DE NITTIS, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)

DE NITTIS, Giuseppe

Maria Virginia Cardi

Nacque a Barletta (Bari) il 25 febbr. 1846 da Raffaele e da Teresa Buracchia. Visse gli anni della sua prima giovinezza nella città natale con i fratelli, dopo la morte di entrambi i genitori. Compiuti i primi studi con G. B. Calò e con V. Dattoli, iniziò a dipingere trovando ispirazione nella natura, con quell'istintiva gioia e dedizione che saranno le doti primarie del suo operare. Quindicenne, entrò all'istituto delle belle arti di Napoli, dove studiò sotto la guida di G. Smargiassi e di G. Mancinelli. Nel 1863 ne venne espulso per indisciplina. Da allora abbandonò la scuola e divenne maestro di se stesso, come scriverà poi nel Taccuino, rivelando la sua reattività e intransigenza nei confronti della scuola e dell'ambiente napoletano, allora dominato dal verismo aneddotico di F. Palizzi e dalla pittura di D. Morelli (Pica, G. D. ..., 1914, p.19).

Improntata, inizialmente, ad una illetterata sincerità, l'opera del D. non tardò a dare i suoi frutti; Profilo di donna (Milano, coll. Lusvardi), che data il 1863, segnò l'ingresso dei pittore in quella "scuola di Portici" che, formatasi attorno ad A. Cecioni, a F. Rossano, a M. De Gregorio, praticava una pittura aderente al vero, attenta alla resa dei valori atmosferici, alla soluzione tonale dei rapporti cromatici.

Nel 1864 partecipò alla terza mostra della Promotrice Salvator Rosa di Napoli con due piccoli studi intitolati Lavvicinarsi del temporale (Valdagno, coll. Marzotto), ampiamente lodati dal Cecioni (1894), che d'ora innanzi diverrà sua guida attenta e severa, pronta a valorizzare la sua più intima ispirazione poetica: "finezza ed eleganza erano le caratteristiche del suo talento ... io gli dicevo sempre che era chiamato a rendere il lato elegante della natura" (p. 362). L'Ofantino, eseguito nel 1866 (Firenze, coll. privata: cfr. Piceni, 1979, tav.3), realizza nell'effetto dei colori traslucidi, nell'esattezza formale un puntiglioso mimetismo naturalistico, in cui si intravede qualche accento nord europeo riecheggiante i modi di Pitloo (Pittaluga-Piceni 1963, p. 19). Passaggio degli Appennini e Casale dei dintorni di Napoli (Napoli, Museo di Capodimonte), comparsi alla Promotrice del 1866, furono acquistati da Vittorio Emanuele II per la reggia di Capodimonte, fatto questo che accrebbe la notorietà del giovane pittore. Sulle rive dell'Ofanto (Firenze, Galleria naz. d'arte moderna), Marina grigia (ripr. in Pittaluga-Piceni, 1963, n. 24), entrambe del 1867, sono tavole di piccolo formato, appunti veloci, in cui si delineano nitide vedute paesaggistiche (cfr. Ojetti, 1929).

Ancora le lodi del Cecioni introdussero il D. nell'ambito del caffè Michelangelo, là dove T. Signorini, S, Lega, C. Banti, G. Fattori discutevano intorno alla nuova tecnica della "macchia" preparando nuovi destini per la pittura italiana. Nevicata, Una diligenza in tempo di pioggia, ricordate dal Cecioni (1894, p. 364) e oggi scomparse, vennero esposte alla Promotrice fiorentina del 1867, suscitando grande consenso nel pubblico. In Una diligenza in tempo di pioggia il Martelli (1878) notò "una fattura finitissima e al contempo delicata" (p. 125), dove la definizione "finitissima" sottolineava l'importanza che in quella pittura vi trovava il disegno, più che la tecnica di contrasto cromatico propria dei macchiaioli. Allo stesso modo, M. Pittaluga scorse in comune con essi più un atteggiamento polemico nei confronti dell'Accademia che una convergenza poetica vera e propria (1963, p. 25).

