DE GREGORIO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)

DE GREGORIO, Giuseppe

Raoul Meloncelli

Nacque a Napoli il 30 ott. 1866.

Non si hanno notizie sulla sua formazione musicale: fu presumibilmente autodidatta, anche se la precoce affermazione nel mondo della canzone napoletana, accanto a musicisti di solida preparazione, lascia supporre che il suo tirocinio si sia realizzato negli ambienti ufficiali della gloriosa scuola napoletana in cui avrebbe maturato solide esperienze tecniche e culturali. Fu infatti l'ottima preparazione tecnica, unita a un innato talento e a una spontanea ed estroversa musicalità, che gli consentì di inserirsi negli ambienti più qualificati del mondo musicale napoletano e di farsi conoscere quale originale autore di melodie che lo introdussero di diritto nel novero dei più celebrati compositori partenopei dell'ultimo decennio del sec. XIX. La fama da lui raggiunta è dimostrata infatti da una serie ininterrotta di successi che tra il 1890 e il 1901 lo videro tra gli autori più affermati nel pur ricco panorama della canzone napoletana.

Autore particolarmente prolifico - scrisse oltre trecento composizioni - e spesso ricco di spunti originali, fu sempre guidato da un sicuro intuito che lo indirizzò verso un genere di produzione di intonazione popolareggiante e scorrevole, ma sempre caratterizzata da una elegante e fluida vena melodica.

Iniziata l'attività ufficialmente intorno al 1890 con 'E sbagliato 'o palazzo che ebbe un immediato successo, entrò in contatto con gli editori F. Bideri, G. Santojanni e F. Maddaloni che, intuite le sue qualità, lo sostennero sin dagli inizi della carriera diffondendo le sue canzoni. In particolare si rivelò proficua la sua collaborazione con F. Bideri che nel 1892 aveva lanciato La Tavola rotonda, una sorta di rivista-notiziario in cui venivano illustrati periodicamente gli aspetti più significativi della vita artistica napoletana tra i due secoli. Fu su La Tavola rotonda, ove venne bandito il primo concorso per la più bella canzone napoletana in occasione delle feste di Piedigrotta, che il D. conobbe il suo primo riconoscimento di importanza nazionale con la canzone Napule bello! su testo di P. Cinquegrana, vincitrice del primo concorso bandito nel 1898 e pubblicata dall'editore Bideri nel 1899.

In questa occasione il critico della rivista di Bideri, sottolineando l'originalità dell'invenzione melodica del D., individuò con sicurezza di giudizio le vere qualità del giovane compositore: "E questa sua originalità si manifesta nella temperata vividezza del pensiero instillato in frasi ricercate e obbedienti, finemente architettate, pastosamente disegnate" (in La Tavola rotonda, 7sett. 1898).

Introdotto negli ambienti artistici dal Bideri, che fu il più tenace dei suoi sostenitori, frequentò assiduamente i café-chantant cittadini, in cui si esibivano i maggiori esponenti del teatro musicale minore come E. Donnarumma, N. Maldacea, G. Pasquariello, cui avrebbe poi affidato l'interpretazione delle sue composizioni. Stabilito il suo quartier generale al caffè Monte Majella sotto i portici della galleria Principe di Napoli - in cui si davano convegno i maggiori esponenti del mondo della canzone, da Di Capua a M. Costa, a S. Gambardella, a P. Cinquegrana e a tutti quei personaggi maggiori e minori che caratterizzarono la nuova canzone napoletana, venuta a configurarsi nelle sue manifestazioni più poetiche e genuine intorno al 1880 - il D., pur con i limiti d'una personalità inferiore ai primi maestri della canzone partenopea rappresentata da musicisti come E. De Leva, L. Denza, V. Valente. M. Costa e a tutti quei compositori che avevano felicemente concluso la grande stagione ottocentesca della canzone napoletana, seppe dire una parola nuova pur in un'epoca di declino verso cui fatalmente si avviava la canzone di Piedigrotta. Perduta l'ingenua freschezza dei tempi antichi - come acutamente osservò Salvatore Di Giacomo - e inevitabilmente condotta all'imitazione di modelli d'Oltralpe, la canzone napoletana riprese gradualmente quota e l'assenza di cultura musicale, l'ingenua estemporaneità vennero riscattate da un calore, da una penetrante vena sentimentale, da una verve che nella sua esuberante passionalità avrebbero fatto dimenticare i limiti e i difetti di una generazione costretta a guardare ai grandi modelli del passato.

Considerato uno degli ultimi protagonisti della gloriosa tradizione musicale partenopea che, nel periodo che va dal 1880 al 1910, conobbe forse la sua ultima felice stagione, oltre alle numerose canzoni, il D. lasciò varie macchiette interpretate da Nicola Maldacea, Gennaro Pasquariello, A. Faraone, E. Persico e R. De Rosa; musicò inoltre alcuni atti unici e scrisse l'operetta Faublas su libretto di Alfonso Fiordalisi. Trionfatore di varie edizioni dei festival di Piedigrotta, iniziò la sua attività con l'editore Santojanni per passare, a partire dal 1896, con Ferdinando Bideri.

