione, firmata e datata 1788 (Cosenza, 1901, p. 154). L'anno dopo egli fu nominato cavaliere di grazia dell'Ordine costantiniano di S. Giorgio (doc. in Cosenza, 1902, p. 127); morì il 19 maggio dello stesso 1789 (Cosenza, 1902, p. 181).

La critica dell'Ottocento e del primo Novecento ha apprezzato nel B. solo il pittore di genere, che come tale avrebbe precorso il realismo e valorizzato le virtù borghesi (Cosenza, 1902, pp. 183-85); al contrario, la critica recente riconosce in lui il custode della più schietta tradizione pittorica neoveneta che ha contribuito a ritardare sino ai limiti del possibile l'avvento del neoclassicismo.

Michele, fratello più giovane del B., nato nel 1727 (sposatosi nel 1765 con Geltrude Portanova), visse con il B., che aiutava anche nel suo lavoro (Cosenza, 1902, pp. 126 s.). Alla morte del fratello cercò invano di vendere alcune sue opere al re di Napoli (Borzelli, pp. 111, 125). Per la lista dei quadri lasciati dal B., che furono poi all'origine di dispute tra gli credi, vedi Cosenza, 1902, pp. 181 s.

Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori,scultori ed architetti napolitani, III, Napoli 1763, pp. 712-14; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli…, I, Napoli 1788, pp. 82, 178, 217, 264; II, ibid. 1789, pp. 267, 321 s., 356; III, ibid. 1789, pp. 70, 144, 227, 247; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1795, I, p. 645; F. Patturelli, Caserta e S. Leucio, Napoli 1826, pp. 7, si nota 32; C. Celano, Notizie del bello... della città di Napoli, a cura di G. B. Chiarini, III, Napoli 1858, pp. 241, 403 s.; V, ibid. 1860, p. 585; C. Minieri Riccio, La R. Fabbrica degli arazzi della città di Napoli dal 1738 al 1799, Napoli 1879, pp. 20 s., 23 ss.; D. Fastidio, Igenitori e la nascita di G. B., in Napoli nobil., VI (1897), p. 173; L. Borzelli, L'Accademia del disegno a Napoli…, ibid., IX (1900), pp. 71-73, 74 s., 111 (anche per Michele), 125 (per Michele); G. Cosenza, Un quadro del B.,ibid., p. 127; Id., Opere d'arte... di Castellammare di Stabia,ibid., X (1901), pp. 142, 154; Id., G. B.,ibid., XI (1902), pp. 81-87, 103-09, 122-27, r54-58, 180-88 (126 s. per Michele); XII (1903), pp. 12-14; Id., Un quadro del B. a Madrid,ibid., XIV (1905), p. 143; M. Salmi, Appunti per la storia della pitt. in Puglia, in l'Arte, XXII (1919), pp. 186 s.; P. Napoli Signorelli, Gli artisti napol. ... il B. (dall'inedito del 1798), in Napoli nobil., n.s., II (1921), p. 150; N. Tarchiani, in Mostra della pittura... in Palazzo Pitti (catal.), Firenze 1922, p. 40; A. Filangieri di Candida, La Chiesa... di S. Giovanni a Carbonara, Napoli 1924, pp. 89, 91; M. Nugent, Alla mostra della pittura ital. ... impressioni, San Casciano 1925, pp. 266-70; R. Longhi, DiGaspare Traversi, in Vita artistica, II (1927), pp. 145-47, 157 s.; N. Tarchiani, in Il ritratto ital. dal Caravaggio al Tiepolo..., Bergamo 1927, pp. 165 s.; Il Settecento italiano (catal.), Venezia 1929, pp. 49, 75, 79; A. Mondschein-R. Herzig, Ausstellung ital. Barockmalerei veranstaltet von der Galerie Sanct Lucas, Wien 1937, p. 24; Piccola guida della mostra della pittura napol. del '600, '700-'800, Napoli 1938, pp. 21, 87 s., 90-92, 107; C. Lorenzetti, in La mostra della pittura napoletana..., Napoli 1938, pp. 194 s., 197-199; F. Bologna, in Mostra del ritratto storico napoletano (catal.), Napoli 1954, pp. 37 s., 46 s., 53, 58, 93; R. Mesuret, Le portrait de Charles IV par B.,La Revue des arts, VI (1956), pp. 116 s.; F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, pp. 63, 105, 151, 152, 250, 253 s., 287, 294, 298; N. di Carpegna, Pittori napoletani del '600 e del '700... (catal.), Roma 1958, pp. 10 s.; R. Wittkower, Art and Architecture in Italy,1600 to 1750, Harmondsworth 1958, pp. 306, 323; Ville Vesuviane del Settecento, Napoli 1959, pp. 202, 208, 233 n. 53; T. Ellis, Neapolitan Baroque and Rococo painting,Bowes Museum Barnard Castle,County Durham (catal.), s. l. 1962, n. 87; M. D'Elia, Mostra dell'arte in Puglia... (catal.), Roma 1964, pp. 191-193; F. de Filippis, I modelli pittorici degli arazzi per la reggia di Caserta, in Commentari, XVIII (1967), pp. 67 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, pp. 302 s.

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