Il soggiorno del D. a Firenze si protrasse per alcune settimane, ma un'altra meta lo aspettava. Dopo un lungo peregrinare per l'Italia, nel 1867 giunse a Parigi. Qui lavorò intensamente sotto la protezione del mercante M. Goupil e si indirizzò presso un gruppo di artisti tra cui era diffuso il gusto di una pittura in costume, di un'arte alla moda, specchio della gaiezza mondana e della grazia un po' frivola della società parigina. Tra tutti predilesse M. Fortuny, E. Meissonier e L. Gerôme, di cui si disse allievo. Dopo una breve parentesi napoletana nel 1868, di ritorno nella capitale francese, espose al Salon del 1869: Visita all'antiquario del 1869 (Filadelfia, coll. J. G. Johnson) è uno studio di artificiosa eleganza, dove l'eccessiva abilità di composizione diminuisce la sincerità evocativa del maestro. In. Passa il treno del 1869 (Barletta, Galleria De Nittis) il D. torna ad immergersi nelle vastità malinconiche e silenti della campagna pugliese; così nel novembre del 1870, di nuovo in Puglia a causa della guerra franco-prussiana, dipinse alcuni paesaggi evocanti uno spazio liricizzato, tra cui i più rappresentativi sono: Tratturodi Puglia (Milano, coll. Mainardi), Strada del Tavoliere (Milano, coll. Carraro).

Tornato a Parigi nel 1872, il D. si presentò al Salon di quell'anno con La strada da Brindisi a Barletta (già New York, coll. Andersen; cfr. Pittaluga-Piceni, 1963, n. 207), quadro di minuscole dimensioni, ampiamente lodato dal Mantz (1886, p. 8) e dal Claretie (1885, p. 363). Nel 1874 espose al Salon due quadri, Guidando al Bois (Milano, coll. Crespi), Che freddo! (Milano, Brera, coll. Jucker). Il primo, di stampo degasiano nella soluzione disegnativa, non ebbe successo, mentre fu ben accolto il secondo: ironica rappresentazione di signore infreddolite, in cui al solito cliché di bellezza mondana è aggiunto un pizzico di humour, nella resa delle vesti lievemente scomposte dal vento.

Introdotto da Degas, il D. partecipò nel 1874 alla prima esposizione degli impressionisti. La sua pittura apparve finita, precisa e, anche se accresciuta di valori cromoluministici, si distinse dalle restanti opere (Lavagnino, 1956, p. 739); "la macchia di colore ... non era per lui un problema di conoscenza, ... di 'visione' ... ma semplicemente una questione di charme" (Maltese, 1960, p.228). Fu il senso vivo della contemporaneità a condurlo incontro agli impressionisti; pittore volubile, ne tradusse a suo modo i suggerimenti: studiò il taglio e l'impaginazione della pittura giapponese, gli effetti cinematici di Degas, amò le dissolvenze materiche di Monet (Piceni, 1979, p.23). Sempre nel 1874 si recò a Londra., e da allora vi fece ritorno ogni anno. Piccadilly (Milano, coll. Marzotto) del 1875, WaterlooBridge (Busto Arsizio, coll. Bernocchi) del 1876, Domenica a Londra (Cadenabbia, coll. P. Schort Guaita; Milano, coll. Bianchi) e Westminster (Valdagno, coll. Marzotto) del 1878 sono attente rappresentazioni d'ambiente, fedeli interpretazioni di vita cittadina (Bénédite, 1926, p. 32).

Brevi soggiorni in Italia tra il 1875 e il 1880 gli consentirono di attingere alla fonte originaria della sua ispirazione; Sulla strada di Castellammare (Milano. coll. Lodigiani) del 1875, Pranzo a Posillipo (Milano, Galleria d'arte moderna, Raccolta Grassi) del 1879 sono una felice sintesi tra impressione e finitezza, mentre di una più immediata impressione sono Ritorno dalle corse (Filadelfia, Museum of Art) del 1875, Cantieri (Barletta, Galleria De Nittis) del 1876. L'opera completa dei D. apparve per la prima volta nel 1878 alla Esposizione universale di Parigi, e gli valse la Legion d'onore.

Il D. intraprese anche l'esperienza della scultura: nel 1879 portò a termine un progetto per il monumento a Vittorio Emanuele II, che tuttavia non venne mai realizzato (bozzetto e progetto si trovano a Barletta, Galleria De Nittis).

Acquarellista e acquafortista, si dedicò tardi ai pastelli; tecnica questa che predilesse nei ritratti quasi tutti eseguiti tra il 1882 e il 1883.

I più noti di essi, La femme aux pompons (Milano, Galleria d'arte moderna), Giornata d'inverno (Barletta, Galleria De Nittis), Caffè in veranda (coll. priv., ripr. in Pittaluga-Piceni, 1963, tav. LIX), Sarah Bernhardt (Milano, coll. Jucker) tutti datati il 1882 e Colazione in giardino (Barletta, Galleria De Nittis) del 1884, negli ingrandimenti, nella rapidità degli scorci, come nel taglio ricalcano un modello assai caro a E. Manct (Piceni, 1979, p. 23). Quando era al massimo della popolarità, nel 1883, il governo francese acquistò per il Museo del Lussemburgo Le rovine delle Tuileries (Parigi, Musée national d'art moderne), terminato nel 1882.