Delle sue canzoni, tutte pubblicate a Napoli, si ricordano in particolare: 'A grariata 'o scuro (testo di A. Ferrara, 1891), 'A ponta 'e Pusilleco (A. Fiordalisi, 1892), I' pe tte moro (S. Di Giacomo, 1893), 'A tazza 'e café (A. Fiordalisi, 1894), Nun tuccammo stu tasto, duetto (L. Vivenzio, 1894), 'O cavallo d' 'o colonnello (A. Fiordalisi, 1894), 'O rubbinetto (A. Fiordalisi, 1894), Pennariale (R Cinquegrana, 1894), Uocchie ammennole (P. Cinquegrana, 1894, interpretata per la prima volta da G. Pasquariello), L'intervista, duetto (V. Vivenzio, 1895), Ndringhete-ndrà (P. Cinquegrana, 1895)., I' vurria, duetto (R. Ferraro Correra, 1896, scritta per N. Maldacea e Amelia Faraone che la portarono al successo al Salone Margherita, il più celebre café-chantant di Napoli), Quanno chiove passe e fiche !, duetto (A. Ferrara, 1896), Nannì (R. Ferraro-Correra, 1896), Napule bello ! (P. Cinquegrana, 1898), S. Lucia a mmare ! (P. Cinquegrana, 1899, interpretata per la prima volta da G. Pasquariello), 'E violette (R. Ferraro, 1899), 'O vizio 'e Teresina (A. Fiordalisi, 1899), Song'ammo... mo ! (F. Feola, 1899), 'A cura 'e mammà (P. Cinquegrana, 1900), Jett' 'o bbeleno, duetto (Lardini-Ruber, 1901, scritta per N. Maldacea e A. Faraone), 'O Panariello (R. Ferraro Correra, 1901), 'O cafettiere (G. Capurro, 1901), 'O cucchiere ! (A. Califano, 1901), 'O figlio 'e mammà (P. Cinquegrana, 1901), 'O ffoco 'e Pusilleco (F. Russo, 1903), L'automobilista, macchietta (U. Ricci, 1904, scritta per N. Maldacea), 'O sciopero d' 'e nnamurate (A. Fiordalisi, 1907).

Gran parte delle sue canzoni si affermarono nell'ambito dei café-chantant napoletani, primo tra tutti il Salone Margherita, ove il D. conobbe i successi più spettacolari, avvalendosi di interpreti come N. Maldacea e G. Pasquariello, che furono i protagonisti più acclamati delle sue macchiette e dei suoi duetti.

Versato nella canzone nostalgica in cui il ricordo del passato appariva venato da una sottile nota malinconica, egli affrontò anche il genere gioioso avvicinandosi spesso alla macchietta, al quadretto di genere, spesso in collaborazione con abili versificatori come A. Fiordalisi, autore della fortunata 'A tazza 'e café, o di buoni poeti come G. B. de Curtis e S. Di Giacomo che gli fornì il testo della passionale I' pe tte moro, lanciata al circo delle Varietà da Raffaele De Rosa. Tuttavia la vera ascesa del D. nel firmamento della canzone napoletana venne segnata dalla sua partecipazione alle varie edizioni delle rassegne di Piedigrotta, che lo vedranno trionfatore più di una volta con canzoni che segneranno un momento particolarmente felice nella storia della canzone napoletana come Ndringhete-ndrà del 1895 e Napule bello del 1898, opere nate dalla collaborazione con Pasquale Cinquegrana, che saprà fornirgli i testi più congeniali alla sua natura di musicista spontaneo e immediato, cantore di quell'anima genuina e popolaresca che caratterizza tutta la produzione vocale d'autore, ove, pur nell'originalità dell'invenzione, il riferimento costante viene rivolto ai modi e alle forme del canto popolare, fonte inesauribile di ispirazione.

Dopo aver tenuto per anni una ricercata e frequentatissima scuola di canto, il D. fu poi costretto a limitare la sua attività per una grave forma di miopia che lo condusse quasi alla cecità. Trascorse gli ultimi anni di vita in precarie condizioni economiche.

Morì a Napoli il 26 dic. 1933.

Fonti e Bibl.: La Tavola rotonda, 1° sett. 1898; S. Di Giacomo, Luci ed ombre napoletane, Napoli 1914, p. 193; F. Petriccione, Piccola storia della canzone napoletana, Milano 1959, pp. 28, 36, 44, 46, 48, 50 s., 141 s.; V. Paliotti, La canzone napoletana ieri e oggi, Milano 1962, pp. 68 ss.; V. Viviani, Storia del teatro napoletano, Napoli 1969, p. 763; E. De Mura, Encicl. della canzone napoletana, Napoli 1969, I, pp. XX s., 225, 248 s., 258, 432, 467; II, pp. 63, 73, 124, 130; III, p. 48; S. Di Massa, Storia della canzone napoletana dal '400 al '900, Napoli 1982, p. 324; Diz. Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 379.

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