Circondato dalla Parigi mondana ed elegante, il D. frequentò le personalità più note dell'ambiente artistico-letterario quali Manet, Degas, i fratelli Goncourt, Zola, Daudet. Fu autore molto prolifico (il catalogo Pittaluga-Piceni del 1963 annovera 742 opere, a cui se ne aggiungono altre 208, comparse nel catalogo Piceni del 1982).

Apprezzato dalla critica più affermata, il D. morì all'età di 38 anni a Saint-Gérmain-en-Laye il 23 ag. 1884; nell'aprile 1869 aveva sposato Léotine Gruville.

Come scrisse L. Chirtani nel suo necrologio (1884), il D., pur rimanendo lontano dal modo drammatico di intendere il rapporto tra pittura e realtà proprio degli impressionisti, fu interprete fedelissimo e appassionato delle forme più svariate e cangianti della vita moderna.

Fonti e Bibl.: Necr., in L'Illustrazione italiana, 31 ag. 1884, pp. 130 s. (L. Chirtani). Per una bibliografia aggiornata al 1960, corredata di documenti e lettere, cfr. Pittaluga-Piceni, 1963; per un aggiornamento al 1979 cfr. Piceni, 1982. Ma vedi anche: G. De Nittis, Notes et souvenirs..., Paris 1895 (trad. ital. a cura di E. Mazzocolo-N. Rettmeyer, Taccuino 1870-1884, Bari 1964); J. Claretie, L'art et les artistes français..., Paris 1876, pp. 293 s., 369-410; D. Martelli, D. [1878], in Scritti d'arte, Firenze 1952, pp. 125 s.; E. Duranty, D., in La Vie moderne (Paris), 19 giugno 1879; J. Claretie, Un peintre de la vie parisienne, in La vie à Paris, Paris 1885, ad Ind.;P. Mantz, Joseph D. (catal.), Paris 1886; T. Signorini, Caricaturisti e caricaturati al caffè Michelangelo [1893], Firenze 1952, ad Indicem;A. Cecioni, G. D. [1894], in Scritti e ricordi..., Firenze 1905, pp. 359-392; V. Pica, in XIEsposiz. internaz. ... di Venezia, (catal.), Venezia 194, pp. 123-128; Id., G. D. L'uomo e l'artista, Milano 1914; L. Bénédite, Joseph D., Paris 1926; U. Ojetti, La pittura ital. dell'Ottocento, Milano 1929, p. 28; Primo cinquantenario della morte di G. D. Barletta 1884-1934 (catal.), Barletta 1934; V. Guzzi, D. pittore della vita volubile, in Nuova Antologia, 1º ott. 1934, pp. 406-411; E. Piceni, D. (catal.), Milano 1934; A.M. Brizio, Ottocento e Novecento, Torino 1944, pp. 233, 254 s.; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 735-741; C. Maltese, Storia dell'arte in Italia. 1785-1943, Torino 1960, ad Indicem;M. Pittaluga-E. Piceni, D. (catal.), Milano 1963; P. Ricci-E. Piceni-L. Autiello, G. D. e la "scuola di Resina" (catal.), Napoli 1963; E. Piceni, D., Milano 1963; E. Piceni-M. Monteverdi, ID. di Barletta (catal.), Barletta 1971; M. Monteverdi, in Storia della pittura italiana dell'Ottocento, I-III, Milano 1975, ad Indicem;F. Errico-L. Rago, in Imacchiaioli (catal.), a cura di D. Durbé, Firenze 1976, p. 333; E. Piceni, D. L'uomo e l'opera, Busto Arsizio 1979; Id., D., Busto Arsizio 1982; Collezioni private bergamasche, a cura della Banca prov. lombarda, Bergamo 1983, fig. n. 1047; S. Sainty Matthiesen, Three Italian friends of the Impressionists, London 1984, pp. 33-41; A. Paolillo, La Galleria De Nittis di Bartetta (catal.), Brindisi 1984; G. D. Dipinti 1864-1884 (catal.), a c. di R. Bossaglia, C. Farese Sperken-G. Matteucci-R. Monti, Firenze 1990; G. Lamacchia, D. capolista degli impressionisti, Firenze 1990; U. Thieme-F. Becker, Künsterlexikon, XXV, p. 489 (s.v. Nittis, Giuseppe de).

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